Etichette "speciali"

Etichette vegane: come e perché

Tutte le accortezze da usare se si vuole lavorare per un cliente che fa prodotti vegani.
Senza un adesivo, un’etichetta non può svolgere la propria funzione. L’adesivo è un giunto tra due superfici, invisibile ma essenziale, contribuisce al successo del prodotto e i produttori che prendono sul serio i propri clienti vegani devono garantire che sia privo di componenti di origine animale.

Gli adesivi sono selezionati in base alle prestazioni attese e all’immagine del prodotto finito; hanno un ruolo decisivo in caso di impatti, abrasioni, attriti, umidità, sbalzi di temperatura e oggi, a queste tradizionali performance, si aggiungono sostenibilità ambientale, valutazione del rischio allergeni e divieto d’utilizzo di componenti d’origine animale quando il prodotto si rivolge al target vegano.
L’adesivo ideale deve restare inalterato a lungo, avere un elevato tack (forza necessaria a separarlo da una superficie dopo un breve contatto), un rapidissimo assestamento e un’altrettanto rapida essiccazione.
Per anni il settore packaging si è affidato agli adesivi a base solvente, perché molto performanti, resistenti a calore, agenti chimici, raggi UV. Oggi si preferiscono gli adesivi a base acqua (polimeri in dispersione acquosa), inodori, non infiammabili, con tempi di reazione comparabili a quelli di un adesivo a base solvente ma senza aggiungere attivatori.

La differenza tra colle e adesivi

Gli adesivi utilizzabili sulle linee di etichettatura si dividono in due macro gruppi: colle (sostanze d’origine naturale) e adesivi propriamente detti (sostanze di sintesi a base di gomma, polivinilacetati, resine acriliche ed epossidiche, fenol-polivinilacetati e fenolnitrili).
Etichetta e confezione diventano tutt’uno grazie a forze di adesione (mutua attrazione tra superfici a contatto) e a forze di coesione (mutua attrazione tra particelle in un corpo). Quando prevalgono le prime l’eventuale separazione etichetta/contenitore segue il profilo della superficie di contatto; quando prevalgono le seconde l’etichetta si strappa. I legami propiziati dalla colla devono essere tanto tenaci da determinare un distacco solo per il cedimento del sistema molecolare di uno dei due materiali a contatto.
Se i materiali non sono porosi è necessario usare collanti appiccicosi che generano un microvuoto, comportandosi come tante piccole ventose.
Per i materiali porosi si utilizzano invece colle a base di amidi, destrine, caseine o molecole di sintesi disperse in un veicolo acquoso. Le colle a base di amido
(di patate o mais) hanno un buon tack, resistono alla condensa, sono relativamente economiche, asportabili in acqua, ma hanno tempi di asciugatura piuttosto lunghi. La destrina deriva dall’idrolisi dell’amido catalizzata da acidi ed enzimi: è pastosa, densa e per questo non sempre facilmente lavorabile sulle linee di confezionamento ad alta velocità. Gli adesivi in dispersione caseinica sono versatili e stabili nel tempo. La caseina è una proteina del latte, che, in ambiente acido, coagula e precipita. Una volta essiccata diventa una polvere bianca inodore, insapore, poco solubile in acqua.
Gli adesivi di sintesi a base acqua derivano da polimeri provenienti dall’industria petrolchimica. Per quanto siano tutte in dispersione acquosa, queste quattro tipologie di colle, non sono compatibili tra loro e il passaggio dall’una all’altra richiede un’ accurata pulizia dell’etichettatrice.
Le colle termofusibili sono di natura petrolchimica a base EVA (Etilene Vinil-Acetato) o a base gomma; sono applicate prelevandole da vasche dove, dopo la fusione intorno ai 150 °C, sono mantenute allo stato semi-liquido. Agiscono per raffreddamento garantendo un’adesione istantanea ed efficace.

Adesivi e sostenibilità

Contenendo solo minime tracce di materiali non biodegradabili, le colle in dispersione acquosa sono smaltibili come materiali ecocompatibili. Amido e destrine sono naturali e non inquinanti. La caseina può contenere tracce di zinco dovuto alle lavorazioni cui è sottoposta per facilitarne la solubilità in acqua. Il metallo è talvolta un problema per lo smaltimento delle acque di lavaggio dei contenitori vuoto a rendere. Sono pertanto state sviluppate formule zinc-free e colle sostitutive a base di polimeri di sintesi resistenti, molto solubili e minimamente schiumogeni nei bagni separatori.
Qualora vi fossero dei residui di lavorazione da smaltire, le colle a base naturale devono solidificare prima della dismissione, i residui di collanti sintetici devono essere smaltiti come rifiuti speciali, mentre gli hot-melt possono essere eliminati insieme alle plastiche.

