Digitale&Offset

Digitale: scenario tecnologico, macchine, materiali, finishing

Secondo i dati di mercato il numero di macchine installate e i volumi stampati sono in crescita, e dal 2009 a oggi sono numerose le aziende di stampa che hanno spostato la produzione totalmente in digitale, preferendo affidarsi a servizi online per le produzioni che continuano a richiedere l’offset. Tuttavia il motivo che ha spinto molti a cambiare metodo produttivo, o affiancare queste produzioni, non è stato il conto economico, ma una generale qualità e affidabilità consolidata.

Quando ci sono dei cambiamenti le opinioni delle persone si dividono in modo inequivocabile, citando Umberto Eco, tra apocalittici e integrati. Per i primi la stampa digitale avrebbe ucciso la convenzionale facendo perdere qualità e guadagni, i secondi, invece, vedevano l’inizio di un mondo della stampa dinamico, su misura per ogni singolo cliente. Ed ecco che oltre 20 anni dopo la convenzionale data di inizio della stampa digitale mi sento di affermare che i primi sono stati smentiti, e i secondi tardano ad avere ragione, per lo meno in Italia.
La stampa digitale di piccolo formato è quanto di più vicino possa esserci ai sistemi di stampa offset 35×50, di solito elettrofotografica e in divenire inkjet, colore o bianco/nero, capace di stampare un’ampia gamma di supporti per finissaggio, grammatura e composizione con una capacità produttiva di almeno 50 pagine dall’A4 in su. In questo modo ogni stampante può diventare una macchina da stampa digitale a foglio e per questo motivo bisogna analizzare più a fondo ogni aspetto del prodotto stampato più che della macchina. Intanto l’unità di misura è fuorviante perché la velocità in A4 è espressa per grammature a 80 g/m2, mentre le macchine da stampa digitale devono garantire una produttività almeno pari su tutte le grammature e poter lavorare in modo continuato sia nel carico carta, sia nel carico consumabili.
È ovvio quindi che si inizi a pensare con sempre maggiore interesse a cosa succederà a drupa 2016. Reputo che ci siano già delle chiavi di lettura tecnologica sugli sviluppi futuri e credo che ci saranno molte conferme e presentazioni con rilasci a breve periodo. Negli ultimi due anni Canon, HP, Kodak, Konica, Ricoh, Xerox hanno rinnovato, allargato e inserito nuovi modelli di macchine da produzione nel piccolo formato per il settore arti grafiche a tecnologia elettrofotografica e alcune presentazioni nell’inkjet transazionale/direct marketing. È quindi lecito pensare che ci sarà un forte lavoro di consolidamento delle tecnologie con innovazioni software e di prestazioni e alcune importanti presentazioni nel comparto inkjet.

