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PTE gennaio 2018: cresce l’offerta espositiva

Si consolida come punto di riferimento del mercato e si sviluppa anche come laboratorio di nuove soluzioni applicate, PTE-PromotionTrade Exhibition, la fiera internazionale dell’oggetto pubblicitario del tessile promozionale e delle tecnologie per la personalizzazione organizzata da Fiera Milano, che si svolgerà dal 24 al 26 gennaio 2018 a fieramilanocity. Un’edizione che si presenta al settore in un momento strategico, rispetto al calendario fieristico internazionale di riferimento e che si annuncia solida, con nuove idee e occasioni: la maggior parte degli espositori della scorsa edizione infatti, ha riconfermato la propria partecipazione, ma non solo. Il 16% delle aziende presenti sarà rappresentato da nuovi espositori, molti dei quali (60%) provengono da Paesi esteri quali Germania, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna e Stati Uniti. Inoltre, al prossimo PTE sarà nuovamente presente la collettiva Assoprom/Promoroadshow, con 13 aziende associate e spazi di accoglienza, informazione e aggregazione.

A gennaio inoltre, si affiancherà all’ampia offerta espositiva PTE Lab, un nuovo spazio che rinnova e ripensa il settore dedicato alle macchine per la personalizzazione, per renderlo sempre più interattivo. Si tratta di un’importante evoluzione della Personalization Technology Area, da anni presente a PTE, che diventerà sempre più spazio di aggregazione, formazione e intrattenimento: un’area aperta tal confronto, dove scoprire e sperimentare concretamente le molteplici opportunità e potenzialità di questo settore in grande crescita.

PTE Lab, realizzato in collaborazione con Mob Square, di Alessandro Barzaghi e l’Accademia Serigrafica di Angelo Barzaghi, sarà composto da due diverse sezioni, una di produzione e una dimostrativa e Live. La prima sarà uno spazio interattivo che simulerà un processo produttivo a 360 gradi: i macchinari degli espositori verranno fatti funzionare unendo varie tecniche di personalizzazione con il fine di dimostrare le potenzialità e le opportunità delle varie sinergie. Lo spazio dimostrativo e Live invece, consentirà di scoprire i prodotti creati, che verranno mostrati e spiegati ai visitatori. Per ottimizzare l’esperienza, e renderla più coinvolgente e questo spazio sarà composto da una vera e propria catwalk, che ospiterà le sfilate di capi e accessori. Un’iniziativa formativa questa, che nasce dall’ascolto diretto delle esigenze delle aziende e dei visitatori, che sempre più chiedono informazioni ed esperienze dirette circa le varie tecniche e servizi di stampa/personalizzazione, un valore aggiunto per le proposte che saranno poi destinate ai loro clienti.

 

Stabilita una cooperazione tra drupa e la Federazione Carta e Grafica

La nuova Associazione Federazione Carta e Grafica e la drupa hanno concordato a novembre, un’ampia collaborazione. L’obiettivo è soprattutto quello di attirare espositori italiani, per farli partecipare alle fiere del portafoglio mondiale drupa, e aprire loro così, la strada ai mercati internazionali. Come parte del network di associazioni, l’Associazione Costruttori Macchine Acimga, (Associazione Costruttori Italiani di Macchinari per l’Industria grafica, Converting e Cartaria) gioca in questo accordo un ruolo chiave: come partner, collaborerà attivamente alle partecipazioni fieristiche.

Pietro Lironi, presidente della Federazione Carta e Grafica, spiega il motivo della cooperazione:«L’accordo con la drupa costituisce un salto di qualità. Stabilendo un’alleanza cruciale, con i grandi del settore, e tramite la solida e globale esperienza dell’Acimga, la nostra visione industriale può ora espandersi oltre i suoi precedenti confini. Fondata lo scorso giugno, la nostra Federazione – che rappresenta tre settori con un fatturato di 23 miliardi di Euro –  sta crescendo a un buon ritmo e rappresenta un ottimo esempio di sintesi e rappresentanza degli interessi di un’intera filiera».

Aldo Peretti, presidente dell’Acimga, conclude: «In Acimga siamo i primi a raggiungere un accordo di tale importanza. Rappresenta un trampolino di lancio per incrementare il livello della nostra rete internazionale a supporto delle aziende italiane. L’alleanza con la Messe Düsseldorf e la drupa apre nuove opportunità di business per i nostri soci, nei mercati emergenti, e consente l’accesso al portafoglio globale fieristico della drupa e – ma non da ultimo – rafforza la nostra mostra Print4All. Quest’iniziativa aumenterà sicuramente l’importanza della nostra esposizione con l’obiettivo di posizionarla come ‘go-to industry event’ nell’Europa del 2018».

Anche Sabine Geldermann, global head printing technologies presso Messe Düsseldorf, è soddisfatta dei vantaggi di questa cooperazione: «Abbiamo trovato un forte partner, nella Federazione Carta e Grafica con la sua rete di Associazioni. Essa può meglio aiutarci, ad espandere il nostro portafoglio internazionale. Speriamo di poter usufruire sempre di più, anche per i nostri satelliti internazionali, della forza innovativa e dell’esperienza dell’industria Italiana della stampa».

L’Italia è per drupa un mercato importante e alla manifestazione fieristica del 2016 non ha costituito solamente, il terzo gruppo di visitatori, dietro la Germania e l’India – ma anche, dal punto di vista espositori, ha occupato il terzo posto dopo la Germania e la Cina costituendo uno dei pilastri della fiera.

La cooperazione con la Federazione Carta e Grafica affianca inoltre il lavoro svolto da tanti anni con successo della Honegger Gaspare Srl, rappresentante ufficiale della Messe Düsseldorf. Pertanto Honegger Gaspare continuerà ad essere il principale punto di contatto per espositori e visitatori italiani – sia per drupa 2020 in Germania sia per gli eventi satellitari mondiali.

Il portafoglio internazionale, di fiere specializzate per l’Industria della stampa e del packaging, comprende ora sette eventi in sei Paesi. Oltre alla fiera leader mondiale della drupa, che ha luogo in Germania, la Messe Düsseldorf organizza insieme alle sue filiali, importanti fiere regionali in importanti mercati di crescita. A queste appartengono: printpack Alger in Algerien (11.- 13. marzo 2018), indoprint in Indonesia (19.- 22. settembre 2018), All in Print in Cina (24.- 28. ottobre 2018), Ipap in Iran (ottobre 2018) così pure la Pack Print International in Tailandia (18.- 21. settembre 2019) e pacpro in Cina (25.- 28. novembre 2019).

Informazioni dettagliate sulla drupa e sui suoi eventi satellite su www.drupa.de.

I sistemi di cucitura a punto metallico Duplo in linea alle stampanti Ricoh

Neopost si fa portavoce in Italia della collaborazione tra Ricoh e Duplo, con un sistema di stampa e finitura completamente integrato e con gestione semplificata, per produzioni fino a 50.000 pezzi al mese.

