Etichette

Un nuovo paradigma nella stampa delle etichette

Dalla digitalizzazione incalzante alla sostenibilità ineludibile, dal controllo di processo all’analisi dei dati: una discussione a 360° con alcuni dei maggiori protagonisti del settore fotografa le più recenti tendenze tecnologiche del settore della stampa di etichette.

Quando si parla di tecnologie, il mercato delle etichette può fare affidamento a qualche solida certezza, davvero una buona notizia in un periodo quanto mai incerto a livello economico come l’attuale. Una in particolare sembra spiccare e riguarda la diffusione della tecnologia inkjet, nel suo ruolo riconosciuto di motore dei prossimi sviluppi del settore, con la sua capacità di soddisfare la domanda di tarature limitate e prototipazioni, accordandosi sapientemente alle specifiche richieste di volta in volta provenienti dai singoli clienti.

D’altra parte, come gli stessi operatori possono facilmente immaginare in virtù della propria esperienza quotidiana, le sfide tecnologiche non mancheranno, su tutte la necessità di allinearsi a nuove normative che richiederanno un aggiornamento delle competenze e degli strumenti di lavoro nella gestione dei file e nell’elaborazione dei processi software di stampa. La stessa digitalizzazione, oltretutto, non potrà essere confinata alla macchina in sé, allo scopo di coglierla pienamente come nuova opportunità, ma può rappresentare una effettiva chiave di volta soprattutto se arriva ad informare di sé l’intera azienda di stampa, nell’ottica del paradigma di Industria 4.0 e della conseguente gestione intelligente dei dati e degli strumenti di analisi.

La svolta digitale

Sono questi i temi tecnologici principali portati all’attenzione da una tavola rotonda di esperti del settore, organizzata da Italia Grafica all’inizio di marzo. «La tecnologia inkjet è quella che riesce ad essere più trasversale in tutti i settori delle arti grafiche e dove sono più attive, in termini di sviluppo, le società produttrici», ha spiegato Ettore Maretti, amministratore di Rem, che distribuisce la nipponica Screen in Italia con macchine da stampa inkjet industriali roll to roll. «Per quanto riguarda gli etichettifici, vi è stato sicuramente un avvicinamento anche da parte loro, tanto da essere sempre più diventata un must have. La tecnologia del futuro sarà sempre più ibrida, a discapito delle macchine flexo pure».

Per quanto riguarda il mercato, gli etichettifici si stanno sì misurando con diverse sfide come la reperibilità dei materiali autoadesivi, tuttavia, dal punto di vista delle opportunità di lavoro, lo scenario si conferma positivo. «La tecnologia inkjet consente di affrontare la frammentazione del lavoro, aspetto chiaramente complesso da gestire, così come di attingere a delle competenze più facili da reperire sul mercato», ha argomentato Maretti. «La ripetibilità e la stabilità, infatti, sono due caratteristiche intrinseche della tecnologia inkjet».

Inoltre, grazie alla tecnologia digitale, per usufruire di una continua efficienza del macchinario, il mercato ora è abituato ad avvalersi di contratti di assistenza e di manutenzione ordinaria. «Questa è eseguita indipendentemente dalla presenza reale di un dato problema, al fine di prevenirlo e non permetterne la trasformazione in manutenzione straordinaria», ha raccontato Maretti. «Chiaramente, avendo la possibilità di condurre un’assistenza programmata sulle macchine, sapendo quali sono i punti che più possono usurarsi o portare ad un malfunzionamento, si avrà una riduzione degli eventi straordinari e l’assicurazione di una maggiore costanza della produzione».

Appare infatti lontano il tempo in cui le aziende di stampa storcevano il naso rispetto all’idea di avere un costo fisso legato ai contratti di assistenza. «Nel tempo hanno capito il vantaggio, adottandolo anche sulle linee analogiche, richiedendo anche qui manutenzione preventiva e la presenza di tecnici on-site nel corso dell’anno, per evitare gli onerosi fermi macchina», ha assicurato Maretti.

Dal punto di vista della raccolta dati, si sta digitalizzando grazie anche al paradigma di Industry 4.0, che sta favorendo i grossi investimenti delle aziende italiane. «Inizialmente, si guardava più al beneficio economico, però con il tempo le aziende hanno cominciato ad implementare effettivamente con il proprio gestionale le funzionalità di raccolta dati, ottenendo una migliore contezza dei propri processi e arrivando ad aumentare i guadagni», ha aggiunto Maretti. «Questo approccio alla tecnologica e al business sta cominciando a diffondersi anche nelle realtà aziendali di medie e piccole dimensioni. Sicuramente, la sua adozione dipende più dalla predisposizione all’innovazione delle persone, che dalle dimensioni di un’azienda. Infatti alcune, seppure molto piccole, sono fortemente tecnologiche, con competenze e idee all’avanguardia. Nell’insieme delle realtà che operano sul mercato, certamente, la tendenza ad investire nella digitalizzazione, nella raccolta dati e nell’analisi è evidente».

