Normativa

ISO 16579: la carbon footprint dei prodotti stampati

Uno strumento di efficace comunicazione e vera analisi dei processi di produzione. La ISO 16759 è una norma pensata e realizzata da stampatori per aiutare le aziende di stampa a calcolare la carbon footprint dei loro prodotti, in maniera chiara, trasparente, ripetibile e soprattutto a costi accessibili. Non nasce come pura teoria, ma dall’applicazione di chi l’ha fortemente voluta e costruita.
Iso 16579: la carbon footprint dei prodotti stampati. Uno strumento di efficace comunicazione e vera analisi dei processi di produzione.
Iso 16579: la carbon footprint dei prodotti stampati. Uno strumento di efficace comunicazione e vera analisi dei processi di produzione.

Il 3 luglio 2013 ISO, l’organizzazione internazionale per la normazione, ha pubblicato una nuova norma destinata alle arti grafiche, la ISO 16759, dal titolo: Tecnologie grafiche – Quantificazione e comunicazione dei calcoli dell’impronta di carbonio per i prodotti stampati (Il titolo originale in Inglese è: Graphic technology — Quantification and communication for calculating the carbon footprint of print media products).

Questa norma nasce in un momento in cui il calcolo degli impatti ambientali, sintetizzato dalla carbon footprint, che rappresenta l’emissione di gas clima-alteranti attribuibile a un prodotto, si sta diffondendo su scala mondiale e viene sempre più utilizzato anche dal consumatore finale per orientare i propri consumi e le proprie abitudini verso un modello più sostenibile.

Perché una nuova norma sulla carbon footprint

La norma, a differenza di quelle già presenti sul mercato non è generica, ovvero non consente di calcolare la carbon footprint di ogni prodotto e servizio e nemmeno quella di intere organizzazioni; al contrario è nata per essere applicabile ai soli prodotti dalle arti grafiche.

Questa sua specificità rende, in un certo qual modo, più semplice la sua applicazione. Molte delle scelte tipicamente lasciate, da standard più generali come le PAS 205 e dal GHG Protocol, al singolo utilizzatore, in questa nuova norma sono state già prese a monte da chi, nei tre anni passati, ha scritto la norma stessa. Gli autori, che nel tempo hanno definito la metodologia con cui per i prossimi anni si andranno a calcolare gli impatti legati a uno stampato, provengono tutti dalle arti grafiche. Spaziano infatti dal produttore di macchine da stampa al consulente ambientale che opera solo per il comparto grafico, dallo stampatore al vendor di soluzioni grafiche. Tutte queste persone, in rappresentanza delle loro nazioni di appartenenza, e quindi come delegati dei rispettivi enti di normazione nazionale, hanno lavorato, testato, verificato e applicato quando discusso ed elaborato nel corso della preparazione della ISO 16759. In appendice, per aiutare l’utilizzatore, sono stati anche inseriti casi concreti e calcoli reali a titolo appunto di esempio; calcoli e dati utilizzati anche per testare e aggiustare la norma.

A quale stampatore si rivolge la norma

Questa norma non è stata scritta per puri scopi compensativi, ovvero per calcolare una certa quantità di CO2e da acquistare sul mercato libero e dichiarare il proprio stampato privo di emissioni di gas serra. La ISO 16759 non si rivolge a quelle organizzazioni che mirano a una facile e molto sommaria quantificazione e a una comunicazione che, attraverso un semplice processo di occultamento delle proprie emissioni, fa sembrare virtuoso chi al contrario non ha fatto alcuna attività concreta nei confronti dell’ambiente.

