L’uso inappropriato dei profili colore e delle risoluzioni delle immagini causa molti problemi in fase di stampa, pertanto sarebbe utile una corretta formazione tecnica. Un approccio integrato per migliorare le competenze nel settore della stampa e una formazione continua per mantenere gli standard professionali sono le necessità di oggi.
di Dario Zannini
Il progresso informatico nelle arti grafiche ha spiazzato i professionisti e ha fatto in modo che tanti “amatori” si siano potuti inserire nelle differenti professioni. Com’è successo per la fotografia, che ha subito il diffondersi prima di macchine compatte digitali poi di smartphone con ottiche sempre più evolute, anche il mondo della grafica e del DTP ha subito la stessa sorte. La diffusione sempre maggiore di software grafici – gratuiti, economici o craccati – ha fatto sì che nelle tipografie/litografie, flessografie ecc. arrivi ogni sorta di file da stampare. E siccome il cliente ha sempre ragione e non si può contrastare, chi c’è andata di mezzo è la prestampa. Alla fine degli anni ‘90, l’operatore di prestampa era frequentemente definito “uno smanettone” (così mi venne descritta un’offerta di lavoro): una persona che ci sapeva fare col computer. Qualcuno mi disse che l’ideale era un incrocio tra un ingegnere e un hacker, altri con la mentalità del “misura due volte, taglia una”, ma doveva anche essere disposto a tirar fuori il coltellino svizzero quando serviva sistemare i file. È una metafora per dire che si è pronti a usare tutte le abilità e le risorse a disposizione per affrontare una situazione o si deve risolvere un problema.
Non bastava e non basta una bella dose di interesse e curiosità personale.
La mia esperienza personale maturata nel tempo presso alcune importanti aziende mi permette di affermare che a oggi il 99% di chi prepara le immagini, le illustrazioni, l’impaginato e il PDF lo fa da amatore, anche se si definisce un professionista. Osservando i file si capisce che purtroppo non conosce le regole essenziali indispensabili per gestire tutto il flusso di lavoro. Sono certo che chi ha problemi tecnici che emergono nella stampa non conosce come si realizzano le forme di stampa e le primarie differenze tra le varie tipologie di substrati, e in molti casi anche tutti i passaggi per ottenere lo stampato. Come ogni bravo professionista o artigiano, anche il tecnico di prestampa deve adeguarsi alle incompetenze tecniche di qualsiasi committente indipendentemente che sia una azienda multinazionale, un piccolo artigiano o un commerciante. Nelle aziende di stampa pervengono innumerevoli tipologie di file, alcuni PDF realizzati da professionisti (fotolito) altri generati con Word o con software simili e a prescindere dall’output utilizzato non sono in linea con le aspettative del cliente.
Patti chiari, amicizia lunga
Secondo la mia esperienza la cosa principale in un rapporto commerciale (io non sono né un commerciale né un commerciante ma un tecnico) è definire a priori la maggior parte delle caratteristiche che il committente si aspetta di vedere sullo stampato. Nel mio passato professionale avendo a che fare con i commerciali nell’impossibilità di non soddisfare le aspettative del cliente evidenziando i problemi la risposta era “ma io non posso riferire questo argomento al cliente” e si sapeva da subito che se non si interveniva arrivavano poi i problemi. L’approccio di certi manager “non voglio problemi, voglio soluzioni” è solo un’americanata che non è di aiuto a nessuno.
La soluzione: affrontare i problemi fin dall’inizio, creando un ambiente di comunicazione aperta con tutti. Questo approccio proattivo favorisce una comprensione condivisa di vari argomenti, consentendo a entrambe le parti di contribuire attivamente alla risoluzione dei problemi e stabilendo basi solide per stampe conformi alle aspettative del cliente.
Profili ICC
Nonostante l’avvento dei profili colore “Fogra51 e i suoi fratelli” utilizzati in base alle differenti tipologie di substrati, il 99% dei file che pervengono nella maggior parte delle aziende di stampa utilizzano il profilo Fogra39 e in alcuni casi anche il Fogra 27. Chi realizza il PDF se non conosce le differenze e non sa a cosa serve il profilo colore e i relativi vantaggi qualitativi non può impostare il flusso per preparalo in modo corretto.
Chi come me è attento ai progressi tecnologici, non può né parlare né confrontarsi su questi argomenti con il committente se non li conosce. I tentativi da me fatti sono sempre falliti è come parlare di fisica a un bambino dell’asilo. Le moltitudini di grafici e designer che nascono ogni giorno non possono diventare “tecnici” se non hanno appreso le basi indispensabili per ottenere uno stampato di qualsiasi tipo (carta, cartone, materiale plastico, tessuto). Il vecchio metodo di affrontare questi problemi resterà valido ancora per molto: analizzare il file, convertire/correggere i colori e il dettaglio (quando possibile), stampare una prova colore fisica, informando il committente che anch’essa è una simulazione.