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La leadership del toner

La tecnologia di stampa elettrofotografica a toner secco è un maturo e affidabile processo di produzione e tutti i principali marchi stanno lavorando sull’attenuazione e soluzione di alcuni problemi tipici di questa tecnologia, con l’introduzione, trasversale su tutti i marchi, di novità intrinseche.
C’è stato un generale abbassamento delle temperature di fusione del toner, riducendo così gli shock termici sul supporto e portando a una drastica riduzione delle deformazioni che ne derivano. Questo è possibile grazie alle nuove formulazioni dei toner, su cui ogni casa pone il proprio brevetto, e una migliore conservazione del calore sui fusori durante la produzione. In questo modo è possibile allargare la produzione su un numero maggiore di supporti, compresi quelli plastici ed extra cartacei, aumentando le possibilità di offerta ai clienti.
La conseguente riduzione delle deformazioni del supporto mantiene più precisa la geometria dell’immagine a tutto vantaggio della precisione di registro bianca/volta e una maggiore precisone in finitura e taglio. Questa generale diminuzione della temperatura non incide sulla velocità di produzione su supporti differenti per spessore – a cui di solito si deve fare riferimento per valutare la reale capacità produttiva di una macchina – su molti modelli non cambia, se non in alcuni, alla massima grammatura disponibile.
Come si sa tutte le tecnologie a toner a foglio prevedono il movimento del supporto per trascinamento a rulli e cambio lato pinza in voltura, cosa che determina un aumento dei controlli durante la stampa in bianca/ volta, in particolare sui supporti più leggeri. Alcune case hanno introdotto squadre meccaniche di registro e quasi tutte hanno un sistema di misurazione automatico o semi automatico dei supporti per ottenere una perfetta centratura. Questi sistemi sono presenti da diverso tempo sulle macchine ma la loro efficienza è stata aumentata e resa più immediata e stabile, grazie anche a una migliore costruzione dei gruppi di trascinamento e un più massiccio uso dei sistemi di misurazione ad hoc.
Per utilizzare al meglio queste tecnologie e ottenere risultati costanti e replicabili necessari per la produzione, in molti casi si lavora sulla specifica tipologia di carta, assegnando parametri dettagliati in funzione del formato, della grammatura, del tipo di finitura, andando così a realizzare delle librerie carta personalizzate a tutto vantaggio delle ripetibilità nel tempo. Spesso è proprio la mancata attenzione a queste semplici procedure a generare problemi di produzione e a creare lunghi fermi macchina per impostare le macchine prima di partire, specialmente quando si sta lavorando su carte di difficile gestione, come quella chimica.
Se il punto di fusione si è abbassato è grazie alle nuove formulazioni di toner, uno dei cuori tecnologici che caratterizzano l’intera capacità produttiva e il grado qualitativo di una macchina da stampa digitale. Come abbiamo già scritto l’hanno scorso (Italia Grafica n° 7, 2010) ormai tutti i toner sono polimerizzati e significativi passi in avanti sono stati fatti sulle dimensioni e sulla capacità di fondere in modo omogeneo già a 100 gradi in casi di singolo colore su carte sottili. Questa affinazione ha come vantaggio l’aumento del gamut colore sia nella gamma dei blu che dei verdi e di ottenere risultati più puliti anche nelle gamme dei marrone e degli arancione, in quanto il film dei toner è più sottile e quindi anche più luminoso, evitando il «fastidioso» lucido che per lungo tempo ha afflitto le stampa digitali a toner.
Sempre inerenti ai toner sono stati aggiunti nuovi gruppi stampa come bianco, trasparente, oro, argento; alcuni erano già presenti da tempo ma ora sono inseriti in macchine da produzione e quindi proponibili a un mercato più ampio in numeri e con tempistiche da “just in time”.

Sono stati aggiunti nuovi gruppi stampa come bianco, trasparente, oro, argento; alcuni erano già presenti da tempo ma ora sono inseriti in macchine da produzione e quindi proponibili a un mercato più ampio in numeri e con tempistiche da “just in time”.