Mantenere invariata la qualità di un prodotto finito all’aumentare della velocità di stampa e della complessità della finitura non è una missione semplice. L’integrazione tra i rispettivi sistemi deve rivelarsi totalmente affidabile. Generalmente prese in carico da macchinari di produttori diversi, per riuscire a sfruttarne al meglio le potenzialità, le due fasi di lavorazione richiedono una conoscenza reciproca dei sistemi di interfaccia e delle relative caratteristiche tecniche. Su questa strada, Ricoh e Duplo hanno scelto la via di una strategia comune, definita a livello mondiale e quindi affidata alle filiali locali per la messa a punto e la commercializzazione. Annunciata in occasione di drupa 2016, la partnership viene ora rilanciata anche in Italia, con la finitura a punto metallico del cucipiega Duplo System 600R in linea alla stampante Ricoh Pro C9100. «Questa è solo la prima linea sulla quale abbiamo deciso di investire» spiega Giorgia Aliprandi, product & communication manager di Neopost. «Altri progetti sono allo studio, ma abbiamo preferito partire da quella che tradizionalmente si presta meglio alla finitura in linea».

Nel rispetto di una strategia globale che lascia libertà d’azione nelle scelte commerciali, già da alcuni mesi i commerciali del distributore esclusivo Duplo per l’Italia e quelli Ricoh sono al lavoro per una strategia condivisa di reciproca informazione ai clienti sulle nuove opportunità. Tutto quanto riguarda il servizio tecnico e l’installazione del sistema, rimangono invece sotto il controllo centrale.

Un primo punto di condivisione vede nel momento attuale del mercato italiano condizioni particolarmente favorevoli a una maggiore diffusione del finishing. Da qui, l’impegno per promuovere la soluzione, con l’allestimento temporaneo di un sistema completo presso lo show room Duplo di Rho e l’esposizione a Viscom 2017 di un System 350R in linea con Ricoh Pro C7100. Per tutti, resterà comunque la possibilità di visionare un’installazione permanente presso il demo center inglese di Ricoh a Telford.

Le possibilità del sistema integrato

Le soluzioni di finishing hanno una produzione massima di oltre 10.000 e 50.000 libretti/mese rispettivamente per la C7100 e la C9100. Obiettivo principale è garantire comunque la massima qualità del prodotto finale, sia per la fase di stampa sia per la parte di cordonatura, cucitura e piega. A vantaggio della versatilità gioca inoltra la possibilità di gestire una gamma di formati, tra i quali anche il non scontato A4 landscape.

«Siamo naturalmente consapevoli di non aver inventato nulla di nuovo – spiega Aliprandi – abbiamo però pensato di posizionarci in modo diverso. Senza nulla togliere all’importanza delle altre soluzioni sul mercato, abbiamo individuato anche dei limiti tra qualità e produttività, dove pensiamo di essere riusciti a intervenire». Il cliente tipo ha un’esigenza di stampare volumi superiori a diecimila libretti al mese, con un prodotto finale in grado di presentarsi al meglio. Preferibilmente, realtà attive nel mondo delle arti grafiche, attente anche all’estetica e alle forme. Va per esempio in questa direzione la scelta della cucitura con bobine di filo metallico invece dei punti, in modo da poterne regolare la dimensione in base al numero di pagine e scongiurare il rischio di rigonfiamento dell’opuscolo.

Secondo gli osservatori Duplo inoltre, le ultime tendenze emerse dal mercato hanno rilevato il ripresentarsi di un’opportunità data quasi per persa negli ultimi anni. «Stiamo assistendo a un ritorno di interesse per i centri stampa aziendali – rivela Aliprandi – c’è un’esigenza di maggiore controllo su tempi e qualità che vogliamo essere pronti a sfruttare». La partnership già consolidata si estende ora ai modelli Ricoh PRO C9100/C9110, in linea con il sistema di finitura DBM-600/600T, preceduto oltre che da un DIB-R Bridge, anche da un modulo SCC. Infine, in uscita è possibile contare sul del vassoio ASM-600, montato sul bridge unit per consentire la raccolta delle stampe formato banner.

Presi in carico dalla stampante, i fogli entrano nel sistema Duplo attraverso il DIB-R Bridge, con l’eventuale ruolo di buffer, anche se le velocità di lavorazione dei due sistemi rendono remota questa prospettiva. Subito dopo entra in azione il modulo SCC, per la rifinitura dei fogli. Prima il taglio sul lato lungo, poi l’altro, e quindi la relativa cordonatura. «Pensiamo sia l’unico sistema per garantire una qualità molto alta. Per noi è fondamentale la possibilità di cordonare la copertina. Anche se è certamente un accorgimento che aumenta il prezzo, permette di non scendere a compromessi». Con il passaggio al DBM Stitcher/Folder, i fogli vengono impilati, cuciti e piegati e rifilati nel DBM Trimmer, completi di controdorso. Elemento distintivo è un aumento nelle prestazioni e nella cura del prodotto finito e anche la gestione dell’intero sistema. Tutto viene infatti controllato da PC attraverso il software PC Controller, installato sui due macchinari. Da qui, l’operatore è in grado di gestire i parametri di lavorazione (per esempio, posizione del punto e del taglio, formato iniziale e finale, numero di elementi), memorizzabili per lavorazioni da ripetersi di frequente. Aspetto con buona probabilità particolarmente gradito agli operatori, il cambio di formato avviene in poche decine di secondi, senza la necessità di interventi manuali per il riposizionamento dei singoli moduli Duplo.

Un esempio positivo di come la strategia comune Ricoh Duplo possa produrre frutti per entrambi arriva dalla Scandinavia. Conclude Aliprandi: «Le vendite guidate dalla squadra di commerciali Ricoh hanno spinto per includere i sistemi Duplo anziché altri più conosciuti, a causa dei problemi tecnici avuti in passato e hanno già raggiunto la vendita di otto installazioni tra Norvegia, Svezia e Danimarca. L’80% delle chiamate su sistemi in linea erano dovuti a problemi con l’installato, mentre secondo i venditori Ricoh, i benefici e i sistemi Duplo sono stati riscontrati soprattutto nella facilità d’uso, nell’affidabilità e nel formato A4 landscape».

Garante della sicurezza

L’ink-jet con stampa in colore nero ha permesso l’utilizzo di numerazioni con caratteri particolari, codifiche molto sofisticate con inserimenti di algoritmi specifici, quali barcode, QRcode ecc, aumentando notevolmente le possibilità e velocità del controllo e le difficoltà di falsificazione.

È sotto i nostri occhi, l’evoluzione tecnologica è in crescente e continua evoluzione e anche il settore delle arti grafiche negli ultimi anni ha subito continui e straordinari cambiamenti. Ed è possibile affermare che anche nel settore degli stampati di sicurezza la tecnologia digitale di ultima generazione ha raggiunto livelli qualitativi paragonabili alla stampa tradizionale offset e, considerati i livelli di evoluzione, tra non breve tempo potrà superare le attuali tradizionali tecniche di stampa.

