Quotidiani

La stampa coldset per quotidiani

A dispetto del prodotto “povero”, i processi e le tecnologie impiegate nella realizzazione del quotidiano sono particolarmente sofisticati e caratterizzati da forte automazione. Per fare fronte all’inesorabile calo della diffusione dei prodotti quotidiani stampati, i centri stampa devono ottimizzare al massimo i cicli produttivi, riducendo i tempi e i costi fissi della produzione. I tempi di avviamento in primis, gli scarti, cercando di migliorare il rapporto tra tempo effettivo di stampa della produzione e tempo di lavorazione totale del prodotto

La stampa dei quotidiani necessita di un flusso di lavoro perfetto, elevata informatizzazione dei processi, tracciamento di tutti gli avvenimenti, alto livello di ingegnerizzazione della produzione. Per questo le scelte tecnologiche fatte al momento giusto sono determinanti per il successo.

Scrivere di prodotti quotidiani stampati può apparire bizzarro o anacronistico. Che i prodotti quotidiani stampati siano in forte calo è una realtà incontrovertibile, lo dicono le cifre, lo dicono i fatti e ciò che si osserva intorno a noi. Basta entrare in un’edicola (a proposito dove sono le edicole? Stanno scomparendo anche loro…)  per accorgerci che i giornali sono diventata merce rara. Se consideriamo che la diffusione complessiva nazionale oggi si attesta, tra prodotti cartacei e digitali intorno ai 2 milioni di copie giornaliere e che 20 anni fa questa era la diffusione dei soli primi due o tre quotidiani nazionali, si capisce l’entità del fenomeno. Niente di nuovo sotto il sole, il funerale della stampa quotidiana è già stato celebrato più e più volte, e la curva discendente nessuno sa dire che andamento avrà nel futuro.

Le pagine di una rivista tecnica non sono il luogo per analizzare il fenomeno sotto il profilo sociologico, non ci vuole certo un dottorato di ricerca per capire quanto la tecnologia abbia impattato su questa categoria di prodotti che fanno della tempestività e della “freschezza” la ragione principale della loro esistenza. I media digitali sotto questo aspetto sono insuperabili, infatti le edizioni digitali dei quotidiani sono nate come i funghi ma non hanno per nulla rimpiazzato le copie cartacee perse. La scommessa che i quotidiani avevano fatto agli albori di Internet è stata disattesa nei numeri. Il motivo è che sono cambiati i lettori, o meglio sono spariti i lettori nel senso comune che noi attribuiamo al termine. Sono migrati verso terre nuove, dove trovano gratuitamente (così credono) divertimento e informazione più digeribile rispetto alle colonne di caratteri in corpo 8. Sono i social, le piattaforme dove giovani e meno giovani passano la maggior parte del tempo quando sono on line. Sono questi i nuovi “quotidiani”.

Ciò che sta accadendo in questo mondo, che rappresenta sempre più una nicchia, è un fenomeno opposto al trend che ha caratterizzato i decenni precedenti. Se negli anni 2000 la tendenza fu quella di polverizzare la produzione dei quotidiani, cercando una capillarità sul territorio nazionale, facendo fiorire centri stampa sia nuovi sia “rinnovati”, sulla spinta di un “must” che in quegli anni tutti seguivano (“il giornale full color”), oggi si assiste al fenomeno opposto, una concentrazione della stampa dei quotidiani in pochi centri stampa super efficienti, in grado di offrire un servizio “chiavi in mano” agli editori, dalla consulenza iniziale per stilare il capitolato di fornitura, sino alla logistica di distribuzione. Volendo fare un’analisi e un po’ di inutile dietrologia, si potrebbe dire che forse quella anomala era la situazione degli anni “d’oro” quando tanti editori hanno cavalcato il sogno, il prestigio e la comodità di avere un centro stampa dedicato alla propria testata, investendo milioni di euro a fronte di una prospettiva di produzione interna non così prepotente. Chi invece è un terzista, cioè uno stampatore conto terzi abituato a competere nel mercato libero, ha un approccio mentale più propenso a sostenere questa pressione rispetto a un editore puro.

