Efficienza energetica, tecnologie, norme, blockchain, AI e network

Una cooperazione energetica comporta un percorso a step, dice Eleonora Annunziata, assistente professore di Management presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

Ricerca e innovazione, ma anche nuove tecnologie stanno già delineando i contorni del futuro sviluppo del settore energetico. L’efficienza energetica è il primo strumento per raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei, in grado di rispondere a due accezioni della sostenibilità, quella ambientale e quella economica.

L’Europa stessa con il principio dell’“Energy efficiency first” la pone al primo posto, considerandola la più efficace e più economica forma di riduzione dei consumi. Ma l’efficienza energetica non può esistere senza due elementi: la ricerca e l’innovazione.

Si è parlato anche di questo durante la “XII Giornata sull’efficienza energetica nelle industrie”, organizzata Fondazione Megalia insieme a CTI (Comitato termotecnico italiano)  e Politecnico di Milano che ha ospitato l’evento presso la propria struttura a fine 2021.

Il nuovo volto della supply chain

La ricerca e l’innovazione sono gli strumenti per concretizzare e attuare il futuro. Le sessioni tecnologiche che, seguendo la consueta ma efficace organizzazione dell’incontro, hanno cadenzato il congresso milanese hanno dato spazio ad alcuni tra i più interessanti sviluppi del settore.

La prima a intervenire è stata Valeria Portale, direttrice dell’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger del Politecnico di Milano, descrivendo la blockchain.

La blockchain, spiega, è una tecnologia utile in quanto crea meccanismi di scambio di informazioni in modo trasparente, completo e garantito. La gestione della catena di distribuzione trae da questo strumento particolari vantaggi in quanto, mentre in genere all’interno di una supply chain gli attori possono vedere solo le informazioni relative ai propri fornitori e ai propri clienti, e si può avere accesso quindi solo a una parte delle informazioni, la blockchain permette di avere una visibilità completa di prodotti e dati dei vari attori. Ma soprattutto la blockchain costituisce una fonte di verità, comune e unica. E se è vero che, come precisa la direttrice, le informazioni necessarie per far funzionare il processo sono in genere nelle mani di un unico operatore che controlla il sistema, a ogni attore sono comunque garantite informazioni corrette e attendibili.

La tecnologia si basa sull’utilizzo di piattaforme di registri distribuiti (DTL, Distributed Ledger Tecnology), strutture in cui è possibile aggiungere informazioni secondo regole condivise e con accesso controllato. Ogni attività all’interno della blockchain, quindi, è assolutamente tracciabile e trasparente.

Nei progetti blockchain i diversi attori collaborano alla creazione di piattaforme orientate alla creazione di valore tramite la costruzione di applicazioni. L’insieme di piattaforme e applicazioni costituisce gli “Ecosistemi blockchain”. Il settore dell’energia, spiega Portale, ad oggi ha la possibilità di fare ricorso a piattaforme esistenti, applicandole al mondo delle imprese, oppure di crearne di proprie.

L’Osservatorio Blockchain e DL del Politecnico milanese si occupa anche di monitorare l’andamento della diffusione di questa tecnologia. Ad oggi, ha analizzato a livello mondiale 1.242 casi studio di aziende che fanno ricorso alla blockchain per la gestione della propria documentazione. Si tratta per la maggioranza di imprese del settore della finanza (40%) seguite dalla pubblica amministrazione (18%) e dal settore agroalimentare (7%), ma vi sono casi applicativi anche nel settore delle utility o dell’energia. L’Italia, dice la direttrice, da questo punto è all’avanguardia: si trova tra le prime dieci nazioni con maggior numero di progetti implementati. Mentre a livello comunitario la Commissione europea se ne sta interessando con l’“European blockchain service infrastrutcture”, una blockchain rivolta alle PA, ma destinata a essere allargata alle aziende private.

I progetti di cooperazione

Qualsiasi sia il livello di gestione ed efficientamento della propria industria e per quanto in Italia i trend sull’efficienza energetica nelle imprese – grandi e piccole – stiano migliorando, le maggiori difficoltà si incontrano nella piccola e media impresa. In queste realtà spesso l’efficienza energetica è sì presa in considerazione, ma non è prioritaria negli investimenti. Un modo di supportare anche queste realtà sono i progetti di cooperazione energetica, di cui parla Eleonora Annunziata, assistente professore di Management presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Si tratta di progetti per favorire gli investimenti in efficientamento energetico in cui cooperano più attori industriali, appartenenti a uno stesso territorio – come possono essere le aziende dei distretti produttivi. Gli strumenti di cooperazione sono svariati, possono essere azioni manageriali, strumenti contrattuali, infrastrutture energetiche, ma anche tecnologie – come la blockchain – o strumenti legati alla logistica a e alla mobilità.

Un esempio è il progetto europeo S-Parcs, parte di Horizon 2020, che si è posto l’obiettivo di trovare soluzioni cooperative di efficienza energetica nei parchi industriali, consentendo risparmi significativi e il conseguente aumento della competitività delle aziende partecipanti.

