case history

Stampa digitale: i luoghi comuni alla prova del campo

Competenze, sostenibilità, margini. Uno sguardo allo stato dell’arte della stampa digitale attraverso l’esperienza sul campo di Graphos, realtà marchigiana che ha fatto del rispetto dell’ambiente e della personalizzazione delle applicazioni i suoi punti di forza.

Otto luoghi comuni sulla stampa digitale da sfatare o almeno da mettere alla prova. Pregiudizi che possono sviare le capacità di business di ogni service di stampa, riducendone le opportunità di mercato. È giunto il momento di cercare di fare chiarezza sulle frasi fatte del settore, soprattutto in una fase di mercato resa ancora più competitiva dalla sfida energetica e dalla necessità di coltivare politiche green. Il sapere è potere, sosteneva il primo filosofo moderno Francesco Bacone, rimandando alle virtù della pratica per oltrepassare quegli idoli che rispecchiano un’immagine errata del mondo.
Più modestamente, tentiamo un’operazione del genere, almeno per guadagnare una visione maggiormente rispondente al vero, sull’attuale stato dell’arte della stampa digitale. Nella nostra rassegna di luoghi comuni in merito, il sapere pratico lo assicura una realtà protagonista sul campo come Graphos, azienda storica e familiare di Castelfidardo, provincia di Ancona, fondata trent’anni fa da Doriano Criminesi e oggi guidata dal figlio Massimiliano Criminesi.
Graphos è nata diversi lustri fa come realtà di stampa litografica, cominciando a investire sul digitale di grande formato fin dall’inizio degli anni 2000, optando per tecnologie a base acqua ed eco solvent fino a UV Led, per sposare la causa green e rafforzarla sempre più negli anni. Oggi Graphos è una realtà di grande esperienza, capace di realizzare applicazioni sui materiali più diversi: cartone, lamiera, vetro, alluminio, polipropilene sono soltanto alcuni esempi dei supporti quotidianamente utilizzati dall’azienda marchigiana. Oltretutto, l’alto tasso di creatività e competenza, che si manifesta nella varietà dei materiali impiegati, si esalta ancora di più nella capacità di Graphos di differenziarsi dalla massa proponendo prodotti estremamente personalizzati ai suoi clienti.
Grazie a queste sue caratteristiche, l’azienda oggi guidata da Massimiliano Criminesi ha certamente potuto prendere negli anni le misure ai luoghi comuni della stampa digitale, presentando l’identikit perfetto del compagno di viaggio più adatto per sfatarli o confermarli. D’altra parte, la stampa digitale è stata definita fin dall’inizio una rivoluzione alla portata di ogni realtà del mondo della stampa. Una scossa radicale alla portata di tutti, grazie alla sua presunta semplicità di utilizzo. Ma è proprio così? Lasciamo che a rispondere sia proprio Massimiliano Criminesi, partendo proprio dal tema della facilità di utilizzo.

La stampa digitale è semplice, basta schiacciare un bottone

«Questa purtroppo è una frase che ci sentiamo dire molto spesso da alcuni clienti e profani del settore che tendono a “semplificare” o sminuire la professionalità degli operatori di stampa digitale e tutta la formazione che ci vuole per questo come per qualsiasi altro lavoro. L’era digitale è vero che ha velocizzato molto e tagliato vari processi di lavorazione di prestampa, vedi incisione pellicole, montaggio, incisione lastre, però è comunque necessaria una formazione e conoscenza di primo ordine per poter ottenere un buon risultato».
«La produzione di uno stampato classico, come un pannello in plexiglass, richiede una serie di procedure prima di “schiacciare il bottone” che passano prima dal reparto grafico, dove l’operatore effettua la verifica e la conformità del file, successivamente viene passato al Rip, dove viene elaborato e creato la resa di stampa. Nel frattempo, l’operatore della macchina dovrà mettere in temperatura gli inchiostri, fare tutti i dovuti controlli e pulizie delle teste di stampa, verificare con estrema attenzione l’altezza e la planarità del supporto, prima di poter dare materialmente il via alla produzione».

La stampa digitale è la più sostenibile

«Se pensiamo che, essendoci meno passaggi rispetto ad una stampa litografica, che non ci sono solventi rispetto ad una stampa serigrafica, o che comunque non necessità di impianti vedi lastre o pellicole e telai da incidere per ogni lavorazione, ecco, se la vediamo sotto questo punto di vista, forse sì. Ma, facendo un’analisi più approfondita e valutando tutte le migliaia di elementi che compongono le moderne stampanti digitali, la composizione di toner, inchiostri liquidi o in gel, primer e non ultimo l’elevato consumo di elettricità, direi che non è poi tanto più sostenibile. Da non sottovalutare la vita media delle moderne stampanti digitali, apparecchiature che hanno vita molto più breve rispetto alle più longeve stampanti tradizionali che hanno una “seconda vita” anche nel mercato dell’usato, cosa che con le macchine digitali, vista la rapida evoluzione, frenano l’acquisto di macchinari più datati».