La tecnologia di incisione con raggio laser ha permesso di realizzare stampati molto sofisticati e di straordinario effetto; nel settore della stampa di sicurezza l’ultima circolare dell’Associazione Bancaria Italiana in materia di misure antifrode e di requisiti standard della materialità applicata a tutti gli assegni circolari, bancari e similari prevede che su questi documenti vengano praticati dei piccolissimi fori, in corrispondenza di alcune informazioni rilevanti (numerazione, importo, nome del beneficiario). Tale soluzione consente all’operatore bancario di verificare la coincidenza tra il dato stampato in chiaro o nella codifica CMC7 e quello microforato, nonché di rilevare eventuali alterazioni delle informazioni e tentativi di contraffazione

Ultimamente anche nella stampa a colori sono stati raggiunti risultati di notevole qualità, ne è una prova la stampa del catalogo della mostra sulle cartevalori realizzato a completamento della mostra allestita in questi giorni presso il Museo della Carta e della Filigrana a Fabriano. Il catalogo in oggetto è stato stampato sia con tecnologie tradizionali che con le tecniche digitali di ultima generazione disponibili sul mercato. La copertina è stata stampata tipograficamente, utilizzando antichi caratteri di legno e piombo, con la tecnica di sicurezza di inchiostrazione irizzata, mediante la quale i colori si fondono gradualmente cambiando tonalità. Sono inoltre stati impiegati inchiostri speciali rilevabili con sorgente luminosa carica raggi ultravioletti (luce di wood). I fogli interni sono stati stampati con la stampante digitale Ricoh Pro C7100x, dotata di cinque stazioni di stampa. Utilizza il processo di stampa elettrofotografico con toner a secco, scrittura Vcsel composto da 40 raggi laser, un sistema di trasferimento indiretto che permette di avere un registro colore perfetto e ottimi risultati di copertura anche su carte marcate e goffrate, come la carta interna utilizzata che è una vergata da 120 g/m2. Un’edizione speciale in 50 copie del catalogo includeva all’interno un sofisticato quartino contenente vari elementi di sicurezza e realizzato interamente con questo sistema di stampa.

La numerazione è un elemento fondamentale negli stampati di sicurezza perché, oltre all’univocità del documento, permette di poterne controllare l’autenticità e la sua movimentazione. Per una maggiore sicurezza nel quartino in oggetto è stata applicata una doppia numerazione di cui una rilevabile se esposta alla luce di wood. Per visualizzare al meglio l’effetto dell’inchiostro wood è fondamentale, anche se non indispensabile, l’utilizzo di carta senza sbiancanti ottici.

L’inserimento degli elementi di sicurezza invisibili è stata possibile con l’utilizzo della quinta stazione giallo neon della Ricoh Pro C7100x e con una particolare retinatura adatta al supporto utilizzato. Il colore può risultare invisibile a una luce normale ma apparire di colore giallo se illuminato con fonte luminosa ricca di raggi ultravioletti (luce di Wood).

Inoltre la tecnologia laser montata su queste macchine, che permette una scrittura a 1.200×4.800 dpi, e l’utilizzo dell’HD dinamico del controller EFI hanno consentito di rasterizzare i file rispettando i contenuti di dettaglio fine, riprodurre con precisione linee ultra sottili, testo piccolo e garantire la leggibilità nella microscrittura monocromatica di 1 pt.

Come si fanno i soldi

Ogni giorno usiamo oggetti o strumenti di cui, a volte, non conosciamo la storia, i materiali o il lavoro necessari alla loro realizzazione. Tra questi, le più diffuse, amate e desiderate, sono sicuramente le banconote. A questo proposito a Fabriano presso il Museo della Carta e della Filigrana è stata allestita un’interessante mostra sulle cartevalori.

Dal Vocabolario Treccani: carte-valóri, s.f. pl.: termine generico con cui comunemente si designano sia i biglietti di banca e di stato, titoli del debito pubblico, le marche da bollo, la carta bollata, i fissati bollati, le cambiali, i francobolli, le cartoline postali ecc, sia i titoli azionari e obbligazionari di società o enti, e le marche mediante cui si effettuano i versamenti di quote e contributi assicurativi.

La mostra offre alcuni spunti per conoscere l’origine e la produzione di banconote e di altri documenti cartacei, genericamente chiamati cartevalori – titoli azionari, assegni, francobolli, buoni pasto – che oggi, in alcuni casi, stanno per essere soppiantati da nuovi strumenti e tecnologie.

Un mondo parallelo e non secondario, legato al mondo delle cartevalori, è quello della falsificazione, tema serio e che è stato trattato anche con un po’ di ironia e con aspetti spiritosi.

Il packaging come marchio tridimensionale

Anche il packaging può godere dei diritti di proprietà intellettuale al pari di un marchio registrato o di un brevetto. Ecco come districarsi in una materia, quella del diritto industriale, ricca di opportunità per le aziende e per il loro branding.

Accade spesso che un buon progetto di packaging venga copiato dalla concorrenza, anche in modo parziale, e che sia motivo di una disputa legale per i diritti di utilizzo dello stesso. Come si interviene in questi casi, e come può tutelarsi il piccolo imprenditore che non ha dimestichezza con questa specifica materia giuridica?

È bene innanzitutto ricordare che i diritti di proprietà industriale si acquisiscono solo attraverso la brevettazione, la registrazione e poche altre modalità previste dal Codice della proprietà industriale, che disciplina una materia apparentemente molto complessa. In realtà la prassi dimostra che la tutela della proprietà intellettuale è legata a pochi, semplici passaggi logici e normativi la cui conoscenza può scongiurare il pericolo di plagio di una buona idea imprenditoriale.

Secondo l’art. 45 del Codice della proprietà industriale, non sono da considerarsi invenzioni: i metodi matematici, le scoperte e le teorie scientifiche; i piani, i principi e i metodi per attività intellettuali, per gioco o per attività commerciale e i programmi per elaboratore; le presentazioni di semplici informazioni.

Il fatto di non essere considerate invenzioni non impedisce a molte di queste fattispecie di essere in qualche modo protette: per esempio i programmi software sono protetti dal Diritto d’autore, purché siano originali, come pure i loro materiali preparatori. Per capire come si tutela un progetto innovativo di packaging occorre allora addentrarsi in alcuni passaggi precedenti e intermedi, cioè quelli riguardanti la registrazione di un marchio, di un disegno o un design, il deposito di un brevetto e di un modello di utilità. Tutte operazioni di tutela che consentono di conseguire, grazie all’uso intelligente degli strumenti previsti dalla Legge, titoli di proprietà industriale. Per farlo ci avvarremo dell’aiuto di due esperti di Diritto Industriale, gli avvocati Emanuela Bianco e Luigi Saglietti, titolari dello Studio Legale Saglietti-Bianco www.sagliettibianco.com, specializzato nella tutela della proprietà intellettuale.

Creatività e proprietà intellettuale

Prima di affrontare la forma più semplice di protezione, cioè il deposito di un logo, è giusto chiarire alcuni rudimenti relativi al Diritto d’autore e alla tutela della proprietà intellettuale.

La Legge prescrive infatti che siano «protette con il diritto d’autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione». Questa lontanissima Legge del 1941 (n° 633), ancora in vigore, ha subíto nel corso del tempo molte modifiche nelle sue disposizioni (i cosiddetti decreti applicativi o attuativi), in recepimento anche di diverse direttive dell’Unione europea, ma il suo impianto è rimasto più o meno invariato. La legge sostanzialmente dice questo: il diritto d’autore non tutela solo opere che presentano un valore artistico, sebbene esse debbano sempre mostrare una chiara peculiarità della personalità dell’autore (intesa come «originalità» dell’opera). Sussiste una distinzione tra opere dell’ingegno molto creative o poco creative, ma anche queste ultime sono tutelate dalla legge. Il Diritto d’autore non protegge quindi l’idea (che può essere anche del tutto banale) bensì la forma espressiva con la quale è stata narrata, mostrata o suonata.

Il Diritto d’autore non protegge quindi l’idea (che può essere anche del tutto banale) bensì la forma espressiva con la quale è stata narrata, mostrata o suonata. «Dovendo scendere nel dettaglio di un esempio pratico», dice Luigi Saglietti, «il supporto sul quale viene pubblicata un’idea “espressiva” può essere acquistato e quindi essere nel possesso personale di chiunque, come un Cd musicale, un Dvd o la riproduzione di un quadro famoso. Ma il diritto dell’autore di quell’opera continuerà a sussistere, e il proprietario di quel supporto sarà comunque sottoposto ad alcune limitazioni nell’utilizzo dell’opera stessa, come la riproduzione in luogo pubblico o a fini commerciali e lucrativi».