Questa norma è stata scritta con l’intento di effettuare calcoli, il più possibile attendibili, per poi operare una riduzione delle emissione correlate a uno specifico stampato. Non che ci sia un obbligo formale di riduzione ma c’è, come in tutte le altre norme sulla carbon footprint, una chiara indicazione in tal senso. La ISO 16759 si rivolge quindi allo stampatore che vuole conoscere nel dettaglio il proprio processo produttivo, che vuole impiegare i dati e i risultati del calcolo delle proprie emissioni di CO2e per migliorare la propria efficienza ambientale, riducendo gli sprechi, ottimizzando i consumi e mettendo in atto una politica di acquisto, che tenga in forte considerazione anche gli impatti e non solo il costo di ciò che si sta acquistando.

Realisticamente dobbiamo comunque considerare che, laddove ridurre la carbon footprint di un prodotto non sia più possibile o sia effettivamente troppo complesso, una volta operate le possibili riduzioni la restante quota di emissioni possa essere compensata o neutralizzata tramite l’acceso a crediti di carbonio riconosciuti a livello globale e magari validati, dalla Comunità Europea o da enti sovranazionali. Questo come sempre nel rispetto dell’orami accettato paradigma secondo il quale prima si calcola poi si riduce e solo alla fine si compensa la quota residua.

I primi impieghi della ISO 16759

I primi impieghi noti – va ricordato che a livello ISO non esiste un sistema di tracciabilità degli utilizzi delle singole norme – hanno interessato la costruzione di sistemi di calcolo proprietari.

La prima a proporre questa soluzione è stata Ricoh che ha certificato il proprio calcolatore secondo la ISO 16759 recependone tutte le indicazioni. Il risultato è un sistema di calcolo della carbon footprint di stampati realizzati con sistemi di stampa Ricoh, accurato, preciso e trasparente.

Presentato lo scorso ottobre, in versione aggiornata e conforme alla ISO 16759, il «Carbon Calculator» di Ricoh calcola le emissioni di CO2e partendo dai consumi energetici, dai toner e dai supporti vari utilizzati lungo tutto il processo produttivo di uno specifico stampato, finissaggi e nobilitazioni comprese.

Per rendere ancora più realistico il calcolo sono inclusi nel modello, come previsto dalla ISO 16759, le emissioni correlate alla fornitura di ricambi, consumali e servizi da parte di Ricoh.

Una volta completato il calcolo, l’azienda di stampa potrà a quel punto ridurre le proprie emissioni e quindi compensare le inevitabili quote residue impiegando, crediti di carbonio, genarti da progetti di energia rinnovabile sponsorizzati da Ricoh stessa.

Altro recente impiego della ISO 16759 è quello fatto a Ipex 2014 da Konica Minolta in collaborazione con Climate Partner. In questo caso l’azienda ha voluto compensare le emissioni, non riducibili poiché non direttamente sotto il proprio controllo, collegate alla propria partecipazione alla manifestazione fieristica. I dati per calcolare le emissioni di tutte le produzioni, fatte a scopo dimostrativo nei giorni di fiera, sono strati ottenuti utilizzando la metodologia prevista dalla ISO 16759. Tutti gli altri valori legati all’evento sono stati invece ricavati utilizzando il calcolatore proprietario di Climate Partner. La somma dei diversi apporti è stata quindi compensata con crediti della stessa Climate Partner, attraverso un progetto di protezione delle foreste situate nell’area Kasigau Wildlife Corridor in East Kenya, Africa.

Altro utilizzo noto è quello fatto da Heidelberg con il proprio «Co2 calculator». In questo caso all’interno del contesto «Co2 neutral» il costruttore di macchine offset offre la possibilità di neutralizzare le emissione collegate alla macchina acquistata con il progetto «equipment Co2 neutral» che prevede l’impiego della ISO/TS 14067. Per compensare invece quelle correlata alla stampa di uno specifico prodotto tramite il progetto «print Co2 neutral», Heidelberg ha scelto di impiegare la ISO 16759. Tutti i dettagli sui prodotti e sulle macchine compensate, oltre a quelli relativi ai progetti, per trasparenza sono pubblicamente accessibili tramite il sito del costruttore stesso.

