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La grande attesa per l’evento di Düsseldorf

«Nel Dna di ogni azienda ci sono sempre delle progettualità di crescita che richiedono una grande rapidità nel scegliere l’innovazione», ci dice Claudio Rossi, amministratore delegato di Faenza Group, azienda attiva nel settore nel settore della stampa, della cartotecnica e del packaging con tre stabilimenti produttivi di Faenza, Milano e Carpi e uffici di rappresentanza ubicati a Londra, Parigi e New York. L’attenzione all’innovazione è effettivamente una delle caratteristiche principali dell’azienda che ha suddiviso i propri asset focalizzandosi in maniera verticale su tre sedi produttive, rendendole al tempo stesso altamente automatizzate. «Nel nostro caso questa progettualità è legata alla scelta di essere sempre al corrente di tutte le novità che riguardano le nostre tre aree di business, e devo ammettere che le novità che vedremo a drupa più o meno le abbiamo già viste nei mesi precedenti. Il motivo per il quale andremo a Düsseldorf è in ogni caso per avere un quadro complessivo su tutte le nuove tecnologie presenti sul mercato, con un occhio speciale per quel che riguarda i collaterali di filiera. Come stampatori tendenzialmente siamo abituati a comprare le macchine da stampa che rappresentano l’investimento più capital intensive, tuttavia oggi credo sia sempre più importante osservare con attenzione quelle attività considerate minori che possono però fare la differenza. Sto parlando soprattutto di quelle soluzioni nell’area del prepress e del finishing che permettono di aumentare l’efficienza produttiva, abbassare i costi e al tempo stesso generare marginalità. Il poststampa, il settore della confezione, e quindi quello dell’allestimento in legatoria, saranno certamente alcune delle aree che andremo a osservare meglio da vicino», dice Rossi.

«Fino a pochi anni fa, per essere competitivi, il grande stampatore si comprava la macchina da stampa non a 4 ma a 10 colori, investendo su un megaimpianto molto costoso ma apparentemente rassicurante. Ebbene, quello che accade oggi è che forse non basta più l’investimento disruptive, ma occorre dotarsi di più tecnologie, ovviamente sempre all’avanguardia, per riuscire a essere sempre flessibili e pronti a reagire in tempi ultrarapidi alle continue sollecitazioni del mercato. Che peraltro è diventato sempre più esigente dal punto di vista della qualità», sottolinea l’amministratore delegato di Faenza Group.

«In azienda siamo molto attenti all’intreccio tra sostenibilità, flessibilità e competitività, tre concetti apparentemente slegati tra loro ma che sono invece interdipendenti, soprattutto se si guarda all’abbassamento dei costi. Per quanto riguarda la prima, gli investimenti che andiamo a fare sono sempre orientati alla sostenibilità, a partire dal grande impianto fotovoltaico realizzato nella sede produttiva di Milano. Che è anche lo stabilimento nel quale stiamo internalizzando tante attività per ridurre gli spostamenti delle merci, aumentare i margini e riuscire anche a impattare meno sulla mobilità».

«Nelle settimane scorse abbiamo fatto alcuni importanti acquisti di macchinari, tra cui la potentissima Hp Indigo 15K, che abbiamo comprato senza aspettare la nuova sarà la 18K, quasi identica alla 15K, che verrà consegnata sono più avanti. In questo specifico momento noi avevamo l’urgenza di acquistarla e così è stato, tanto per testimoniare quel principio legato alla scelta di fare investimenti importanti ma con la giusta rapidità», afferma Rossi. «Credo davvero che l’opportunità di avere diverse tecnologie offra maggiori vantaggi e che la flessibilità di produzione sia un punto a vantaggio della competitività. Concentrarsi pervicacemente su una sola tecnologia, come può essere ad esempio l’offset, è pericoloso perché magari esiste una soluzione alternativa che può aiutare a essere più competitivi sul mercato, pur servendo la stessa clientela e con il medesimo output qualitativo».

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