I fantomatici 300 dpi (più corretto indicare ppi)
Ancora oggi arrivano file con le immagini a 72 ppi, seppure sono meno di una volta. Al contrario sono frequenti i file con foto a 1.000 ppi, pensando che poi saranno più belle in stampa. Nei miei primi anni di lavoro, quando i computer erano meno potenti, maneggiare un catalogo di foto con pesi eccessivi dei file era doloroso. A quei tempi un test stampato in offset mi fece capire che anche 200 ppi erano più che sufficienti per ottenere ottime stampe.
Nessuno si è mai accorto (e nemmeno si accorge oggi) dele differenze tra le stampe a 300 ppi o a un numero inferiore, e questo ci permetteva (e ci permette anche oggi) di gestire file più velocemente, e di risparmiare spazio su disco, trasferirli in rete tra i colleghi, ecc.
Oggi, i computer sono più performanti, ma l’argomento è identico e a mio parere forse peggio perché più performanti sono i computer meno domande mi pongo in merito al “peso” dei file. Ottimizzare i “pesi” può tornare utile sia nella gestione dei file in azienda, l’archiviazione, e l’invio telematico: perché trasferire 2GB di file quando basta un PDF da 10MB ottenendo gli stessi risultati qualitativi? Non è facile educare i grafici e designer sulla risoluzione, correzione colore in metodo RGG, conversione con profilo specifico, ecc., ideali da utilizzare in base alle differenti esigenze di stampati (poste, riviste, brochure, packaging, ecc.) e visti i risultati, si devono implementare linee guida (procedure operative) che tutti devono seguire. L’adozione di formati “leggeri” e PDF ben ottimizzati semplifica l’efficienza complessiva.
IN PRATICA
Un semplice calcolo per capire la risoluzione. 150 ppi (dpi) vuol dire che 2,54 cm sono divisi in 150 parti, quindi pixel da 0,17mm.
Poiché un pollice è equivalente a 2,54 centimetri, dividendo questa dimensione per la densità di pixel (150 ppi), si ottiene la dimensione di ciascun pixel in millimetri. Quindi, 2,54 cm diviso per 150 pixel dà un valore approssimato di 0,17 mm per ciascun pixel. In altre parole, la larghezza di ciascun pixel su uno schermo o su una stampa con una densità di 150 ppi è di circa 0,17 millimetri.
I colori e gli inchiostri
Oggi i tecnici si confrontano con argomento come: Cxf, Lab, DeltaE, ecc. ma molti grafici, professori e alunni delle scuole grafiche utilizzano o codici colore obsoleti o “Pantone rosso”.
Se da una parte c’è un’industria che sta cercando una definizione universale del “colore”, svincolandosi da nomi commerciali, dall’altra parte c’è chi parla di colore come si fa normalmente nelle scuole elementari: rosso, verdino, grigio, ecc. Come prestampatore sono stato fortunato in pochi casi incontrando un cliente disposto ad ascoltare le spiegazioni. Le multinazionali difficilmente sono disposte ad ascoltare, in molti casi non sanno che i colori Spot (speciali) sono identificati con Cxf, formato che definisce anche sfumature e coprenza. L’approccio corretto dev’essere su due fronti: da un lato dobbiamo affidarci a campioni fisici per poter comunicare al committente in maniera a lui comprensibile quello che sarà il risultato finale, dall’altro dobbiamo affidarci a misurazioni oggettive con lo spettrofotometro per aver comunque un obiettivo condiviso e insindacabile.
La formazione a più livelli
Non solo il prestampatore deve tenersi aggiornato sulle nuove tecnologie per essere pronto a maneggiare il file più “alla moda”, anche lo stampatore deve essere aggiornato per poter discutere alla pari con i colleghi della prestampa. Lo stampatore deve capire che un TAC del 400% gli crea problemi e non fare spallucce. Ancora oggi discuto coi colleghi sull’inutilità delle guide colore cartacee dei colori Spot, e sull’importanza di misurazioni oggettive. L’industria della stampa si confronta con sfide legate alla disparità di competenze. La mancanza di consapevolezza sulle nuove tecnologie può portare a errori, come elevati valori TAC frequentemente ignorati. La discussione sull’utilità della guida colore e la preferenza per misurazioni oggettive evidenziano la necessità di un approccio più integrato.
Per affrontare questa problematica, è cruciale implementare un programma di formazione personalizzato, coinvolgendo tutte le figure professionali. Tale programma dovrebbe abbracciare le ultime tecnologie, fornire linee guida per l’ottimizzazione dei file e promuovere l’adozione di approcci moderni. Un forum online dedicato potrebbe facilitare il dialogo continuo tra professionisti, e certificazioni documentate potrebbero incentivare la formazione continua.
La soluzione consiste nell’introdurre certificazioni di competenza, incoraggiare la partecipazione a conferenze e workshop settoriali e implementare sistematicamente le soluzioni proposte. Queste azioni mirano a ridurre le disparità di competenze e a elevarne il livello complessivo, fondendo la passione creativa e anche artistica con la precisione tecnica nel settore della stampa.