Naturalmente esistono casi specifici in cui la «forma espressiva» coincide in tutto e per tutto con il supporto, cosa che accade per esempio per la scultura, che deroga totalmente rispetto alle condizioni sopra esposte. Ma quella della scultura rappresenta davvero un’eccezione. Anche se, come vedremo più avanti, alcune fattispecie riguardanti le opere di design e i prodotti di packaging presentano caratteristiche simili, ma non uguali, per le quali sarà doveroso fare dei distinguo precisi e mostrare le differenze rispetto al diritto d’autore.

La registrazione di un marchio

È importante a questo punto fare una distinzione precisa tra marchio e brevetto, ossia tra «registrazione» e «brevettazione». Si tratta infatti di due forme di protezione molto diverse perché riguardano oggetti distinti.

Quando un’azienda crea un prodotto innovativo, prima di immetterlo sul mercato, si trova nella necessità di tutelarlo sia per quanto riguarda il rischio di copiatura da parte dei concorrenti, sia per quanto riguarda l’unicità del nome e la sua riconoscibilità. «Nel primo caso il deposito di un brevetto proteggerà la soluzione innovativa dalle possibili imitazioni, assieme a tutte le sue caratteristiche tecniche», dice Emanuela Bianco. «La registrazione del logo permetterà invece all’azienda di tutelare l’unicità del marchio che accompagna il prodotto stesso. Naturalmente queste due forme di tutela sono possibili in forma alternativa o anche cumulativa. La registrazione del logo (del marchio) non serve quindi a proteggere la soluzione tecnica o l’invenzione, bensì a identificare il prodotto sul mercato».

Possono essere registrati come marchio tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente da parole, nomi, disegni, lettere, cifre, forme, colori, suoni o da una combinazione di alcune di queste cose, «purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese» (art. 7 del Codice della proprietà industriale). I diritti decorrono dalla data di deposito della domanda di registrazione e durano dieci anni, dopodiché saranno ancora rinnovabili presentando una nuova domanda per ulteriori dieci anni. I diritti derivanti dalla brevettazione e dalla registrazione sono rilasciati dall’Uibm (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) su domanda dell’interessato e dopo la verifica della sussistenza dei requisiti di legge.

È possibile ottenere la registrazione di un marchio anche senza utilizzarlo subito, ma occorre tuttavia impiegarlo entro cinque anni dalla data del primo deposito. Superati i quali, si rischia di perderlo qualora qualcuno registrasse a sua volta quello stesso marchio.

Il marchio può essere tridimensionale?

Come abbiamo visto il marchio è un segno distintivo che consente ai consumatori di identificare l’origine di prodotti o servizi provenienti da una azienda rispetto a quelli di altre imprese, come recita il Codice della proprietà industriale. Oltre a tutti i segni suscettibili di essere rappresentanti graficamente (parole, nomi di persone, disegni, lettere, cifre, suoni ecc.), possono costituire oggetto di registrazione anche la forma di un prodotto o della sua confezione, purché siano ben distintivi. «È però possibile registrare un marchio tridimensionale solo quando si tratta di una forma inconsueta o di fantasia», afferma Luigi Saglietti, «la quale non deve inoltre possedere caratteristiche funzionali. In quel caso, infatti, la forma rientrerebbe nelle prerogative di tutela tipiche dei brevetti e dei modelli di utilità».

«E qui entra in gioco una particolare analogia con quanto accade per i modelli di design, in grado anch’essi di proteggere e tutelare l’aspetto esteriore di un prodotto o il suo packaging. Le definizioni sono tuttavia di difficile interpretazione», continua Saglietti, «perché risultano molto simili e spesso è difficile valutare la corretta appartenenza all’una o all’altra forma di tutela. È capitato che marchi tridimensionali registrati in un Paese abbiano poi ricevuto parere negativo una volta estesi a livello comunitario o internazionale. Questo perché le differenze fra un modello di design e un marchio tridimensionale generano molti dubbi interpretativi. Una buona regola euristica, che emerge da già dalle sentenze in materia, è che la forma tridimensionale di un prodotto o di un packaging dovrebbe possedere un alto carattere di distintività. L’esempio classico è quello della CocaCola, dove la forma particolare della bottiglia permette al consumatore di associarla immediatamente all’azienda produttrice, anche senza la vista del marchio».

Brevetto e la sua «altezza inventiva»

Passiamo ora al brevetto, un deposito nel quale è molto più importante l’elemento «contenuto» rispetto alla componente «forma». Se infatti nel Diritto d’autore viene tutelato principalmente il carattere «espressivo» di un’opera e non il suo contenuto, nel brevetto il valore primario da tutelare è proprio quest’ultimo, inteso qui come «invenzione».

I requisiti di validità del brevetto sono racchiusi in cinque requisiti: la novità, l’attività inventiva, l’industrialità, la liceità e la sufficiente descrizione. «Partiamo dalla prima proprietà, la più importante, perché caratterizza più delle altre il senso vero di un’invenzione», chiarisce Emanuela Bianco. «L’art. 46 del Codice della Proprietà Industriale afferma che un’invenzione è considerata nuova se non è compresa nello stato attuale dell’arte o della tecnica, dove per «stato della tecnica» si intende tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico nel territorio dello stato o all’estero prima della data del deposito della domanda di brevetto».

«L’attività inventiva, detta anche “altezza inventiva”, è relativa invece alla bontà dell’invenzione, ossia ai risultati e alle performance tecniche che la nuova soluzione consente di ottenere rispetto a quelle che l’hanno preceduta», continua Bianco. «La nuova soluzione/invenzione deve inoltre permettere un’applicazione industriale, quindi deve essere tecnicamente realizzabile e riproducibile con caratteristiche sempre costanti, e inoltre deve essere lecita, cioè non contraria al buon costume o all’ordine pubblico. L’invenzione deve infine essere sufficientemente descritta nel documento del brevetto, in modo tale da consentire all’esperto medio del settore di comprenderla e realizzarla».

I modelli di utilità

Il brevetto ha una durata di 20 anni e non può essere rinnovato alla sua scadenza. In Italia e in pochi altri Paesi esiste però anche una tipologia di deposito che si distingue dal brevetto per invenzione. Si tratta del brevetto per modello di utilità, una forma di tutela alla quale si ricorre per proteggere quegli oggetti (e non i processi) che modificano altri oggetti già esistenti, migliorandone le prestazioni e l’usabilità. Nel modello di utilità si va quindi a tutelare una specifica funzionalità tecnica che risulta innovativa rispetto allo stato attuale della tecnica. «In sostanza se l’invenzione rappresenta una soluzione innovativa a un problema tecnico, il modello di utilità rappresenta una modifica migliorativa di oggetti esistenti. A volte è difficile scegliere tra invenzione e modello di utilità», sottolinea Luigi Saglietti, «e il Legislatore ha previsto la possibilità di depositare un modello d’utilità e poi, in un secondo momento, chiederne la «trasformazione» in brevetto oppure viceversa». Diversamente dal brevetto, il modello di utilità dura soltanto dieci anni, non è rinnovabile e viene concesso senza alcun esame particolare. È quindi molto più facile da ottenere.