Di certo oggi un etichettificio, piccolo o grande che sia, deve avere in casa tutte le tecnologie, sia analogiche che digitali: macchine a toner, inkjet, offset e flexo. «Le realtà oggi si stanno strutturando in questa maniera perché solo così, in effetti, si può essere efficienti in riferimento a quanto chiede il mercato, valutando di volta in volta la tecnologia più adatta per ogni singolo lavoro», ha suggerito Maretti. «In riferimento alla velocità della stampa digitale, oggi le macchine inkjet da bobina per le etichette vanno tranquillamente a 60 metri al minuto, con un uptime di oltre il 90 per cento. Il break even è dato proprio dalla convenienza, per esempio dalla quantità di inchiostro richiesta dal file, per questo è molto importante sapere prima, in base alla tipologie di etichetta e alla quantità da stampare, su quale tecnologia di stampa indirizzarsi. Oggi tanta stampa digitale è inkjet standalone, che consente una efficienza senza pari fino alle medie tirature, mentre in futuro, se si realizzerà la progressiva diminuzione del costo degli inchiostri, si potrebbero vedere incrementate anche le soluzioni ibride per le alte tirature».

La chiave è la specializzazione

Certamente, come è vero che l’orientamento principale riguarda la stampa inkjet, di fatto in continua crescita in qualità di tecnologia estremamente intuitiva ed immediata dal punto di vista dell’utilizzo, allo stesso modo essa deve essere ben guidata per raggiungere i risultati attesi. «In questa direzione, il tema delle competenze è ancora più cruciale, perché il mondo dell’inkjet ha la necessità di arrivare in macchina con il lavoro già pronto in tutti i suoi aspetti tecnici, da quelli legati al consumo di inchiostro a quelli relativi i tempi di asciugatura», è intervenuto Alessandro Mambretti, presidente di Taga Italia. «È una puntualizzazione che considero importante, perché negli ultimi due anni il mercato ha registrato un aumento molto forte delle soluzioni inkjet e digitali in genere, tanto che gli stessi converter hanno sviluppato macchine specifiche per ottimizzare una parte della filiera».

Negli ultimi due anni l’etichetta ha assunto e rafforzato il suo ruolo importante, ha confermato Mambretti. «Mi riferisco a quello di arricchimento, comunicazione e completamento di packaging di vario tipo, che è cresciuto assieme all’imballaggio flessibile ed alla necessità di personalizzazione, che parli al mercato di riferimento e in base a dove il prodotto è localizzato».

Di conseguenza, procedendo con una lettura tecnica, in questo momento stanno emergendo macchine da stampa digitali specializzate per determinate settori e per specifiche applicazioni, indirizzate a quei clienti che richiedono prodotti molto veloci da realizzare a vantaggio del time-to-market. «Questo fa sì che molte macchine siano specializzate nella formulazione degli inchiostri, in merito alla disponibilità dei materiali su cui si andrà a stampare, con profili colore dedicati e con aspetti legati al finissaggio del prodotto», ha spiegato Mambretti.

In questo senso, ha proseguito Mambretti, le macchine a toner non hanno potuto offrire grandi risposte. «Parliamo di una tecnologia matura, con caratteristiche che non le consentono di spaziare oltre le tipologie di applicazioni note, dove di contro garantisce ottimi risultati. Inoltre, il toner evidenzia un limite fisico che non gli consente di superare determinate velocità, mentre l’inkjet consente di spaziare sia come applicazioni sia come velocità».

Riguardo alle manutenzioni e alla distribuzione dei materiali, anche secondo Mambretti le macchine inkjet in generale presentano l’enorme vantaggio, se ben studiate, di garantire un’elevata stabilità e un uptime veramente alto. «Di contro, questo fa sì che si debba lavorare per mantenerle sempre produttive, ottimizzando il processo di stampa e i file, proprio perché, più la macchina conduce le sue operazioni in modo sistematico, meglio risponde. Su questo approccio alla tecnologia digitale, purtroppo, le aziende sono ancora un po’ lontane, in virtù della logica attualmente ancora predominate, per cui si tende ad utilizzarle in modo versatile su più tipologie di applicazioni, cercando di volta in volta i migliori compromessi, a discapito della realizzazione di produzioni più consapevoli».

