Il lavoro fa crescere tutti
di Enrico Sbandi
Con le nostre imprese dobbiamo far crescere anche il contesto sociale. A colloquio con Fabio Testa, amministratore unico di DTD packaging, vicepresidente di Unione GCT Milano con delega all’istruzione.
Fabio Testa, 50 anni, fondatore e amministratore unico di DTD packaging vicepresidente Unione GCT Milano con delega per il settore packaging con specifico riferimento all’istruzione e alle relazioni per stabilire convenzioni tra fornitori esterni e l’insieme delle aziende che fanno parte dell’associazione.
«La presidente Lara Botta ci ha scelto proprio per l’ancoraggio ai rispettivi settori di riferimento. Sono al primo incarico con delega specifica, avevo solo una precedente esperienza come consigliere. Ma intendo trasferire in questo compito, la filosofia che porto avanti in azienda: essere efficienti ed empatici con i nostri interlocutori».
La sua DTD Packaging ha un approccio che definirei olistico, mettete assieme i diversi segmenti per dare vita a un prodotto dotato, se si può dire, di una sua personalità, un packaging con l’anima. Esagero?
«Siamo un’azienda piccola, ma con un ciclo produttivo completo: partiamo dalla progettazione, dalla prestampa e dalla grafica, fino ad arrivare alla produzione vera e propria, con volumi che spaziano dal singolo pezzo fino a milioni di unità. La descrizione è perfettamente centrata, e sono lieto che emerga chiaramente l’immagine che ci rappresenta: realizziamo un vero e proprio abito su misura per ogni prodotto e per le esigenze specifiche dei nostri clienti.
Dal punto di vista qualitativo, il nostro impegno è totale: quando produciamo “indossiamo il cappello del cliente”, ci immedesimiamo nelle sue necessità e nei suoi obiettivi. Questo approccio ci ha portato, negli ultimi anni, a un tasso di contestazioni pari allo 0,03% sulla produzione annuale. Al tempo stesso ci confrontiamo con clienti che operano in un mercato sempre più frenetico, che richiede risposte immediate e la capacità di differenziare e personalizzare ogni singolo lavoro. È proprio per questo che continuiamo a “vestirci” sul cliente, adattando processi e soluzioni in modo da offrirgli esattamente ciò di cui ha bisogno, con la massima rapidità, qualità e attenzione».
Una scelta fatta dall’inizio o maturata lungo il percorso?
«È il modo di operare con cui ho dato vita all’azienda. Provenivo da un’esperienza commerciale e ho trasmesso fin da subito questa mentalità ai miei collaboratori: l’attenzione — quasi un’ossessione positiva — per il cliente è la condizione fondamentale perché il lavoro possa funzionare davvero. Sin dall’inizio abbiamo costruito la nostra identità su questa linea d’azione, e in modo del tutto naturale siamo arrivati a strutturare un’organizzazione pensata proprio per rispondere a questa visione».
È una filosofia che trova riscontro “soltanto” nella maggiore fidelizzazione del cliente, quindi con una certa tranquillità nella gestione delle commesse, oppure ci sono altre innovazioni che questa filosofia ha consentito di introdurre, sia di processo sia di prodotto?
«Dal punto di vista del processo, in realtà, non ci sono grandi differenze: la cartotecnica, se vogliamo esagerare, è cambiata poco dai tempi di Gutenberg — ed è chiaro che si tratta di un paradosso. Quello che fa davvero la differenza è il nostro orientamento tecnologico, basato su un’innovazione continua e su un parco macchine capace di garantire maggiore velocità, rapidità di risposta e controlli qualità sempre più accurati.
Inoltre, così come ci “vestiamo” sulle esigenze del cliente, abbiamo fatto lo stesso con le nostre macchine, selezionando fornitori e soluzioni che potessero agevolare questo tipo di reattività. Questo ci ha permesso di distinguerci dai competitor.
La nostra azienda si fonda sull’idea di pensarsi come una macroimpresa, pur mantenendo l’artigianalità di una microimpresa: da un lato la cura del prodotto, dall’altro un potenziale tecnologico in grado di generare numeri realmente importanti».
