PMI

Ricambio generazionale: i consigli dell’esperto

Quanti di voi, titolari di pmi, dovranno affrontare, nel breve periodo un passaggio di consegne a un figlio, un nipote…?

In Italia le imprese in queste condizioni sono moltissime, ecco alcuni brevi ma utili consigli per farlo nel migliore dei modi.

Il passaggio generazionale rappresenta una fase particolarmente complessa nella vita dell’impresa potendo mettere a rischio la continuità aziendale e, quindi, posti di lavoro. Nel tempo le associazioni di professionisti e di imprese hanno cercato di individuare le regole base del passaggio generazionale pur avendo presente che tali regole variano a seconda della tipologia di impresa, della realtà familiare e delle persone integrate nella struttura aziendale.

Secondo una ricerca Infocamere di circa quattro anni fa solo il 31% delle imprese familiari riesce a passare alla seconda generazione e solo il 15% alla terza generazione, spesso con gravi problemi per quelle imprese che passano «da padre in figlio».

Obiettivo del passaggio generazionale è tutelare l’integrità e la continuità dell’impresa evitando il conflitto fra gli eredi. Per fare ciò, è necessario pianificare tempestivamente e strategicamente il passaggio di consegne fra imprenditore ed erede, valutandone con attenzione opportunità e rischi.

I fattori di cui tenere conto

  • Caratteristiche peculiari dell’impresa (dimensione, mercato, tecnologie impiegate, ecc);
  • tipologia di società adottata;
  • entità del patrimonio personale del fondatore e sua capacità di soddisfare gli eredi coinvolti e non coinvolti in azienda;
  • familiari coinvolti nell’attività dell’impresa (ruolo, capacità, esperienze maturate, aspettative personali);
  • esistenza di conflittualità tra eredi (anche solo potenziali e/o non legate all’impresa);
  • disponibilità di competenze manageriali;
  • implicazioni di natura fiscale e giuridica.

Diversi strumenti possono essere utilizzati per agevolare il passaggio generazionale:

Il patto di famiglia

Fra le pattuizioni contrattuali particolarmente rilevanti nell’ambito del passaggio generazionale merita di essere ricordato il patto di famiglia. Introdotto nel nostro ordinamento con la legge n. 55 del 14 febbraio 2006 e successive modificazioni, consente al titolare dell’impresa di anticipare il momento del trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni sociali ai discendenti o al discendente che si reputi più adatto alla gestione dell’impresa.

È un contratto plurilaterale che consente di realizzare diverse finalità. Fra cui:

  • prevenire ed evitare l’insorgere di liti ereditarie;
  • tutelare il valore e la capacità occupazionale delle aziende familiari;
  • assegnare il controllo societario ai soggetti ritenuti dall’imprenditore capaci di garantire la continuità gestionale dell’impresa.

Definizione. In base all’art. 768 bis e seguenti del codice civile il patto di famiglia è il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, ovvero il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, a uno o più discendenti.

Forma. A pena di nullità il contratto deve essere concluso per atto pubblico. Al contratto devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore. Gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote.

Perizia di stima. Per evitare liti e incomprensioni tra eredi può essere utile, prima della stipula del patto, far predisporre una perizia di stima sull’azienda o sulle quote al fine di determinare i corretti conguagli tra i partecipanti all’atto. Il patto può essere impugnato entro un anno dalla sua stipula da tutti i partecipanti. All’apertura della successione dell’imprenditore, il coniuge e gli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto possono chiedere ai beneficiari del contratto stesso il pagamento di quanto loro dovuto in base alle normali norme successorie.

Benefici fiscali. I trasferimenti effettuati attraverso i patti di famiglia ex art. 768 bis c.c., a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni.

Il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile e si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso.

Il mancato rispetto di questa condizione comporta la decadenza dal beneficio e il pagamento sia dell’imposta in misura ordinaria sia della relativa sanzione amministrativa.

La norma è volta a favorire il passaggio generazionale delle aziende di famiglia tutelandone la continuità.

Nell’ambito della successione aziendale è frequente inoltre la «costituzione di vincoli di destinazione su determinati beni».

Si tratta ovviamente di negozi mediante i quali determinati beni sono appunto «vincolati» alla realizzazione di un interesse meritevole di tutela, con effetti segregativi e limitativi della disponibilità dei beni medesimi.