Oltretutto, le etichette sono molto preziose dal punto di vista della preparazione. «Ad oggi si è digitalizzata la produzione, ma ancora poco si è fatto sulla parte di workflow e di interscambio dati, per allinearsi debitamente alle specifiche richieste del cliente e alla disponibilità dei relativi materiali in magazzino», ha ricordato Mambretti. «La produzione di etichette, infatti, è molto legata all’immissione sul mercato di una specifica merce. Le richieste, perciò, sono parcellizzate e, di conseguenza, risulta fondamentale, in termini produttivi, avere sotto controllo l’intera filiera, dall’approvvigionamento dei materiali alle tempistiche di lavoro, allo scopo di non interrompere la velocità e ridurre i tempi tipici del processo digitale».

La macchina da stampa, perciò, va considerata nella sua interezza, contemplando anche gli aspetti software, per un suo impiego che possa effettivamente fare la differenza. «Realizzare una etichetta in digitale significa disporre di strumenti per realizzare un processo realmente efficiente. Se ciò non avviene, si continuerà ad avere una crescita azzoppata. D’altra parte l’etichetta è quanto di più immediato, visibile e leggibile ha di fronte a sé ogni singolo consumatore. Ecco perché è richiesta grande attenzione al controllo di ogni aspetto del processo», ha rimarcato Mambretti.

Migliorare la cultura tecnologica

Per certi aspetti, la cultura delle aziende di stampa, rispetto alle opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica, deve ancora crescere, soprattutto in riferimento al quarto paradigma industriale e al tema dell’interconnessione. «I finanziamenti e le agevolazioni fiscali hanno sicuramente catalizzato l’attenzione verso nuove macchine e installazioni», ha segnalato Ester Crisanti, direttore tecnico di Italia Grafica. Tuttavia, le esperienze sul campo, tendenzialmente in misura maggiore da Roma in giù, mostrano che molte aziende, in realtà, stanno investendo non con la consapevolezza reale delle potenzialità della macchina acquistata. Spesso si cerca, fondamentalmente, di ottimizzare il ritorno fiscale e, solo in un secondo momento, si tenta di capire come la nuova linea di produzione possa effettivamente entrare all’interno del proprio workflow, allo scopo di migliorare i processi.

D’altra parte, secondo un’indagine dell’Osservatorio del Poligrafico, risulta che sono al massimo sei le tipologie di dati che le piccole e medie imprese utilizzano per analizzare il proprio lavoro. Solitamente sono dati anagrafici, preventivo, consuntivo e poco più. In generale, perciò, in Italia si evidenzia ancora una scarsa cultura dell’analisi dei dati e, soprattutto, una bassa predisposizione a modificare la propria visione sulla loro base.

Tuttavia, tra coloro che investono nelle nuove tecnologie, considerandole strategiche al di là del vantaggio prettamente fiscale, molte stanno guardando le etichette come primo passo verso un mondo sicuramente molto grande di opportunità. «Queste realtà optano per macchine che possono fare piccole e medie produzioni o prototipazioni», ha aggiunto Crisanti. «Questo perché, tra i vari motivi, dal 1° gennaio 2023 sarà attivo un nuovo regolamento su come dovranno essere le etichette in Italia, di conseguenza tantissimi committenti, proprio in questo periodo dell’anno, stanno già cominciando a ripensarle per soddisfare quei requisiti che tra non molto diventeranno obbligatori, mostrando così la necessità di avere tirature più basse, campionature e prototipazioni. A tal proposito, sul sito di Conai è presente tutta una parte di linee guida sulle etichettature e sugli aspetti ambientali, sicuramente utile per entrare nel merito, in modo più specifico, nelle scelte tecnologiche degli imprenditori».

Per quanto riguarda le macchine da stampa, l’inkjet rappresenta sicuramente una opportunità molto concreta, tuttavia pare altrettanto certo che serva un approccio più consapevole alla tecnologia. Diversi operatori cercano, infatti, una soluzione che consenta di lavorare in modo trasversale sulle etichette e sulla stampa tradizionale, anche scendendo a qualche compromesso in termini di prestazioni nella realizzazione delle applicazioni. Per certi aspetti è un atteggiamento comprensibile, poiché naturalmente la macchina in grado di realizzare ogni tipologia di lavoro non esiste. Tuttavia si tratta di un approccio strategico discutibile, che sarà reso definitivamente inopportuno dal 1° gennaio 2023, in virtù del nuovo regolamento sulle etichette.

Anche in riferimento all’utilizzo dei software, per certi versi va ancora sollecitata maggiore attenzione alle opportunità tecnologiche realmente offerte. Certamente i software sono già presenti nella grande maggioranza delle aziende, tuttavia non di rado vanno ancora utilizzati con maggiore contezza, al fine di gestire e organizzare i flussi di lavoro per le etichette. È anche vero, però, che oggi gli investimenti sui software sono diventati più accessibili, evidenziando anche la possibilità di ottenere recuperi fiscali con pacchetti che guardano all’automazione e al paradigma 4.0.

