Curiosità

Perché non ci mangiamo anche il packaging? Forse presto si potrà!

In fase di sperimentazione avanzata, presto potrebbero conquistare spazio sul mercato. Sono nuove confezioni in plastica per alimenti, nelle quali il tradizionale imballaggio in plastica viene sostituito da un nuovo materiale prodotto con le proteine del latte che renderebbero commestibile, oltre al contenuto, anche il contenitore. Sul sapore si sta ancora lavorando e, una volta trovata la giusta dose per rendere il materiale gradevole anche al gusto, magari con l’aggiunta di aromi e addirittura vitamine, gli imballaggi di nuova generazione saranno pronti al test vero, quello del mercato. A credere nel progetto di un packaging autenticamente green è il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, che ha presentato il progetto a Philadelphia, nel corso del congresso della Società Americana di Chimica e affidato una prima fase di produzione sperimentale a una piccola azienda del Texas. I ricercatori, coordinati da Peggy Tomasula e Laetitia Bonnaillie, autori della «ricetta» a base di caseina, con l’aggiunta di pectina di agrumi e di alcuni sali per renderle la pellicola più forte e più resistente all’umidità, prevedono che le prime pellicole al latte possano arrivare sul mercato nell’arco dei prossimi tre anni. I due chimici alimentari hanno avuto l’idea pensando di poter sfruttare la sovraproduzione di latte negli Stati Uniti che, nonostante un calo dei consumi, è stata mantenuta alta grazie alla trasformazione in latte in polvere, comunque disponibile in eccesso.

«La pellicola fatta con le proteine del latte è anche molto efficace nel bloccare l’ossigeno, garantendo una migliore conservazione dei cibi nella catena della distribuzione e riducendo di conseguenza gli sprechi», ha osservato Tomasula. Si calcola infatti che queste pellicole “da mangiare” blocchino il contatto dei cibi con l’ossigeno con un’efficacia 500 volte maggiore rispetto a quella della plastica. Risolverebbero inoltre uno dei maggiori problemi legati alle confezioni in plastica, vale a dire l’accumulo di tonnellate di rifiuti non biodegradabili, che occupano le discariche per anni. Per i prodotti come fette di formaggio, carni confezionate e snack confezionati singolarmente e perfino per la pizza con i suoi cartoni, le attuali soluzioni di packaging finiscono inevitabilmente in discarica. Ogni anno gli americani scartano circa 33 milioni di tonnellate di plastica, dei quali solo una piccola parte viene recuperato, vista la praticità e soprattutto l’economicità di produrre imballaggi «vergini». Finora, qualcosa di simile sul mercato è stato tentato da pellicole in amido di patate, anch’esse biodegradabili e commestibili, ma più limitanti in termini di risultati, in quanto maggiormente porose e più sensibili al contatto con l’ossigeno. Un «difetto» che le penalizza in quanto a capacità di conservazione del cibo. A confronto, i pori delle pellicole ottenute dal latte, utilizzando la caseina, sono molto più piccoli e riescono a proteggere meglio gli alimenti. Per rendere le pellicole ancora più robuste, resistenti a umidità e temperatura e maneggevoli, è stata utilizzata la pectina estratta dai limoni.

«Tra le prime applicazioni c’è il confezionamento di cibi in porzioni singole – ha detto Bonnaillie – e un altro vantaggio della plastica derivata dal latte è che può essere applicata come uno spray su cibi meno resistenti al contatto con l’umidità, come i cereali, oppure per conservare in modo ideale la pizza, evitando che il condimento si disperda». Una proposta interessante che, tuttavia, deve ancora trovare risposte applicabili per una produzione industriale, in primis per i possibili problemi nei confronti dei soggetti allergici ai derivati del latte. «Dobbiamo trovare un equilibrio tra le proprietà di resistenza ed elasticità, tenendo conto soprattutto delle normali condizioni di stoccaggio dei cibi, dal frigorifero al caldo di una cucina», dicono i ricercatori.

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