Bail-in: uno strumento che si utilizza nei confronti di tutti i creditori non garantiti

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I decreti in tema di prevenzione e gestione delle crisi delle banche e delle imprese d’investimento sono entrati in vigore il 16 novembre 2015 (data della loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle Leggi dello Stato), mentre le disposizioni in materia di bail-in sono divenuti applicabili dal 1 gennaio 2016.

Con i decreti legislativi n. 180 e 181 del 16 novembre 2015 è stata data attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva n. 2014/59/UE (c.d. Banking Resolution and Recovery Directive, «BRRD» ovvero Direttiva che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese d’investimento), la quale ha previsto una normativa armonizzata in tutta l’Unione Europea in tema di prevenzione e gestione delle crisi delle banche e delle imprese d’investimento.

I decreti sono entrati in vigore il 16 novembre 2015 (data della loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle Leggi dello Stato), mentre le disposizioni in materia di bail-in sono divenuti applicabili dal 1 gennaio 2016. A qualche mese dalla sua entrata in vigore, chiariamo alcuni concetti.

Il legislatore europeo ha voluto istituire delle regole che costringessero i Paesi Membri dell’Unione Europea a trovare soluzioni alle crisi bancarie mediante la nomina di autorità di risoluzione che possano, in caso d’insolvenza, esercitare poteri d’intervento e gestione della crisi.

I poteri di vigilanza si sostanziano nell’obbligo da parte delle banche vigilate di predisporre periodicamente dei piani di risanamento

1) volti a superare situazioni che potrebbero portare l’impresa in una situazione di rischio d’insolvenza e quindi a ristabilire l’autosufficienza finanziaria;

2) volti ad affrontare le crisi di liquidità in maniera da ridurre al minimo i rischi di contagio finanziario.

Nel caso in cui le nominate autorità di risoluzione valutino che i piani di risanamento prospettati dalla banche siano insufficienti a ristabilire il corretto funzionamento dell’attività dell’istituto di credito e, sempre che vi sia un pubblico interesse a intervenire, provvederanno a mettere in pratica il piano di risoluzione prospettato attraverso:

  1. Cessione di ramo d’azienda;
  2. Trasferimento di ramo d’azienda a un ente ponte;
  3. Trasferimento degli attivi deteriorati in una cosidetta bad bank;
  4. Bail-in di azionisti e creditori non garantiti.

Nel caso in cui gli strumenti di risoluzione menzionati ai punti 1), 2) e 3) risultino inefficaci, le autorità di risoluzione applicheranno il bail-in. Tale strumento di risanamento della crisi che si utilizza nei confronti di tutti i creditori non garantiti (azionisti, obbligazioni e depositanti), consiste nella conversione in capitale o nella svalutazione fino a zero del valore nominale dei crediti o dei titoli di debito della banca.

Il bail-in consiste nella conversione in capitale o nella svalutazione fino a zero del valore nominale dei crediti o dei titoli di debito della banca.

Il bail-in colpirà prima gli azionisti, per i quali la svalutazione o la conversione delle azioni può significare alternativamente

a) la cancellazione delle azioni esistenti (quindi inesistenza delle azioni e perdita dell’intero capitale investito);

b) la conversione di strumenti di capitale di nuova emissione a valore nominale fortemente ridotto (quindi riduzione drastica del capitale investito in azioni).

Qualora tali soluzioni siano insufficienti per la risoluzione della crisi, i provvedimenti di risanamento riguarderanno prima i titoli subordinati senza garanzia (obbligazioni) e successivamente i conti correnti -per la parte eccedente € 100.000,00 – appartenenti alle grandi aziende e quindi alle persone fisiche e alle piccole e medie imprese.

Con riferimento ai depositi si precisa che il bail-in si applicherà – sia alle imprese che alle persone fisiche – soltanto alla parte non garantita che supera l’importo di € 100.000,00, in quanto il Fondo interbancario di tutela dei depositi garantisce i depositi fino all’importo di € 100.000,00 per depositante e per banca.

La tutela del Fondo, pertanto, prevede che ove uno stesso soggetto abbia intestati più conti correnti presso la stessa banca, gli importi depositati sui diversi conti correnti si sommerebbero e la garanzia concernerebbe il limite massimo di € 100.000,00; ove vi siano più cointestatari di un medesimo conto corrente, la garanzia applicata sarebbe di € 100.000,00 per ogni cointestatario; ove invece uno stesso soggetto abbia conti correnti in diversi istituti di credito, si applicherebbe la garanzia di € 100.000,00 per ogni banca. Sarebbe pertanto consigliabile che le imprese – ove avessero liquidità superiore ad € 100.000,00 – depositassero le somme su conti correnti di diversi istituti di credito in modo da non avere mai sui conti un importo superiore ad € 100.000,00, affinché il bail-in non possa essere applicato nei loro confronti.

