Il ricordo di Orazio Boccia

Addio al Cavaliere Orazio Boccia, fondatore di Arti Grafiche Boccia

Orazio Boccia se n’è andato a 90 anni e non ha perso nessuno dei giorni che ha vissuto tanto grande era la gioia di stare al mondo. Il diritto alla vita se l’era conquistato con i denti passando dal Serraglio di Salerno – l’orfanotrofio dove ha studiato e si è formato negli anni giovanili – alla condizione di piccolo e poi medio imprenditore e infine Cavaliere del Lavoro per scelta dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Una strada con tante salite, alcune così ripide da fare paura, e altrettante discese. E con pochi tratti pianeggianti anche per il mestiere che si era scelto e che ha tramandato ai figli, Vincenzo e Maurizio, il primo dei quali salirà la scala sociale fino a diventare presidente di Confindustria (ora è al vertice dell’Università Luiss Guido Carli). Il mestiere è quello del tipografo. Imparato al Serraglio e messo a frutto una volta uscito.

Orazio era una forza della natura. Un fascio di nervi mosso dalla ferma volontà di avere successo. Un guerriero d’altri tempi nei panni di un imprenditore moderno che non ha mai consentito alle difficoltà che si frapponevano tra i suoi sogni e la realtà di prendere il sopravvento. Nascono e s’ingrandiscono così, poco a poco, quelle Arti Grafiche Boccia che contribuiscono alla crescita culturale del Paese in un Mezzogiorno che senza di esse sarebbe più povero.

Non c’è scrittore, editore, giornalista, imprenditore o politico che abbia operato nello stabilimento industriale che non conoscesse Orazio e non avesse avuto bisogno, almeno una volta, dei suoi consigli e dei suoi prodotti. Prima che l’era digitale intervenisse a sconvolgere il settore la tipografia era il luogo dell’incontro, del confronto, della conoscenza. Un posto magico dove le idee si solidificavano e diventavano libri, giornali, manifesti.

La folla al suo funerale, il tenore dei necrologi, le testimonianze di persone diventate nel frattempo illustri testimoniano di un’esistenza dedicata agli altri con la passione di chi ama il suo lavoro riempendolo di significati. Per i giovani che si avviavano alla carriera era un punto di riferimento, un esempio di come si possa sfidare la cattiva sorte volgendola in buona sempre restando sulla retta via. Senza mai deviare per prendere scorciatoie.

Era un gran parlatore, Orazio. Affascinava chi lo ascoltava con un’eloquenza semplice e diretta. Coinvolgeva con la sua autenticità e si faceva capire da tutti, come accadde quella volta che fu chiamato a tenere una testimonianza alla scuola di giornalismo dell’Università di Salerno e provocò tra gli studenti un tale entusiasmo, una tale emozione, da impressionare un osservatore dalla scorza dura come Biagio Agnes che ne diventò un estimatore.

O come nel 2012, celebrando i 50 anni più uno della propria azienda, quando catalizzò l’attenzione di un pubblico folto e preparato ricordando da dove era partito e come fosse riuscito a raggiungere i traguardi immaginati con sacrificio impegno e determinazione. E con un cuore così, perché senza di quello non si va da nessuna parte. Una lezione di vita anche per calibri grossi come Luigi Abete che seppe cogliere il nesso tra tanta umanità e tanta tecnologia.

Sì, perché le Arti Grafiche si sono sempre mantenute al passo coi tempi e spesso li hanno anticipati con intuizioni e investimenti che le hanno consentito di conoscere molti momenti felici e fronteggiare quelli difficili ritrovando ogni volta la via dello sviluppo. Nulla era impossibile per chi era sopravvissuto al Serraglio e tutto si poteva affrontare con l’incrollabile convinzione che alla fine una soluzione si sarebbe trovata.

Il senso della vita e l’ottimismo della volontà erano parte di lui, la sua eredità morale è espressa nelle ultime parole che ha detto prima di lasciarci: «non smettete mai di sognare e ricordate che nella vita bisogna combattere».

 

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