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Industria grafica e cartotecnica in forte difficoltà. A rischio la produzione di libri, giornali e imballaggi

Non solo i rincari energetici e della carta rendono le produzioni non economiche, ma le difficoltà a reperire le materie prime stanno rallentando e progressivamente bloccando l’attività.

Il settore della stampa (editoriale e commerciale), già caratterizzato da una crisi strutturale ma capace di dare segnali di assestamento e tenuta (-2,4% la produzione nel 2018 e +1% nel 2019), è stato fortemente colpito dalla pandemia (-21,3% nel 2020) e stava ora lentamente riprendendosi (+7,9% nei primi 9 mesi 2021): ripresa ora a rischio a causa della congiuntura internazionale e ai noti rincari di energia e materie prime. In particolare, i processi di stampa con rotative (fortemente energivori) non sono più sostenibili e sono a forte rischio fermata e i rincari sui prezzi della carta, difficilmente trasferibili a valle (su editori e grande distribuzione), erodono ogni marginalità dell’attività. Ad aggravare ulteriormente questo scenario, la scarsissima disponibilità di materia prima, in particolare della carta ad uso grafico di prevalente provenienza estera da pochi fornitori rimasti, impedisce di programmare le produzioni, mette a rischio il rispetto degli impegni contrattuali e frena ogni percorso di ripresa. Per il settore, circa 14mila imprese e oltre 76mila addetti impiegati, è una situazione estremamente problematica, ma il rischio a breve di non poter più disporre di giornali, libri e tanti prodotti cartacei di uso quotidiano dovrebbe preoccupare ogni cittadino e spingere il Governo a provvedimenti mirati: da una possibile azione, anche internazionale, per rimuovere alcuni colli di bottiglia che stanno ulteriormente rallentando la produzione di carta, a un riconoscimento generalizzato del credito d’imposta sulla carta, non solo agli Editori di giornali, ma anche agli Editori di riviste professionali e di libri, in particolare quelli scolastici.

Sul fronte della cartotecnica e della produzione di imballaggi in carta, cartone e flessibile la situazione non è migliore. Parliamo, fortunatamente per l’Italia, di settori in crescita (si pensi al cartone ondulato e allo sviluppo dell’e-commerce) e che stanno accompagnando la ripresa economica (+12,7% la produzione nei primi 9 mesi 2021) e la transizione green del Paese, anche grazie alle specificità e alle qualità dei nostri imballaggi (la fonte naturale e controllata della carta, la sua biodegradabilità e la sua riciclabilità; la leggerezza e il ruolo degli imballaggi flessibili nella conservazione degli alimenti).  Anche in questi settori, però, oltre alle difficoltà nel riversare a valle gli incrementi dei costi energetici e delle materie prime, con un inevitabile pesante effetto sull’economicità dell’attività, èla difficoltà di reperimento della carta e delle altre materie prime a preoccupare. Sono diversi gli ondulatori che hanno già bloccato o rallentato l’attività per mancanza di carta per la produzione di cartone ondulato, gli etichettifici fermi per mancanza di supporti autoadesivi, i produttori di astucci pieghevoli e packaging che devono rinunciare o rinviare commesse. Nuovamente, non si sta solo parlando solo delle sorti di oltre 3mila imprese e di 60mila addetti, o di un settore che vale 7,7miliardi di euro e che ha un saldo attivo della bilancia commerciale di 1,9 miliardi di euro, ma anche della possibilità di movimentare le merci e della loro disponibilità sugli scaffali dei supermercati, delle farmacie e dei negozi in generale. Se il settore della carta, come dimostrato in piena pandemia, è riconosciuto come strategico ed essenziale per il Paese, allora deve essere fatto oggetto di provvedimenti mirati per salvaguardarlo da un potenziale fermo produttivo, molto pericoloso.

In Italia, anche grazie alla Federazione Carta e Grafica, le relazioni di filiera sono ottime e aiutano a monitorare la situazione: urgono però interventi governativi utili e mirati a contenere i rincari energetici e il loro effetti sul prezzo della carta e a riequilibrare il mercato di questa preziosa materia prima.

 

 

Litografia Castello investe in una nuova Gallus Labelfire

Nella foto a sinistra il titolare Aldo De Vincenzo con Andrea Citernesi, business driver gallus equipment di Heidelberg Italia

Litografia Castello inizia il 2022 ampliando il proprio parco macchine con un investimento importante, un sistema digitale Gallus Labelfire 340. Questa tecnologia permette di stampare e di finire in linea etichette stampate su qualsiasi supporto, in qualità offset, con una risoluzione di 1200×1200 dpi e con una produttività fino a 450mila metri lineari a settimana.
Una scelta tecnologica che rinnova la fiducia in Gallus e che testimonia come sia possibile crescere anche in tempi di crisi. La storia di Litografia Castello inizia nel 1969, ma la svolta arriva nel 2007 quando alla guida dell’azienda arriva Aldo De Vincenzo, imprenditore reggiano classe 1980.
De Vincenzo infatti trasforma l’etichettificio sia sul piano tecnologico che nella presenza sul mercato, spostandone la sede a Traversetolo (PR), ampliando la produzione e i settori di riferimento. Oggi Litografia Castello produce etichette autoadesive in bobina, etichette fustellate in piano, fasce e collarini idonei al contatto diretto con gli alimenti. Fra i suoi clienti annovera importanti aziende del settore agroalimentare italiano, europeo e extra-europeo.
Fra i protagonisti di questa trasformazione spicca Gallus, partner scelto nel 2013 quando l’azienda decide di entrare nel mondo delle etichette autoadesive. Lo fa installando un sistema Gallus ECS 340 e utilizzando i servizi consulenziali del fornitore per crescere rapidamente. L’aumento di dimensioni e fatturato porta la necessità di ulteriori investimenti tecnologici, tutti compiuti con macchine Gallus fino alla Labelfire 340 appena acquistata.

