Food contact

Contatto con alimenti, valutare il rischio

Il mercato richiede prodotti che siano sostenibili. È però essenziale ricordarsi che la sostenibilità non deve mai compromettere la sicurezza. Accanto a eco-design e studi di LCA, il settore ha un alleato nella prevenzione attraverso analisi di laboratorio, anche con approcci innovativi.

La sostenibilità del prodotto è tra gli obiettivi principali delle aziende. Esistono però esigenze normative da rispettare e aspetti pratici da tenere in considerazione, tra cui la sicurezza del consumatore finale, che deve essere garantita sempre; un aspetto da valutare anche in fase di analisi. Proprio della valutazione del rischio di materiali a base cellulosica e di indagini su sicurezza, composizione e conformità al loro utilizzo finale ha parlato al Congresso Aticelca 2022 Marinella Vitulli, owner&director di Food Contact Center.

Il concetto di sostenibilità

Per verificare e provare la sostenibilità ambientale di un prodotto esistono diversi schemi, a partire da quelli creati dalla Commissione europea sino alle linee guida approntate dal mondo industriale, le PCR (product category rules) ovvero quell’insieme di regole e requisiti per lo sviluppo di EPD, le dichiarazioni ambientali di prodotto. Per chi è deputato a effettuare analisi, uno strumento ideale è la valutazione del ciclo di vita o LCA (life cycle assessment), secondo le norme ISO 14040 e ISO 14044.

In ambito di economia circolare, tra le azioni della cosiddetta “Regola delle 5 erre” per giungere a un modello di economia a zero sprechi – ridurre, riutilizzare, riciclare, raccogliere e recuperare –, quella che dimostra di avere il maggiore impatto ambientale è il riciclo, ma il tema diventa particolarmente delicato quanto si entra nell’ambito di utilizzo di materiali riciclati per alcuni tipi di prodotto, soprattutto quando devono andare a contatto con gli alimenti.

«Se consideriamo un oggetto di cellulosa vergine o realizzato con un materiale riciclato, dobbiamo comunque considerare che la sicurezza è un must. Nel contatto con alimenti l’articolo 3 del Regolamento quadro – Reg. CE n. 1935/2004 – dispone che l’oggetto non deve costituire pericolo per la salute umana, comportare modifiche dell’alimento o anche semplicemente modifiche sensoriali». Questa è la regola generale che si applica a tutti i manufatti cartari, però occorre poi capire come dimostrare la conformità in base a regole specifiche. Ed è qui che la situazione si complica.

Da regole generiche a regole specifiche

Il problema principale è dato dal fatto che la carta non abbia un regolamento armonizzato europeo. Diventa quindi una via obbligata il dovere fare riferimento a «leggi nazionali, documenti prodotti dalle associazioni, piuttosto che a risoluzioni del Consiglio d’Europa». A tale proposito Food Contact Center – che è un laboratorio accreditato per effettuare le analisi Moca (materiali a contatto con alimenti) – ha sviluppato un proprio strumento denominato Matrix, «una matrice di regolamenti che permette di verificare, a livello europeo, tutti i Paesi che hanno una legge specifica per un dato materiale, in questo caso per carta e cartone. Lo strumento» spiega Vitulli «dimostra che la situazione è decisamente complicata, anche se, quando si parla di “alimentarietà” di un materiale, questa alla fine viene rappresentata dalla conformità alle leggi italiana, francese e tedesca».

Per alcuni aspetti la normativa sul food contact in Italia è molto più severa che in altri Paesi, «per quanto riguarda i materiali che contengono riciclato, il contatto può essere fatto solo con alimenti secchi» prosegue Vitulli. Questo implica che per il contatto con alimenti non secchi, per esempio la pizza, sia necessario avere solo materiali in pura cellulosa.

Diversa invece è la situazione in Francia «dove vi è un nutrito elenco di sostanze con limiti molto sfidanti, soprattutto per gli ftalati e i reticolanti. Vi è la possibilità di eseguire analisi anche tramite solventi e simulanti, però il confronto con la legge deve essere fatto relativamente alla migrazione all’interno dell’alimento».

La Germania, infine, si rifà alle BfR ovvero raccomandazioni – che nei fatti hanno valore di legge – nelle quali, per quanto riguarda i materiali riciclati, si riporta una tabella con i parametri delle varie sostanze. Anche in questo caso si può dimostrare la conformità con prove di migrazione all’interno dell’alimento.

Le analisi di laboratorio

Quando si procede ai controlli, il primo step consiste nelle prove estrattive sui campioni da analizzare. Una volta individuati i valori dei contaminanti, occorre valutare l’esposizione del consumatore. Solo dopo questi calcoli si può arrivare a dimostrare la conformità o meno del materiale. «Cerchiamo sempre di dimostrare la reale esposizione al consumatore» spiega Vitulli, «perché la sola presenza dei contaminanti di per sé non è sufficiente a dimostrarne la pericolosità per la salute umana, bisogna verificare se veramente esista il rischio e se ci sia una reale esposizione».

Il team di Food Contact Center ha eseguito di recente uno studio in collaborazione con il gruppo del CNR di Pisa e di Siena proprio in questo ambito. «La ricerca è stata effettuata su parametri analizzati in parallelo: il nostro gruppo ha eseguito le analisi su carta e cartone, mentre il gruppo del CNR su campioni biologici».

