Etichette

Etichette, ripensare le catene di fornitura

Nel settore delle etichette prosegue la ricerca di nuovi materiali per proporre soluzioni originali, raccogliendo la sfida della sostenibilità ambientale. Un percorso che potrà portare a rimodulare le catena di fornitura, per vincere la sfida della reperibilità delle materie prime.

Nel settore delle arti grafiche, gli etichettifici rivestono un ruolo importante. Con un occhio rivolto all’estetica e l’altro alle funzionalità, sono loro ad applicare sui prodotti presenti sul mercato le informazioni di servizio e di logistica che fanno muovere e vendere le merci. In pratica, con le loro etichette, per esempio, trasformano una bottiglia di vino o di olio da un oggetto anonimo a un prodotto “che parla”, in grado di conquistare l’attenzione del consumatore, vestendolo e presentandolo in modo originale e creativo in tutte le sue caratteristiche e qualità.

Proprio per questo motivo, molte immagini che caratterizzano le etichette sono entrate a fare parte integrante del nostro vissuto e immaginario. Un prodotto senza etichetta diventa irriconoscibile, persino muto. Da qui la ricerca continua di nuovi materiali e soluzioni, nella consapevolezza generale che molto spesso gli acquisti sono guidati dagli occhi e dai sensi in generale, prima ancora che dalla ragione, perciò risultano determinanti la tipologia di packaging utilizzata, la matericità dell’applicazione e la scelta di una etichetta morbida piuttosto che setosa.

«Durante la pandemia i nostri clienti hanno avuto più modo di ragionare e portare a termine, in modo dinamico, i progetti che erano aperti, cercando di proporre nuove soluzioni e prodotti», afferma Alberto Quaglia, past president Gipea e membro di diritto del Consiglio direttivo, nonché direttore generale di Aro. «Nella seconda metà del 2021, prima dei forti rincari, tale dinamismo ha dato al nostro settore la possibilità di sperimentare nuovi materiali, più vicini al concetto di sostenibilità allargata, nel senso di caratterizzati anche da un prezzo sostenibile. Abbiamo così visto, nel nostro mercato, l’inserimento di alcune termiche a bassa grammatura, proprio per essere meno impattanti».

Questo orientamento è stato principalmente veicolato da regolamenti e normative in merito alle etichettature degli imballi. «Il cliente ha cominciato a prendere atto del fatto che, nel breve periodo, avrebbe dovuto inserire sul proprio packaging le informazioni sui vari componenti, come indicazione dei corretti processi di smaltimento. Questo ha fatto sì che, in tanti, abbiano iniziato a pensare ad una riprogettazione dell’intero packaging, allo scopo di essere più sostenibili», argomenta Quaglia.

Dopodiché, però, sono arrivati gli aumenti e la carenza della materia prima. «Di conseguenza siamo tornati ad una fase di incertezza, dove l’interesse primario per il cliente è, innanzitutto, avere a sua disposizione la materia prima per il packaging e per la vendita del prodotto, al di là della eventuale possibilità di sperimentare soluzioni innovative», segnala Quaglia. «Alcuni nostri clienti denunciano, peraltro, non solo una carenza di etichette, ma, in alcuni casi, anche di contenitori in plastica, bottiglie in vetro e tappi».

Imparare dalle difficoltà

In realtà, quando si è cominciato a parlare di shortage delle materie prime, la catena di fornitura si è attivata per inserire per tempo, al proprio interno, i materiali green richiesti dal mercato. «Tuttavia, lo scenario di carenza delle materie prima ha trasformato in un sogno prematuro l’approvvigionamento dei materiali con il liner in PET. Siccome lo sciopero attualmente in corso in Finlandia negli stabilimenti della cartiera Upm interessa principalmente la produzione di carta e di liner in carta, l’alternativa spinta dai nostri fornitori di un liner in plastica riciclabile sembrava perfetta. Tuttavia, anch’esso non è più facilmente reperibile», afferma Quaglia.