La stampa e i colori. Le avventure di Gocciolina

Nel suo libro edito da Tecniche Nuove Junior, Raffaele Angelillo racconta il mondo della stampa ai bambini. Un testo che sta tuttavia raccogliendo l’interesse anche di grafici, stampatori e di quel pubblico generico altrettanto interessato a conoscere in modo agevole e simpatico l’avventura della stampa.

La stampa è colori, creatività e voglia di esplorare. Un insieme di caratteristiche che sembrano fatte apposta per affascinare la vivace fantasia dei più piccoli. Da qui un libro tutto per loro: “La stampa e i colori. Le avventure di Gocciolina”, scritto da Raffaele Angelillo per Tecniche Nuove Junior. La protagonista della storia è Gocciolina, una goccia di inchiostro giallo che vive in un barattolo, ma è in attesa di qualcuno che la prenda e la disponga sulla carta, supporto che, nel suo caso, diventerà il passepartout della libertà, consentendole di vedere finalmente il mondo esterno.

«Quando ho concepito il libro, non volevo soltanto raccontare come funziona una macchina da stampa», spiega Angelillo. «Considerato che viviamo in un contesto in cui molti giovani desiderano diventare famosi, in Gocciolina, la protagonista della storia, ho inserito questo elemento, naturalmente cercando di smorzarlo, prendendo la parte buona del desiderio di apparire. Di conseguenza, per ottenere visibilità, Gocciolina ambisce di essere stampata e scoprire il mondo uscendo dal capannone».

Da qui prende avvio l’avventura di Gocciolina e dell’intero processo operativo della macchina di stampa. «Il libro è stato scritto sì per i bambini, ma in realtà è destinato anche a un pubblico adulto», prosegue Angelillo. «Ho cercato di essere il più lineare possibile e al tempo stesso tecnico. In effetti, è sempre difficile spiegare la figura dello stampatore a chi non fa parte del settore. Per esempio, la stessa stampa di un libro prevede un processo niente affatto banale e, proprio per questo, sorprendente e interessante da conoscere. Per i bambini è molto affascinante scoprire come avviene».

L’avventura di Gocciolina

I temi affrontati nel libro sono diversi. Buona parte tratta il processo di stampa offset, raccontando il viaggio di Gocciolina attraverso calamai e rulli, passando per caucciù e lastra, fino a raggiungere finalmente la carta. Nella prima parte del libro viene raccontato effettivamente cosa succede all’inchiostro quando viene inserito nella macchina di stampa e il suo percorso prima di raggiungere l’agognato supporto. «A mio avviso, l’aspetto simpatico, che completa la storia, riguarda l’inchiostro che, una volta raggiunta la carta, non termina la sua storia», sottolinea Angelillo. «Infatti, un foglio di carta, una volta stampato, può essere asciugato, tagliato e, in generale, avere tantissime altre avventure nell’ottica dei bambini. Perciò, anche in questo caso, ho provato a fantasticare, immaginando Gocciolina arrivare sul foglio e trovare altre gocce di diversi colori, compagni di avventura tutti insieme impacchettati e trasportati in un furgone, con la destinazione finale di diventare un manifesto».

La conclusione del libro vede Gocciolina, per sua fortuna, stampata su una applicazione notoriamente vista da tutti, ottenendo finalmente la notorietà che cercava.

La stampa tra arte e tecnica

Scrivendo il libro Angelillo ha cercato di sottolineare quelle che sono le caratteristiche distintive del mondo della stampa. «In generale mi piace sottolineare un aspetto in particolare, che nel settore alcune volte si rischia di dimenticare», osserva l’autore: «la stampa, infatti, viene vista come un processo solo industriale, quando in realtà, fino a pochi anni fa, era definita “arti grafiche”, dunque qualcosa di artistico. Ancora oggi, in realtà, la creatività e la parte artigianale hanno ancora un certo peso».

Per esperienza diretta, Angelillo considera proprio l’elemento umano il cuore della stampa. «A me è piaciuto raccontare la storia di Gocciolina perché, all’interno del libro, ho ripreso alcuni concetti e disegni suggeriti da alcune immagini che avevo in mente e che risalgono agli schizzi sulla lavagna del mio primo responsabile che, circa vent’anni fa, cercava di spiegarmi come funziona la macchina da stampa. Ricordo, ancora oggi, la sua passione per la tecnologia che, naturalmente, negli anni ho condiviso nella medesima misura. Il libro, perciò, serve a enfatizzare tale aspetto: la macchina di stampa non è solo un dispositivo industriale, ma, avendo al suo interno una cifra di artigianalità insopprimibile, l’esperienza e le conoscenze dei singoli stampatori possono fortunatamente fare la differenza. Proprio per questo motivo, grazie alla creatività e al saper fare manuale che la distingue, la stampa può catturare l’interesse dei bambini, che potrebbero aspirare in futuro a lavorare nel settore».

Un libro per bambini e adulti

Come anticipato, però, l’avventura di Gocciolina ha qualcosa da raccontare anche al mondo degli adulti, come stanno già mostrando i primi riscontri che sta ricevendo il libro. «Quando sui social media ho diffuso la notizia di averlo scritto», segnala Angelillo, «ho ricevuto molti commenti interessati da parte di diversi grafici che, magari, non sapevano come si sviluppa tecnicamente il processo di stampa e ora possono farsi un’idea grazie ai disegni pubblicati nel testo».

Non solo i grafici si stanno mostrando interessati per saperne di più, ma persino gli stessi stampatori, con l’obiettivo, nel loro caso, di fare conoscere agli altri la propria professione. «Moltissimi stampatori hanno affermato di volere comprare il libro per regalarlo alle persone più vicine, potendo finalmente mostrare a chi li circonda di cosa si occupano tutto il giorno in azienda. A essere sincero, pensare a tutte le persone che utilizzeranno il mio libro per spiegare il proprio mestiere, è qualcosa che mi dà davvero soddisfazione».

In effetti, oltre all’interesse di grafici e stampatori, vi è una bella fetta di pubblico generico che può essere interessata alle avventure di Gocciolina, allo scopo di saperne di più, per motivi di cultura personale, su una tecnologia con una grande storia alle spalle e produttrice di tanti prodotti stampati che ci circondano nella vita di tutti i giorni. «In generale», conferma Angelillo, «mi sono reso conto che, anche tra gli adulti, ci sono tantissime persone che non sanno come si stampa un foglio di carta e quali sono in effetti i processi, perciò hanno trovato una spiegazione agevole e simpatica nel racconto che ho scritto».

