Packaging

Dalla stampa commerciale al packaging, il passo è breve?

Parlare di stampa offset può sembrare un po’ banale perché si è scritto e si è detto molto di questo processo che è in assoluto il più popolare e diffuso. Però forse vale la pena di cercare di indagare come sta cambiando, non tanto dal punto di vista tecnico, ma piuttosto sotto il profilo del suo campo di impiego, dei mercati che lo sfruttano e soprattutto delle aziende che lo impiegano.

Facendo una piacevolissima chiacchierata con Piero Pozzi, un “ragazzo” che da dieci anni gira il mondo per conto di Colorgraf aiutando gli stampatori offset a utilizzare al meglio gli impianti e gli inchiostri di stampa, sono emerse alcune riflessioni che è utile a mio avviso condividere in queste pagine.

Lo spunto da cui siamo partiti e che era il mio incipit su cui basare questo approfondimento (che in prima battuta ho anche condiviso con Carlo Carnelli titolare di Color Consulting, altro “autorevole conoscitore” del mercato della stampa), è una realtà che tutti possiamo constatare di attualità nel mondo della stampa offset a foglio. La continua erosione che il mondo della comunicazione “digital” sta scavando nei confronti della comunicazione su carta propone una sfida senza precedenti per gli stampatori “commerciali”. Prodotti che tipicamente erano il “core” della stampa offset a foglio, come cataloghi, brochure, editoria in genere e prodotti simili, hanno subito e stanno subendo un notevole riposizionamento in termini numerici e in termini di canali utilizzati per la loro diffusione. Più pubblicità veicolata mediante social e applicazioni web, tirature sempre più ridotte e “just in time” dirottano quantitativi prima appannaggio della offset a foglio, verso il digitale o altri canali di comunicazione. Accade allora che una quantità di macchine offset, che potrebbero stampare molti più fogli, devono inventarsi nuovi mercati e di conseguenza nuovi prodotti da offrire. E quale mercato oggi offre opportunità di crescita meglio del settore del packaging su carta e cartone? Questa riflessione che è anche una constatazione, nasce da esperienza diretta di quesiti di aziende che, intendendo approcciare il mondo della cartotecnica, si domandano quali condizioni debbano essere tenute in assoluta considerazione per evitare di scontrarsi contro un muro. Domanda e approccio correttissimo, non basta pensare di saper stampare con la macchina offset per proporsi su un mercato che ha regole che differiscono dal mondo della stampa commerciale.

Ecco allora qui di seguito alcune peculiarità che assieme a Piero Pozzi riteniamo dovrebbero essere considerate nell’approcciare il mercato del packaging.

Dalla quadricromia ai colori spot

È noto che la stampa dei prodotti commerciale e editoriali è tipicamente quadricromia, talvolta con un colore speciale o una vernice di macchina come nobilitazione o protezione. Il mondo del packaging è invece fortemente connotato dall’utilizzo dei colori speciali a campione. La quadricromia necessita di attenzione ma non è il solo focus per lo stampatore, anzi talvolta è la componente meno impattante sulla grafica complessiva del lavoro. Le grandi campiture di colore, il brand presente sull’artwork, le decorazioni, sono molto frequentemente realizzate con colori speciali per ovvi motivi di garantire la qualità necessaria. Cosa comporta questo? Naturalmente oltre agli aspetti tecnici che la macchina deve garantire per effettuare certi lavori, numero di gruppi stampa, spalmatori, sistemi di asciugatura, vi sono diversi riferimenti che è necessario tenere in considerazione. La stampa di quadricromia, per lo stampatore fondamentalmente significa avere sotto controllo la densitometria. Se il sistema è stato messo a punto in modo coretto, facendo le giuste calibrazioni di prestampa e stampa, ossia sono state identificate le densità che in stampa, da bagnato, garantiscono di rientrare nei valori di norma a stampa asciutta, nella pratica di lavoro lo stampatore deve assicurare che la tiratura rimanga all’interno delle tolleranze di densità prefissate.

La conoscenza della colorimetria e l’interpretazione delle misure può non essere un requisito irrinunciabile per lo stampatore (anche se dovrebbe esserlo sempre). Nella stampa degli imballaggi in cartone teso, per contro, la colorimetria è uno strumento di lavoro indispensabile. Sia nella comunicazione tra cliente e stampatore, sia come parametro di verifica e validazione della produzione.