Il disegno o modello

Per quanto riguarda la protezione dei soli aspetti esterni e decorativi, esiste un’altra forma di tutela della proprietà intellettuale oltre al marchio. Si tratta della protezione offerta dalla registrazione del modello, che concerne tutto ciò che attiene al design e che spesso rappresenta una pura scelta di stile. Dunque nulla che sia attinente alla funzione e agli aspetti tecnici del prodotto. L’art. 31 del Codice della Proprietà Industriale stabilisce infatti che può essere registrati come disegno o modello «l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale ovvero dei materiali del prodotto stesso ovvero del suo ornamento, a condizione che siano nuovi e abbiano carattere individuale».

Il deposito del disegno o modello mira all’ottenimento di una protezione legale che si concentra sugli aspetti ornamentali ed estetici che rendono un prodotto distintivo e originale. Tramite registrazione è possibile dunque tutelare qualsiasi caratteristica esterna di un prodotto purché sia innovativa e lo renda riconoscibile rispetto agli altri. È evidente che per essere valido un modello deve essere nuovo, lecito e dotato di «carattere individuale».

E qui sorgono i problemi perché non è sempre facile stabilire quando un modello possegga un «carattere individuale». Sempre l’art. 31 del Cpi afferma che «un disegno o modello ha carattere individuale se l’impressione generale che suscita nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato prima della data di presentazione della domanda di registrazione o, qualora si rivendichi la priorità, prima della data di quest’ultima». «La formulazione sembra molto chiara. Cionondimeno la sua corretta interpretazione può risultare lunga e faticosa», sottolinea Luigi Saglietti, «perché, prima di dire se un modello ha davvero carattere individuale, occorre conoscere tutti i modelli noti al momento del deposito per quel genere di prodotto, oltre a domandarsi se un «utilizzatore informato», cioè un esperto, abbia di quel modello un’impressione diversa rispetto a quelle suscitate dagli altri modelli precedenti. Insomma, un’analisi per niente facile».

Design: c’entra anche il Diritto d’autore

Abbiamo illustrato come un prodotto di design (inteso come disegno o modello) possa essere protetto dalla registrazione per i suoi aspetti estetici e decorativi, e non per quelli tecnici o funzionali. Attributi che attengono invece alla brevettazione.

Esiste tuttavia una casistica, molto limitata, di opere del disegno industriale che presentano un carattere creativo e un valore artistico, e che per questo sono tutelate anche dal Diritto d’autore. In questa casistica può trovare tutela anche il packaging. Ma ciò accade in rari casi, cioè in quelle opere di design sviluppate come forma estetica di un prodotto industriale che, con il tempo, hanno acquisito una dimensione artistica e storica attraverso il riconoscimento collettivo da parte del mercato e della società. Si tratta quindi di un valore artistico che supera la sua originaria valenza estetica o funzionale.

Quando il packaging può essere tutelato

Oltre all’esempio sopra riportato, piuttosto raro e condizionato pesantemente dalla variabile temporale, esistono forme di tutela più immediata per i prodotti di packaging. Il primo lo abbiamo accennato in apertura parlando della registrazione di un marchio tridimensionale. Il Regolamento del Marchio Comunitario, all’art. 4 (come anche l’art. 7 del Cpi) sancisce che «possono costituire marchi tutti i segni riproducibili graficamente, come le parole, i disegni, la forma del prodotto e il suo confezionamento a condizione che siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese». In questo caso si può comunemente parlare di veri e propri «marchi di forma», costituiti appunto dalla forma complessiva del prodotto, dalla sua confezione o da singoli aspetti esteriori (colori ecc.) percepiti come qualità distintive dell’oggetto.

Naturalmente per questi marchi va verificata attentamente la capacità distintiva intrinseca del prodotto derivante proprio dalla loro forma. Operazione non facile, per la quale è indispensabile affidarsi a esperti di Diritto industriale a conoscenza delle principali sentenze in materia. «Esistono dei particolari limiti alla registrazione di un marchio di forma», spiega Emanuela Bianco, «che soltanto la buona conoscenza della letteratura specifica è in grado di chiarire. Questi impedimenti possono discendere dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, oppure dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o ancora dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto. Tutti quei segni costituiti esclusivamente da una di queste limitazioni sono purtroppo esclusi dalla possibilità di essere registrati come marchi. Inoltre queste tre tipologie di impedimento sono indipendenti tra loro ed esigono un esame separato e piuttosto accurato».

Andando alla sostanza, i packaging particolarmente innovativi e distintivi, insieme a quelli che presentano una funzione tecnica volta a migliorare il progresso tecnico, possono e devono essere tutelati dal diritto industriale e intellettuale. Ma occorre seguire precise prassi per l’ottenimento di questi diritti che solo un operatore specializzato può fornire.

Mi hanno copiato il logo e il sito: un caso da manuale

Una grande azienda pugliese specializzata in packaging ha deciso di lanciare uno spin-off dedicato alla vendita online di prodotti di imballaggio flessibile, e ha scelto di chiamare la nuova attività con il nome SmartPack. Il caso e i nomi di questa breve storia sono del tutto inventati, ma ci permettono di comprendere i meccanismi di tutela di un nuovo marchio che si presenta sul mercato anche con la presenza di una piattaforma di e-commerce, quindi con un preciso nome di dominio. Il titolare della grande azienda leccese, il sig. Gianni, ha quindi proceduto a registrare il domain name www.smartpack.com presso un hosting provider italiano, rendendo subito visibile il sito di e-commerce nonostante questo non sia ancora operativo. Sulla home page è infatti possibile leggere la dicitura «sito in costruzione», dal momento che tutte le funzionalità della piattaforma non sono ancora idonee a ricevere ordini ed effettuare transazioni online. La decisione è stata presa dal sig. Gianni per accelerare il processo di diffusione della notorietà del nuovo brand. «È una buona operazione di marketing – lui pensa – e soprattutto è a costo zero».

Dopo meno di un mese dalla pubblicazione del sito, i collaboratori del sig. Gianni si accorgono che un’azienda di Pordenone è operativa con un proprio e-commerce, www.smartpack.net, che propone lo stesso genere di offerta, cioè astucci pieghevoli per il packaging in cartoncino. Il nome è lo stesso, anche se graficamente diverso, ma tanto basta per mettere in allarme il sig. Gianni, il quale chiede immediatamente ai propri legali di verificare se il concorrente friulano ha proceduto alla registrazione del marchio, anticipandolo così nelle operazioni di deposito. L’esito della ricerca è purtroppo positivo: l’azienda pordenonese ha già registrato SmartPack e gode dei diritti di proprietà intellettuale su quel marchio, pur avendo evidentemente copiato un’idea non sua.

Il sig. Gianni ha dunque intenzione di adire alle vie legali contro l’azienda friulana, perché si sente defraudato dal diritto di utilizzo di un brand che ha ideato lui per primo, anche se non è stato così sollecito nell’operazione di deposito. Ma i suoi legali lo sconsigliano vivamente, perché di fronte a un giudice non riuscirà mai a spuntarla. L’operazione dei friulani è infatti formalmente corretta: il nome del brand è depositato mentre l’attività è pubblica e ormai avviata. Viceversa l’e-commerce del sig. Gianni non è mai stato operativo. E sarebbe difficile dimostrare che SmartPack è un «marchio di fatto» senza l’esibizione di fatture che attestino un’operosa presenza pubblica e una certa notorietà sul territorio.