Da questo punto di vista, il libro offre numerosi spunti sulla tecnologia di stampa in sé, raccogliendo perciò un ampio interesse. «Una parte molto interessante del libro, al di là del racconto di Gocciolina, sono le sezioni dove cerco di essere più tecnico, con disegni schematizzati per capire come è fatta una macchina di stampa con i suoi rulli e i suoi cilindri», aggiunge Angelillo. «Il libro è sì una storia inventata, ma contiene ugualmente diversi spunti tecnici e approfondimenti che, nell’insieme, aiutano peraltro a dare un luogo concreto all’avventura di Gocciolina».

 

Social, l’importanza di farsi vedere

LinkedIn permette di postare qualsiasi tipo di contenuto, ma sono la qualità e la cura del dettaglio a catturare l’attenzione degli utenti. Tra i big dell’industria della stampa abbiamo raccolto qualche esempio di comunicazione social efficace. Non servono grandi budget, ma solo metodo.

A differenza di altri canali, LinkedIn ama chi scrive. Su questo social i post di solo testo generano più “Mi piace”, commenti e condivisioni. Il motivo è semplice: LinkedIn preferisce i contenuti che mantengono a lungo le persone all’interno della piattaforma e perciò pubblicare con testo ed emoji simpatici migliora il coinvolgimento degli utenti. E quindi la loro permanenza.

Ovviamente è necessario disporre di contenuti convincenti affinché le persone si fermino e leggano. Bisogna usare un linguaggio semplice, mettere a disposizione fatti e risultati concreti e fornire agli utenti non solo una suggestione (come accade per esempio su Facebook o Instagram), ma un’informazione con tutti i crismi: titoli accattivanti, sintesi, cura del dettaglio e un potente invito all’azione. Al testo scritto, infatti, si può aggiungere un collegamento diretto verso un sito web o indicare un contatto per chi volesse approfondire. Si tratta di una bella opportunità per le aziende, anche quelle di taglia piccola, che in questo modo possono crearsi visibilità, arricchire il traffico sul proprio sito web e stimolare la curiosità. Tutto questo, però, non è esattamente a costo zero: la gestione dei social media, e LinkedIn soprattutto, è un vero e proprio lavoro, non un’attività da integrare a tempo perso. Occorre quindi avere un calendario su cui fissare, giorno per giorno, i contenuti testuali (anche visivi) da pubblicare. È questo un metodo semplice, ma fondamentale per dare al pubblico solo contenuti che lo interessino, diversificare e creare aspettativa.

L’hashtag che fa la differenza

Nel corso degli anni la piattaforma professionale per eccellenza è divenuta molto di più che uno spazio di incontro tra domanda e offerta: oggi le particolari funzioni di LinkedIn permettono alle aziende di intercettare un pubblico interessato, acquisendo nuove opportunità commerciali e creando collaborazioni. All’interno di questa piattaforma gli utenti hanno infatti la possibilità di seguire gli hashtag in modo che nel loro feed appaiano tutti quei post che affrontano l’argomento più interessante per loro. Ecco perché in fase di pubblicazione di un post o di un articolo è importante scegliere e inserire l’hashtag giusto. LinkedIn spesso suggerisce alcuni hashtag che però a volte non hanno nulla a che fare con ciò che si vuole condividere. Per selezionare gli hashtag migliori è quindi consigliabile guardare ai competitor, ma anche focalizzarsi su quei termini chiave che possano sintetizzare al meglio l’argomento proposto. Aggiungere hashtag all’interno di un post è semplice: in qualunque punto si può scrivere l’hashtag iniziando sempre con il cancelletto (#).

È possibile inoltre creare hashtag personalizzati a cui le persone si iscrivono gratuitamente in modo da essere notificati quando sarà pubblicato qualcosa di nuovo che riporta quegli stessi hashtag.

In ogni caso gli hashtag non devono essere intesi come una sostituzione di un testo; è invece opportuno inserirli dopo o integrarli all’interno di esso. Va da sé che, seppur possibile, non ha senso taggare parole generiche o un’intera frase.

È infine importante mixare le varie tipologie di hashtag. Come anticipato, è utile crearne di completamente nuovi per aggregare i propri contenuti aziendali e non entrare in competizione con altri. Bisogna infatti considerare che quando si usa un hashtag di massa ci si inserisce nel flusso di centinaia di post sull’argomento, ma, allo stesso tempo, si concorre con centinaia di professionisti e aziende. Ecco perché utilizzare un hashtag troppo inflazionato rischia di non generare l’esito positivo desiderato. Anzi, potrebbe condurre, per esempio, un potenziale cliente non solo a leggere il proprio post, ma anche quello di molti altri competitor. Vale dunque la pena fare uno sforzo in più: su LinkedIn esistono decine di community di nicchia interessate a uno specifico argomento. Trovare e adoperare nei propri post gli hashtag che ricorrono all’interno di queste community può essere molto vantaggioso se si vuole pubblicizzare un servizio, un prodotto o semplicemente farsi conoscere.

Il video è sempre una buona idea

Il testo scritto rimane ampiamente il contenuto più premiante su LinkedIn. Eppure da diverso tempo anche i video sono parecchio utilizzati e possono contribuire a un’efficace comunicazione aziendale. Si tratta di un format che ha via via acquisito sempre maggiore importanza con l’introduzione di video nativi, cioè quei file video caricati direttamente sulla piattaforma. I video postati su LinkedIn sono infatti privilegiati nella ricerca rispetto a quelli linkati ad altri canali, per esempio Facebook o YouTube. Apparentemente sembra una distinzione banale, ma non lo è: l’algoritmo di LinkedIn cerca di mantenere gli utenti più a lungo possibile all’interno del proprio ecosistema e per questo motivo, favorisce i video nativi rispetto a quelli esterni che, per essere guardati, costringono ad abbandonare la piattaforma.