Le sfide di oggi

Parlare di giornali quotidiani è però interessante a prescindere dalla situazione contingente, anzi a maggior ragione bisogna parlarne, per capire come questo settore si stia organizzando per affrontare le sfide del momento. Perché può essere una chiave di lettura e di ispirazione anche per altri settori della stampa. Lo voglio fare con una persona che ritengo la più titolata per analizzare sotto il profilo tecnico e imprenditoriale quello che sta accadendo. Dario De Cian, direttore generale di Centro Stampa Quotidiani di Erbusco (BS), una realtà protagonista del mercato della stampa di prodotti periodici con tecnologia offset coldset e digitale. La prima cosa che nota chi visita il Centro stampa che è indicativa del tipo di filosofia che l’azienda adotta che di seguito cercheremo di esplorare, è l’ordine, la pulizia, l’organizzazione degli spazi produttivi e quelli di servizio interni ed esterni. Basta fare un giro sulla gallery fotografica della homepage del sito per capire cosa intendo. L’esatto contrario di ciò che nell’immaginario collettivo, è la rappresentazione di una “tipografia” che stampa i giornali: macchine sporche, inchiostro dappertutto, caos (anche il cinema ha contribuito a costruire questo falso mito). A Dario De Cian ho chiesto di fare un’analisi a tutto tondo del mercato attuale e di come CSQ lo stia affrontando. Ci siamo incontrati al termine della sua riunione di budget è infatti come prima cosa mi ha riferito che per il ventitreesimo anno consecutivo, nella strategia del Centro Stampa, gli investimenti in tecnologie avranno un ruolo importante. Sì perché questo è uno dei fattori chiave che De Cian ritiene alla base del mantenimento di un alto livello di competitività nel mercato. Fondamentale per quelle imprese che si propongono come “terzisti” nel mercato della stampa. Un mercato che costantemente e ineluttabilmente richiede qualche copia in meno da stampare. È quello che accade in tutti i segmenti della stampa a dire il vero, vuoi per motivi tecnologici (migrazione dei contenuti su altre piattaforme di comunicazione) vuoi per motivi di marketing (la personalizzazione spinta all’eccesso, il time-to-market esasperato ecc.). Dovendo necessariamente far “girare” le rotative, diminuendo le tirature, è necessario aumentare le messe in macchina ossia le commesse. E questa possibilità è subordinata al livello di automazione ed efficienza che il sistema è in grado di mettere in campo. In questo senso gli stampatori di quotidiani hanno veramente da insegnare a tutto il settore della stampa. La prima cosa che mi ha colpito quando 20 anni fa ho iniziato a frequentare CSQ e il mondo dei quotidiani in generale, è stato proprio il flusso di lavoro, l’elevata informatizzazione dei processi, il tracciamento di tutti gli avvenimenti, il livello di ingegnerizzazione della produzione. A fronte di un prodotto povero (la Cenerentola dei prodotti stampati) il tenore di investimento in tecnologia per produrlo è sproporzionata: dal file della singola pagina inviato dalla redazione al centro stampa all’uscita della lastra sviluppata, tutto avviene senza intervento umano,  che significa: instradare correttamente il file, fare un preflight, fare il repurposing per adeguarne i dati colore, rasterizzarlo,  eseguire l’imposition, esporlo sulla lastra e eseguirne il processo di sviluppo, posizionarlo a bordo macchina su carrelli. Ma anche durante la stampa e la spedizione, il percorso senza sosta che conduce alla ribalta dove le copie vengono smistate e trovano posto sui mezzi di trasporto, gli interventi manuali sono ridotti all’osso e gli automatismi prevalgono. Questo per le migliaia di lastra (e di pagine) che ogni sera il Centro Stampa Quotidiani, che ancora oggi stampa 12 quotidiani ogni notte, deve gestire senza intoppi. Perché in quei momenti i minuti sono preziosi e andare in ritardo significa perdere le coincidenze di distribuzione e quindi perdere copie diffuse. Ecco perché De Cian ci dice che anche quest’anno CSQ investirà più di mezzo milione di euro per potenziare la prestampa, per far fronte all’incremento delle messe in macchina dovuto al calo delle tirature. È questo il segreto che fa sì che, in un panorama dove i centri stampa per quotidiani si stanno riducendo e polarizzando su pochi attori distribuiti sul territorio nazionale, CSQ ancora oggi è un’azienda che fa utili? Probabilmente è così.