Sono esclusi dall’ambito di applicazione del bail-in:

            i depositi di importo inferiore a € 100.000,00;

            le passività garantite, inclusi i covered bond (titoli di credito emessi da una banca o altro intermediario caratterizzati da un profilo di rischio molto basso ed elevata liquidità il cui rimborso – in caso di fallimento della banca emittente – è assicurato dalla possibilità di rivalersi su crediti fondiari e ipotecari e sui crediti delle Pubbliche Amministrazioni);

            le passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria (come il contenuto delle cassette di sicurezza);

            le passività interbancarie (esclusi i rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a sette giorni;

            le passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con durata residua inferiore a sette giorni;

            i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare.

In considerazione dell’applicazione della normativa sul bail-in risulta necessario che gli investitori facciano estrema attenzione, al momento della sottoscrizione degli investimenti prospettati dalla banca, ai rischi che questi comportino e quindi

            valutino attentamente la solidità finanziaria della banca di cui sono clienti o di cui si vorrebbero detenere azioni o altri titoli di proprietà;

            si informino preventivamente sull’applicabilità o meno del bail-in agli strumenti finanziari che andrebbero a sottoscrivere.

La banca

Dal canto suo la banca dovrebbe offrire alla clientela al dettaglio innanzitutto certificati di deposito coperti dal Fondo di garanzia in luogo delle obbligazioni soggette a bail-in e riservare gli strumenti di debito diversi dai depositi agli investitori più esperti, fornendo un’informazione dettagliata al momento del collocamento di titoli di nuova emissione.

La normativa del bail-in è stata creata per consentire il salvataggio della banca stessa non più facendo ricorso al «paracadute» pubblico (bail-out), bensì a risorse interne dell’istituto di credito stesso.

Si è ritenuto che le banche possano assumere sempre maggiori rischi nel caso in cui siano certe di poter ricorrere a un aiuto pubblico nel caso di crisi; in quanto qualora gli investimenti abbiano esiti positivi, i profitti saranno destinati ai privati, qualora al contrario abbiano riscontri negativi, le perdite verranno poste a carico delle Stato e quindi di tutti i contribuenti.

Qualora invece le banche dovessero ricorrere a risorse interne all’istituto e quindi dei propri clienti (azionisti, obbligazionisti o depositanti), sarebbero più cauti nel loro operato, essendo il loro lavoro e gli investimenti prospettati, sottoposti a un vaglio attento e sensibile della clientela.

Certo è che non saranno tutti i contribuenti a pagare in caso di crisi come nel caso del bail-out, ma una moltitudine di lavoratori che con i loro risparmi andranno a risanare la crisi degli istituti di crediti.

Si ritiene che il passaggio dal bail-out al bail-in non risolva in maniera radicale l’azzardo morale delle banche, le quali comunque non opererebbero il loro risanamento con risorse proprie, bensì dei loro clienti più sprovveduti o dei clienti di minor grandezza a cui non profilerebbero soluzioni alternative che possano di fatto eludere l’applicazione del bail-in.

Gerarchia del bail-in

  1. azioni e strumenti di capitale

  2. passività subordinate (es. obbligazioni subordinate)

  3. altre passività non garantite (es. obbligazioni senior)

  4. deposito delle grandi imprese limitatamente all’importo che eccede € 100.000,00

  5. depositi delle persone fisiche e PMI limitatamente all’importo che eccede € 100.000,00

Condizione di salute dei maggiori istituti di credito

Istituto Bancario CET1 (%)
Banca Popolare di Vicenza 6,80
Veneto Banca 7,12
Banca Popolare di Sondrio 10,14
Unicredit Banca 10,53
Gruppo Banco Desio 10,60
Mediobanca 11,00
Banca Sella 11,13
Banca Popolare di Milano 11,35
Credito Valtellinese 11,40
Banca Popolare dell’Emilia Romagna 11,50
Deutsche Bank 11,50
Monte Dei Paschi di Siena 11,70
Credem 11,77
Banca Carige 12,20
Gruppo Bancario Banco Popolare 12,30
Che Banca! 12,45
Ubi Banca Popolare Commercio e Industria 12,90
Intesa San Paolo 12,40
Banca Generali 13,40
Banca Ifigest 14,625
Gruppo Banca Ifis 15,34
Unipol 17,60
Banca Mediolanum 18,50
Fineco 20,79

Si precisa che più l’indicatore è elevato, maggiore dovrebbe essere la solidità dell’istituto, ovvero la capacità di affrontare eventuali crisi; il livello sotto il 9% non è considerato sufficiente, e sotto l’8% è assolutamente a rischio. La lista sulla situazione di salute delle banche è stata fornita dalla Banca d’Italia.

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