Innanzitutto è stato condiviso l’approccio analitico che sarebbe stato poi adottato.

«Per quanto riguarda i contaminanti organici si è trattato di analizzare sostanze volatili, semi volatili e non volatili, con la tecnica GC/MS gascromatografia-spettrometria di massa, mentre per i contaminanti tipici di carta e cartone, volatili e non volatili, è stata utilizzata la tecnica liquido-cromatografica».

La difficoltà nell’uso di questa tecnica, soprattutto in ambito di screening, è l’assenza sul mercato di librerie. «Nel 2018» precisa Vitulli «con la collaborazione della società Sciex e sotto la supervisione del CNR di Pisa, abbiamo portato avanti la costruzione di una libreria – nostro progetto già da alcuni anni – poi pubblicata e distribuita nel 2020».

La libreria si basa sulla tecnica LC Q TOF ed è costantemente implementata. Al momento raccoglie 12mila sostanze contaminanti di materiali in carte e cartoni – sia a contatto con alimenti sia non –, oltre ad altre 1.700 sostanze caratterizzate anche da tempo di lievitazione e massa/massa.

I risultati ottenuti

Le analisi effettuate su campioni di carta e cartone – sia di carte vergini sia di carte riciclate – si sono concentrate sulla presenza di ftalati analizzati in gasmassa e di bisfenoli analizzati in liquidomassa. I risultati ottenuti, spiega Vitulli, hanno mostrato come «circa il 10% di campioni di pura cellulosa avesse questi contaminanti come contenuto, mentre per i campioni in carta riciclata i valori fossero molto più alti: più del 90% degli stessi ha registrato la presenza di queste sostanze».

«Con la tecnica di screening abbiamo potuto anche investigare la presenza di altri contaminanti, che sono stati riconosciuti grazie al nostro database».

Le prove eseguite su campioni biologici da parte del CNR hanno evidenziato, invece, «soprattutto la presenza di metaboliti e biftalati all’interno dei campioni di urina».

Questo studio ha dimostrato che i contaminanti effettivamente sono ingeriti dall’uomo, con un indubbio impatto biologico; tuttavia occorre considerare un aspetto importante, «stiamo parlando di contaminanti ubiquitari» precisa la direttrice «e ciò significa che l’esposizione degli esseri umani nasce dalla combinazioni di più fattori e non è detto che questa assunzione derivi dal manufatto cartario».

Il passaggio successivo dello studio, quindi, è stato di cercare di capire se effettivamente le sostanze riscontrare nelle prove di estrazione corrispondessero a una reale migrazione.

Le prove sono state fatte sui bisfenoli con solventi estrattivi e i risultati poi sono stati pubblicati in una tesi svolta in collaborazione con l’Università di Firenze. Ma non è tutto, la prova di migrazione di bisfenoli all’interno della pizza – effettuata attraverso un’analisi di migrazione all’interno dell’alimento accreditata da Food Contact Center con Accredia – ha dimostrato come la migrazione non ci sia. In pratica gli stessi campioni risultati non conformi con i test con solventi estrattivi sono risultati invece conformi al test di migrazione nell’alimento. Un dato raggiunto anche quando il campione è stato sottoposto a condizioni fortemente peggiorative – per esempio il provino in cartone è stato scaldato in forno per 24 ore.

«Con questo approccio i risultati mostrano che la migrazione non c’è, anche perché i bisfenoli sono sostanze pesanti e quindi è veramente difficile che riescano a migrare. Diversa la situazione per gli ftalati che, invece, un po’ di migrazione l’hanno fatta registrare, però sempre nel rispetto dei limiti di legge».

Un altro parametro che gli analisti hanno considerato e che è previsto dal BfR tedesco riguarda l’analisi dell’alluminio. «Anche in questo caso abbiamo eseguito la migrazione nell’alimento – l’anno scorso abbiamo accreditato Accredia anche le migrazioni di alluminio e di ferro all’interno dell’alimento. Anche in questo caso, per gli stessi campioni che davano la non conformità siamo riusciti a dimostrare la conformità».

Prevenire è meglio che curare

La prova di conformità tramite l’approccio di analisi all’interno dell’alimento non è però sempre consentita dalla legge. Per questo motivo Food Contact Center, sempre in collaborazione con il CNR, ha validato un metodo Fast di screening concentrato sui principali contaminanti e soprattutto sulla presenza di sbiancanti, sostanze normate dalla UNI EN 648:2019. «Considerando quindi che per gli sbiancanti si deve necessariamente applicare questa norma, può essere utile in fase preventiva sapere se ci sia già, all’interno del materiale che poi andrà come componente di riciclo, una certa quantità di imbiancanti, per di più tenendo conto che successivamente la cartiera andrà ad aggiungerne altri. Per questo motivo» spiega Vitulli «abbiamo realizzato un metodo di screening e una specifica libreria di sostanze imbiancanti» che potranno essere molto utili ai produttori di carta.

«Dunque si può lavorare sulla prevenzione, ricordando sempre che, in ambito cartario, il ricorso al riciclo è molto vantaggioso, ma la sostenibilità non può compromettere la sicurezza e per dimostrare quest’ultima possono esserci approcci tradizionali e approcci innovativi che vadano a valutare le possibilità della legge».

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