Offset

Offset, le competenze dello stampatore

Le macchine da stampa offset adottano il principio del “push to stop”, ossia gestiscono in modo automatico la produzione e la sequenza delle commesse di lavoro, senza necessariamente l’intervento dell’operatore. Questi controlla, interagendo con il software della macchina e con il sistema gestionale dell’azienda, verificando che i risultati siano quelli attesi. Diventano importanti, oltre alle competenze tecniche specifiche sulla stampa, tutta una serie di competenze trasversali per misurare, comunicare, risolvere problemi e acquisire informazioni da fonti diverse

Il binomio uomo-macchina è oggi imprescindibile: se non si ha fiducia che il mezzo meccanico sia in grado di auto-gestirsi utilizzando gli stimoli e feedback necessari per analizzare in tempo reale tutte le variabili, non si possono ottenere i risultati attesi.

Quali sono allora le competenze che deve possedere oggi un addetto agli impianti di stampa?

Secondo gli studi di settore l’innovazione tecnologica e il progresso scientifico e organizzativo dei processi produttivi determineranno un cambiamento anche in quelle che sono le competenze richieste per stare nel mondo del lavoro con successo. Si ipotizza che oltre un terzo delle attuali figure professionali saranno fondamentalmente cambiate nel giro di pochi anni.

Nei processi produttivi, quella che viene considerata la Quarta Rivoluzione Industriale, connotata dall’apprendimento automatico, dalle biotecnologie, dall’intelligenza artificiale, influenzerà sempre di più l’organizzazione degli ambianti di lavoro e con questi il profilo professionale degli operatori. Saranno sempre più indispensabili quelle che vengono definite “competenze trasversali”, per muoversi e interagire in sistemi produttivi costituiti da sofisticati livelli di comunicazione e interazione tra uomo e macchina.

Come cambiano allora le competenze che deve possedere un addetto agli impianti di stampa oggi, e naturalmente, domani?

Le moderne attrezzature del nostro settore della stampa, già da qualche anno rispondono a quelli che chiamiamo requisiti dell’Industria 4.0, sono quindi impianti in grado di relazionarsi con il mondo interno e esterno all’azienda, di ricevere e fornire input e feedback dagli altri centri produttivi, di dialogare in definitiva, con i sistemi informativi aziendali. Le macchine da stampa inoltre hanno oggi una serie di automatismi che limitano fortemente la necessità di intervenire manualmente sugli organi della macchina per effettuare le regolazioni o per attrezzare l’impianto per la produzione (montaggio e smontaggio lastre, caricamento inchiostri, regolazioni del passaggio carta e controllo qualità). Le abilità manuali e fisiche, che un tempo erano una peculiarità dello stampatore, come saper maneggiare con destrezza chiavi inglesi, chiavi dinamometriche e altri attrezzi, sapersi intrufolare nei meandri dei gruppi stampa per pulire i cilindri di pressione, e cose del genere, oggi non rappresentano più il cardine imprescindibile del profilo. Quale può essere quindi l’identità dell’odierno stampatore e a cosa devono puntare scuole e aziende nel formare o riqualificare gli addetti alle macchine da stampa? Alcuni giorni fa mi trovavo in una grande azienda di stampa nel settore del packaging e, con una certa meraviglia ho assistito alla presentazione che un direttore faceva di un impianto di stampa da 3 milioni di euro condotto da un capo macchina di soli 25 anni. Operatore che non possiede certo l’esperienza che un tempo si richiedeva a un capo macchina, ma che si è formato in una scuola, per acquisire le competenze di base che ha poi perfezionato con abilità specifiche direttamente sull’impianto aziendale. Rispetto a questo aspetto mi viene una riflessione che porta inevitabilmente alla conclusione: per poter pensare di condurre un impianto del genere in autonomia, l’addetto deve avere una fiducia assoluta nella macchina che sta “guidando”. È come il pilota di Formula 1: deve essere assolutamente confidente che il mezzo reagirà nel modo previsto per poterlo condurre in sicurezza al limite delle prestazioni. Si parla appunto di binomio uomo-macchina; se non si ha fiducia che il mezzo meccanico sia in grado di auto-gestirsi utilizzando gli stimoli e feedback necessari per analizzare in tempo reale tutte le variabili, non si possono ottenere i risultati attesi. Se penso a questo “feeling”, a questa “chimica” che si deve instaurare tra operatore e mezzo, vedo gli operatori giovani di oggi realmente più predisposti. Sovente ho osservato stampatori di indubbia capacità ed esperienza, considerare l’impianto da stampa, un animale da dominare, con cui combattere per ottenere il risultato voluto, che spesso è quello che lo stampatore ha nella propria mente, risultato delle mille esperienze pregresse, ma talvolta anche del proprio gusto personale. La macchina da stampa veniva considerata come un “apparato ignorante” da addestrare guidare passo dopo passo. Le macchine da stampa di oggi al contrario, (e chissà come saranno quelle di domani), hanno iniziato a sfruttare le scoperte che l’intelligenza artificiale (AI) mette a disposizione, aiutando l’operatore e il processo di stampa in tutte le fasi, dall’organizzazione della sequenza di messa in macchina, all’avviamento, alla tiratura e controllo della qualità. Si dice che il processo è “push to stop” anziché “push to start”; la macchina si gestisce in modo autonomo fino a che l’operatore non la ferma.  Questo cambia il paradigma della stampa, da un processo operato dall’uomo a un processo “controllato” dall’uomo. Risulta evidente che anche le competenze debbano adeguarsi, sia sotto il profilo “tecnico” che “attitudinale”. L’operatore deve assecondare la logica che il software di controllo della macchina utilizza per organizzare e gestire il processo, ponendosi nel ruolo di supervisore del centro produttivo, partendo dal presupposto che esistano buone probabilità che la macchina “conosca” la migliore soluzione da adottare.