C’è un altro aspetto che ho trovato molto interessante nella chiacchierata fatta con il direttore di CSQ e che ritengo utile evidenziare in quanto credo possa essere di ispirazione anche in altri ambiti. Riguarda di fatto la mission dell’azienda, di come questa si pone verso il cliente. Non come un venditore di copie stampate ma di slot di “tempo aziendale”. Spostare cioè il focus commerciale dell’azienda dalle tirature agli slot di stampa. Slegare quindi il numero delle copie, la tiratura, dalla trattativa commerciale, per introdurre invece un concetto di “servizio di stampa basato sul tempo”. Questo permette a mio avviso di ottenere un duplice vantaggio: monitorare in modo migliore i costi effettivi di produzione, creare con il cliente un rapporto di partnership più stretto, “vendendogli” l’azienda per uno slot di tempo definito all’interno del quale può sfruttare al meglio le risorse messe a disposizione. Questo fa anche da stimolo per fare le cose bene, sfruttando il tempo al massimo. Per cui il cliente può decidere se desidera un prodotto semplice oppure più elaborato, sfruttando l’inserimento automatico dei fascicoli, l’applicazione di sticker, le personalizzazioni in digitale ecc. Questo approccio molto orientato alla soddisfazione del cliente è fondamentale per il mantenimento del successo competitivo, anche in un mercato dove potrebbe sembrare che “il prezzo” sia tutto, dato il tipo di prodotto finale. E nel caso specifico ha guidato le scelte fin dalle origini a partire dalla scelta del formato delle rotative, inserite nel corso dei due decenni di attività. Come sottolinea De Cian, i formati carta hanno determinato la possibilità di acquisire commesse che altri non potevano offrire e dato quindi un vantaggio tecnologico importante. Le scelte tecnologiche fatte al momento giusto per assecondare i cambiamenti del mercato sono determinanti per il successo. Un altro esempio a sostegno di questa tesi riguarda gli automatismi e i controlli sulle macchine da stampa. Anche se qui si somma un fattore (umano) che sovente rallenta (ahimè) il processo di implementazione. Spesso visti come “nemici” dagli operatori di macchina, necessitano di un paziente lavoro di “digestione”, perché la stampa non dimentichiamo, è da sempre considerata “arti grafiche” e gli stampatori, di conseguenza, si considerano un po’ artisti e in quanto tali, autorizzati a interpretare il lavoro. Cosa giusta quando le competenze ci sono e la tipologia di lavoro lo richiede, poco produttiva quando bisogna assicurare l’efficienza per processo. O meglio, la competenza dell’operatore dovrebbe assecondare l’automatismo per massimizzarne la resa. Anche in questo aspetto ci dice Dario De Cian, CSQ ha segnato la via, studiando le soluzioni tecnologiche quando si sono presentate sul mercato, senza affrettare le scelte ma valutando in modo accurato gli aspetti positivi e negativi di ogni proposta. Il risultato di questo percorso ha portato il Centro Stampa ad essere probabilmente quello più automatizzato in Italia, con tutte e 5 le rotative dotate di controlli automatici di registro colore e registro teste, registro di taglio e, caso unico, controllo colore. Anche l’ultima installata solo nell’estate passata, è stata allestita con tutti i controlli in linea, nonostante gli scenari attuali e futuri avrebbero potuto suggerire di fare economia. Ma l’automazione come sappiamo consente di ottimizzare al massimo anche l’impiego delle risorse manuali e questo   purtroppo è un fattore che non può essere sottovalutato. Dovendo necessariamente minimizzare i costi, diminuendo le tirature e aumentando le messe in macchina, è giocoforza ridurre minimo anche gli scarti e i tempi di avviamento. E solo l’automazione consente di farlo.

A un certo punto della storia anche nei centri stampa per giornali la tecnologia digitale ha cominciato a bussare alla porta. C’erano tutte le premesse perché trovasse una sua ragione di essere, di affiancare la teologia offset per allargare il panorama dei servizi offerti: in primis la diffusione capillare e puntuale delle testate straniere sul territorio nazionale. Questa appariva la naturale applicazione per un sistema in grado di ridurre pressoché a zero i costi di prestampa e di avviamento a fronte delle piccole quantità da produrre, a confronto della tecnologia offset molto più impegnativa. La tecnologia inkjet roll-to-roll con primerizzazione del supporto standard da quotidiano, rappresentava una risposta valida per questa esigenza. Come ci dice De Cian, CSQ come d’abitudine ha cercato di essere l’apri pista di questa nuova tecnologia, installando la prima macchina da stampa digitale in grado di produrre in digitale un prodotto uguale a quello delle proprie rotative offset, sia per formato che per foliazione. Anche questa scelta si è dimostrata alla lunga vincente, nonostante un mercato che repentinamente è cambiato. La rivoluzione dei dispositivi digitali e delle edizioni digitali dei giornali ha fatto crollare la richiesta di giornali stranieri cartacei, ma la possibilità di creare edizioni digitali dei prodotti tradizionali ha aperto a progetti di micro-edizioni diversificate della stessa testata o a progetti editoriali di piccole realtà locali. Sempre nell’ottica di dare al cliente la possibilità di utilizzare il tempo-azienda al meglio offrendo tutti i servizi possibili.

Il mondo dei quotidiani e delle tecnologie per produrli sta vivendo un momento difficile è inutile negarlo, quale sia il destino nessuno può dirlo, sicuramente non si ritornerà indietro. Però Dario De Cian e il Centra Stampa Quotidiani ci insegnano che chi si adatta al meglio alle situazioni, plasmandosi e reagendo in modo dinamico agli stimoli, investendo nella tecnologia quando serve per essere più appetibile e versatile, può continuare ad avere risultati positivi. Si direbbe “resilienza” un termine a volte un po’ inflazionato, che indica la capacità di resistere a rotture o di riprendere la forma dopo una sollecitazione. Forse “plasticità” si adatta meglio.

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