Nuovi toner più fini permettono di ottenere anche una migliore risoluzione di scrittura e aumentare la risolvenza sui supporti. Per fare questo molti gruppi di scrittura stanno passando dall’emissione a laser singolo o doppio alla tecnologia Vcsel, Vertical Cavity Surface Emitting Laser: è un laser semiconduttore con un’emissione del raggio verticale rispetto alla superficie di scrittura che per alcuni produttori avviene ancora su specchi e in altri è diretta sul fotoconduttore. Questo tipo di laser emette un raggio con maggiore finezza e pulizia e i singoli diodi emettitori sono spesso montati in array per aumentare la definizione. In pratica si può costruire un punto di stampa utilizzando anche quattro laser di scrittura e ottenere una maggiore precisione, dettaglio e pulizia. Dal punto di vista manutentivo vuol dire aumentare la vita dei laser, una minore usura e rischio di stop qualitativo per deposito polveri. Questo novità ha portato tutte le macchina toner a scrivere a una risoluzione minima che va da i 1.200 dpi e può giungere fino ai 4.800 dpi, permettendo di scrivere retini di stampa più fini e puliti che sono paragonabili a una stampa a offset a 120 lpi e più e con diversi disegni di punto. Inoltre, in funzione del Rip/Dfe che pilota la macchina da stampa digitale è possibile modulare le risoluzioni in modo differente per le immagini bitmap e per le parti vettoriali di un file, sfruttando appieno le potenzialità di dettaglio delle macchine.
Molte macchine da stampa digitali stampano oltre i 300 g/m2 e in alcuni casi arrivano a stampare anche i 400 µ e oltre, mentre sul formato di stampa tutte sono allineate al 330×482 per arrivare in alcuni casi a 360×660, al 330×700, al 350×1.000, tutte in modalità produzione ad alta capacità di carico e in bianca/ volta automatico. Questo è dovuto a miglioramenti meccanici e a un controllo totale della resa cromatica sull’intero supporto, annullando così quelle spiacevoli riproduzioni disomogenee dovute all’eccessivo numero di giri del fotoconduttore e del fusore per scrivere un singolo foglio.
Un discorso a parte merita la tecnologia HP Indigo con elettro ink in quanto già sviluppata con un’ampia dotazione tecnologica in partenza e risultati qualitativi che hanno fatto il benckmark del mercato. La configurazione con bianco con possibilità di stampa a più passaggi, la possibilità di formulare tinte Pantone con il sistema HP IndiChrome, oltre a una produttività garantita, sono ancora importanti punti che la differenziano sul mercato anche se la distanza non è più così ampia.
Alla stessa stregua Kodak Nexpress che è arrivata a stampare il metro e a mettere a disposizione degli utenti parecchie opzioni di personalizzazione come la possibilità di stampare oro e una gestione del nero multidimensionale con il light black, o il Micr per le stampe di sicurezza (per un approfondimento sulle opzioni di HP Indigo e Kodak Nexpress vedi Italia Grafica n° 5 «Nobilitare per competere»).

Inkjet nel piccolo formato

A parte Fujifilm e sul formato 50×70, sul mondo foglio piccolo formato non è stato annunciato nulla a parte la VarioPrint i300 Imaging di Canon, e Xerox Rialto. Sono due soluzioni che per il momento hanno ben poco da offrire al mercato delle arti grafiche e, attualmente, si rivolgono al mondo transazionale e direct marketing. La macchina da stampa di Canon è quella che ha destato maggior impatto, dato che è grande (10 m di lunghezza per 2,4 m di altezza e 2,7 m di profondità): è in grado di produrre fino a 8.700 fogli A4/ ora e arriva a stampare fino al formato B3.
La Xerox Rialto è una macchina espressamente dedicata al mondo del transazionale e per compattezza e velocità si pone come macchina dipartimentale.
È la bobina che ha il maggiore fermento visto quello che è già stato mostrato agli Hunkeler Innovation days e a Graph Expo con soluzioni di stampa pronte per il mercato arti grafiche e possibilità di stampa su supporti non trattati. E questo fermento fa ben sperare per un ricaduta anche nel piccolo formato a foglio. Tuttavia il limite più consistente allo sviluppo della stampa con questa tecnologia risiede proprio nei supporti che, se non trattatati, diventano di difficile stampabilità per il settore arti grafiche. Sono già state fatte numerose sperimentazioni in merito ma i risultati o non sono stati validi per il settore o troppo onerosi per i costi di produzione. Di fatto la ricerca è sinergica tra produttori di teste e costruttori di macchine da stampa, il cui risultato è vero oggetto di attesa a drupa 2016. Per esempio, mentre scrivo, Komori ha appena presentato la Impremia IS29 UV sviluppata assieme a Konica Minolta e presentata a drupa 2012.

Supporti che passione

Il vantaggio unico di stampare su un’ampia gamma di supporti è la possibilità di soddisfare richieste altrimenti troppo costose, sia in termini di tempo sia di denaro.