Per caricare un video si può usare sia l’app ufficiale per il mobile sia l’applicazione da desktop, semplicemente cliccando sull’icona “video” e lasciando che avvenga l’upload del file prescelto.

Tutto è molto intuitivo. Serve solo rispettare alcuni basilari requisiti: i video da caricare devono superare i 3 secondi e devono essere inferiori ai 10 minuti, e con un peso massimo di 5 GB. LinkedIn supporta i formati orizzontali o verticali con proporzioni tra 1:2.4 – 2.4:1 e quadrati. Le dimensioni dei video possono variare da 256×144 pixel fino a 4.096×2.304 pixel, con un frame rate compreso tra i 10 e i 60 frame al secondo. La piattaforma poi supporta i principali formati per i video, tra cui .avi, .flv, .mpeg-1, .mpeg-4, QuickTime.

Dopo aver caricato il file, in un intervallo di tempo che può variare a seconda del peso del file e della connessione, il video è elaborato da LinkedIn prima di essere reso effettivamente disponibile per tutti gli utenti. Si riceverà infine una notifica alla fine del processo di elaborazione.

L’occhio vuole la sua parte

Come detto, la comunicazione tramite video si sta sviluppando ampiamente su LinkedIn, come su tutti gli altri social. Si tratta di un trend molto importante verso cui LinkedIn non è rimasto indifferente, anche grazie alla possibilità di pubblicare video sulle pagine aziendale e nelle campagne di advertising.

Quello che conta però è realizzare video di qualità, sia sotto il profilo formale sia sotto quello sostanziale. È necessario, dunque, assicurarsi un buon audio, prestare attenzione alla luce e posizionare la fotocamera su una superficie stabile o su un cavalletto per evitare fastidiosi ondeggiamenti. In seconda battuta è fondamentale servirsi di un buon video editor grazie al quale tagliare e montare il girato e inserire tutti gli effetti, visivi e sonori, per confezionare elegantemente il proprio video.

Per quanto riguarda i contenuti, infine, i filmati su LinkedIn si prestano particolarmente nel caso in cui si voglia presentare testimonianze da un evento, fiera o meeting o si desideri commentare una notizia di settore. Assolutamente perfetti poi per illustrare le caratteristiche di un prodotto o di un servizio.

Imballaggio multimateriale, applicazioni e norme

A fine 2021 si è tenuto un workshop dal titolo “Le sfide della riciclabilità: opportunità e limiti dei nuovi materiali compositi a prevalenza carta”, organizzato da Comieco in collaborazione con Innovhub, nel contesto delle novità previste per il 2022 riguardanti il contributo differenziato carta e della generale evoluzione dei materiali per imballaggio a prevalenza carta.

di Daniele Bussini, responsabile Settore Processi Cartari e Testing Prodotti Innovhub Stazioni Sperimentali per l’Industria

I diversi interventi nel corso della mattinata hanno fornito l’occasione per discutere delle opportunità e al tempo stesso dei limiti dei nuovi imballaggi a base cellulosica che si stanno affacciando sul mercato in modo sempre più significativo.

Il contesto attuale vede una crescente richiesta di imballaggi in carta e cartone, spesso riguardanti soluzioni innovative con elevate prestazioni tecnologiche, che possano rappresentare ove possibile un’alternativa all’imballaggio in plastica, oppure in grado di ridurre la componente di materiale plastico negli imballaggi multimateriale. Molte applicazioni degli imballaggi in carta, infatti, richiedono l’utilizzo di un materiale aggiuntivo, costituito da un film plastico e/o alluminio, oppure trattamenti in massa o superficiali con lo scopo di fornire proprietà barriera e di resistenza all’acqua e ai grassi.

Unitamente alla ricerca e sviluppo di materiali e prodotti innovativi, si nota una forte attenzione verso la sostenibilità ambientale e il raggiungimento degli obiettivi di economia circolare.

La sostenibilità ambientale degli imballaggi a base carta dipende in prevalenza dalla composizione e dal design dei prodotti e dalla possibilità di garantirne la riciclabilità dopo l’utilizzo.

La diversificazione contributiva per gli imballaggi a prevalenza cellulosica, con le novità in vigore a partire dal 1 gennaio 2022, rappresenta una delle leve impiegate per orientare le aziende verso imballaggi sempre più riciclabili e garantire la sostenibilità stessa del riciclo.

Nel corso del workshop sono stati presentati e approfonditi i più importanti aspetti tecnici relativi alla riciclabilità e sono stati discussi alcuni spunti relativi alle opportunità per i materiali da imballaggio a base carta in questo momento e nel prossimo futuro.

La riciclabilità dipende anzitutto dalla progettazione del materiale e dalla realizzazione del prodotto, bisogna considerare attentamente le singole componenti e la loro interazione, dal tipo di substrato in carta, all’applicazione di film plastico, coating, metallizzazioni, adesivi, lacche e vernici, ecc.

Sono a disposizione al pubblico recenti linee guida sia a livello nazionale (1) sia a livello Europeo (2) per facilitare la progettazione e le attività di riciclo.

(1) Linee guida per la facilitazione delle attività di riciclo degli imballaggi.

Progettare riciclo rientra nelle attività di prevenzione di Conai come strumento per il raggiungimento degli obiettivi di economia circolare.

(2) Cepi – Confederation of European Paper Industries

I criteri generali da considerare per garantire la riciclabilità sono i seguenti:

  • Il materiale o prodotto deve essere facilmente spappolabile in acqua.

Lo scopo è quello di estrarre la quantità maggiore possibile di fibre di cellulosa per la produzione di nuova carta. Nel caso di accoppiati questo significa avere una buona separazione delle componenti carta e plastica, in modo da permettere il massimo recupero di fibra possibile e separare il film plastico nelle fasi di pulizia dell’impasto.

Nel caso di additivi per la resistenza all’acqua deve essere valutata la compatibilità con le condizioni di spappolamento.

  • Lo scarto di processo di riciclo deve essere più possibile contenuto.

