È sempre affascinante ragionare intorno al tema degli inchiostri, di qualsiasi tipo si parli. È l’elemento che dona visibilità al pensiero, che trasporta le parole e le immagini dalla mente che le ha originate ai destinatari del messaggio, sia che si tratti di singolo individuo o l’intera comunità degli abitanti del pianeta. Provocando tutta la gamma delle emozioni che il cervello può sperimentare. Lo sa bene chi si occupa di neuroscienze, i sociologi, gli psicologi, gli esperti di marketing. Anche se ai nostri giorni le immagini e i testi viaggiano sempre più sui media digitali, la sensazione prodotta da un prodotto stampato nel momento in cui viene fruito (toccato, osservato, letto) non è paragonabile all’equivalente esperienza digitale. Le neuroscienze ci dicono che la carta è un media “aptico” (dal greco apto, tocco) che coinvolge il tatto e per questo più coinvolgente dal punto di vista percettivo, crea più connessioni e a livello più profondo nel cervello anche in zone legate a percezioni relative al valore del prodotto.
Ed è affascinante parlare di inchiostri nei processi di stampa perché alla fine tutta la tecnologia che in secoli di stampa è stata prodotta e inventata, deve replicare il gesto che lo scrittore o l’artista fin dall’alba della civiltà ha ripetuto: dosare e indirizzare il colore su un supporto. E guardando con la lente di ingrandimento la tecnologia regina della stampa su grande formato, l’inkjet, l’immagine è ancora più sorprendente: tante goccioline di colore che letteralmente volano dal punto dove vengono prodotte al punto dove devono essere depositate. Se si pensa alle dimensioni delle goccioline (pochi picolitri) e alla velocità con cui le odierne macchine stampano, si capisce quale sia la sfida di questa tecnologia e quali studi vanno fatti sulle proprietà fisiche e chimiche degli inchiostri. La ricerca cerca di risolvere al meglio l’equazione che deriva dalle principali variabili che il mercato pone come requisiti desiderabili per i moderni impianti di stampa large format: produttività, qualità e velocità, gamma di supporti stampabili.
La piccola gocciolina di inchiostro deve possedere una serie di caratteristiche tali da bilanciare tutte le forze che agiscono durante l’azione di eiezione dalla testa di stampa, e considerando appunto le dimensioni di questa, è veramente sorprendente la sfida che la ricerca deve affrontare.
Le basi per la formulazione
La formulazione di un inchiostro deve tenere presente molti parametri di base affinché siano garantite i requisiti di stampabilità e di qualità:
– Il rapporto tra soluto (il pigmento o colorante) e solvente (il veicolo) evitando che la concentrazione del soluto saturi la soluzione precipitando; in certi casi estremi appunto, esempio nei pigmenti molto pesanti come il bianco, per evitare la separazione dei componenti, l’inchiostro deve essere periodicamente rimescolato.
– La temperatura di ebollizione della soluzione di inchiostro, cioè quella in cui la tensione di vapore dell’inchiostro eguaglia la pressione dell’aria circostante.
– La stabilità chimica e fisica dell’inchiostro, che deve garantire la durabilità del prodotto.
– La tensione superficiale dell’inchiostro, una delle caratteristiche fondamentali sia in fase di generazione della goccia che di adesione sul supporto: se la tensione è troppo bassa, in fase di eiezione si ha la formazione di gocce satellite, mentre, al contrario, se la tensione è troppo alta, si rischia l’otturazione degli ugelli. Naturalmente anche nel momento in cui la goccia di deposita sul supporto, la tensione superficiale determina la forma che questa avrà e come si disporrà.
– La viscosità, che è un parametro di base di tutti gli inchiostri, negli inchiostri inkjet lo è in modo particolare: pochi cP (centiPoise) di differenza cambiano il comportamento durante la generazione e eiezione della goccia: bassa viscosità si traduce in cattivo controllo della goccia, viscosità più alta determina un buon controllo di volume e forma della goccia di inchiostro, ma una viscosità eccessiva può causare l’otturazione più frequente degli ugelli di stampa.