Le competenze necessarie

Quali possono essere quindi le competenze utili allo stampatore 4.0? La capacità di interagire con l’interfaccia digitale e utilizzare gli strumenti dell’informatica è indispensabile. Sembra banale ma la vera confidenza con questi apparati non si acquisisce senza formazione. Oggi tutti usiamo apparati digitali, computer e smart device, ma li usiamo appunto, che non significa avere competenza. Per sfruttarli appieno bisogna conoscerne il sistema operativo, l’organizzazione dei dati all’interno e la modalità di trasferimento e condivisione degli stessi tra gli apparati. Mi capita spesso di vedere giovanissimi, anche generazione Z, in difficoltà nel gestire le operazioni di base sui sistemi operativi dei computer. Per non parlare degli operatori di stampa più avanti con l’età.  Questa carenza, spesso fa sì che gli impianti, del valore di milioni di euro, vengano sotto sfruttati, per scarsa conoscenza del framework digitale di controllo. Ed è pacifico che nelle aziende moderne, la figura dell’IT manager, un tempo sconosciuta, deve entrare a pieno titolo nell’organico. Sul piano delle competenze specialistiche, lo stampatore moderno, a mio avviso, deve conoscere molto bene il processo di stampa e come le variabili del processo, interagendo, influenzano il risultato. Significa avere una conoscenza dei materiali di consumo, degli apparati della macchina e i risultati che da questi ci si può attendere. Significa avere la capacità di sperimentare tra soluzioni diverse per trovare le combinazioni che meglio funzionano. Significa mettere le macchine nella migliore condizione per apprendere. Le macchine moderne apprendono dall’esperienza dei lavori fatti, e grazie all’intelligenza artificiale, riescono a operare delle scelte basate su un albero delle decisioni, che grazie all’algoritmo che le governa, dovrebbe garantire la scelta più efficace. Compito dell’operatore è interpretare queste decisioni e intervenire nel caso si rivelino inappropriate. Un algoritmo di intelligenza artificiale può basare le proprie decisioni su una massa di dati immagazzinati in tutta la storia produttiva, infinitamente superiore a quello che può fare un operatore, mettendo assieme tutti gli stimoli provenienti dai sensori della macchina. Sulla base di questi può apprendere quale combinazione statisticamente può garantire il risultato atteso. L’addetto deve essere consapevole dell’aiuto che da questo “collaboratore” può derivare, non ponendosi in antagonismo con esso ma in sinergia. È chiaro che negli obiettivi dei costruttori di impianti questo processo di automazione viene promosso come una soluzione alla necessità di abbattere il costo del lavoro che storicamente nella stampa impatta fortemente. Soprattutto oggi dove la concorrenza proveniente dal digitale ha nel costo della mano d’opera un’arma particolarmente affilata. Poter affidare una macchina con una produttività spaventosa a un solo operatore rappresenta senz’altro un plus importante. Meno operatori e meno skillati quindi? Questa sembra essere lo slogan che commercialmente si legge e si sente nella proposta delle macchine da stampa. Io non credo al “meno skillati”, con meno esperienza sì, con competenze diverse però. È difficile pensare a un operatore che non conosce la stampa in grado di controllare se l’impianto sta facendo quello che deve. La macchina è in grado di raggiungere un target qualitativo in autonomia, grazie ai controlli in linea, ma il definitivo OK lo deve dare lo stampatore, misurando con strumenti in grado di fare una rilevazione più precisa e in condizioni standard, valutando anche l’apprezzamento visivo del prodotto. Conoscere come si comporta il colore lungo il processo di riproduzione, dalla prestampa alla stampa, deve far parte delle competenze di uno stampatore. Oggi sempre più la filiera tra designer e stampa si accorcia, sempre meno sono i controlli intermedi tra le fasi. Capire quali dati ci sono nel PDF, qual è l’intento di output, può evitare tante perplessità e controversie tra i reparti e con il cliente. Eppure, ancora oggi tra operatori di prestampa e stampa, la competenza di Color Management rappresenta un limite importante.

Un’altra competenza che a mio parere deve essere presente nei moderni operatori di macchina da stampa è quella che l’Unione Europea (Parlamento e Commissione) ha individuato come una delle 8 competenze chiave, cioè la capacità di imparare (capacità di organizzare le informazioni e il tempo, di gestire il proprio percorso di formazione e carriera). Se un tempo un operatore di macchina, imparato l’uso dell’attrezzatura, poteva vivere di rendita fino al cambio con una nuova attrezzatura, oggi gli apparati si aggiornano più velocemente, soprattutto nel software, richiedendo un continuo aggiornamento degli addetti. Senza dire che spesso queste attività portano a interagire in una lingua che non è l’italiano.

Volendo tracciare quindi un profilo professionale sintetizzando in una battuta, l’odierno stampatore deve essere meno “meccanico”, meno “istintivo”, più in grado di applicare logiche di problem solving interagendo con algoritmi software, maggiormente competente sull’intero processo con più capacità di astrazione sui concetti. Cosa che a mio avviso va un po’ in controtendenza con quello che osservo nel profilo dei giovani che si stanno formando nei percorsi professionali, dove prevale una propensione a guardare al risultato immediato piuttosto che alla pianificazione. La sfida per le scuole è aperta. Per le aziende, la capacità di attrarre talenti capaci di far fruttare al massimo gli investimenti passa anche da una nuova comprensione di quelle che possono essere le priorità dei giovani, dall’ambiente di lavoro al welfare dei dipendenti, non dando per scontato, come poteva essere vero un tempo, che la passione per il lavoro sia una caratteristica scontata.

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