(per materiali accoppiati o con componenti non cartarie).

  • Gli adesivi non solubili in acqua devono essere rimuovibili meccanicamente.

Gli adesivi non solubili dovrebbero avere una bassa frammentazione durante lo spappolamento in modo da essere eliminati nelle successive fasi di pulizia dell’impasto.

  • Adesivi solubili o dispersi in sospensione non devono causare problemi di adesività in produzione, es. foglio di carta, cilindri di asciugatura.
  • Sostanze organiche solubili, se presenti in quantità significativa nel prodotto, deve essere valutato l’impatto sui circuiti dell’acqua di processo e sui sistemi di depurazione.

Al fine di misurare e valutare il livello di riciclabilità di un materiale o prodotto, è disponibile a livello nazionale la norma tecnica UNI 11743, per determinare a livello di laboratorio i parametri di processo e di qualità del prodotto, unitamente al Sistema di valutazione Aticelca 501 per la valutazione del livello di riciclabilità.

La norma UNI 11743 è molto conosciuta e utilizzata nella filiera, in particolare si è notato un crescente interesse nel corso degli ultimi anni, dovuto alla spinta verso il miglioramento delle prestazioni ambientale dei prodotti, all’evoluzione delle normative riguardanti queste tematiche e all’attenzione degli utilizzatori finali dei prodotti e dei consumatori. L’esperienza degli ultimi anni di applicazione della norma tecnica UNI e prima del metodo di prova Aticelca MC 501, ha mostrato un’evoluzione nelle caratteristiche dei prodotti tipicamente sottoposti ad analisi e la comparsa sul mercato di nuove tipologie di materiali.

La categoria dei prodotti accoppiati, sia flessibili sia rigidi, è quella maggiormente sottoposta a valutazione della riciclabilità in laboratorio e nel corso degli anni si è notato un trend di miglioramento del livello di riciclabilità di questi prodotti, nei limiti del possibile a seconda delle applicazioni.

Un aspetto tecnico importante, nel caso degli accoppiati con film plastico laminato, è l’interazione tra le componenti carta, adesivo e film plastico. A parità di composizione, la tipologia di adesivo, di carta e la loro interazione possono variare l’efficienza di separazione degli strati e quindi il recupero di fibra e la quantità di scarto. In alcune soluzioni in cui la separazione delle componenti non è ottimale, uno strato di carta rimane incollato al film plastico, determinando un aumento anche notevole dello scarto grossolano. Pertanto, a parità di composizione in peso/spessore dei materiali impiegati nel prodotto accoppiato, la quantità di scarto e di conseguenza il livello di riciclabilità ottenuto può essere molto diverso. Nell’ipotesi migliore, lo scarto del processo di riciclo è prossimo al quantitativo di plastica impiegato, al contrario nel caso peggiore lo scarto può essere molto superiore rispetto al peso percentuale del film plastico nel prodotto.

 

Esempio di scarto grossolano, costituito da frammenti di film plastico, con parziale residuo di carta non separato

Una nuova tipologia di materiali, che al momento ha un forte sviluppo e interesse, è rappresentato dalle carte con coating barriera e saldante. Per alcune applicazioni, questi materiali potrebbero sostituire il film plastico accoppiato alla carta, minimizzando lo scarto di pulper e facilitando alcuni aspetti del riciclo. Accanto a queste potenzialità, ci sono possibili criticità dovute alla natura adesiva del coating applicato, deve quindi essere valutata l’eventuale formazioni di particelle non solubili adesive (macrostickies) e possibile solubilizzazione di componenti che potrebbero causare problemi di adesione del foglio di carta o nell’impianto. Allo stato attuale, molti di questi materiali sono ancora in fase di sviluppo, altri sono da poco sul mercato, pertanto l’esperienza riguardante la misura della riciclabilità è limitata. In alcuni casi, in seguito a un primo test con valutazione negativa delle riciclabilità, la modifica della formulazione del coating o della modalità di applicazione sulla carta, ha permesso di raggiungere un ottimo livello di riciclabilità.

Esempi di particelle adesive, macrostickies, derivanti da carte con coating barriera saldante, durante la fase di misura in laboratorio

 

 

 

 

 

Per quanto riguarda la misura dei parametri di riciclabilità a livello di laboratorio, i nuovi materiali pongono delle nuove problematiche in alcune fasi della procedura di analisi, pertanto sarà sempre più importante il confronto all’interno della filiera per poter individuare possibili alternative o integrazioni alla procedura di analisi, in modo da avere un metodo sempre aggiornato al servizio delle aziende.

 

 

 

 

 

Promotion Trade Exhibition cambia data, appuntamento a marzo

PTE – Promotion Trade Exhibition, la manifestazione dedicata a oggettistica pubblicitaria, regalistica, tessile promozionale e tecnologie per la personalizzazione, in programma nel mese di gennaio, si terrà a Fiera Milano, dal 9 all’11 marzo 2022.
Una nuova collocazione in prossimità della primavera, identificata grazie al confronto continuo con il mercato, che consentirà di svolgere l’appuntamento in un clima di maggiore serenità per tutti gli attori della filiera.
La manifestazione si prepara dunque a proporre il meglio di oggettistica, tessile e tecnologie per la personalizzazione, con rinnovata attenzione a sostenibilità e proposte made in, caratteristiche peculiari di tutte le novità in mostra.
In attesa di reincontrarsi, PTE continuerà a interagire con il mercato attraverso il suo sito, con aggiornamenti sul progetto, gli approfondimenti di PTE news – sezione dedicata a imprese e professionisti, che raccoglie interviste, novità di prodotto, storie e informazioni – e i contenuti di #PTEpeople, la community digitale attiva tutto l’anno.
L’appuntamento con PTE – PromotionTrade Exhibition è dunque a Fiera Milano, dal 9 all’11 marzo 2022.

