Da Expo 2015 ci sia aspetta cultura, informazione e una spinta a un nuovo sviluppo. I dati delle ricerche di GfK Eurisko indicano che è cambiato qualcosa nel sentore del paese, nel mercato finale come nelle aziende. C’è desiderio di ripresa che, per le imprese, si traduce in investimenti, formazione e una nuova comunicazione rivolta ai consumatori.
Dopo anni di attese, tra prospettive e polemiche, il 1° maggio ha aperto i battenti Expo 2015. E tutto il gran parlare che se n’era fatto sino al giorno prima si è fermato, perché è venuto il tempo di godersi il meglio del mondo sotto forma di cibo. L’alimentazione infatti è il tema dell’esposizione universale che farà di Milano il centro del mondo per i prossimi mesi.
Un tema importante, che si presta ad aprire infiniti spazi di riflessione su tutto ciò che è cibo e su ciò che attorno ad esso gravita. Industria compresa.
Prospettive che si amplificano
La percezione nei confronti dell’Expo sembra essersi modificata con l’avvicinarsi dell’inizio dell’esposizione. Se infatti inizialmente ci si era fatti l’idea di un evento dalla forte connotazione commerciale, ben presto è emersa la sua dimensione culturale, ha spiegato Paolo Anselmi, vice presidente di GfK Eurisko, nel presentare al Convegno annuale 2015 di Gifco a Fasano (BR) i dati della ricerca effettuata sui visitatori di Expo.
L’esposizione offre la possibilità di conoscere culture straniere, degustandone la cucina, e avere nel contempo l’opportunità di imparare qualcosa di nuovo sull’alimentazione e sulla sostenibilità, anche pensando al futuro.
Proprio la sostenibilità è uno dei temi che percorrono trasversalmente le manifestazioni dell’esposizione universale. Spesso quando se ne parla si pensa al fattore ambientale; non che il concetto sia errato, semplicemente è limitativo. Con sostenibilità si devono intendere, infatti, i tre aspetti in cui si esplica ovvero l’economico, il sociale e, naturalmente, l’ambientale.
La ricerca mette in luce il delinearsi di una comunità di consumatori molto più consapevole e informata rispetto al passato. Esiste una larga fascia di acquirenti capace di operare nell’acquisto scelte oculate che tengano conto anche di aspetti prima considerati, se non proprio marginali al prodotto, quanto meno non prioritari, come appunto la sostenibilità.
L’attenzione a questo aspetto si declina così in un controllo delle filiere produttive coinvolte a vario titolo nel processo di produzione, distribuzione e conservazione del cibo, considerando anche aspetti legati alla riduzione degli sprechi e dei consumi energetici, cercando in sostanza la sostenibilità non solo nei prodotti ma anche nei processi.
Tutto questo naturalmente coinvolge l’intera industria che diventa protagonista, insieme al cibo, di un’evoluzione verso un modo di alimentarsi più attento e consapevole.
Il ruolo dell’impresa
L’industria dunque deve tenere conto di questa nuova percezione che il consumatore possiede. La sostenibilità infatti è diventata un valore in costante crescita nelle aspettative del mercato finale, sul quale le aziende devono investire.
«È sempre più percepita come componente costitutiva della qualità di prodotti e servizi – spiega Anselmi – e criterio di valutazione del “buon” comportamento di aziende e marche, tanto da essere diventata driver fondamentale della reputazione d’impresa, seconda solo alla qualità del prodotto. Un valore tanto forte che è stato provato che, laddove comunicato, è in grado di impattare positivamente sul modo in cui il mercato percepisce l’impresa.
Di qui l’importanza riscoperta dell’innovazione, intesa come nuovo sviluppo nelle modalità di produzione e conservazione del cibo, ma anche nuovo servizio, con l’uso di confezioni più sicure –quelle in carta sono richieste in materiali naturali e riciclabili– e veicolo di informazioni sulle caratteristiche nutrizionali e l’origine dei prodotti.
In sostanza i dati rilevati indicano che è cambiato qualcosa nel sentore del paese e questo nuovo clima, incentivato in parte dall’Expo, offre alla nostra industria un’occasione per diventare “protagonista attiva della ripresa».