Etichette

Etichette, investire per continuare a crescere

Nonostante le incertezze causate dagli scenari internazionali, il mercato delle etichette continua a crescere. Ora, però, per gli etichettifici italiani è giunto il momento di sviluppare ancora di più la propria propensione a investire nelle tecnologie di nuova generazione.

Il settore delle etichette continua a crescere. Anziché indebolirlo, la pandemia ha in realtà dimostrato quanto sia essenziale per l’economia del nostro sistema Paese. «Per gli etichettifici e il comparto del mondo delle etichette, il periodo covid non ha creato grosse problematiche, come purtroppo è accaduto in tanti altri ambiti», spiega Elisabetta Brambilla, presidente di Gipea. «Il settore, infatti, non si è mai fermato durante l’intero periodo pandemico, producendo applicazioni ritenute fondamentali per le vendite nelle filiere alimentare, farmaceutico e chimico».
A novembre Gipea è riuscita anche ad organizzare, finalmente, un convegno in presenza, un appuntamento impreziosito da alcune interessanti analisi del settore. «I numeri confermano che il comparto delle etichette non ha sofferto in modo particolare nel corso dell’ultimo biennio», prosegue Brambilla. «Naturalmente le realtà specializzate in settori come il vinicolo e la Gdo hanno conosciuto qualche rallentamento, a causa del calo dei consumi di prodotti come il vino, così come delle chiusure di ristoranti e alberghi. Al tempo stesso, è diminuita anche la produzione di etichette relative alla cosmetica».
In generale, storicamente, il mercato delle etichette autoadesive ha evidenziato un continuo andamento positivo, crescendo costantemente negli anni, anche nei periodi di crisi generale dell’economia (si pensi al 2017). Perciò, nel suo insieme, il settore è abituato a dare grandi prove di vitalità e di capacità di superare gli ostacoli, anche quelli più inimmaginabili come la pandemia. «Come associazione possiamo analizzare l’andamento dell’80 per cento degli etichettifici attivi sul territorio italiano in termini di volume: ogni volta riscontriamo un andamento in crescita. Logicamente, negli ultimi due anni, l’incremento del mercato è stato più lieve rispetto al periodo precedente, tuttavia non è mancato neppure questa volta».

La sfida dei materiali

Focalizzandoci sulla stretta attualità, in questo momento il mercato delle etichette sta vivendo un periodo di stallo e difficoltà per cause esogene. «In modo paradossale, nonostante vi siano ordini e richieste come sempre, siamo di fronte a un grande problema di reperimento della materia prima», osserva Brambilla. «Una situazione che non dipende dalla crisi energetica o dalla guerra in Ucraina, ma da uno sciopero attivo in Finlandia negli stabilimenti della cartiera Upm, in corso dal 1° gennaio e prorogato di mese in mese (al momento è in programma fino al 1° aprile)».
Da qui la mancanza di materia prima per i produttori di materiale autoadesivo. «Ciò provoca enormi problemi in termini di reperibilità del materiale», sottolinea Brambilla. «Purtroppo, quando la materia prima tornerà ad essere disponibile, sono calcolati ritardi delle consegne di 12/14 settimane. Una situazione negativa che coinvolge tutti i nostri fornitori di materie prime».
Ciò che rende lo scenario ancora più frustrante, è chiaramente l’impossibilità della stessa Gipea nel potere dare qualche certezza agli operatori, in merito ad una situazione negativa i cui destini si giocano ad altre latitudini e su altri tavoli. «Naturalmente siamo intervenuti a livello associativo, tramite Assografici e Intergraf, cercando di portare la problematica ad un livello più alto, per stimolare e sollecitare qualche azione risolutiva, ma lo scoppio della guerra in Ucraina ha fatto sì che questa questione passasse in secondo piano», racconta Brambilla.
La stessa Finat, l’associazione internazionale a cui aderisce Gipea, ha cercato di intervenire a livello europeo, scrivendo più volte direttamente a Upm e alla comunità europea per sbloccare la situazione. «Ad oggi, non abbiamo ancora un riscontro positivo e dai nostri fornitori non giungono aperture», commenta Brambilla. «Purtroppo, una volta terminato lo sciopero, saranno necessari altri due o tre mesi per riuscire a ripristinare la situazione precedente. Tutti i nostri fornitori, infatti, hanno accumulato una serie di ordini che non possono consegnare se non su tempistiche più ampie. Siamo preoccupati perché i clienti degli etichettifici, che lavorano nel settore alimentare e farmaceutico, stanno diventando sempre più impazienti, stigmatizzando l’interruzione della catena di fornitura».
Il paradosso, dunque, risiede nel fatto che il lavoro non mancherebbe affatto agli etichettifici, se vi fosse la materia prima, anzi i clienti incalzano sempre di più con le loro richieste. Tuttavia, le bocce sono ferme. «In effetti, la situazione sta diventato inaccettabile», denuncia Brambilla. «È una emergenza che tocca gli etichettifici italiani, ma anche quelli degli altri paesi europei. In Germania, per esempio, sono già state attivate alcune iniziative di sostegno economico, a causa della mancanza della materia prima. Da noi, diversi piccoli etichettifici, non potendo fare magazzino, hanno annunciato l’apertura della cassa integrazione».
Insomma, se vi fosse stata la materia prima – afferma con certezza Brambilla -, il 2022 sarebbe partito molto positivamente, sotto il profilo economico. «Lo dimostrano gli ordini che abbiamo ricevuto. Certo, in una certa misura la loro crescita potrebbe essere data anche dai timori dei clienti rispetto agli aumenti delle materie prima, ben cinque l’anno scorso e già tre quest’anno, mentre altri ancora sono stati già annunciati. Da qui, l’orientamento dei clienti ad inondarci con ordini annuali, per avere maggiori garanzie a livello di prezzi e consegne. Richieste che per noi oggi, però, sono molto difficili da soddisfare, a causa di una situazione che va al di là dei nostri poteri di trattativa e gestione».
Infatti, la scarsa reperibilità dei materiali costringe i fornitori a centellinarli e impedisce agli etichettifici di fare scorte. «Per i clienti finali il problema è enorme, perché senza etichetta non possono vendere i loro prodotti, si pensi per esempio agli scaffali dei supermercati, rischiando di bloccare infine la filiera economica generale», avverte Brambilla.