Federazione Carta Grafica: 22 miliardi di Euro di PIL a rischio per il caro energia. Gas +600%

A margine dell’evento organizzato da UGL “Indipendenza energetica e sviluppo sostenibile” a Roma, Massimo Medugno direttore di Assocarta e Federazione Carta Grafica ha illustrato le due richieste urgenti per contrastare il caro energia non solo nel settore della produzione di carta (153 siti produttivi e 19mila addetti), ma per tutta la filiera che è pesantemente colpita, direttamente o nell’incremento esponenziale del costo della materia prima. Una filiera che vale l’1,4% del PIL e muove il Made in Italy nel mondo, coi suoi 3,5mld di euro di saldo positivo della Bilancia Commerciale.

“La prima misura è trovare un modo per utilizzare le riserve strategiche nazionali di gas per affrontare questa emergenza. La seconda: lavorare a livello europeo affinché il mercato possa aumentare la liquidità, perché del gas a prezzi convenienti consente alle imprese di reinvestire per il miglioramento energetico e per raggiungere il traguardo della decarbonizzazione” spiega Medugno. “Il prezzo del gas è aumentato del 600% e per le cartiere è la materia prima principale che incide per il 30% sui costi complessivi. Fino a un anno fa il gas costava 20 euro al Megawattora, ieri è arrivato a 90 euro. Pesantemente colpite anche le aziende energivore della stampa rotocalco e i grandi impianti della trasformazione”.

L’Italia è il terzo produttore cartario in Europa dopo Germania e Svezia e il settore vale circa 7 miliardi, ma la filiera, dalle cartiere fino ai produttori di imballaggio, agli stampatori ai produttori di macchinari per la stampa e il converting, crea un fatturato di 22 miliardi di euro, l’1,4% del PIL ed esporta circa il 45% della produzione. È la filiera che ha l’onere e la responsabilità di veicolare nel mondo il Made in Italy. I nostri prodotti vengono inscatolati qui, vengono movimentati, accompagnati e protetti proprio grazie ai nostri imballaggi. Carta vuol poi dire anche prodotti igienici sanitari. Carta è anche cultura e informazione: la produzione di libri e giornali è ha rischio tenuta per i costi della materia prima e le difficoltà a reperirla.

Non è solo la produzione di carta a soffrire, quindi, ma l’intera filiera della grafica, stampa e trasformazione, che sta subendo i colpi della congiuntura, con i rincari dei costi energetici che prosciugano i margini delle aziende che producono stampati, packaging e macchinari per printing e converting.

LUT be or not LUT be?

A 5 anni dalla loro introduzione in Photoshop le LUT, o Look Up Table, tradotte in italiano con Consultazione colore, restano poco conosciute e poco utilizzate. Da dove spuntano? Come sfruttarle in modo utile?

Proviamo a sintetizzarne pregi e difetti dando qualche orientamento chiave.

Cosa sono le LUT?

Le tavole di consultazione colore sono essenzialmente delle tabelle di conversione, dove sono conservate le istruzioni di regolazione da usare per rimappare i colori iniziali di un’immagine o un video sorgente.

Giusto per riportare alcuni contesti affini, e considerate le opportune differenze, operano in modo analogo a:

– i profili ICC usati nella gestione del colore.

– le mappe sfumatura del menu Immagine>Regolazioni

– le tavole colore delle immagini in metodo Scala di colore, come le Gif o le PNG-8

Possiamo quindi considerarlo come un predefinito di conversione colori che ne coinvolge sostanzialmente tutte le caratteristiche (tonalità, saturazione e luminosità), utile per interventi di color correction o, molto più frequentemente, di color grading.

In ambito video sono molto diffuse e utilizzate già da una ventina d’anni, sia per conversioni tecniche che per ottenere effetti visivi specifici, e quelle di cui stiamo parlando in questo articolo sono in prevalenza legate a quest’ultimo aspetto.

Le LUT generate in Photoshop sono esportabili in 4 formati diversi (3DL, CUB, CSP, ICC) e risultano quindi

comodamente importabili nei programmi di editing video come Premiere o After Effects.

La foto di partenza prima della regolazione (a sinistra) e con l’applicazione della pila di regolazioni che serviranno per l’esportazione della LUT (a destra)

 

I livelli di regolazione con le impostazioni applicate, naturalmente è possibile modificare arbitrariamente qualunque valore

Come creare una LUT

Il comando di cui abbiamo bisogno si trova nel menu File>Esporta>Tavole di consultazione colore… ma prima di selezionarlo dobbiamo preparare un file di base che contenga delle indicazioni sulle correzioni da applicare.

Va bene una qualunque quantità di livelli di regolazione, di cui si possono modificare a piacere anche i valori di opacità, riempimento, i metodi di fusione e la fusione condizionale presente nella schermata delle Opzioni di fusione.

Il vantaggio di creare una LUT a partire da combinazioni multiple di livelli di regolazione è contemporaneamente il suo stesso svantaggio: l’applicazione diventa molto rapida perché fa la summa di tutte le regolazioni che contiene, per contro non si possono modificare parametri o caratteristiche di nessuno dei livelli di regolazione da cui siamo partiti.

La voce di menu per l’esportazione della LUT e quella per l’importazione, dal menu Proprietà, dopo aver creato un nuovo livello di regolazione Consultazione colore

Come applicare una LUT

Questa sezione può inizialmente apparire banale, dal momento che l’applicazione di una LUT ad un file passa semplicemente per la voce Carica tavola colori 3D… dal menu a tendina File3DLUT.

In realtà in questa sede vorrei sintetizzare le necessarie premesse per ottenere buoni risultati nella loro applicazione, che possiamo ricondurre a due aree principali: l’intensità delle regolazioni applicate e i file di base su cui vengono applicate.

A. I valori di regolazione

Variazioni numeriche molto aggressive, specialmente se contrastanti e applicate su intervalli tonali attigui, possono generare effetti di posterizzazione spiacevoli, con banding e clipping evidenti (in parte risolvibili con l’uso su file a 16 bit nativi anziché 8).

B. Il file di base

Le immagini (o i video) a cui si applica una LUT devono avere una forte coerenza di fondo, in termini di contrasti e di cromia.

Normali fluttuazioni determinate dalle diverse scene sono considerabili normali e sono generalmente risolvibili con interventi manuali da parte del colorist, così da restituire un look coerente.

