Cultura

I Musei della stampa e della carta oggi sono atelier dove formare i giovani

In occasione della Giornata Nazionale dei Musei, intervistiamo il professore Giorgio Montecchi, presidente dellAIMSC. “Più che Museo, chiamiamolo atelier. Dal primo all’ultimo, oggi i nostri spazi che racchiudono la storia della stampa e della carta sono laboratori vivi, dove i giovani recuperano quel sapere che rappresenta l’anima del fare e del produrre”.

Parola di Giorgio Montecchi, studioso di bibliografia, docente all’Università Statale di Milano, alla guida dei Musei italiani della Stampa e della Carta come presidente di AIMSC, l’Associazione che mette assieme le più rappresentative realtà nazionali del settore.

La carta, mai come adesso, è il materiale del futuro: protagonista delleconomia circolare, nei piani industriali e di sviluppo del governo, al centro dellattenzione dei marketer e dei pubblicitari, di chi fa il packaging, di chi fa riscoperta culturale o di chi studia tecniche di apprendimento.

Come affronta questa nuova stagione di grandi prospettive un professore di Bibliografia e presidente dellAssociazione dei Musei della Stampa e della Carta?

“Una ventina di anni fa le cronache profetizzavano la ‘morte del libro’: lAssociazione nacque per salvare i valori di un mondo che stava cambiando completamente e rischiava di disperderli. Ci schierammo per recuperare la memoria delle tradizioni, del patrimonio intellettuale della produzione della carta, della tipografia con caratteri mobili. Per fortuna, è andata diversamente”.

Cosa è accaduto?

“È successo che la carta, il libro, la tipografia, hanno dimostrato al mondo di essere resistenti e innovativi piùdi quanto chiunque potesse sospettare. Abbiamo stretto la mano al digitale, proprio quando sembrava che dovesse stritolarci. I saperi storici hanno contaminato il progresso, la grafica, le esperienze mutuate dalla tipografia, la scelta dei caratteri si sono innervate anche nei processi di digitalizzazione”.

E voi avete operato il salto generazionale, avete puntato sui giovani…

“Esattamente. Grazie a loro i musei della stampa e della carta, nati per la salvaguardia, hanno spiccato il salto di qualità e sono diventati laboratori. Sia chiaro, resta rispettata l’accezione tradizionale del termine, come luoghi della memoria operativa della nostra tradizione, della nostra arte e mestiere. Ma è stata arricchita con la nuova funzione di atelier: sia nel settore della stampa che della carta abbiamo reclutato e incentivato giovani che si sono dedicati a questo lavoro, trasformandolo. E qui s’innesca un secondo aspetto, di grande significato: quello dellinsegnamento”.

Musei come luoghi di formazione?

“Dalle scuole professionali è salita una richiesta fortissima verso i musei della stampa e della carta. Abbiamo dato vita a collegamenti con gli istituti, aperto le porte dei musei e messo in funzione le macchine con i ragazzi lì ad apprendere dal vivo come originariamente si produceva la carta. I piccoli musei – a volte aggregati a industrie che ritagliano una loro iniziativa specifica, altre volte sorti in autonomia – si sono trasformati in luoghi dove si insegnano ai giovani i fondamentali del lavoro. Esperienze positive ed entusiasmanti: una per tutte, quella sviluppata a Milano insieme con lIstituto Rizzoli che si occupa di formazione professionale nelle arti grafiche. Lì studiamo come passare ai giovani studenti questo testimone tecnico-storico-culturale, procedendo in collaborazione con le imprese, in risposta alle istanze che giungono anche dalle Associazioni come Assocarta e Assografici”.

A un presidente studioso di bibliografia è naturale domandare: esiste un legame fra il supporto, la carta stampata, e la cultura che essa veicola?

“Il filo rosso esiste, ed è rappresentato dal testo, che rappresenta il cuore del prodotto finale. Corpo e carattere danno forma e spessore ai contenuti. Nel manufatto c’è una relazione profonda e inscindibile fra il testo, la carta che lo supporta e la stampa che lo ha impresso. Sono elementi che, combinati fra di loro, determinano la fisicità del libro e riconducono alla nostra condizione di uomini, in quanto prodotti della nostra intelligenza operativa, sia del manufatto, sia del deposito culturale realizzato in esso mediante il testo. E la comunicazione risulta tanto più viva quanto più il supporto fisico è coerente con i contenuti: questa è larte dello stampare”.

Qual è il suo auspicio, all’insegna della rinnovata vitalità della carta?

“Penso innanzitutto ai giovani e ai valori. La speranza è che nelle nuove generazioni cresca sempre la capacità sia mentale che culturale di recepire la bellezza e la vicinanza di carta e stampa, strumenti tradizionali del comunicare, in modo da tenerli affiancati e non in contrapposizione con i nuovi strumenti della grande comunicazione. È importante sapere e trasmettere che c’è qualcosa di concreto, di fisico e di vicino, contrassegnato da un tipo di bellezza che deve restare concepita come tale. In questa direzione va declinato il concetto di museo, che non è statico, ma di partecipazione. Sono convinto che i giovani abbiano questa capacità di apprezzare. Saremo presto nuovamente con loro, nell’auspicabile rapida ripresa a pieno regime delle nostre attività, a partire dal congresso annuale dell’Associazione, in cui è abitudine recuperare i musei della stampa e della carta di una determinata area regionale per procedere alla loro valorizzazione”.

di Enrico Sbandi

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