La metodologia alla base

Questa norma, come le altre sulla carbon footprint, poggia le sue fondamenta sul Life Cycle Assessment che prevede, una valutazione completa di tutto il ciclo di vita del prodotto considerato, a partire dall’estrazione delle materie prime di cui è composto fino allo smaltimento finale. Per i prodotti stampati, dalle foreste al riciclo della carta stampata.

Particolare importanza viene data alla fase di raccolta dei dati, o – come sarebbe più corretto – di inventario, che deve essere metodologicamente ripetibile e fornire dati completi, consistenti, accurati e soprattutto trasparenti.

La norma ISO 16759 per uno studio di carbon footprint prevede le seguenti fasi:

  • Definizione dell’unità funzionale cui tutti i dati saranno poi riferiti;
  • Ipotesi del ciclo di vita;
  • Definizione dei confini del sistema;
  • Inventario dei processi e demi materiale che sono le fondamenta del calcolo;
  • Procedure di allocazione dei dati;
  • Analisi dei dati e della qualità dei dati;
  • Limiti del modello;
  • Incertezza del modello;
  • Reportistica per comunicazione.

Tutti questi punti sono descritti con chiarezza e corredati sempre da uno o più esempi.

In fase di stesura è stato inoltre dedicato molto tempo all’analisi delle fonti energetiche e al loro utilizzo. In particolare, dopo lunghe discussioni, è stato stabilito un criterio di preferenzialità che parte dal dato certo, quando reso disponibile dal proprio fornitore locale, sino ad arrivare, in caso di totale mancanza di dati diretti, a utilizzare quello generico e medio fornito dai vari software di calcolo.

Opzionale è invece l’analisi del fine vita del prodotto; questo è stato deciso perché in molti casi non è possibile ipotizzare uno scenario reale o credibile; diverso infatti è immaginare la vita di un volantino per supermercato da quella di un libro di fotografie o da un’affissione pubblicitaria. È probabile che nella prima revisione della norma questo aspetto venga cambiato dato che è stato il frutto di un compromesso mai realmente accettato.

La fase di distribuzione di un prodotto, se compresa nei confini del sistema (per alcuni prodotti potrebbe infatti non esserci), deve essere considerata e quindi calcolata.

Tutti i processi produttivi impiegati, tutti i materiali devono rientrare nel calcolo e per questi è obbligatorio raccogliere dati primari, ovvero diretti.

Gli ultimi due capitoli, il numero sei e sette, sono dedicati alla reportistica e alla comunicazione della carbon footprint, quasi a sottolineare la grande attenzione e importanza che questi due momenti hanno all’interno della norma stessa.

Seguono quindi una quindicina di pagine di esempi e linee guida per aiutare l’utilizzatore della ISO 16759 a comprenderne tutti i dettagli e tutte le implicazioni che hanno le scelte operate nelle varie fasi dello studio sul risultato finale.

Perché calcolare la carbon footprint

La norma, oltre a definire una metodologia chiara e trasparente per calcolare la carbon footprint dei prodotti stampati, vuole essere una vera e propria linea guida, definendo in maniera semplice le scelte che devono essere operate per ottenere un dato solido e credibile da comunicare, con strumenti di facile lettura per non ingannare il potenziale destinatario. In questo senso laddove si volesse impiegare la ISO 16759 per comparare uno stampato a un altro, oltre a doverlo sin da subito identificare come scopo dello studio, la norma concede molti meno margini di libertà all’utilizzatore, proprio per evitare di produrre dati solo virtualmente comparabili.

La norma è quindi uno strumento, non solo di efficace comunicazione, ma soprattutto di vera analisi dei processi di produzione. Diventa un supporto prezioso per non cadere nella facile trappola della compensazione approssimativa e del greenwashing. La ISO 16759 si configura come strumento informativo per guidare le scelte future, in termini di riduzione degli sprechi, ottimizzazione ed efficientemente dei processi, con in più, il non poco trascurabile risvolto di ridurre nel tempo anche i costi.

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