È strategicamente più utile e importante — sempre nel rispetto di standard elevati — essere in grado di fornire grandi numeri o grande versatilità?
«La versatilità è fondamentale. I grandi numeri arrivano naturalmente se si è davvero versatili, se si riesce a fare poco molto bene. È un po’ come nel tai-chi: se padroneggi i movimenti lenti, allora puoi eseguirli anche velocemente e con grande efficacia.
Noi siamo in grado di realizzare piccole e micro tirature in modo rapido ed estremamente preciso; questo ci “allena” anche alla produzione su larga scala, permettendoci di mantenere lo stesso livello di qualità e accuratezza. Alla fine parliamo sempre di carto-tecnica: e per noi quel suffisso “tecnica” ha un valore davvero centrale».
C’è una qualche innovazione di cui vi sentite particolarmente orgogliosi?
«Il valore che offriamo ai nostri clienti va ben oltre la semplice fornitura di un ‘pezzo di cartone’. Il nostro obiettivo è erogare un servizio completo: dall’ideazione del progetto di un pack per trasportare un oggetto da un punto A a un punto B, al renderlo al tempo stesso funzionale e accattivante. Vogliamo mettere il cliente nelle condizioni di confezionare il prodotto finale nel modo più rapido, efficace e aderente possibile alle sue esigenze».
C’è un turn over dei clienti?
«Sinceramente no, i nostri principali clienti sono rimasti con noi dal primo giorno, ne abbiamo aggiunti nel tempo, perdendone sostanzialmente molto pochi».
Come conta di trasferire questa filosofia e questa esperienza nello svolgimento del suo incarico di vicepresidente?
«Credo che serva innanzitutto entusiasmo: è ciò che permette di coinvolgere le persone, e attraverso di loro le aziende e tutto ciò che le circonda. Non tutto riesce alla perfezione, ma nelle mie esperienze — dentro e fuori la mia azienda — non mi sono mai tirato indietro davanti alle difficoltà, siano esse legate a persone, competitor o situazioni non in linea con il mio modo di pensare.
Quando ritengo che un’idea abbia valore e meriti di essere portata avanti, mi impegno per realizzarla. Allo stesso tempo sono pronto a cambiare direzione se mi accorgo, o mi viene mostrato, che qualcosa non funziona o non è la scelta migliore. L’obiettivo resta sempre quello: lavorare con una logica win-win e orientarsi verso ciò che può davvero generare utilità».
Lei ha età giusta, esperienza robusta e grande entusiasmo. Che target si pone nell’incarico?
«Stiamo cercando di dare all’ambito formativo un’impronta che punti non solo a creare nuovi occupati per le nostre aziende, ma anche a generare valore sociale. L’obiettivo è costruire percorsi che formino diplomati e professionisti utili al nostro settore, integrando allo stesso tempo iniziative mirate all’inserimento degli immigrati, al coinvolgimento dei ragazzi e alla valorizzazione delle fasce meno agiate. Vogliamo portare nelle imprese un patrimonio di know-how e capacità produttive che possa generare benefici concreti sia per le persone sia per le aziende dell’Unione.
Quello che stiamo sviluppando è un progetto “pilota”, che potrebbe estendersi ad Assografici e, in prospettiva, all’intero territorio nazionale. La nostra ambizione è creare personale qualificato che possa intraprendere questo mestiere – un settore che sta vivendo un momento favorevole – offrendo a molti l’opportunità di reintegrarsi o integrarsi pienamente nella società, con un ritorno positivo per tutti.
È fondamentale saper collocare l’azienda all’interno del contesto in cui opera: così come una persona in una famiglia o un dipendente in un’impresa, anche un’azienda in un territorio o un’associazione in una provincia rappresentano ruoli essenziali, che vanno compresi e valorizzati. Vogliamo essere un vero volano sociale, capace di esprimere non solo la nostra funzione produttiva ma anche quella comunitaria. Il contesto deve crescere grazie alla nostra azione, che va oltre il successo individuale della singola azienda: è una responsabilità importante, che vogliamo assumerci pienamente».