Competenze tecnico-commerciali

Nei capitolati di fornitura, il riferimento e le tolleranze identificati come requisiti, tipicamente vengono espressi con valori colorimetrici. I delta E, espressi nelle diverse formulazioni, dEab, dE00 non devono presentare dubbi di interpretazione. Chi gestisce il processo commerciale inevitabilmente deve essere anche sufficientemente preparato per negoziare questi aspetti legati ai requisiti di qualità, sia colorimetrici che funzionali. Anche perché dall’altro lato del tavolo, c’è solitamente un referente del brand owner che ha competenze tecniche adeguate per affrontare le tematiche legate alla definizione degli standard qualitativi di produzione. L’azienda che si propone sul mercato come fornitore di servizi di stampa per prodotti di packaging, soprattutto se si parla di brand importanti, non può rischiare di apparire debole agli occhi del cliente, in aspetti tecnici che di per sé dovrebbero essere patrimonio aziendale consolidato.

Nel reparto stampa

La manipolazione degli inchiostri speciali, dalla formulazione alla creazione delle cartelle colore per la campionatura di riferimento con le tolleranze accettate, sono attività in cui lo strumento di base è lo spettrofotometro, normalmente nella geometria 0/45° o 45/0°, ma talvolta anche a sfera, per certe misurazioni su superfici e inchiostri difficili da misurare con lo strumento standard. Lo stampatore non deve essere spaventato da questa tecnologia, deve destreggiarsi in modo spigliato tra densitometria e colorimetria, formule di delta E, sapendo interpretare correttamente i risultati. Conoscere i colori speciali, dignifica anche sapere quali criticità da questi possono nascere, ad esempio problemi con il metamerismo. Conoscere i fenomeni e le possibili conseguenze significa prevenire possibili problemi. O, semplicemente chiedere l’intervento dell’esperto, ad esempio il fornitore di inchiostri, per dirimere situazioni, trovando i correttivi più adeguati. Il fornitore di materie prime diventa un prezioso consulente, nella misura in cui il cliente (stampatore) ha la consapevolezza di quello che deve ottenere, ha la conoscenza dei dati che rileva e comprende i fenomeni. Problemi legati al citato metamerismo possono essere prevenuti nella misura in cui il fenomeno è conosciuto all’interno dell’azienda, se questa ha la strumentazione per analizzare i potenziali rischi e quindi attuare in collaborazione con il fornitore di inchiostri le contromisure necessarie.

L’aspetto funzionale del prodotto

L’imballaggio è innanzitutto un prodotto grafico che riveste la funzione specifica di contenere un prodotto. E il contenuto può influenzare fortemente la scelta dei processi grafici, dei materiali e degli inchiostri da impiegare in produzione. Forse in modo più complicato rispetto al mondo della stampa commerciale, sicuramente diverso. Esistono molte norme e requisiti che i prodotti finiti devono soddisfare. Se non altro perché dopo la stampa e trasformazione, questi prodotti devono subire la fase forse più delicata dell’intero processo, il confezionamento, il riempimento del contenitore con il prodotto. E qui le caratteristiche meccaniche della superficie stampata devono garantire il risultato ottimale; lo scivolamento della superficie stampata, la resistenza agli attriti superficiali che gli inchiostri devono possedere per evitare graffi e strisciamenti sono oggetto di attenzione nella formulazione di questi inchiostri.

Difetto zero

Sembra quasi paradossale che in una produzione non sia accettato alcun difetto. La stessa norma ISO (serie 12647 ad esempio) definisce delle tolleranze entro le quali la tiratura deve rimanere. Ciò comporta che una difettosità può essere considerata fisiologica con il processo produttivo. Ma non è sempre così. Alcune produzioni, legate a mercati più critici (beauty su tutti con il farmaceutico), richiedono “tolleranza zero”. Capita allora che il controllo qualità, (reparto assolutamente imprescindibile in aziende di packaging), debba fare una cernita foglio per foglio alla ricerca del difetto. Non è ammissibile che una confezione di lusso, abbia il più piccolo difetto e arrivi infine sullo scaffale del punto vendita.

