Scenari

Il futuro della stampa

Per quanto estese e aggiornate siano le competenze di uno stampatore, pensare di essere arrivati e vivere di rendita resta uno dei potenziali errori più nocivi per il futuro della propria attività. In qualsiasi situazione, anche quando tutto sembra andare a gonfie vele, trovare il tempo di esplorare il mercato e avviare qualche riflessione sul futuro è un investimento sempre utile.

Un tema particolarmente caro a Giovanni Re, community manager di Roland DG, pioniere instancabile nel mondo della stampa digitale e della comunicazione visiva più in generale, affrontato come ormai abitudine in un seminario di Viscom. L’edizione virtuale 2020 ha privato l’appuntamento dell’insostituibile sintonia raggiungibile solo dal vivo. Per quanto riguarda i contenuti invece, il messaggio si è rivelato ancora una volta prezioso.

Da dove bisogna iniziare a guardare per intuire gli scenari futuri del nostro settore?

Mi piace partire da un esempio molto concreto, nel caso particolare un video dove si mostra una vernice da applicare a un qualsiasi oggetto di una qualsiasi dimensione, senza dover usare una testina. Una vernice trasparente, in grado di reagire alla luce per far emergere i pigmenti cromatici e creare così effetti unici. Se la pensiamo applicata a una scarpa o un capo di abbigliamento, qualcosa in grado di sconvolgere le convinzioni di uno stampatore tradizionale o di un serigrafo, improvvisamente messi in discussione. Dobbiamo iniziare a chiederci quanto il futuro della stampa sarà legato alla tecnologia, quanto potrà cambiare.

In quale direzione dobbiamo guardare?

Parliamo di tecnologie già realtà, presenti in tanti dei laboratori dove, quando ho la possibilità, mi piace andare a incontrare i nostri Artigiani tecnologici. Se l’evoluzione della specie umana ha richiesto millenni, e quella industriale secoli, ora per la tecnologia si parla di anni. Un’evoluzione così rapida da rendere difficile per il nostro cervello riuscire a reggere il passo.

Come possiamo riuscire a orientarci?

Qualunque persona in qualunque azienda prima o poi dovrà confrontarsi con l’arrivo di una nuova tecnologia e scegliere se adottarla o invece ignorarla. Chi saprà rischiare potrà contare su un’evoluzione anche economica, chi invece la ignora nel tempo è destinato a esser superato. Un recente studio di Federcarta commissionato all’Università Bocconi di Milano sul tema Industria 4.0 mi ha permesso di individuare quattro categorie di aziende.

Quali sono?

Si parte dal profilo che mi piace inquadrare come criceto, preoccupato solo di finire un lavoro e consegnarlo. Poi i pionieri, interessati a trovare l’oro, ma impegnati a non far sapere agli altri niente di cosa stiano facendo. Sono molto guardinghi, non ti lasciano neppure avvicinare. Gli opportunisti invece, si buttano dove c’è una possibilità o dove arrivano i fondi, comprando spesso tecnologia destinata a restare inutilizzata. Infine, gli Avengers: ciascuno di loro ha una sorta di superpotere, ma riescono a farli fruttare solo lavorando tutti insieme.

Immagino dal suo punto di vista debba essere questo l’obiettivo principale…

Certamente, ma il percorso non è facile. Ci sono segnali difficili da interpretare; anche solo trovare il punto di partenza e di arrivo, quali mezzi usare e inquadrare gli ostacoli sono operazioni delicate. In più, con il ruolo fondamentale da riconoscere alla tecnologia. Possiamo considerarlo ormai un trend globale, al pari di riscaldamento climatico e crescita della popolazione, se non si conosce a fondo, difficile pensare a un’evoluzione della propria azienda.

Riusciamo a indicare qualche dettaglio utile a individuare la strada da seguire?

Per esempio, è fondamentale capire come IoT potrà essere applicato al settore. Stesso discorso per la realtà virtuale, per la blockchain, ma anche come sfruttare la stampa 3D, i droni o l’intelligenza artificiale, anche combinandoli tra loro. Sono tanti gli spunti utili per acquisire tecnologie e riuscire ad applicarle dove può sorgere un’opportunità.