Anzi, purtroppo per il sig. Gianni, sarebbe proprio meglio cambiare nome del brand e presentarsi online con un altro dominio, prima di venir citati in giudizio dall’azienda friulana per plagio e concorrenza sleale.

Consiglio semplice: depositare il marchio prima di uscire sul mercato. Oltrettutto il costo è limitato.

IL NUOVO REGOLAMENTO SUL MARCHIO UE

Con il nuovo regolamento n° 207/2009 che è entrato in vigore dal 1 ottobre 2017, possono essere costituiti come marchi UE, tutti i segni, come le parole compresi i nomi di persone o i disegni, le lettere, le cifre, i colori, i suoni e anche la forma dei prodotti o dei loro imballaggi, a condizione che tali segni siano adatti: a) a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altra impresa; b) a essere rappresentati nel registro dei marchi dell’Unione europea in modo da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare in modo chiaro e preciso l’oggetto della protezione garantita al loro titolare.

Il nome dell’ufficio competente in materia è ora l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (Euipo) e l’appellativo del marchio comunitario è diventato Marchio dell’Unione europea.

Dennie K. Kawahara nuovo managing director di OKI Europe

OKI Europe ha annunciato la nomina di Dennie K. Kawahara come suo nuovo managing director. Sostituisce Terry Kawashima che ricoprirà il ruolo di general manager, overseas banking terminals sales a Tokyo.

Kawahara ha fatto il suo ingresso in OKI Electric Industry nel 1992 raggiungendo la posizione di managing director di OKI Data Australia – ruolo che ha acquisito nel 2012. Sotto la sua direzione, la divisione ha avuto una consistente crescita del business in Australia e in Nuova Zelanda. Nel tempo Kawahara ha ricoperto vari incarichi all’interno del Gruppo OKI, inclusi nove anni in OKI America Inc. Ha lavorato inoltre nel dipartimento marketing di OKI Europe come product planning and delivery manager tra il 2007 e il 2010.

Durante i suoi 25 anni in OKI, oltre a lavorare nel settore della stampa, Kawahara si è occupato anche dello sviluppo sia di innovativi prodotti IT hardware e software sia di sistemi, incluse le attività di introduzione, distribuzione, marketing e vendita, così come la gestione dei progetti e del team. «Sono lieto di tornare in OKI Europe in un momento così eccitante e ricco di trasformazioni nella sua lunga storia, ricca di successi. Le persone, i prodotti e la flessibilità di OKI nel soddisfare le necessità dei clienti ne fanno un leader nel proprio settore. Non vedo l’ora di prendere parte allo sviluppo di nuove e lungimiranti strategie per indirizzare il posizionamento dei nostri prodotti nel nuovo ambiente digitale e per mantenere la nostra spinta in un mercato caratterizzato da una crescente competitività», ha dichiarato Kawahara.

«In qualità di managing director, la mia missione sarà quella di migliorare la struttura e rafforzare la direzione di OKI Europe, aumentando la collaborazione e la produttività in questo mercato difficile e in continua evoluzione. Nella mia esperienza, l’Europa è la regione più gratificante e stimolante in cui lavorare. Sono entusiasta all’idea di incontrare il personale, i clienti e i partner nei vari paesi della nostra regione, sperimentando le differenti culture aziendali e partecipando alla crescita esponenziale del business di OKI Europe».

 

L’etichettificio Perruccio: investire per brindare al futuro con Rem

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Grazie all’installazione della Weigang WL 340 Rem Edition, Perruccio importante etichettificio del Salento ha le carte in regola per puntare al mercato del vino di fascia alta.

Anche le strade per le arti grafiche possono essere infinite. Perruccio è nata nel 1981 a Casarano, in provincia di Lecce, sulle ali della passione del suo fondatore Giovanni per l’oreficeria. L’azienda ha poi cominciato a realizzare prodotti per il calzaturiero, settore particolarmente sviluppato nel proprio territorio. «Da allora, siamo passati progressivamente dalle etichette che si realizzavano per il sottopiede delle scarpe all’ambito delle etichette adesive» racconta il figlio del fondatore e attuale titolare Massimo Perruccio. «Questa evoluzione ci ha portati a cambiare settore di riferimento, spostandoci dal calzaturiero al food. Il nostro territorio, infatti, è ricco anche di aziende che producono olivo, vino e in generale prodotti agroalimentari».

Anche se la Perruccio di oggi è un’azienda pienamente calata nella realtà economica e produttiva del suo territorio di riferimento, ciò non le ha impedito di espandere il proprio raggio di azione anche in altre regioni. «Oltre a coprire la Puglia, abbiamo allargato la platea dei clienti ad aziende agroalimentari della Calabria, delle Marche e dell’Abruzzo».

Da sinistra Massimo Perruccio, titolare di Perruccio, ed Ettore Maretti, titolare di Rem

La crescita di Perruccio è favorita dalla ripresa registrata dal settore del food nel suo insieme, che, da circa cinque anni, manifesta un andamento di mercato positivo. In questo ambito, i clienti di Perruccio sono imprese di ogni dimensione, dalle Pmi alle grandi aziende. A tutti costoro Perruccio offre soluzioni realizzate con un parco macchine articolato e completo. «Ci avvaliamo di stampa offset; serigrafia, caldo, embossing e rilievo; stampa flexo con laminazione a freddo e stampa all’interno dell’adesivo; e stampa digitale».

La forza di Perruccio risiede essenzialmente nella sua capacità di operare in un settore particolarmente esigente come quello del vino, proponendo prodotti misti e particolari. «Da un lato, riusciamo a mettere in sintonia tra loro anche più tecnologie di stampa, dall’altro produciamo etichette con più tipologie di materiali accoppiati insieme come, ad esempio, carte naturali, film plastici e alluminio, anche a più strati. Tutto ciò ci consente di differenziarci dalla concorrenza degli altri etichettifici». La qualità dello staff di grafici e creativi, inoltre, garantisce quella delicata fase in cui occorre convertire le idee del cliente nella corretta rappresentazione di marketing. Ogni azione viene analizzata e trattata secondo rigidi criteri di controllo grazie all’utilizzo di software dedicati.

In vino qualitas

Nel suo percorso di crescita, Perruccio ha trovato in Rem un partner storico e affidabile. «Il nostro rapporto con Ettore Maretti, titolare di Rem, è di lunga data» prosegue Perruccio. «Ben 15 anni fa ha montato lui personalmente il nostro primo tavolo di controllo. Siamo sempre rimasti in contatto, fino ad arrivare l’anno scorso all’installazione del nuovo tavolo di controllo della Prati, altra società di cui Rem è agente. Da lì è nata l’esigenza per noi di comprare una macchina offset e la Rem aveva la macchine migliore per le nostre esigenze».

La necessità di installare la Weigang WL 340 Rem Edition per Perruccio è nata innanzitutto dall’esigenza di aumentare la produttività. «Essendo di nuova concezione e avendo più controlli, la Weigang è una macchina di qualità superiore, più veloce e, per come l’abbiamo configurata, ci permette di realizzare i prodotti in unico passaggio» sottolinea Perruccio. «La nostra Weigang WL 340 Rem Edition è predisposta con sei colori offset, un’unità per la stampa a caldo con tecnologia a induzione, la verniciatura flexo, la serigrafia piano cilindrica, il rilievo in piano e la fustellatura in linea con recupero dello sfrido tangenziale. In pratica, in unico passaggio riusciamo a realizzare il 90% delle etichette prodotte dalla nostra azienda. Questo perché quasi tutte ormai sono realizzate con serigrafia, caldo e rilievo, soprattutto nel mondo del vino».

