Oneglass reinventa l’uso del poliaccoppiato in ambito enologico con una gamma di vini e cocktail in monodosi da 100 ml pratiche, leggere e facili da smaltire. Punta ai giovani e ai mercati emergenti.

di Elena Consonni

Il nome è tutto un programma: Oneglass. Sì perché di questo si tratta: un contenitore che contiene un bicchiere di vino o di cocktail. Tutto è particolare in questa confezione: la capacità (100 ml); il materiale, poliaccoppiato a base di cellulosa (75%) polietilene (20%) e alluminio (5%); il look grintoso; la gamma che comprende vini convenzionali, bio e cocktail; il fatto di non essere richiudibile. L’azienda, giovane, come giovane è il target cui si rivolge, non produce direttamente, ma seleziona e imbottiglia. Abbiamo intervistato Alberto Michele Gualtieri, responsabile commerciale di Oneglass per conoscere meglio questa realtà.

Ci può raccontare la storia dell’azienda e descrivere il vostro assortimento?

«L’idea nasce dalla presa d’atto che è molto difficile acquistare vino di buona qualità in piccole confezioni, monodose, per quando non vuoi o non puoi aprire la bottiglia da 0,75. Era il 2007: non volevamo soltanto un vino buono, ma anche un contenitore nuovo, bello e con dei plus tali da distinguersi da tutti gli altri competitor. Abbiamo ottenuto la certificazione BIO e, a quanto mi risulta, siamo gli unici a proporre vino bio e vegano in confezioni monodose. Oggi la nostra gamma comprende quattro vini convenzionali (Pinot Grigio delle Venezie Igt, Cabernet Sauvignon delle Venezie Igt, Sangiovese Toscana Igt e Vermentino Toscana Igt), quattro vini bio (Bianco Veronese Igt, Passerina Marche Igt, Rosso Veronese Igt e Sangiovese Marche Igt) e quattro cocktail: Margarita, Manhattan, Long Island Ice Tea e Vodka Martini.»

Perché la scelta del poliaccoppiato come materiale di confezionamento?

«Abbiamo voluto esplorare strade alternative, vedere se c’erano altre possibilità, tenuto conto che il nostro benchmark era per il contenitore monodose. La scena del vetro o della plastica sarebbe stata più facile ma non caratterizzante. L’avere poi vinto un importante premio per il design, il “Best of the best 2013″del Red Dot Award ci ha dato la prova di avere creato anche un prodotto “bello”.»

E perché proprio il formato da 100 ml?

«Per il vino siamo vincolati alle leggi vigenti che fissano le capacità ammesse per i contenitori del vino. L’alternativa sarebbe stata il 187 ma ci pare troppo grande per un contenitore non richiudibile e per le nostre tradizioni di consumo. Il formato da 187 ml lo stiamo sviluppando invece per il mercato inglese e americano.»

Il poliaccoppiato è utilizzato tradizionalmente per i vini di livello basso in formato da litro. Non temete che questo possa influire sulla percezione della qualità dei vostri prodotti?

«Purtroppo le scelte fatte da alcuni produttori di vino hanno creato questa associazione. La soluzione è il tipo di comunicazione che vogliamo dare al consumatore: Oneglass va associato al cibo di qualità e non deve essere posizionato sullo scaffale dei vini. Poi la qualità del contenuto deve fare il resto.»

Avete testato la tenuta della confezione nel tempo? Oppure la proponete solo per vini e bevande di pronta beva? È indicata anche per le bollicine?

«Poiché ciò che ha ispirato il nostro progetto è stato il desiderio di avere vini di qualità in piccoli formati, la qualità è diventata un chiodo fisso: abbiamo selezionato dei produttori che condividessero con noi le finalità del progetto. Naturalmente non sono vini da invecchiamento e la loro durata dipende molto anche dalle condizioni in cui vengono conservati, ma vendiamo il prodotto anche in Paesi dell’Estremo Oriente dove, tra trasporto in nave (40-50 gg) e distribuzione, ci vogliono parecchi mesi prima che il prodotto venga consumato. Purtroppo non è un contenitore idoneo per le bollicine.»

Ci può descrivere la vostra linea di riempimento?

«È costituita da due macchine: la prima, partendo da un foglio di poliaccoppiato avvolto in una bobina, costruisce la “busta” vuota, la seconda provvede al riempimento e alla chiusura. Vi sono delle particolarità tecnologiche nella confezione che sono protette da brevetto. Ovviamente anche marchio e forma sono protette da registrazione a livello internazionale. Oggi abbiamo due macchine, la cui produzione è di 40 pezzi al minuto.»

Che vantaggi e svantaggi offre, a livello produttivo, aver optato per una confezione completamente monomateriale, che non richiede etichettatrice o tappatrice? Quali, invece, i vantaggi per il consumatore?

«A livello produttivo abbiamo dovuto creare la macchina per confezionare. É vero che con una sola macchina confezioniamo e non abbiamo bisogno di tappatrice ed etichettatrice, ma perdiamo in flessibilità di produzione, soprattutto se parliamo di progetti nuovi e di richieste particolari di personalizzazione del prodotto: con la bottiglia tradizionale è sufficiente cambiare l’etichetta, noi dobbiamo “stampare la bottiglia”. Il vantaggio, invece, è tutto del consumatore: si apre con le mani, semplicemente strappando e il vuoto va tutto insieme nel contenitore della carta anziché dover dividere il vetro da una parte, la capsula nella plastica e il tappo di sughero con la frazione umida.»

A quale target si rivolge il vostro prodotto? Quali le occasioni di consumo più indicate?

«I consumi fuori casa (pic nic, eventi all’aperto dove il vetro non è ammesso e soft drink e birra la fanno da padrone, aereo, mini bar degli alberghi ecc.), ma anche e soprattutto a casa quando non si può o non si vuole aprire una bottiglia, che poi rimane aperta per giorni e finisce per essere buttata. La maggior parte delle persone può bere un bicchiere di vino e poi mettersi alla guida e questa è una soluzione.»

Ritiene che il consumatore italiano sia sufficientemente evoluto per accettare questa tipologia di confezionamento o vi rivolgete prevalentemente all’estero? Se sì a quali mercati?

«Purtroppo il consumatore italiano è molto legato alla tradizione e spesso preferisce rinunciare piuttosto che provare qualche strada alternativa. Il continente asiatico è il nostro primo mercato dove il prodotto viene usato anche in alcuni locali come vino al bicchiere: in questi Paesi il consumo di vino è molto basso, per cui il servizio al bicchiere, pur essendo richiesto, spesso crea un problema al gestore. Oneglass è la soluzione.»

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here