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La detrazione fiscale proposta dalla filiera, spiegata da Alessandro Nova

Con una media di soli tre libri letti all’anno, l’Italia si conferma un paese di lettori «deboli», nel quale diventa urgente stimolare la cultura. La proposta della filiera è una detrazione fiscale che porterebbe con sé vantaggi non solo ai settori che la compongono ma all’intero sistema paese.

L’editoria italiana è la sesta a livello mondiale in termini di fatturato – dopo Usa, Cina, Germania, Francia e Regno Unito – e ottava per numero di titoli pubblicati, con oltre 900mila libri in commercio. Eppure il nostro, che è un popolo di santi, poeti e navigatori, lo è un po’ meno di lettori; almeno stando ai dati che Istat ha presentato alla prima edizione di Tempo di libri, la fiera dell’editoria italiana tenutasi a Milano dal 19 al 23 aprile scorsi. A partire dai sei anni di età, i non lettori nel paese sono infatti il 57,6% e, anche fra coloro che annoverano la lettura tra le abitudini di vita, il profilo prevalente è quello di un lettore «debole», ovvero che legge un massimo di tre libri all’anno. Non solo, se nel 2016 i lettori sono stati più di 23 milioni, il calo nel corso degli ultimi anni è impressionante, se ne sono persi dal 2010 quasi 3,3 milioni.

La misura pro lettura

È chiaro come sia urgente prendere provvedimenti per stimolare la lettura e incrementare la cultura in genere. A questo scopo, la filiera che raccoglie i settori carta, editoria, stampa e trasformazione ha presentato al Governo la propria proposta d’intervento, che consiste nella possibilità di detrarre il 19% delle spese per l’acquisto di libri, quotidiani e periodici dalle imposte sul reddito delle persone fisiche. La Filiera, che riunisce sette associazioni di categoria – Fieg, Acimga, Aie, Argi, Asig, Assocarta e Assografici – lancia questa proposta per la detrazione dalle imposte sul reddito delle persone fisiche pari al 19% di quanto speso nel corso dell’anno per l’acquisto di libri, quotidiani e periodici, sia in formato cartaceo sia digitale, per un tetto di spesa fino a mille euro e con una franchigia minima agevolabile che scatta oltre i 50 euro.

Come è stato spiegato durante l’incontro pubblico dedicato a Giornali e libri: strumenti di buona informazione e cultura. Le proposte della Filiera della carta, si tratta di una strada percorribile per la quale si stima possano essere impiegati meno di 200 milioni di euro all’anno, con vantaggi per l’indotto e il paese.

Il vero punto debole dell’economia italiana è il mercato interno; durante il periodo della crisi, infatti, a fronte di un export che per molti settori ha avuto una dinamica positiva, la domanda interna è calata vertiginosamente, bloccando di fatto la ripresa. A spiegarlo è Alessandro Nova, docente presso l’Università Bocconi di Milano. «Le ragioni per cui la domanda interna in Italia è poco brillante sono diverse: da una propensione al risparmio strutturalmente elevata, alla componente fiscale che nel tempo ha ridotto il reddito disponibile delle famiglie e quindi la loro capacità di acquisto». Di conseguenza, «se venissero messe in campo politiche fiscali espansive, che aumentino tale capacità, si potrebbe assistere a un recupero di tutte le variabili». Questo in effetti è il senso della proposta della filiera.

Punto di ripartenza

La filiera è un mondo da quasi 31 miliardi di euro di fatturato, spiega Nova, però è una realtà composita, formata da imprese di settori diversi con proprie dinamiche e che, a differenza di altri settori manifatturieri italiani, ha dovuto attendere più a lungo la fine della crisi, con risultati al momento meno positivi. «Mentre per altri settori dal 2012 si è assistito a una ripresa dei fatturati – tanto che per molti il 2016 è stato l’anno di recupero dei livelli pre crisi – per la filiera carta e stampa le difficoltà sono proseguite fino al 2014 e si è dovuto attendere il 2015 e 2016 per raggiungere quel punto di assestamento da cui ora si potrà ricominciare a crescere».

Inoltre i settori della filiera hanno sofferto non solo della riduzione della domanda complessiva – dal 1995 è andata persa circa la metà della propensione ai consumi – ma anche e soprattutto di quella dei consumi di tipo culturale, in particolare legati alla lettura, considerati meno prioritari. Ciò che accadrà nel futuro è difficile da prevedere, dice il professore, tuttavia è certo che si sia finalmente giunti a un punto di svolta.

Digitalizzazione strutturale

All’interno della filiera a soffrire maggiormente è stato il comparto della stampa che ha dovuto sostenere anche gli effetti del passaggio dalla carta al digitale. «La digitalizzazione è un elemento perdurante e ormai strutturale del settore, ma anche in questo caso sembra che le dinamiche di riduzione – che hanno raggiunto il picco tra 2011 e 2013 – tendano ormai a fermarsi. Possiamo sperare quindi che la situazione diventi più stabile».

Nuove tecnologie e Web hanno modificato l’approccio all’informazione e alla lettura – e dobbiamo aspettarci ulteriori evoluzioni – ma i dati Istat dimostrano come al momento non sembrano essere strumenti sostituitivi in toto della carta. Ciò vale soprattutto per i libri: i lettori di e-book sono circa 4 milioni, pari al 7,3%, ma si tratta comunque di lettori anche di libri cartacei.

In conclusione gli andamenti del settore sono ormai noti e siamo giunti a una situazione di sostanziale stabilità, «è un elemento certamente positivo» conclude Nova, «ora starà a noi innescare un andamento crescente».

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