Le tecnologie di inchiostri oggi disponibili per la stampa inkjet di grande formato differiscono per la modalità con cui le gocce di inchiostro vengono fatte asciugare sul supporto, posto che l’essiccazione dell’inchiostro, in tutte le tecnologie, consiste sempre nel separare la fase liquida della soluzione dal pigmento o colorante.
GAMMA&PROPRIETÀ
Inchiostri a solvente, eco-solvente
Questa tecnologia, che ha segnato il periodo iniziale della stampa di grande formato con le stampanti a solvente, utilizza inchiostri a base solvente che vengono fatti evaporare dopo la deposizione della goccia. Le stampanti a eco-solvente, usano sostanze organiche meno pericolose per la salute e biodegradabili, che rendono gli impianti e gli ambienti di lavoro più compatibili con le attuali attenzioni che il mondo del lavoro richiede. La loro resa cromatica e la resistenza a luce e agenti esterni, nonché il costo finale dei prodotti, rendono questo processo ancora una soluzione valida per certe applicazioni.
Latex
È un inchiostro a base acqua composto dalla componente colorante (pigmento) e dal veicolo che è acqua (circa il 70%) e un lattice sintetico, un polimero che avvolge il pigmento una volta evaporata la parte acquosa e lo fissa sul supporto, rendendolo versatile su una vasta gamma di materiali, differentemente dai semplici inchiostri a base d’acqua. Il bassissimo impatto ambientale dei materiali coinvolti è stato sempre il cavallo di battaglia di questa diffusissima tecnologia di inchiostro.
Inchiostri UV e UV LED
In questa tecnologia di inchiostri, la composizione base è costituita da monomeri, che danno la struttura, resine e composti opportunamente formulati per conferire l’adesività su una vasta gamma di supporti, il pigmento che ovviamente conferisce il colore e il componente fondamentale per questa tecnologia e il fotoiniziatore, il catalizzatore che innesca il processo di polimerizzazione che solidifica i monomeri e le resine presenti.
Inchiostri UVgel
È l’ultima nata in termini di tempo come tecnologia di inchiostri, consiste in un inchiostro che reagisce alle radiazioni UV per solidificare come nell’UV LED tradizionale, ma a temperatura ambiente ha una consistenza di gel. Quindi viene gettato dalle teste in fase liquida, si trasforma in gel sul supporto e poi solidifica grazie all’UV.
Gli inchiostri sotto diversi angoli di osservazione
La sostenibilità
Attualmente incontriamo questa parola ovunque ci giriamo, è un parametro che guida tutte le attività della società, e a cui i produttori di tecnologia prestano tutta l’attenzione del caso. Siamo abituati a trovare sugli elettrodomestici le etichette di efficienza energetica, che ci guidano nella scelta dell’apparecchio meno energivoro. In questo periodo poi, in cui i costi dell’energia stanno diventando il problema per tutte le filiere produttive, a maggior ragione i consumi rivestono un ruolo fondamentale. Analizzando le diverse tecnologie di inchiostro per la stampa inkjet, si può dire che tutte hanno necessità di impiegare energia per far passare l’inchiostro dalla fase liquida a quella solida. E la richiesta di velocità sempre maggiori naturalmente accentua questo bisogno. Per asciugare l’inchiostro fondamentalmente vi sono due metodi: usare il calore per accelerare la reazione di evaporazione della parte liquida dell’inchiostro, oppure utilizzare l’energia sotto forma di radiazione UV che innesca una reazione chimica di reticolazione. Di fatto dal punto di vista fisico è la stessa cosa, nel senso che cambia semplicemente la lunghezza d’onda con cui s’irradia l’inchiostro: radiazione infrarossa nel caso degli inchiostri a solvente e Latex, radiazione UV nel caso degli inchiostri UV e UVgel. Ora, sotto il profilo del consumo di energia, il processo di essiccazione degli inchiostri Latex è più energivoro rispetto agli altri, ossia consuma più energia per ottenere il risultato di un film solidificato sul supporto. Se la tecnologia Latex si distingue senza dubbio per la natura verde dell’inchiostro impiegato (HP, per sottolineare provocatoriamente questo concetto, da sempre sostiene che l’inchiostro Latex si potrebbe bere… ) e sicuramente rappresenta un plus nei confronti delle altre tecnologie, solvente, eco-solvente e UV, paga però dazio sul fronte del consumo energetico, per il fatto che il supporto di stampa deve essere riscaldato per far evaporare l’acqua, che ha un punto di ebollizione piuttosto alto. Inoltre il riscaldamento per alcuni materiali può essere una limitazione.