Non sembrano però competenze così facili da acquisire, anche sotto il profilo economico…

Uno dei punti interessanti, è proprio il contrario, e vi faccio qualche esempio. Il primo, un semplice braccio robotico applicato da un nostro cliente a una delle nostre stampanti per oggetti. Un sistema estremamente semplice, in grado di aprire da solo il vetro di protezione, effettuare il carico e lo scarico di penne, cover, od oggetti simili e richiudere lo sportello. Tutte operazioni ripetitive, altrimenti in carico a una persona, libera invece di dedicarsi a qualcosa di più produttivo. L’aspetto più importante, sfruttando le tecnologie disponibili, la programmazione del braccio meccanico ha richiesto una decina di minuti. Situazioni del genere sono presenti in qualsiasi azienda.

Ha parlato anche di IoT, un’evoluzione tra le più importanti per portata. Cosa può consigliare al riguardo?

Faccio un altro esempio, questa volta personale. Con pochi euro ho acquistato un dispositivo da collegare al citofono di casa. Quindi, ho realizzato una semplicissima app grazie alla quale aprire direttamente il cancello, oppure, meglio ancora, quando dallo smartphone riconosce la mia presenza in zona, mi apre direttamente senza disturbare nessuno o dover usare chiavi e telecomandi.

Per quanto riguarda invece l’intelligenza artificiale?

Esistono già app come Autodraw in grado di apprendere lo stile grafico di una persona e trasformare una bozza o uno schizzo in un disegno più completo e preciso. Oppure, DIS ha messo a punto un sistema per ricostruire un modello 3D di un piede con tre immagini scattate dallo smartphone e aiutare a capire se un paio di scarpe trovate online sia adatto. La stessa procedura applicata anche ai vestiti, aiuterà ad abbattere i resi e relativi costi.

Qualcosa ancora più vicino al mondo della stampa digitale?

Lego Minifigure Factory. Una nostra macchina installata nei negozi Lego dove attraverso un’interfaccia molto semplice anche un bambino più inserire il nome, scegliere tutta una serie di elementi grafici per ottenere l’omino Lego personalizzato, praticamente unico.

Manca solo una tecnologia della quale si parla molto ma della quale non si sono ancora inquadrate grandi opportunità, la realtà aumentata…

Mi fa piacere raccontare un progetto realizzato da mia figlia Selene per il Museo del mare di San Benedetto del Tronto. Sfruttando cartelli con una grafica contenente forme facilmente riconoscibili da un’app, all’immagine inquadrata si sovrappone il racconto di una guida virtuale, con le fattezze di una persona reale.

Ce n’è abbastanza per interessare, e preoccupare, il settore della comunicazione visiva. Come possiamo venire in loro soccorso?

Non è poi così difficile come può sembrare. Prima di tutto, servono diverse nuove competenze oltre a quelle strettamente tecniche. Parlo di gestione di gruppi di lavoro, marketing o analisi dei numeri. Se guardiamo solo al 2015, le skill richieste a livello globale sono profondamente cambiate, come conferma anche la stima annuale del World Economic Forum. La capacità di pensiero critico è salita al secondo posto, dietro solo la capacità di risolvere i problemi. La creatività ha guadagnato sette posizioni, arrivando alla terza. Aspetti come Intelligenza emotiva e Flessibilità cognitiva sono entrate tra le prime dieci. Una situazione impensabile fino a pochi anni fa.

Come si traduce nella pratica di uno stampatore?

Spesso oggi si compre in base alla fiducia e la fiducia è conseguenza dell’empatia. Acquistano importanza professioni nuove, come il community manager nel mio caso. Diventa importante connettere le persone, per sviluppare intelligenza emotiva e, serve condividere esperienza. Per esempio, come dimostrato da Area Idea di Lucera, basta un visore per apprezzare meglio il rendering di una decorazione di interni e, posso garantire, non è un’operazione difficile. Al contrario, diventa molto coinvolgente. È importante fare delle scelte, prendere delle decisioni.