È stata implementata una piattaforma per fare una prima valutazione su consumi, caratteristiche del settore, individuare dati di benchmark ecc. Si è così potuto mettere in relazione i diversi soggetti, individuando domanda e offerta; visionare le buone pratiche ed elaborare quindi gli indicatori di prestazioni (KPI, Key Performance Indicators). Il progetto in sostanza ha analizzato in maniera sistematica ogni tipo di ostacolo alla progettazione e all’implementazione delle misure di efficientamento, che fosse tecnico, economico, normativo, organizzativo ecc., arrivando a realizzare modelli di business condivisi in grado di superarli. Si è trattato di un percorso a step, spiega Annunziata, costituito dalla fase di raccolta delle informazioni, identificazione delle soluzioni e realizzazione dei modelli di business. In particolare sono state individuate tre macro classi di business model: per ridurre la domanda, per recuperare il calore e per utilizzare l’energia prodotta da fonti rinnovabili.

La cooperazione energetica è certamente una strada percorribile, conclude Annunziata, ma necessita di un supporto tecnologico ed economico, una capacità di risoluzione delle problematiche legate alla gestione dati e un facilitatore per la negoziazione tra le imprese.

AI, visione europea

Un’altra possibile freccia all’arco dell’efficienza energetica nell’industria è l’intelligenza artificiale (AI). Rappresenta un modello cooperativo con l’essere umano, spiega Rita Cucchiara, professoressa presso il Dipartimento di ingegneria dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia. È un sistema formato da diverse tecnologie in grado di analizzare l’ambiente circostante, raccogliere, immagazzinare dati e, attraverso comportamenti intelligenti, agire di conseguenza e in maniera pressoché autonoma – il possibile intervento umano è sempre previsto – adottando soluzioni a eventuali problemi.

La stessa Commissione europea sta lavorando all’“IA Act”, una proposta di futuro regolamento europeo per codificare l’utilizzo e l’applicazione dell’intelligenza artificiale. E sempre in ambito europeo, Cucchiara ricorda il rapporto della Commissione su “Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nel Green Deal europeo”. Due documenti che testimoniano l’estrema attualità dei temi legati all’AI e l’attenzione che vi sta ponendo l’Europa.

L’efficienza energetica e l’AI

All’interno delle strutture industriali l’AI può rappresentare, prosegue la professoressa, un ottimo strumento per crescere anche dal punto di vista dell’efficienza energetica. Grazie a sistemi di intelligenza artificiale si possono effettuare analisi predittive sul funzionamento e la gestione degli impianti industriali, anticipare possibili variazioni nella domanda energetica, ottimizzare i settaggi e le attività di manutenzione, diminuendo il rischio di guasti o fermi macchina, e risparmiando energia e risorse.

L’AI opera con quattro diversi strumenti: l’intelligenza aumentata, l’intelligenza autonoma, l’intelligenza distribuita e la data intelligence ovvero l’elaborazione in tempo reale dei dati. In ogni caso il suo ricorso comporta la necessità di avere alcuni elementi di base, che sono strutturali all’intelligenza artificiale stessa e al suo funzionamento: la raccolta dati – dati umani, delle attività umane, del contesto e dell’ambiente –; una notevole potenza computazionale – GPU, server HPC –; modelli, algoritmi e architetture specifiche. La stessa Università di Modena e Reggio Emilia, racconta Cucchiara, sta lavorando a una nuova architettura pensata anche per il mondo industriale.

Il ricorso a sistemi di intelligenza artificiale presenta però anche un rovescio della medaglia, che stride proprio con i principi di efficientamento e risparmio energetici, ovvero l’elevato consumo di energia che spesso grandi sistemi computazionali comportano. Aspetti che non possono essere ignorati ma sui quali si può comunque agire. Un esempio in questo senso arriva da DeepMind, la divisione di Alphabet – l’azienda a cui fa capo Google – che si occupa di intelligenza artificiale e che è riuscita a diminuire del 30% il consumo energetico del server Google. Impresa non da poco, se si considera che nel 2019 tali consumi sono stati pari a 12,7 Twh.

I margini di miglioramento quindi sono molti, dice in ultimo Cucchiara, e le prospettive di sviluppo interessanti.

Normare l’innovazione

Di innovazione e tecnologia si occupano anche i tavoli della normazione tecnica, sia italiani sia europei. CEN e Cenelec, spiega Antonio Panvini, direttore generale di CTI, stanno già affrontando temi quali l’intelligenza artificiale e la blockchain applicate al settore energetico.

Tra i tavoli internazionali che il Comitato termotecnico italiano sta seguendo, Panvini ricorda quello della ISO 50009 e della ISO 50010.

La prima – la nuova norma ISO 50009 – rappresenta una delle novità più interessanti in termini di normazione tecnica, in quanto consente lo sviluppo di sistemi di gestione dell’energia per organizzazioni multiple, ovvero gruppi di aziende, distretti produttivi e filiere produttive. Nel caso di queste organizzazioni l’obiettivo di efficienza energetica non è più dei singoli bensì del gruppo. La seconda norma in lavorazione, la ISO 50010, ha in progetto invece di definire le linee guida per sistemi a ZNE, “zero net energy”.

Panvini ricorda infine come le norme possano costituire le fondamenta per lo sviluppo di nuovi strumenti e cita la futura EN 17669 nella quale sono definiti i contenuti minimi degli EPC – ovvero i Contratti a garanzia di risultato – che potrebbero favorire un domani lo sviluppo di applicativi gestionali basati sulle blockchain.

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