Applicazione dell’inchiostro e consumi
La natura acquosa dell’inchiostro Latex, porta con sé alcune prerogative nella modalità con cui la goccia si depositata sul materiale da stampare. Innanzitutto, su materiali assorbenti, una percentuale del volume penetra all’interno del supporto in volume maggiore che nelle altre tecnologie. Il tempo necessario per il completo fissaggio dell’inchiostro con il calore causa questa migrazione, che varia evidentemente da supporto a supporto. Se questo può essere considerato uno svantaggio, da un altro punto di vista può essere un vantaggio: infatti la capacità di sopportare le pieghe senza che la pellicola faccia “crack” è superiore, grazie appunto alla maggiore penetrazione.
UV e UVgel
Sicuramente la tecnologia LED ha portato grandi benefici ai dispositivi di asciugatura basati sulla polimerizzazione UV degli inchiostri. Questo è vero sia nella stampa tradizionale (offset, flexo, serigrafica), che nella stampa inkjet. L’UV tradizionale, basato su lampade ai vapori di mercurio, ha degli inconvenienti evidenti, anche se dal punto di vista dell’efficacia, forse consente ancora risultati migliori. Ma al prezzo di essere molto energivora, di emettere nel suo funzionamento ozono, di essere quindi difficilmente sostenibile sotto il profilo ambientale.
Negli inchiostri UVLed, una lampada a LED irradia la goccia immediatamente dopo che questa è stata depositata, determinando la solidificazione dell’inchiostro praticamente all’istante. Questo rende possibile l’impiego di materiali non assorbenti e anche rigidi, come vetro metallo e simili. L’essiccazione immediata dell’inchiostro permette di creare una pellicola superficiale e una minore penetrazione su supporti assorbenti, se si paragona con la tecnologia Latex. La goccia ha quindi un “dot gain” naturale inferiore. La tecnologia UVgel che Canon ha introdotto qualche anno fa, rappresenta una soluzione certamente molto interessante, per caratteristiche del processo e per la qualità che riesce a garantire. La goccia che viene depositata sul supporto è appunto sottoforma di gel. Questo rende minimo quel fenomeno di dilatazione “spreading” tipico delle gocce liquide, la goccia rimarrà confinata nell’area del supporto dove è stata posizionata. Le gocce di differenti colori non avranno quindi la tipica sovrapposizione, garantendo una migliore saturazione nei colori a parità di volumi depositati e una qualità più costante. Il gel inoltre non rende indispensabile di irradiare la goccia con la radiazione UV non appena stampata, in quanto già parzialmente ancorata al supporto; l’esposizione alla lampada può avvenire quando tutto lo strato di inchiostro è stato stampato nei passaggi previsti. Il risultato è uno strato più uniforme e liscio rispetto all’inchiostro UV tradizionale, che rappresenta un vantaggio soprattutto se il materiale va successivamente laminato. Inoltre modulando le fasi di irraggiamento con dosi leggere e energiche in momenti diversi, è possibile ottenere una finitura matte o glossy.
La stampa grande formato è un mercato che per varietà di supporti e applicazioni non ha uguali in tutti gli altri comparti. Per questo oggi la scelta della tecnologia di stampa sempre più deve essere fatta in base alla tipologia di prodotti che si intende realizzare. Non esiste la tecnologia che per qualità, produttività, versatilità, può essere considerata superiore a tutte le altre. Quindi si vende e si compra l’applicazione, non la tecnologia.