Capitolo opportunità: green e 4.0

A proposito di clienti, negli ultimi due anni le multinazionali hanno conosciuto un processo di trasformazione alquanto significativo nell’organizzazione del lavoro. «Di fatto hanno applicato in modo sempre più diffuso lo smartworking, una scelta che, seppure resa necessaria dalla pandemia, non ha certo agevolato le nostre relazioni reciproche», osserva Brambilla. «Infatti, si è perso il contatto fisico con il cliente, così come la visita in sede. Gli stessi incontri in presenza sono stati sostituiti dalle riunioni on-line».
Ciò detto, nel periodo di pandemia, i clienti si sono comunque mostrati interessati alle novità di prodotto, allo scopo di rinnovare la propria comunicazione. Da questo punto di vista, il tema della sostenibilità ha catturato grande attenzione. «Puntare su qualcosa di nuovo significa mettersi in cerca di alcune opportunità che consentano di uscire dalla crisi rinnovati e rinfrescati», aggiunge Brambilla. «Molti clienti hanno puntato sul “green”, non solo in termini di etichetta, che può essere sostenibile solo se è tale anche il materiale su cui viene applicata, ma proprio come filosofia aziendale».
Gli stessi etichettifici sono chiamati a fare parte della catena green diventando a loro volta sostenibili. Lo dimostra il “Progetto Sostenibilità” della Federazione Carta e Grafica, che vuole permettere ad ogni azienda del settore di misurare la propria sostenibilità interna, attraverso una sorta di auto screening. Il “Progetto Sostenibilità” consentirà ad ogni azienda di scattare una fotografia veritiera degli obiettivi green raggiunti, individuando al contempo le aree di miglioramento. «La sostenibilità deve essere misurata, verificata e certificata, altrimenti potrebbe sembrare una semplice operazione di green washing», avvisa Brambilla, assicurando l’aiuto di Gipea alle aziende associate impegnate a percorrere la strada del green, allo scopo di conquistare un nuovo valore aggiunto da portare sul mercato.
Insieme alla sostenibilità, l’altra parola d’ordine negli ultimi due anni è stata digitalizzazione, molto presente nel dibattito pubblico sulle nuove opportunità per l’intero sistema Paese. «Sicuramente il paradigma di Industria 4.0 – l’interconnessione delle macchine con un sistema aziendale – ha portato un miglioramento in riferimento alla digitalizzazione», dichiara Brambilla. «Certamente potrebbero essere ancora più sfruttate le potenzialità offerte dall’interconnessione, al fine di migliorare l’operatività aziendale. Prima ancora di rendere digitale una macchina, bisognerebbe infatti rendere Industria 4.0 l’etichettificio nel suo complesso».
Per questo motivo, è ancora necessario fare cultura nel settore in merito alle interfacce che si possono utilizzare per la gestione di un’azienda. «La gran parte degli etichettifici italiani sono a conduzioni familiare e, come del resto evidenzia l’espressione arti grafiche, si tratta di un comparto per sua natura artigianale», segnala Brambilla. Proprio qui sta la sua caratteristica distintiva, che si traduce in quella creatività e flessibilità che spesso risultano vincenti. Tuttavia, rispetto ai nuovi scenari economici, è giunto il momento di liberare la propria propensione allo sviluppo tecnologico, non solo in riferimento alle macchine digitali, ma anche rispetto al sistema azienda.
Dal canto suo, Gipea proseguirà nella sua missione di fornire ampio supporto agli associati, strutturando corsi di formazione utili a tutti i livelli aziendali, nonché la diffusione di informazioni e conoscenze aggiornate per la crescita della cultura interna. «Dato che le incertezze non mancano, come abbiamo visto, sicuramente come associazione siamo sempre sul pezzo per aiutare gli etichettifici ad affrontarle e superarle», conclude Brambilla.

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