Probabilmente, lo scenario sembra destinato a non migliorare per qualche mese, parrebbe almeno fino alla fine dell’estate o all’inizio dell’autunno. «Fino ad allora, l’obiettivo degli uffici acquisti sarà soprattutto quello di reperire materia prima di base», prosegue Quaglia. «L’attuale situazione critica porta il nostro settore ad essere esposto ad una fragilità che non ci aspettavamo. Mentre tutti i clienti del settore food, farmaceutico e industriale ci chiedono di avere programmi di business continuity e di disaster recovey, ora ci stiamo rendendo conto che le multinazionali, a monte del nostro processo, non ne hanno fatto sufficientemente cassetto. È quanto dimostra proprio lo sciopero in corso in Finlandia, che sta impattando sul 50 per cento della produzione europea».

Paradossalmente, proprio la crisi dei materiali potrebbe consentire a molti utenti finali di scoprire e apprezzare finalmente con contezza il valore delle etichette. «A mio avviso, il popolo europeo si renderà conto della criticità e di quanto servano, quando i colossi dell’e commerce arriveranno a non consegnare più i propri pacchi, perché non ci saranno più le etichette che tracceranno i prodotti o perché mancheranno le scatole di cartone», avvisa Quaglia. «Anche qui le etichette, insomma, sono fondamentali per rendere tracciabili le informazioni, diventando così un bene fondamentale. Si pensi, inoltre, alle nuove tendenze di tracciare, grazie alle etichette, persino il ciclo di vita del prodotto, allo scopo di migliorare la customer experience dei clienti finali. Si pensi, tanto per fare un esempio, alla classica bottiglia di vino con l’etichetta che fornisce informazioni sulla vigna di origine, la pigiatura e altro ancora».

Un’etichetta, tante funzioni

In questa direzione, le etichette assolvono a funzioni di sicurezza, diventando un tamper evident e rivelando se il prodotto è stato aperto; funzioni di fornitura di informazioni e, quindi, di interazione con il cliente, segnalando gli ingredienti, il lotto di scadenza, il prodotto contenuto; funzioni di estetica, rendendo i prodotti più presentabili e accattivanti; funzioni di anticontraffazione, perché l’etichetta ben progettata rende immediatamente distinguibile il prodotto originale da uno più blando o povero. «In più», ribadisce Quaglia, «funzioni di tracciabilità, perché attraverso l’etichetta le aziende farmaceutiche tracciano con un data matrix il contenuto di tutte le scatole e di tutti i blister».

Vi sono, poi, le etichette intelligenti dotate di microchip, che, seguendo il mutare delle esigenze, ricevono e danno informazioni che possono essere progressivamente aumentate, diminuite e restituite, il che le rende ideali, per esempio, per le attività di logistica. «Una etichetta ben progettata è un prodotto complesso e di valore, aspetto non sempre colto dal mercato, dato che noi operatori siamo riusciti a renderla semplice come applicazione», chiosa Quaglia.

Una volta che terminerà lo sciopero in Finlandia, l’auspicio per il futuro è che il comparto venga rafforzato dalla disponibilità di materiali alternativi non previsti per il settore. «Un esempio è il linerless, un materiale autoadesivo come lo scotch e privo di supporto, un prodotto che potrebbe risolvere buona parte dei problemi attuali. Purtroppo, all’interno dell’industria dell’etichettatura è un prodotto ancora poco richiesto, ma la speranza è che possa presto conquistare qualche attenzione in più», spiega Quaglia.

Sicuramente, un domani i materiali alternativi potrebbero rivelarsi la carta vincente per aggirare le crisi provocate dalle difficoltà di quei fornitori che, pur rappresentando un numero limitato di realtà, in qualità di multinazionali concentrano eccessivamente su di sé il mercato. D’altra parte, qualche insegnamento le vicissitudini degli ultimi due anni l’hanno fornito, su tutti la necessità di rivedere le catene di fornitura. Una sfida complessa ma che, una volta messa a fuoco, può sicuramente cominciare ad essere affrontata con maggiore consapevolezza.

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