Invece immagini di partenza con caratteristiche iniziali molto diverse restituiscono inevitabilmente “sapori” diversi, esattamente come in cucina non si può replicare una ricetta di cottura per la costata di manzo se stiamo preparando una crostata di mele.

L’applicazione su un secondo soggetto della LUT creata sulla prima immagine può restituire un riscontro coerente se le condizioni tonali e cromatiche di partenza sono ragionevolmente simili. Parte del successo dipende anche da quali istruzioni vengono salvate nella LUT ma tenere presente questo aspetto aiuta a non prendere cantonate.

(Si ringrazia Francesco Volpe per la concessione d’uso dell’artwork)

L’applicazione della LUT su un’immagine “distante” dalla prima crea un look poco coerente. In questo caso i contrasti possono essere considerati accettabili ma la variazione cromatica sul verde giallastro non ha molto a che vedere con le tinte malva della prima immagine.

Direct marketing, comunicazione personalizzata

In un mondo sempre più attento a valori quali la personalizzazione estrema e la sostenibilità ambientale ed economica, la stampa dei dati variabili presenta una molteplicità di sfide emergenti. Per orientarsi nel nuovo scenario, abbiamo scelto come guida una realtà di riferimento come Addressvitt, forte di un’esperienza pluridecennale maturata operando in più settori di mercato.
«Addressvitt è uno dei più consolidati player del direct marketing italiano», racconta Sergio Pilu, marketing&special projects director. «Siamo nati nel 1956 come piccola azienda specializzata nella gestione delle banche dati e siamo cresciuti ininterrottamente fino a divenire, oggi, una delle più importanti e apprezzate agenzie di direct marketing italiane. In questi decenni di attività nel mondo del marketing diretto a ciclo completo, abbiamo maturato moltissime esperienze, in Italia e all’estero, in ogni settore di attività economica: in particolare Banking, Finance, SGR, Editoria e Retail».
Oggi Addressvitt opera nel settore con l’ambizione di fornire delle risposte ad hoc alle richieste che giungono dal mercato. «La nostra missione è quella di offrire ai nostri clienti la miglior soluzione di direct marketing su misura per le loro esigenze. Per i nostri clienti vogliamo essere l’one stop shop, il punto di riferimento unico dove trovare tutte le competenze necessarie per sviluppare in modo efficace le loro attività di comunicazione e internazionalizzazione».

Cosa sono i dati variabili
Grazie alla sua storia ed esperienza, Addressvitt ha le idee molto chiare su cosa siano i dati variabili e su come abbiano cambiato – e stiano ancora oggi cambiando – il mondo della stampa. «Partiamo dal presupposto che il concetto di dato, oggi, copre una gamma di elementi veramente enorme, andando dalle informazioni di natura “amministrativa” (pensiamo a tutte le informazioni relative a un individuo o un’azienda che permettono l’emissione di una bolletta) a quelle di marketing (comportamentali, da elenco pubblico, di terza parte, raccolte attraverso form e landing page e così via) che, unite ai dati anagrafici di contatto, consentono di produrre una comunicazione personalizzata. Fatta questa premessa», prosegue Pilu, «in termini concettuali il dato variabile ha profondamente cambiato il mondo della stampa, ormai da molto tempo: la sfida di oggi è quella di rendere il più possibile economica la gestione personalizzata di testi, grafiche e immagini per consentire a qualsiasi cliente, che abbia degli esperti di comunicazione attenti e consapevoli, di utilizzarli al meglio. Nel passaggio da campagne tra loro tutte identiche, con la sola differenza dell’indirizzo del destinatario, a campagne realmente personalizzate, nelle quali il contenuto di ciò che ricevo io e ciò che riceve il mio vicino di casa si differenzia in base all’analisi e all’utilizzo dei dati di prima e terza parte, ci sono dei limiti di tecnologia ed economicità che impattano sulle tirature, sulle capacità produttive e, in ultima analisi, sul ROI come elemento decisionale».
La stampa dei dati variabili rappresenta uno scenario che apre opportunità interessanti agli stessi stampatori, in termini di mercati e applicazioni. «Gli stampatori, in qualità di esecutori, se adeguatamente attrezzati, possono cogliere l’occasione di integrare e fare crescere fatturato e margini», conferma Pilu. «Ovviamente, sono però necessari investimenti in professionalità e tecnologie dedicate, che possono variare in modo anche sensibile, a seconda delle applicazioni previste, perché non è la stessa cosa lavorare sulla personalizzazione di una bolletta e su quella di una campagna di loyalty nel settore fashion. L’apporto consulenziale offerto dallo stampatore non può limitarsi alla realizzazione fisica della campagna, ma deve estendersi all’area marketing per affiancarsi al cliente, aiutandolo a trovare il modo migliore di usare i dati che possiede».