La maturazione e l’acquisizione di fette importanti di mercato degli stampati hanno portato molte cartiere e trasformatori a sviluppare linee specifiche per la stampa digitale a toner o inkjet o a effettuare formulazioni che possano soddisfare il mondo offset e uno dei due inchiostri digitali. La varietà dei supporti è sempre più ampia e nell’ambito cartaceo è possibile stampare su metallizzate e perlescenti, facendo ulteriormente valorizzare la stampa con il bianco e i colori speciali, oppure scegliere carte floccate, tessuti adesivizzati, TNT, impregnate, poliestere, PET, polipropilene ecc.
Il vantaggio unico di stampare su una così ampia gamma di supporti è la possibilità di soddisfare richieste altrimenti troppo costose, sia in termini di tempo sia di denaro. Soddisfano l’esigenza primaria di flessibilità che molto spesso l’azienda di stampa tipica italiana si trova a dover affrontare per mantenere e allargare la clientela. Se Fedrigoni ha fatto da capostipite e da traino per il settore, ora quasi tutte le cartiere sono in grado di fornire un buon catalogo supporti dedicato al digitale. Le caratteristiche che questo tipo di supporti hanno è una minore quantità di acqua al proprio interno, in alcuni casi un trattamento superficiale più idoneo a ricevere polvere di toner o ad assorbire e stabilizzare meglio le gocce di inchiostro e un taglio e una fornitura ottimizzata per questo tipo di stampa.
Il connubio tra stampa e supporti plastici apre mercati e tipologie di produzione cui è difficile proporsi con la stampa tradizionale o con un vecchio sistema digitale. La stampa su trasparente, su materiali riposizionabili, su adesive plastiche, permette di servire anche il settore allestimenti, packaging di cosmesi, parafarmaceutico, abbigliamento, funzionale… tutti settori che cercano personalizzazioni, piccole tirature, qualità costante, continuità di produzione.
Tuttavia le accresciute caratteristiche delle macchine da stampa a toner permettono di stampare con soddisfazione sia qualitativa sia produttiva anche su carte offset e di fornire così un’ottima complementarietà di produzione. Come già in altre occasioni ho avuto modo di affermare, la conoscenza delle caratteristiche peculiari dei supporti è quella che ne determina la macchinabilità e la produttività; spessore e direzione di fibra devono interessare l’analisi della scelta di un supporto, ancorché la grammatura; lo spessore determina la temperatura di fusione o l’assorbimento della goccia prima che migri, la direzione di fibra, la capacità di girare in macchina e di non generare vibrazioni o inceppamenti che possono pregiudicare la produzione.

Finishing: il grande collo di bottiglia

Per quanto sia in crescita il volume generale della stampa digitale, le singole produzioni sono limitate nei numeri assoluti e poco appetibili per soluzioni di finishing automatizzato. A parte la collettazione che viene fatta in automatico da tutte le macchine di produzione con i normali finitori e la rilegatura a punto metallico a sella, il taglio, la fustella e tutto quello che serve per fare un prodotto finito è ancora in un’area di limbo tra manualità e semiautomatiche. Le uniche linee automatiche che sono utilizzate fanno riferimento alla realizzazione di libri finiti o segnature raccolte e cucite.
Tutte le possibilità produttive che i sistemi di stampa mettono a disposizione devono necessariamente passare al vaglio delle possibilità e dei tempi di finitura. Per prodotti come biglietti, inviti, pieghevoli esistono dei sistemi molto efficienti di taglio, cordonatura e piega, come le soluzioni Duplo e allo stesso modo ci sono linee di finitura a punto metallico o colla specifiche per formato e produttività per il settore digitale.
Sulla parte plastificazione e protezione le nuove formulazioni dei toner permettono di ottener eccellenti risultati, senza rischio di spellicolamenti e microbolle con plastifiche industriali. Con alcune macchine da stampa digitali è tale il controllo di temperatura che è possibile ristampare su stampati plastificati opaco per ottenere degli effetti tono su tono; o impreziosire lo stampato con lamine metallizzate che aderiscono al toner per offrire un prodotto di maggior pregio (vedi Italia Grafica n° 5, «Nobilitare per competere»).