“con la Weigang WL 340 Rem Edition in unico passaggio riusciamo a realizzare il 90% delle etichette prodotte dalla nostra azienda” Massimo perruccio

Proprio questo settore ha aspettative qualitative davvero elevate, con studi grafici costantemente impegnati a gareggiare a chi elabora l’etichetta più alla moda e di tendenza. «Del resto parliamo di uno dei prodotti principi della cultura italiana e del Made in Italy» rimarca Perruccio. «Inoltre, il 90% dei vini viene comprato per la capacità dell’etichetta di catturare l’attenzione del consumatore. Quindi, questa risulta fondamentale per tutti quei vini che non siano conosciutissimi. La gran parte dei produttori, perciò, oggi cerca etichette che vadano al di fuori degli standard e che, di conseguenza, non possono che essere realizzate con materiali e lavorazioni particolari, per distinguere un prodotto rispetto a un altro». La Weigang WL 340 Rem Edition si è ben calata nell’ambiente produttivo di Perruccio, andando a completarlo efficacemente. «Le macchine che avevamo già in dotazione saranno sempre operative e le utilizzeremo per quantitativi medio-bassi, la Weigang per le tirature più alte».

Oltre le aspettative

Presso Perruccio la Weigang WL 340 Rem Edition è operativa da ottobre e il primo approccio risulta non soltanto positivo, ma sotto certi aspetti persino sorprendente. «Non solo ha confermato le attese, dato che è una macchina che già conoscevamo in quanto entrata da tempo nel nostro radar, ma ha addirittura superato le nostre aspettative» prosegue Perruccio. «La Weigang WL 340 Rem Edition ha dimostrato un’ottima tenuta, specialmente di registro, e anche di qualità di stampa. Sappiamo tutti che le macchine offset sono molto complesse e delicate, in quanto operano in sintonia con la temperatura dell’ambiente di lavoro. Giocando con l’acqua, possono risentire delle variazioni di calore, freddo e umidità. Le prime esperienze con la Weigang ci stanno mostrando che la macchina ci permette di evitare questo genere di complicazioni in fase di stampa, a vantaggio non solo della qualità e della velocità di produzione, ma anche degli stessi operatori, i quali, avendo meno problematiche legate alla gestione del dispositivo possono lavorare più serenamente».

L’inserimento della Weigang WL 340 Rem Edition permette ora a Perruccio di affrontare anche un mercato più importante, andando a intercettare la domanda di imprese di fascia alta. «Ora siamo allineati alle loro esigenze di qualità e produttività. Quest’ultima è migliorata del 20/30%, utilizzando gli stessi operatori. In pratica, possiamo garantire una produzione più ampia e una velocità di stampa maggiore. Inoltre, dato che il lavoro esce dalla Weigang finito, possiamo essere operativi in meno tempo. Questo significa che le etichette così realizzate possono anche essere consegnate prima del solito».

Per il prossimo anno Perruccio sta già pensando a una nuova serigrafica per le finiture particolari, sia per le etichette realizzate con la Weigang WL 340 Rem Edition, sia per quelle prettamente serigrafiche. «Anche il mondo della serigrafia ha, infatti, preso piede nel settore del vino» spiega Perruccio.

Il sogno nel cassetto di Perruccio è di affermarsi sempre più nel mercato. Anche se molta strada già è stata fatta, l’obiettivo chiaramente è di crescere ancora. «Nel giro di quattro, cinque anni abbiamo raddoppiato il fatturato nel settore bobina» conclude Perruccio. «Verticalizzazione, qualità e tecnologie si sono rivelati i perni di una strategia vincente. Siamo certi che la Weigang WL 340 Rem Edition la rafforzerà ulteriormente».

Una configurazione pregiata

La scelta della Weigang WL 340 Rem Edition con configurazione a sei colori ha aperto a Perruccio nuovi orizzonti applicativi. «Abbiamo deciso di inserire il sesto colore dopo la stampa a caldo, in modo tale da avere la possibilità di colorare i foil o anche di sovrastamparli» spiega Perruccio. «Abbiamo aggiunto l’unità di stampa flexo, utile per le verniciature spot e per le applicazioni particolari. Infine, dal momento che nel 90% delle etichette è presente una stampa tattile e, quindi, la scritta in braille, abbiamo inserito l’unità serigrafica piano cilindrica. In più, prima macchina in Italia, abbiamo aggiunto l’embossing piano per poter fare il rilievo in linea. Abbiamo cercato di avere una macchina quanto più possibile completa». La Weigang WL 340 Rem Edition di Perruccio è inoltre dotata di pulpito per la gestione in remoto dei calamai, di lavaggio rulli automatico, di miscelatore dell’inchiostro per evitare che questo si addensi nel calamaio e delle lampade UV di ultima generazione a bassissima temperatura di VTI. «Grazie alle sue caratteristiche, la macchina ci permette di concentrarci sul prodotto finale» conclude Massimo Perruccio.

Mentre chiosa Ettore Maretti, titolare di Rem:«Perruccio è una realtà storica ben consolidata nel territorio e nel settore della produzione di etichette autoadesive. La scelta di installare la macchina da stampa offset multiprocesso di Weigang è per Rem l’occasione di avere ancora più visibilità sul mercato e permetterà a Perruccio di approcciare al meglio settori già consolidati e di introdursi in nuovi business, accrescendo la propria produttività e contando su un rapporto di collaborazione proficuo, sempre puntuale e affidabile».

La società liquida protagonista al convegno d’autunno di Giflex

Con lo sguardo rivolto al futuro che ci aspetta si è svolto il convegno d’autunno di Giflex dove i temi protagonisti dei vari interventi hanno riguardato l’imballaggio flessibile rispetto alla sostenibilità, alla funzionalità e al design.

Più che positivi i numeri che descrivono il settore dei produttori italiani di imballaggi flessibili stampati in rotocalco e in flessografia, destinati al confezionamento di prodotti alimentari, farmaceutici, chimici e ad altre applicazioni industriali. Come mostrato dal presidente Giflex Michele Guala, il fatturato di gruppo dei produttori italiani di packaging flessibile dal 2006 ad oggi è cresciuto del 25% come pure il consumo europeo di imballaggio flessibile.

In un panorama così dinamico, Giflex ha deciso di utilizzare il convegno per dare voce a relatori di grande spessore che hanno illustrato ai partecipanti le tendenze della grande distribuzione, le evoluzioni della tecnologia applicata al packaging e le trasformazioni della società che inevitabilmente inducono cambiamenti nei comportamenti dei consumatori.

Tecnologia applicata allo smaltimento

Così è stato l’intervento di Carlo Ratti, architetto e direttore del MIT Senseable City Lab e ideatore del supermercato del futuro presentato a Expo 2015, che ha dedicato una parte del suo discorso alla gestione del fine vita dell’imballo e più in generale del rifiuto. «È fuori dubbio che le imprese fino ad oggi si siano focalizzate più sulla gestione della catena di distribuzione (supply chain management) piuttosto che sulla gestione del fine vita prodotto – ha detto Carlo Ratti. – Noi al MIT abbiamo ideato e sviluppato un progetto per tracciare il percorso dei rifiuti. Il primo test del progetto si è svolto in una città americana e ha utilizzato la tecnologia delle etichette elettroniche poste sul rifiuto che ha reso possibile tracciare il percorso di smaltimento. Dal progetto abbiamo imparato tante cose molto utili; tra queste la più importante riguarda la catena di smaltimento che allo stato attuale non funziona in modo corretto, ma, grazie alla tecnologia applicata ad esempio all’imballo dei prodotti, potrebbe consentire l’ottenimento di tanti dati che permetteranno di trovare metodologie utili a migliorare la situazione. Abbiamo anche rilevato grande sensibilità da parte dei consumatori, che sono stati parte integrante del progetto, e per questo riteniamo che il tema vada tenuto in considerazione da tutte le aziende che producono e commercializzano beni di qualunque natura».