Opportunità e sfide
A questo punto, può risultare utile approfondire quali siano le modalità di lavorazione della stampa del dato variabile, descrivendo almeno i passaggi principali. «Direi che in prima battuta, restando nell’ambito delle tecnologie a maggiore diffusione, distinguiamo tra la stampa in inkjet (nero) e quella in laser nero o full color», racconta Pilu. «La prima consiste nell’uso di un getto di inchiostro normalmente nero (a parte rari casi di colori diversi utilizzabili attingendo a una palette di disponibilità piuttosto modesta), mentre la seconda applica la tecnologia laser affiancando al solo nero l’opzione full color. Quest’ultimo caso è, ovviamente, molto interessante quando la tecnologia di stampa (intesa come combinazione di hardware e software) consente di variare tutta la grafica o parti importanti di essa a seconda del destinatario, andando ad attingere ai database relazionali che contengono i dati, dove questi includono le stesse immagini e grafiche che vanno considerate alla stregua dei dati di contatto. In termini di tecnologie di stampa, queste possono essere a foglio o rotative a seconda delle quantità e delle fasi di confezionamento successive».
In senso assoluto, ad agio degli stampatori, secondo Pilu diventa piuttosto complicato indicare la fase di stampa maggiormente critica. «Anche in questo caso la risposta è “dipende”», assicura il manager di Addressvitt. «Generalizzando, le maggiori criticità sono rappresentate dagli eventuali scarti di lavorazione che richiedono il trattamento della reintegrazione nel flusso e il matching, l’abbinamento all’interno dello stesso package inviato a un unico destinatario di più elementi personalizzati. Sono problematiche che si affrontano con una combinazione di esperienza degli operatori e software ad hoc».
In riferimento alle aziende clienti, è invece possibile identificare alcune problematiche da vagliare con attenzione nel preparare i dati per grandi tirature di stampa. «L’aspetto fondamentale, che purtroppo è anche molto spesso quello più trascurato, è la qualità del dato sorgente da mandare in output, che ovviamente dipende dalla corretta gestione del database ed eventualmente di un CRM: un dato non aggiornato oppure “sporco”, come frequentemente capita di dover trattare, rappresenta talvolta un rischio e in ogni caso un fattore di costo, perché obbliga a trattamenti aggiuntivi di data quality che impattano sull’intero processo che porta alla stampa e al confezionamento. È il motivo per cui molti clienti si avvalgono di professionisti con specifiche competenze di questo tipo di attività, come ad esempio Addressvitt».
In questo contesto, il tema della nobilitazione si erge come una opportunità e una sfida. Analizzando il suo rapporto con la stampa di dati variabili, secondo Pilu, «la logica e il buon senso suggeriscono di valutare, di volta in volta, il rapporto tra rischio e beneficio e gli eventuali ritorni di impresa. Le piccole tirature, proprio per gli importi minori generati, danno spazio a nobilitazioni maggiori, che possono essere usate come area test o per operazioni mirate a una fascia ristretta e top class della clientela».

Uno sguardo al futuro
D’altro canto, la tecnologia continua a evolvere per affrontare gli aspetti di preparazione dei dati. «Le applicazioni sono veramente moltissime e le soluzioni devono essere valutate a seconda del settore che si vuole fornire», suggerisce Pilu. «Direi che un trend al quale stiamo già in parte assistendo, e sul quale mi sento di scommettere, è quello che riguarda l’utilizzo del dato variabile basato in modo estremamente rilevante sugli elementi geografici: ritengo che buona parte del futuro si giocherà su un tendenziale abbandono delle grandi tirature di stampa in favore di campagne di location marketing e proximity marketing medio-piccole, quando non addirittura molto piccole ad alto valore aggiunto. Il tutto motivato da una sempre maggiore ricerca di precisione della targetizzazione, di bontà della personalizzazione e di generale sostenibilità – economica ma anche ambientale – delle campagne di comunicazione».
In riferimento a quanto raccontato, i prossimi obiettivi di Addressvitt spaziano in più direzioni. «Stiamo lavorando molto proprio sulla combinazione dei due elementi di cui parlavo: da una parte il rafforzamento della nostra business unit dati per offrire ai clienti capacità analitiche e di clusterizzazione sempre più avanzate, dall’altra abbiamo realizzato un importante investimento nella tecnologia di confezionamento postale in carta, quello che nei mercati stranieri viene conosciuto come paper wrap, che, da una parte, garantisce ai nostri clienti la massima sostenibilità ambientale delle loro operazioni e, dall’altra, gli offre spazi di comunicazione finora non disponibili, all’interno dei quali il dato variabile giocherà un ruolo sempre più importante», conclude Pilu.

Quadient: dalle parole ai fatti, tutti i benefici dell’integrazione

Quando si parla di ridurre i costi o migliorare l’efficienza di un processo produttivo, l’integrazione è una delle soluzioni indicate più di frequente. Spesso, quasi come una sorta di parola magica, senza sufficienti idee utili a tradurla in pratica.

Nei flussi di lavoro post stampa però, oggi tutto questo si può concretizzare. Aspetto ancora più interessante, senza necessariamente dover mettere in preventivo investimenti. Su macchinari e software di ultima generazione, tecnologie e competenze possono essere infatti già disponibili. L’unico impegno richiesto, è capire come adattarli ai propri flussi di lavoro.

Benefici immediati a portata di mano

Una soluzione molto più semplice ed efficace di quanto si possa pensare. Per dimostrarlo, si può guardare a uno scenario molto comune, come la lavorazione di piccolo e medio formato a colori con dei semplici biglietti da visita. Una delle operazioni più importanti anche dal punto di vista del tempo necessario è l’imposizione. In genere, svolta a mano da un operatore esperto e poi inviata al sistema di post stampa.

Da qui, un addetto dovrà prelevare i fogli per trasferirli a una taglierina e successivamente a un modulo di finitura. Il tutto, con una serie di prove per verificare la corretta esecuzione di ogni passaggio ed eventuali ripetizioni, con prospettiva di scarti di produzione.

Uno scenario completamente diverso da quello reso possibile da un software di integrazione. In questo caso infatti, i macchinari interessati sono collegati direttamente al software di imposizione, quindi, una volta stampati i supporti, sarà sufficiente inserirli nel vassoio di entrata del dispositivo di finitura, meglio ancore se un multifunzione, per eseguire il lavoro in automatico, senza necessità di controlli e presidio.

Il valore del tempo

Facile a questo punto inquadrare i benefici. Prima di tutto, in termini di tempo di produzione drasticamente ridotto e riduzione degli sprechi dovuti alla minore esigenza di eseguire prove di stampa.

Soprattutto però, un utilizzo migliore delle risorse e delle competenze. Non è più necessario dedicare personale a mansioni manuali, permettendogli di concentrarsi sulle attività più remunerative, dallo sviluppare un progetto a seguire un nuovo cliente.

La notizia migliore di tutte però è come questo possa costare poco se non addirittura niente.
Esistono infatti dispositivi il cui software a corredo di serie è già in grado di gestire l’integrazione. Il salto di qualità in termini di efficienza e riduzione di costi è quindi solamente una decisione sul quando metterla in pratica.

Un passo reso ancora più semplice grazie all’iniziativa congiunta di Italia Grafica e Quadient per guidare questa importante transizione.

 

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