Marketing

Come rendere una campagna virale tramite hashtag

La creazione di hashtag specifici consente di creare campagne ad hoc incentivando le target community nella generazione di contenuti, lo User Generated Content, favorendo in questo modo l’interazione e i processi di brand loyalty tra un’azienda e le community di riferimento.

Anziché basarci su hashtag già in uso, perché non creare delle campagne social basate su un hashtag specifico da noi appositamente ideato, generando un effetto di condivisione e viralità attraverso l’interazione con la nostra community?
Le campagne social sono incentrate su un tema e rese virali chiedendo alla community di generare e condividere contenuti attorno all’hashtag proposto.
I settori del lusso e della cosmesi fanno un ampio uso di campagne basate sullo User Generated Content.

Collistar ha recentemente creato una campagna social chiamata
#MomentiDiBenessere 1 nella quale invitava le persone a condividere i loro momenti di benessere sull’apposito hashtag. Ha successivamente raccolto i contenuti generati dagli utenti sul social network Pinterest 2. Il dato interessante è stato che il contenuto generato dagli utenti (User Generated Content) ha compreso, oltre ai classici scatti fotografici su Instagram di situazioni percepite dalla community come momenti di benessere, anche la produzione di diverse foto di packaging di prodotti Collistar che hanno assunto in questo modo la valenza di momento di benessere tramite il trait d’union tra carta e social.

Un altro esempio interessante è la campagna #BastaProvarci di Amplifon: creata in occasione del sessantacinquesimo anniversario dell’azienda ha lo scopo di sensibilizzare le persone che iniziano a soffrire di calo di udito (ipoacusia) nel superare il momento di disagio che li porta a negare il problema e a prenotare un controllo acustico. Tramite un video 4 dalla componente emozionale decisamente coinvolgente, Amplifon è riuscita a creare un effetto di sensibilizzazione sul problema del proprio target che si è attivato e ha prodotto dei contenuti, riuniti intorno all’hashtag #BastaProvarci, su come ha aiutato oppure vorrebbe aiutare i propri cari a “preservare e curare il proprio udito” 3.

Il terzo esempio #Pepino è interessante per due aspetti. Il primo è che in questo caso le campagne sono organizzate su un hashtag brandizzato, e il secondo è che l’azienda è una PMI. La storica Gelateria torinese #Pepino attraverso l’hashtag brandizzato crea in modo continuativo campagne social di condivisione sul momento della degustazione del gelato. Molto interessante l’uso da parte degli utenti di scatti che integrano elementi tipici della comunicazione visiva di Pepino nei loro contenuti 5.

Nel momento in cui decidiamo di creare per la nostra impresa una campagna social, la scelta dell’hashtag di riferimento può condizionarne decisamente l’impatto. Per questo motivo ho creato una checklist composta da dieci consigli per creare delle campagne virali sui social network e basarle su hashtag.

1. Fissa in modo chiaro l’obiettivo che vuoi raggiungere
Spesso nel social media marketing si diventa maniacali nel cercare la viralità a tutti i costi. In realtà la qualità del rapporto tra clienti finali e azienda può essere più importante della quantità di persone raggiunte, soprattutto quando si parla di micro campagne per le PMI.
È inutile aspettarsi effetti virali con centinaia o migliaia di condivisioni per una microimpresa quando è più interessante e strategico per queste realtà creare forme di dialogo e partecipazione diretta come dall’esempio di #Pepino, che portano a creare forme di coinvolgimento con la propria community di riferimento e più realistiche opportunità di acquisto.

2. Brandizzati o non brandizzati?
Nel momento in cui si crea un hashtag, bisogna anche scegliere quale ha maggior senso usare. Ci sono due tipologie di hashtag: non brandizzati, come #BastaProvarci e brandizzati come #Pepino. Ognuna di queste tipologie ha dei pro e dei contro che vanno valutati in anticipo.
Gli hashtag non brandizzati determinano più facilmente la generazione di contenuti da parte della community di riferimento che percepiscono l’hashtag come “proprio”. Per contro trasmettono in modo minore l’identità di marca.
Gli hashtag brandizzati (come #AirBnbShorts e #Pepino) trasmettono in modo decisamente evidente l’identità di marca ma possono limitare la creatività delle interazioni in quanto le community di riferimento si sentono più “ospiti” del brand e meno protagoniste.