Mercati critici

Non tutti i mercati del packaging hanno le stesse esigenze in termini di cura del risultato finale, di tolleranze accettate, di proprietà funzionali. Prodotti farmaceutici, del beauty o personal care, del food, il mondo dei giocattoli (toys), hanno requisiti molto stringenti e spesso richiedono che l’azienda produttrice dello stampato sia all’interno di una filiera certificata, come sistema qualità aziendale (serie ISO 9000) e come tutela ambientale (serie ISO 14000). È un aspetto da non sottovalutare da chi intende approcciare questi mercati; può significare apportare notevoli cambiamenti all’organizzazione interna, inserire figure professionali (interne o esterne) non presenti nello stato di fatto, investire un tempo adeguato per raggiungere l’obiettivo.

Gli alimenti vengono a contatto con molti materiali e oggetti durante le rispettive fasi di produzione, trasformazione, conservazione, preparazione e somministrazione, prima del loro consumo finale. Tali materiali e oggetti sono denominati materiali ed oggetti a contatto con gli alimenti (MOCA) – ad esempio contenitori per il trasporto degli alimenti, macchinari per la trasformazione dei prodotti alimentari, materiali da imballaggio, utensili da cucina e posate e stoviglie – e dovrebbero essere sufficientemente inerti da evitare che i loro componenti incidano negativamente sulla salute del consumatore o influenzino la qualità degli alimenti. Per garantire la sicurezza dei MOCA e per favorire la libera circolazione delle merci, nell’Unione europea (UE) vige una serie di requisiti legali e forme di controllo.

Quanto citato sopra nella definizione di MOCA fa capire come la stampa di questi oggetti porti con sé una serie di vincoli che impattano molto pesantemente sull’organizzazione dell’azienda: i materiali impiegati devono essere certificati per il contatto alimentare, inchiostri in primis. Quindi i componenti utilizzati nella formulazione, non possono contenere elementi ritenuti potenzialmente rischiosi per la salute.

Rispetto agli inchiostri in generale è utile ricordare che gli inchiostri da stampa hanno caratteristiche molto differenti a seconda della destinazione d’uso, dei materiali e delle condizioni di impiego. Quando si parla di inchiostri da imballaggio inoltre va considerato quale tipologia di imballaggio, la tecnologia di stampa, le shelflife dell’imballo e molte altre variabili.

Infine, la definizione di “inchiostri per alimenti” spesso è impropriamente utilizzata nel settore e oggetto di richieste a volte bizzarre come la “dichiarazione di conformità alimentare per gli inchiostri”.

Al massimo potremmo parlare di inchiostri da stampa destinati all’utilizzo verso materiali a contatto con alimenti. Il packaging va considerato come una sorta di barriera tra l’alimento e il mondo esterno, tale considerazione è utile per capire anche le caratteristiche che l’inchiostro da stampa deve avere, dato che, al pari del materiale dell’imballaggio, può essere trasferito all’alimento contenuto. In che modo gli aspetti funzionali possono determinare le scelte tecniche negl’imballaggi per alimenti? Ad esempio prodotti destinati al surgelamento, quindi soggetti a produrre condensa nel loro ciclo di utilizzo, devono essere stampati con inchiostri, ma soprattutto con vernici che non vengano aggredite da questo agente, per evitare che solubilizzandosi vengano in contatto con l’alimento. Il mondo delle vernici e degli additivi è un’altra tipica area dove che lo stampatore offset tradizionale dovrebbe esplorare e sperimentare prima di cimentarsi nella stampa di queste tipologie di prodotti, soprattutto se alimentari. Non tutte le vernici sono ovviamente impiegabili, ma esiste una gamma veramente ampia, a base acqua o UV, a basso contenuto di molecole pericolose (tipo Benzofenone), additivi certificati ISEGA per ridurre l’uso dell’alcol isopropilico e molto altro ancora. Ancora una volta il fornitore delle materie prime, va considerato il consulente privilegiato per pianificare una produzione, è l’attore della filiera che detiene il know-how delle opzioni percorribili che tengano in considerazione i requisiti del prodotto e ha l’esperienza che deriva dall’essersi “scontrato” con decine e decine di “casi”.

Last but not least la nostra riflessione termina con uno sguardo alla formazione degli stampatori: è un lato dolente, aggravato dal fatto che assistiamo a un forte ricambio generazionale e a una carenza di operatori che dovrebbero subentrare alla vecchia guardia; le aziende di stampa devono considerare questo e correre ai ripari, il rischio è che la cultura aziendale pian piano si depauperi e con essa la competitività.

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