La stampa green costa di più

«Purtroppo sì. Per avere un risultato green certificato c’è bisogno prima di un supporto di stampa ecologico, carta riciclata o Fsc per la stampa a foglio, materiali Pvc free per la stampa a bobina oppure di pannelli composti da materiale riciclato o riciclabile per essere definiti “green” e mediamente questi prodotti sono più cari di circa un 30 percento rispetto ai loro equivalenti non ecologici. In fase di produzione prenderei l’esempio della classica stampa UV Led (in piano o a bobina) rispetto ad un equivalente Latex che vanta l’utilizzo di inchiostri base acqua più ecologici: il problema sorge nella produzione dove la stampa Latex è mediamente tre volte più “famelica” di energia elettrica, costo che in questo momento storico è ancora più impattante sul costo finale».

La stampa grande formato ha margini più alti

«Come in ogni settore produttivo, anche per la stampa digitale di grande formato, il margine, oltre che nell’abilità di ottimizzare i processi produttivi da parte dell’imprenditore, si ottiene trasferendo il più alto valore aggiunto al prodotto finito. Prendiamo ad esempio un cliente che ci richiede una serie di pannelli per decorare i propri uffici: se proponiamo un classico pannello in forex con stampa in quadricromia potremmo chiedere un determinato prezzo; se offriamo un pannello con stampa in esacromia con nobilitazione con vernice glossy e con stampa settoriale a “rilievo”, diciamo che il prezzo potrebbe essere anche tre volte tanto rispetto al classico pannello di forex che possono offrire tutti. In questo caso i costi di produzione della vernice e l’inchiostro per avere un effetto in rilievo incidono in maniera marginale rispetto al valore e, di conseguenza, al costo dello stampato».
«L’ideale sarebbe offrire anche il rilievo misure presso la sede del cliente ed il successivo montaggio degli stampati, in modo da dare un servizio a 360 gradi che permetterà di trasferire ai nostri pannelli un valore sicuramente più elevato, in quanto avremmo “venduto” una soluzione piuttosto che un semplice pannello».

Le materie plastiche vanno tutte eliminate perché inquinanti

«Diciamo che per la mia esperienza non ci sono ancora prodotti che riescano a sostituire al 100% le caratteristiche che può offrire un materiale plastico. Direi che forse è più etico utilizzare un surrogato dove non è strettamente necessario l’impiego di un materiale plastico. Dove non è possibile rimpiazzarlo dovremmo far appello a principi di correttezza e moralità che impongono un corretto smaltimento e riciclo del prodotto».

Stampare a 300 dpi è sempre giusto

«Mettiamo il caso che dobbiamo realizzare una copertura di un palazzo di 5 piani, quindi un telo di circa 10x15h m, su un materiale tipo un Pvc microforato che sia visibile da minimo 5 m di distanza. In questo caso è assolutamente superfluo, anzi oserei direi controproducente, realizzare un file sopra i 100 dpi. La creazione di un file di quelle dimensioni, realizzato in scala 1:1 a 300 dpi, sarebbe esagerato ed ingestibile dalla maggior parte dei Rip di stampa. Mentre è “obbligatorio” avere una risoluzione di 300 dpi per tutti gli stampati di piccolo formato, vedi biglietti, cataloghi, pannelli per decorazione di interni, dove la stampa sarà visibile da pochi centimetri ed anche i più piccoli dettagli dovranno essere perfetti».

L’operatore di stampa fa la differenza

«Un’azienda artigiana oggi, per poter sopravvivere, ha bisogno di differenziarsi dalla massa ed offire prodotti con elevata personalizzazione e qualità eccellente. Per ottenere questo tipo di risultato i valori in campo devono essere espressi al massimo livello. Se ci avvaliamo di apparecchiature tecnologiche in grado di realizzare degli stampati di qualità non possiamo sicuramente prescindere dall’impiego di personale professionale, motivato ed altamente qualificato. Quindi la mia risposta è assolutamente sì, un buon operatore, rispetto a un altro, fa un’enorme differenza».

Internet può decretare la fine della stampa

«Dobbiamo fare delle distinzioni: se facciamo riferimento ai classici stampati commerciali in carta ovvero fogli lettera, moduli continui e le classiche buste da corrispondenza sicuramente sì, mentre se ci spostiamo su stampati di valore e con alta personalizzazione quali cataloghi porta campioni, packaging di lusso, per la cartotecnica, e libri d’arte per quanto riguarda l’editoria sicuramente, anche in futuro, continueremo ad utilizzare questi prodotti. In generale, credo che l’incremento dell’utilizzo della rete abbia fatto da spartiacque tra i prodotti in carta a basso costo, che andranno progressivamente scomparendo, ed i prodotti con alto valore aggiunto, che saranno destinati a rimanere nel tempo».

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here