Da quale partiamo?

Dal pensare se si vuole essere generalisti e pensare di riuscire a rivolgersi a tutti o se invece diventare verticali, cercare di mostrarsi specialisti. Possiamo decidere di ambire al ruolo di amichevole personalizzatore di quartiere, affermarsi come chi risponde a tutte le esigenze di un bisogno specifico, oppure andare alla ricerca di una nicchia, sfruttare la mia vecchia formula old+old=new. Da una parte, servono competenze e strumenti utili a soddisfare qualsiasi richiesta, dall’altra bisogna riuscire a trasformare oggetti in veri e propri simboli del proprio brand.

Lei è da tempo sostenitore di questa seconda traccia, dove si può cercare le motivazioni per muoversi in questa direzione?

Bisogna passare dalla produzione di massa alla personalizzazione di massa, ed è un fenomeno già avviato. Con le tecnologie di stampa attuali è facile decorare, realizzare prodotti unici o addirittura su misura. Ci sono tantissimi campi di applicazione e questa è una grande opportunità.

Anche in questo caso, abbiamo qualche esempio interessante?

Orthofan Pro, è un produttore di paradenti professionali per sport. Sfruttando le tecnologie di stampa digitali non ha fatto altro se non lanciare l’idea di personalizzarli, o produrli esattamente su specifiche del cliente. Oppure Decal Design.it, si è specializzata in adesivi per biciclette. Non sono gli unici, ma loro di dedicano grande attenzione e si concentrano soprattutto su quelli. Infine, un esempio molto importante sul tema della creatività. Lovalu Design, crea sfondi per le foto da pubblicare su Instagram. Può sembrare banale, ma dalla grande attenzione degli utenti dei social a cercare sfondi adatti, ha sviluppato un’idea di successo. Senza dimenticare le tantissime aziende pronte nel corso del 2020 a convertirsi alla produzione di bandiere e mascherine. Una dimostrazione importante di flessibilità.

A proposito di emergenza sanitaria, come giudica la risposta del nostro settore?

Come dimostra quest’ultimo esempio, sicuramente positiva. Bisogna anche sottolineare come in un certo senso la crisi abbia aiutato. Il settore è potuto restare sempre aperto e ci si è resi conto dell’importanza di elementi come le grafiche a terra, i pannelli informativi, i pannelli in plexiglas. Per molti, si è rivelata un’ottima opportunità di farsi conoscere. La stampa diventa sempre più importante in tanti settori.

Le nuove tecnologie spesso spaventano chi ha abitudini radicate da anni, quali stimoli possiamo proporre?

Ogni volta che una nuova tecnologia viene introdotta nella società, ci deve essere il contrappeso di una spinta umana che ristabilisce l’equilibrio, altrimenti viene respinta. Se riusciamo a completare questo passaggio, diventa tutto più facile. Parole chiave come creatività, empatia, etica o emozione devono combinarsi con la nostra offerta. Serve a conquistare la fiducia del cliente.

Come si immagina la figura del nuovo stampatore?

La riassumo nel termine giapponese Ikigai. È u misto di passione, vocazione, professione e missione, Nasce dalla combinazione di qualcosa che si ama, di cui il mercato ha bisogno, per la quale si ha talento e per cui naturalmente si può essere pagati.

Come ci si arriva?

Bisogna prima di tutto saper ascoltare, anche le critiche. Poi, saper raccontare, e conosco tantissime piccole aziende con molte cose da raccontare. Serve anche la formazione continua, senza mai stancarsi, e non aver paura di condividere. Se tutto ha una buona dose di genuinità, allora è facile favorire il miglioramento di un cliente. Il mio consiglio è di buttarsi. Solo provando si può capire se sia stata una buona scelta affidarsi a certe persone, se hanno il talento che cerchiamo. Sempre, cercando di divertirci e senza dimenticarci mai di ringraziare coloro con i quali ci relazioniamo. Così saremo dei veri Avengers.

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