A proposito di criticità rispetto all’impiego delle tecnologie e alle sue evoluzioni, Giovanni Daprà, consulente specializzato nell’organizzazione aziendale in ambito grafico con particolari competenze nella gestione del colore, ha sottolineato come, al di là delle dimensioni aziendali, grandi e piccoli stampatori attualmente si stanno tutti misurando con problemi relativi alla gestione dei file PDF che dovrebbero essere pronti per la stampa. «Per esempio, i colori Pantone non saranno più inseriti nei software di Adobe dall’anno prossimo, lo stesso vale per le Font Type 1 che non saranno considerate in InDesign, Illustrator, ecc. Sono cambiamenti problematici su cui non si avverte, a mio avviso, un’adeguata consapevolezza sul mercato, anticipando i problemi tecnici che questi cambiamenti generano a chi non ne ha consapevolezza».

In modo particolare, grazie alla sua esperienza sul campo e allo stretto contatto con il mondo delle aziende, Daprà avverte soprattutto la mancanza di competenze tecniche adeguate nella gestione dei file sia nella preparazione come nella valutazione tecnica dei contenuti in prestampa. «Il rallentamento in produzione è determinato dal dovere intervenire a monte, situazione che può essere risolta grazie a software specifici e RIP performanti e costantemente aggiornati che richiedono alte competenze oppure in virtù di operatori in grado di usare i programmi con rara disinvoltura e abilità».

Altri temi su cui Daprà ha richiamato con forza l’attenzione riguardano la corrispondenza dei formati di salvataggio, alla luce della disponibilità di soluzioni software di nuova generazione, così come le norme recentemente entrare in vigore, che coinvolgono le aziende di stampa stesse nelle contestazioni. «L’attenzione riservata a questi temi, purtroppo non ancora sufficiente, è decisiva per la sostenibilità e la crescita futura del mercato e dei margini di guadagno che le aziende grafiche lamentano, non sempre trovando opportune soluzioni».

La sostenibilità come driver tecnologico

Oltre alla digitalizzazione, un tema di grande attualità per l’economia nel suo complesso è la sostenibilità ambientale, un orientamento sempre più percepibile e in grado di ridefinire gli sviluppi e le nuove proposte tecnologiche, comprese quelle dedicate al settore della stampa.

Da questo punto di vista, Maretti ha approfondito la dimensione green delle macchine digitali inkjet, confrontandola con la tecnologia flexo. «Per quanto riguarda la sostenibilità, nel confronto tra una macchina digitale inkjet e una macchina flexo, la prima ha un footprint minore per quanto concerne lo spreco di suolo. Passando al consumo energetico, la stampa flexo presenta un diverso numero di cappe di asciugatura, Led e motori. Questi elementi rendono il consumo di energia elettrica su una macchina inkjet di un quinto, rispetto alla flexo. A ciò si aggiungano le caratteristiche avanzate dalle macchine inkjet in termini di avviamento, aspetto che si declina in un ulteriore vantaggio rispetto agli scarti maggiori generati dalle macchine convenzionali. Oltre a ciò, la stampa inkjet azzera anche gli sprechi di inchiostro, elemento fondamentale nell’ottica della sostenibilità».

Proprio al tema degli inchiostri si è agganciato Alessandro Mambretti. «Dal punto di vista della sostenibilità, la formulazione degli inchiostri vede una componente acquosa senza pari nella stampa digitale. Un altro aspetto, proprio del digitale e del mondo dell’etichetta, può aprire una visione differente del settore: infatti, uno dei grandi vantaggi di lavorare a stretto contatto con il mercato, come avviene proprio in questo settore, è quello di ridurre lo spreco generale. Riuscire ad essere efficienti nella produzione, significa produrre lotti ridotti ogni volta che è necessario e possibile».

A sua volta Giovanni Daprà ha segnalato il tema degli scarti legati a tutti i materiali, compreso il foil. Una osservazione opportuna, che ha consentito a Maretti di ricordare che, in riferimento al foil, vi sono tecnologie per ottimizzarne il consumo nel contesto analogico, mentre è appena nata la tecnologia EcoLeaf del gruppo Actega, che permette di utilizzare il metallo solo laddove serve.

A proposito di scarti, a chiudere la tavola rotonda è stata una considerazione finale sulla parte di recupero del liner. «Una volta applicata, una parte dell’etichetta infatti diventa scarto», hanno convenuto i relatori. In più, quando si parla di nobilitazione dell’etichetta, hanno aggiunto, le scelte tecniche e di workflow impattano anch’esse la parte ambientale. La sfida green, insomma, richiede ancora una quantità non indifferente di impegno e cultura aziendale per essere percorsa con piena consapevolezza, così come ulteriori confronti e approfondimenti. Chiusa una tavola rotonda, già se ne annuncia una seconda.

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