Colle per etichettare i cartoni da imballo

Un altro problema spesso sollevato dai riciclatori riguarda gli adesivi utilizzati per etichettare i cartoni imballo. Il riciclo dell’adesivo è antieconomico, ma il cartone e l’etichetta sono riciclabili e la scelta dell’adesivo deve tenerne conto.
È nato quindi un rilevante filone di ricerca in tal senso. Il riciclo della carta inizia nel pulper; l’acqua calda e l’azione meccanica rompono i legami tra le fibre e trasformano la carta in una poltiglia.
Gli adesivi idonei al riciclo di carta e cartoni sono formulati in modo da resistere alle forze di taglio del pulper e mantenere dimensioni sufficienti per essere rimosse dal primo filtro dell’impianto di riciclo; qualora lo superino sono eliminate, in un secondo momento, per flottazione attaccandosi alle bolle di aria che salgono in superficie con la schiuma.
Se si utilizzasse un adesivo non compatibile con il riciclo della carta si avrebbero un’alta probabilità di ostruzione dei filtri, macchie o lacerazioni della carta finita. Oggi tutti i produttori di adesivi per etichette propongono linee che migliorano la riciclabilità della carta. La produzione è analoga a quella degli adesivi tradizionali, il limite è nel numero ristretto dei polimeri di partenza. Sono prodotti premium solo in termini di prestazioni ambientali e trovano una ragione d’essere esclusivamente nelle applicazioni carta su carta.

Il problema allergeni e nanocomposti

Il Regolamento 1169/2011/UE garantisce ai consumatori con sensibilità nota ad alcuni ingredienti o additivi alimentari il diritto a un’approfondita informazione sulla composizione dei prodotti. I produttori devono gestire il problema partendo dalla ricetta dell’alimento, prevenire le contaminazioni incrociate dovute a ingredienti contenuti in altri cibi lavorati nel medesimo stabilimento o a componenti dei materiali di confezionamento, etichette e colle incluse.
Il produttore ha quindi l’obbligo di censire tutti gli ingredienti e i materiali di imballaggio utilizzati a diretto contatto con il prodotto, chiedendo ai fornitori un’ analisi completa delle materie prime. Identificati gli allergeni potenzialmente presenti nel ciclo produttivo, si valuterà l’eventuale pericolo.
Secondo la letteratura internazionale gli allergeni che possono passare dall’imballaggio all’alimento sono: amido di frumento usato come polvere anti set-off, olio di arachidi contenuto nei lubrificanti di processo, caseine utilizzate nelle colle. Un altro potenziale allergene, non strettamente legato alla normativa per il settore alimentare ma comunque a questo correlato è il latex (lattice), una gomma naturale proveniente dall’Heavea brasiliensis pianta diffusa in Brasile, Thailandia, Malesia, Indonesia. Dopo la raccolta è trattata con ammoniaca (latex ammoniacato) che funge da stabilizzante e conservante, altri additivi (coloranti, antiossidanti) sono aggiunti nelle successive fasi di lavorazione.
Negli ultimi anni la sensibilizzazione da latex è in aumento e si evidenzia con i classici sintomi da allergia (asma, orticaria, prurito orale, disturbi digestivi) sia per contatto con prodotti che contengono latex, sia per ingestione di ingredienti ortofrutticoli contenenti le proteine che compongono il suo allergene.
Quanto alle nanoparticelle, il loro impiego nel settore adesivi per etichette è legato al potenziale miglioramento di alcune caratteristiche degli stessi. Il nanomateriale, naturale, derivato o fabbricato, contiene almeno il 50% di nanoparticelle allo stato libero, aggregato o agglomerato, la cui distribuzione dimensionale numerica, o una o più dimensioni esterne siano comprese fra 1 nm e 100 nm.
In casi specifici e laddove le preoccupazioni per l’ambiente, la salute, la sicurezza e la competitività lo giustifichino, la soglia del 50% della distribuzione dimensionale numerica può essere sostituita da una soglia inferiore.
La mancanza di norme dettagliate relative a produzione, manipolazione ed etichettatura degli adesivi contenenti nanomateriali, induce le aziende a brevettare molte delle applicazioni. Tra i documenti da considerare il Codice di Condotta per una Ricerca responsabile nel settore delle nano-scienze e delle nanotecnologie, il Reach (Regolamento 1907/2006/CE e successive modifiche) applicabile alla fabbricazione, all’immissione in commercio e all’uso di sostanze utilizzate da sole, in preparati o in articoli.

Adesivi per etichette vegane

Progettando un packaging per prodotti vegani è necessario evitare l’uso di qualsiasi componente di origine animale. Non può quindi essere utilizzata la già citata colla alla caseina, così come è bandito qualsiasi tipo di «colla osso» e «colla di coniglio» contenenti altre proteine di provenienza animale (pelle, ossa ecc). Sono prodotti gelatinosi ottenuti facendo bollire i cascami di animali e una volta asciutti sono venduti sotto forma di perle color ambra. Sono usate soprattutto per incollare il legno (si pensi alle cassette della frutta o dei vini): chi aspira alla certificazione vegana non deve utilizzarle.

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