Un esempio: trust, negozio fiduciario, fondo patrimoniale

Tali negozi possono avere effetti solo segregativi oppure anche effetti traslativi. Questo aspetto è molto importante sotto il profilo tributario. Infatti, in generale, possiamo dire che, se non vi sono effetti traslativi, non è dovuta l’imposta sulle donazioni ma solo imposta fissa di registro. Se, invece, vi sono anche effetti traslativi è dovuta imposta sulle donazioni secondo aliquote e franchigie ordinarie.

Grande importanza, nell’ambito della tipologia di negozi in parola, riveste il fondo patrimoniale.

Dal punto di vista civilistico, si tratta di un complesso di beni appartenenti ai coniugi, a uno solo di essi oppure a un terzo destinati a far fronte ai bisogni della famiglia. Non è un autonomo soggetto giuridico, ma un «patrimonio autonomo di scopo»; lo scopo si realizza con i frutti dei beni che lo compongono.

Possono essere destinati al fondo patrimoniale: immobili, mobili iscritti in pubblici registri, titoli di credito (che devono essere resi nominativi con annotazione del vincolo). Il fondo può essere costituito per un atto fra vivi avente la forma dell’atto pubblico (da annotare a margine dell’atto di matrimonio).

Oltre che dai coniugi può essere costituito anche da un terzo (in questo caso anche per testamento, con accettazione dei coniugi).

Il fondo permette di preservare i beni conferiti da azioni esecutive dei creditori, nei seguenti limiti: il creditore può aggredire i beni del fondo solo se:

  • il debito sia stato contratto per i bisogni della famiglia
  • il debito sia per scopi personali, ma il creditore non ne era a conoscenza; se invece il creditore è a conoscenza che il debito è personale non può rivalersi sul fondo.

Non sono da ricomprendere tra i debiti «familiari» i debiti da attività professionali e imprenditoriali e i debiti tributari; è dovuta l’imposta sulle donazioni, peraltro secondo gli ordinari criteri quanto a aliquote e franchigie – imposta fissa di registro, imposte ipotecarie e catastali, se vi sono immobili.

Le regole del passaggio generazionale elaborate dall’Ascri

Sul tema l’Ascri, un’associazione dedicata alla prevenzione delle crisi d’impresa che riunisce commercialisti, industriali e uomini della finanza, ha elaborato un insieme di regole efficaci e sicure (le regole del passaggio generazionale).

  • La presa di coscienza da parte dell’imprenditore del fatto che un familiare non portato per l’azienda non è un minus;
  • non utilizzare i denari dell’azienda a leva per eventuali liquidazioni ai soci o familiari;
  • coltivare un manager all’interno dell’azienda che possa eventualmente «stampellare» l’emergenza del passaggio generazionale;
  • individuare, in alternativa un manager esterno competente senza pregiudizi e con una visione strategica condivisa;
  • non scartare aprioristicamente l’idea di appoggiarsi a un fondo qualora non si individui un passaggio generazionale in grado di cavalcare la crescita;
  • il leader di un’azienda familiare deve avere enormi doti di calma e strategia per mantenere coese le persone e i soci in quanto è importante che ciascuno abbia un proprio ruolo e riconosca implicitamente il leader;
  • in ogni azienda che accompagni, tra quelli individuati, il passaggio generazionale, la salvaguardia dei posti di lavoro per i dipendenti strategici è estremamente importante in quanto l’azienda è un insieme di persone;
  • prendere coscienza che purtroppo un passaggio generazionale «imposto per tragici eventi» può capitare a tutti;
  • per le aziende fino a certe dimensioni, il commercialista storico può avere un importantissimo ruolo;
  • le banche, attente all’indebitamento dell’azienda, possono ideare sistemi di finanziamento che non pregiudichino l’attività aziendale.

Inutile ribadire che l’esistenza di una proprietà responsabile è il prerequisito fondamentale per far fronte alla sfida del passaggio generazionale, insieme a un sistema di valori che, guardando alla meritocrazia, promuova l’eccellenza più dell’appartenenza familiare. Inoltre il coinvolgimento di attori terzi, secondo quanto emerge dalle storie di molte imprese, permette di integrare le conoscenze dell’imprenditore ampliando così le sue valutazioni tecnico-economico.

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