3. Hashtag corti, rilevanti, pertinenti e colloquiali
Più un hashtag è corto più è facile da memorizzare. Alcuni esperti consigliano di non farli più lunghi di 19 caratteri che è la lunghezza di un Twitter Handle (ovvero il nome utente di Twitter).

4. L’hashtag è ripetibile per campagne future?
Airbnb ha creato un contest via Instagram nel quale si poteva vincere un viaggio creando un video di 15 secondi e condividerlo attraverso l’hashtag #AirBnbShorts.
Questo è un tipico hashtag che può essere ripetuto in futuro in quanto, essendo brandizzato, non può essere usato da altre realtà. Per questo motivo è importante – nel momento in cui si sceglie l’hashtag – valutare se questo avrà una vita futura o meno.

5. Chiarezza: #nowThatchersDead vs #nowthatChersDead
Il giorno 8 aprile 2013 è mancata la lady di ferro, Margaret Thatcher. In U.K. e in Europa si è immediatamente diffuso l’hashtag #nowthatchersdead. Il 9 aprile 2013, negli USA si è diffuso il rumor circa la morte dell’attrice Cher: tutto questo perché si è letto l’hashtag come #nowthatChersdead.
Per prevenire simili confusioni – oltre a pensare bene come un hashtag viene letto in contesti differenti – è bene usare l’effetto cammello (camel effect): diffondendiamolo noi per primi, scritto con un mix di maiuscole e minuscole: #nowThatchersDead.

6. Assicurati che il tuo hashtag non sia usato da competitor o altre realtà
Prima di andare online assicurati di avere un hashtag non usato da altri, in quanto non solo ti inquinerà le statistiche creando rumore, ma soprattutto potrebbe generare effetti di interferenze tra le campagne. Per questo è utile fare ricerche preventive sull’hashtag prescelto, con strumenti come Hootsuite, o manualmente tramite i motori di ricerca all’interno dei social network.

7. Promozione su tutti i canali social, blog e sito
Anche se la una campagna ha come centro Instagram consiglio di farla riverberare sugli altri canali social in cui l’azienda è presente (Facebook, Twitter, Google+), e naturalmente sui siti web e sui blog. In questo modo sarà più facile intercettare pubblici diversi in quanto i follower su Instagram sono differenti dai follower su Twitter, e differenti dai fan su Facebook e dall’audience del blog.

8. Eventi e dirette live (live tweeting)
Il mio consiglio è quello di affiancare la tua campagna a un evento, come per esempio una mini competizione sportiva, e fare la telecronaca in diretta dell’evento: tecnicamente si chiama live tweeting, ovvero il raccontare in diretta un evento includendo in ogni tweet l’hashtag della campagna, consentendo in questo modo ai follower di seguire l’hashtag e partecipare in diretta alle conversazioni.
Oltre a creare visibilità, coinvolgimento e interazione sull’hashtag, si ottiene un effetto virale, raggiungendo potenziali clienti e influencer, dando maggiore visibilità al marchio.

9. Promuovi il più possibile lo User Generated Content
Lo User Generated Content è uno dei fattori più importanti per generare fiducia in una azienda o in un prodotto: ciò vale soprattutto per i Millennial, ovvero le persone nate tra gli anni ‘80 e gli anni 2000. Un celebre articolo di Corey Eridom pubblicato su Hubspot dal titolo Why User-Generated Content Is More Important Than You Think mette in evidenza come i contenuti generati da parte di persone influenzano in modo determinante il senso di fiducia nei confronti di una marca e i comportamenti di acquisto.
Uno dei modi migliori per promuovere lo User Generated Content è quello di spingere le persone a fare foto tematiche, come per esempio chiedere di fotografare il più bel sorriso mentre si mangia un gelato o altre situazioni similari, condividendoli sui loro social tramite l’hashtag della campagna, dando come “incentivo” il fatto che i contenuti più interessanti saranno pubblicati sulla pagina di Facebook o altro.

10. Preparare il team per la gestione delle crisi
#McDStories è una campagna di McDonald’s nella quale si incitava la propria community a condividere storie entusiasmanti sugli Happy Meal. L’effetto fu purtroppo opposto e su Twitter sono stati pubblicati contenuti non positivi circa la catena di fast food.
Da questo celebre case study si è appreso che prima di fare uscire una campagna, dobbiamo prevedere i possibili scenari non positivi e mettere in atto un piano di Digital PR di risposta. A questo serve il team per la gestione di eventuali situazioni di crisi derivanti da campagne social sbagliate!






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