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Quindi… tutti uguali?

La situazione attuale degli stampatori ci dice che il mercato italiano è maturo e si sta sempre più allargando alla stampa digitale, che le macchine sono affidabili e che ci sono molteplici soluzioni da valutare. Le case produttrici di macchine da stampa digitale a foglio sono poche e presentano gamme che hanno alcuni punti in comune ma molti di differenza, per cui il confronto sul costo copia si ridimensiona in funzione delle prestazioni.
L’errore che spesso vien fatto è di non valutare le differenze e i vantaggi competitivi che una tecnologia può offrire rispetto a un’altra, ciò è dovuto anche al fatto che, a fronte delle molteplici proposte delle case produttrici, spesso non corrispondono le idee chiare dello stampatore. Troppe volte ci si limita a valutare i numeri diretti (costo macchina, costo copia, grammature) e non si entra nel merito di una scelta che prevede molti fattori, dal tipo di servizio e di prodotto che può offrire in più verso i propri clienti, ai tempi ridefiniti e in molti casi risparmiati per effettuare produzioni che altrimenti non farebbe o dovrebbe far pagare molto care. La flessibilità dei supporti, la forte riduzione dei fermi macchina, la stabilità in produzione anche su supporti difficilmente macchinabili, la planarità dei fogli in uscita, la riduzione degli scarti in finitura, le aumentate possibilità di valorizzazione dello stampato attraverso colori speciali sono i valori meno evidenti in termini di costo ma che più contribuiscono al successo sul mercato della stampa.
L’idea che produrre in digitale sia meno costoso che farlo in offset appartiene ormai a un’altra epoca, e soprattutto a una gamma limitata di volumi; sono modi di produrre differenti per tecnologia, in alcuni casi per qualità in entrambe le direzioni, ma in ogni caso destinati a un cliente che non si cura di come sono stampati ma di cosa ha in mano e se corrisponde a quanto richiesto. Spesso i volumi migrano da un sistema a un altro, molto spesso si mischiano prodotti stampati su media differenti e su sistemi di stampa differenti, perché è sempre valido per la stampa digitale di piccolo formato il rispondere a richieste just in time ed eseguirle on demand, termini che sono entrati nel gergo della stampa circa 20 anni fa.

L’errore che spesso viene fatto è di non valutare le differenze e i vantaggi competitivi che una tecnologia può offrire rispetto a un’altra, ciò è dovuto anche al fatto che, a fronte delle molteplici proposte delle case produttrici, spesso non corrispondono le idee chiare dello stampatore.

Per questo il metro di valutazione non può essere lo stesso della stampa offset se non per la mera resa visiva, perché cambiano i formati, le rese e le finiture, e così pure le richieste dei clienti. Il cliente non chiede qualche cosa in più che lo possa legare a noi, chiede di trovare nuovi modi per comunicare e che si possano integrare con altri mezzi, e per cogliere il suo interesse e non solo il suo portafoglio, ogni proposta tecnologica ha un suo valore che deve esser riconosciuta e integrata. Nella mia attività professionale ogni volta che presento una novità tecnologica sia di stampa sia di valorizzazione software la risposta che sento darmi più spesso è «non ho clienti che me lo chiedono». A loro ricordo che quegli stessi clienti non chiedevano stampe a 5 o 6 colori, vernice riservata, la stampa via Web, il formato PDF… ma appena qualcuno l’ha offerta loro, l’hanno colta e accolta. Non capirlo e continuare a misurare la stampa digitale di piccolo formato solo come un’alternativa alla offset significa passare da integrato ad apocalittico.

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