Nuove abitudini

Il richiamo alla società civile e ai comportamenti dei consumatori è stato ripreso da Ivan Capranica direttore logistica PAM Panorama che ha descritto come la tipologia di acquisto del cliente sia notevolmente mutata nel tempo. «La formula del “grande pacco risparmio” è stata abbandonata – ha detto Capranica – le grosse spese del fine settimana dove la famiglia acquistava prodotti per il fabbisogno dell’intera settimana si sono notevolmente ridotte; per questo motivo la formula dell’ipermercato ha fortemente ridotto il suo appeal. La spesa del cliente sta mutando sensibilmente, portando a un aumento di attenzione alla qualità dei prodotti e a un incremento di consumo di prodotti bio, vegani e vegetariani. Tutte queste condizioni hanno portato la GDO a mutare le proprie offerte e a rivedere la propria presenza sul mercato privilegiando nuovi format come i punti vendita di prossimità, più piccoli e molto più vicini alle esigenze espresse dai consumatori che vivono e si approvvigionano in quello store».

Sostenibilità al centro

All’interno di Giflex il Comitato Tecnico ha il compito di sviluppare metodi, protocolli e linee guida ad uso degli associati, elabora capitolati e valuta temi di attualità per poi costituire gruppi di lavoro ad hoc. «Posso affermare che il nostro comitato tecnico si occupa “della cultura scientifica del packaging” – ha detto Andrea Cassinari responsabile del comitato che cerchiamo di promuovere partecipando e organizzando eventi di altro profilo tecnico. Abbiamo diversi progetti inerenti la sicurezza alimentare e la gestione del rischio, tra cui quello riguardante le sostanze non aggiunte intenzionalmente dal produttore, ma presenti nel materiale come impurità delle sostanze utilizzate, formatesi durante il processo produttivo. Collaboriamo con università, laboratori e associazioni nazionali e internazionali e abbiamo messo a punto un modello ad hoc per le Dichiarazioni di Conformità dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari interpretando un’esigenza quanto mai urgente espressa dalla filiera agroalimentare».

Il Convegno, come ben fa risaltare il titolo L’imballaggio flessibile nella società liquida ha costituito un’interessante fonte di informazioni sulle tendenze del packaging e ha mostrato quanto Giflex sia attiva nel seguire i mutamenti e a porsi come punto di riferimento per le aziende del comparto dal punto di vista tecnico, legislativo e di comunicazione.

All’interno di Giflex, il Comitato Sostenibilità è nato per approfondire il tema della sostenibilità. Come spiegato dalla responsabile Nena Rossini, il tema della sostenibilità è nato nel 1987 ed è un principio etico che sancisce la nostra responsabilità verso le generazioni future. Con esso si afferma il concetto di economia circolare in contrapposizione a quello dell’economia lineare, dove le materie prime sono consumate e poi eliminate. L’economia circolare è un’economia pensata per rigenerarsi da sola, è un sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro. Nel suo primo anno di vita il comitato ha pubblicato: un glossario che contiene una raccolta dei termini più comunemente usati quando si parla di sostenibilità e mira a fare chiarezza sulle definizioni in questo settore; un booklet «L’imballaggio flessibile e la sostenibilità ambientale» che costituisce il primo libro di comunicazione della sostenibilità dell’imballaggio flessibile e contiene alcuni spunti di riflessione sulla valutazione dell’impatto ambientale del flessibile e sul suo fine vita.

Alberto Palaveri, vicepresidente Giflex, nel corso del suo intervento ha affermato che il pack deve avere tre caratteristiche: contenere il prodotto, comunicare al consumatore il valore del brand e del prodotto stesso, essere riciclabile. A conferma di quanto sia importante il packaging nella fase dell’acquisto e nell’immaginario del consumatore, ha mostrato i dati di una ricerca della Nielsen da cui si evince che il 65% degli acquisti è fortemente influenzato da esso.

Giflex, in collaborazione con Enipg e Miur, già da tre anni organizza il concorso per istituti tecnici a indirizzo grafico dal titolo «YouPack: l’imballaggio del futuro? Non chiederlo a noi, inventalo tu». Per l’edizione 2017 del premio agli studenti è stato richiesto di produrre un filmato che esprimesse la loro idea del valore dell’imballaggio soprattutto come strumento di lotta allo spreco alimentare e che valorizzasse la sostenibilità dell’imballaggio. I vincitori del concorso 2017, cinque studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore D.Azuni di Cagliari, sono stati premiati nel corso del convegno. Il video, vincitore del premio, è visibile sul sito del Giflex www.giflex.it/xxxii-congresso-dautunno-giflex.

Fai crescere il tuo business con tre nuovi prodotti HP PageWide

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BMG, distributore ufficiale di HP Media, Kodak e Marabu, è leader globale nella distribuzione di materiali e supporti per la stampa digitale di grande formato. In particolare l’offerta di BMG comprende i supporti per HP PageWide.

Per realizzare progetti perfetti e dimostrare sul campo la qualità del proprio lavoro viene in aiuto l’ampia varietà dei supporti HP PageWide.

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Superfice di stampa opaca: le stampe si asciugano rapidamente e resistono alle sbavature; previene le linee non nitide e agevola l’adesione dell’inchiostro

A rovescio: riduce al minimo l’accumulo di elettricità statica; permette modifiche manuali con matita o inchiostro.

E se stai cercando di offrire applicazioni sign e display

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È Danna Drion il nuovo senior marketing manager di Mimaki Europe Emea

Mimaki dà il benvenuto a Danna Drion, nuovo senior marketing manager per l’area Emea. Prima di unirsi a Mimaki, Danna Drion ha ricoperto posizioni di alto livello in ambito marketing nei settori high tech, IT e telecomunicazioni, presso importanti realtà come Pyramid Analytics, Red Hat, Oracle, BEA Systems, British Telecom e MCI/WorldCom. La sua esperienza, ricca di successi nel marketing per prodotti rivolti al mondo B2B, apporterà nuove idee contribuendo a potenziare l’attività di marketing svolta fino ad oggi dal leader nipponico.

Laureata in economia aziendale e marketing all’università di Amsterdam, prima di entrare in Mimaki Europe, Danna Drion è stata direttore marketing di Pyramid Analytics, apprezzata realtà innovatrice in materia di business intelligence, e si è occupata per anni di software open source.

«Oltre alla sua solida expertise in ambito marketing, Danna porterà con sé una profonda conoscenza e competenza in materia di business intelligence e analisi dei dati, rafforzando le attività di marketing di Mimaki Europe, soprattutto in ambito di customer relationship. Danna entra a far parte della nostra realtà proprio al momento giusto ed è la risorsa che stavamo cercando per dare un prezioso contributo alla nostra organizzazione”, ha commentato Ronald van den Broek, General Manager Sales di Mimaki Europe.