Filiera

Vincenzo Boccia, neoeletto Presidente di Confindustria, all’Assemblea Assocarta

Vincenzo Boccia

Al momento il Presidente Boccia non ci ha rilasciato una dichiarazione, pubblichiamo qui un estratto del suo discorso.

«Grazie per l’invito: da voi mi sento quasi a casa, visto il settore dal quale provengo. All’industria della carta mi legano cuore e testa; testa, perché oggi come presidente di Confindustria rappresento tutti i settori; cuore, perché sono nato in un’azienda in cui carta e inchiostro sono fondamentali. La carta è sempre stata per me il luogo della riflessione e del pensiero e tornare in azienda mi serve proprio per “sniffare” un po’ di carta e inchiostro: se non odoro carta, non penso.

«Con il contributo al nostro attivo di bilancia commerciale e alla competitività sui mercati internazionali, il vostro settore testimonia il valore della manifattura come motore di crescita. Un valore che non solo va tutelato, ma che deve diventare il cardine delle politiche economiche per il rilancio del nostro Paese. E parto subito da un’informazione pratica: nel Gruppo Energia, delega che volutamente ho mantenuto direttamente sotto la mia responsabilità, dovremmo tener insieme tutti i diversi interessi interni a Confindustria e portarli a sintesi strategica. Dobbiamo costruire una piattaforma comune per far assorbire a Confindustria le idee che provengono dai settori energivori. L’industria energivora è un’industria primaria, di base: senza un’industria energivora competitiva, perdono pezzi anche tutte le diverse tipologie di industrie che sono sopra. Per questo noi sosteniamo la necessità di un intervento organico di politica industriale. La questione non è di una categoria o di un’altra, ma riguarda un’idea complessiva di competitività di tutte le imprese e del Paese.

«C’è una domanda cui dobbiamo rispondere: che Paese vogliamo essere? Per noi la risposta è chiara. La Germania di Schroeder molti anni fa, ha deciso di diventare un grande paese industriale e c’è riuscita. Noi invece siamo ancora qui a cercare di rispondere. Ho detto più volte che la questione nazionale, europea è una sola: è la questione industriale, che comprende tutto, perché significa intervenire sui nodi di sviluppo del paese – energia, fisco, produttività, infrastrutture ecc. – e lavorare, lo ripeto, in una dimensione di competitività del Paese. A maggio in Assemblea di Confindustria abbiamo rilanciato la questione produttività, che adesso è diventata una priorità anche dell’agenda di Governo. È la variabile decisiva per le imprese e il Paese. Per parte nostra, stiamo lavorando a un insieme di proposte di politica economica che intervengano sui fattori di sviluppo e non sui singoli settori, proposte che raccoglieremo in un documento da presentare al Governo entro settembre.

«Detta così sembrerebbe un’anomalia, invece è la chiave di volta, perché politica dei fattori significa affrontare la questione energetica non in una logica di categoria, degli energivori, di Assocarta, piuttosto che di altri, ma in una logica di interesse-paese partendo da una politica dell’offerta che aiuti a essere competitive le imprese italiane. Questo è il percorso che dobbiamo seguire insieme, tenendo a mente tre concetti: debito, deficit, crescita. Il debito non deve aumentare, il deficit va tenuto sotto controllo, facendo qualcosa che porti alla crescita. E siccome dobbiamo farlo in una logica selettiva, perché non abbiamo tante risorse, dobbiamo scegliere di inserire queste risorse dove possano far fare un salto al sistema industriale italiano nell’interesse del Paese e del Pil. Ci sono alcune cose fatte che hanno funzionato – vedi l’effetto occupazione con la defiscalizzazione legata al Jobs Act o i maggiori investimenti per la Sabatini – bene, vuole dire che abbiamo toccato i “nervi” giusti e il sistema ha reagito.

«Questo mette una luce diversa anche sul nostro voler rappresentare. Cosa significa saper rappresentare le imprese in chiave moderna da parte di un corpo intermedio qual è Confindustria? Significa appunto essere ponte tra gli interessi delle imprese e quelli del paese. Far comprendere che la questione energia è determinante perché rendere competitive le industrie energivore significa rendere competitivo l’intero sistema industriale italiano. Perché l’Italia che vogliamo noi è un paese industriale: dobbiamo esserne orgogliosi e saperla raccontare.»

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