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Giflex 2021: scenari per la ripartenza

Il settore dell’imballaggio flessibile ha davanti a sé numerose sfide per i prossimi anni. A partire dai temi della sostenibilità, dell’economia circolare e del riciclo. Il tutto in un quadro economico definito da un mercato globale ormai definitivamente cambiato. Di questo e dell’impegno del gruppo si è parlato al webinar “Giflex 2021: scenari per la ripartenza”.

Il settore dell’imballaggio flessibile guarda alla nuova attualità dettata da uno scenario economico complesso e mutato nei termini, e ne raccoglie le sfide. Quelle di un’economia mondiale cambiata profondamente, di un mercato con nuovi bisogni e di politiche ambientali che impongono traguardi impegnativi. Ne ha ragionato il Gruppo Imballaggio Flessibile di Assografici organizzando, lo scorso 19 gennaio, il webinar “Giflex 2021: scenari per la ripartenza”.

Dove eravamo rimasti

Sostenibilità, economia circolare, riciclo. Sono queste le nuove esigenze del mercato a cui il settore dell’imballaggio flessibile si è ritrovato a dare risposta, già da qualche anno; trend che Covid-19 ha accelerato. Un compito difficile, una sorta di “labirinto”, come l’ha definito il presidente di Giflex Alberto Palaveri, nel quale è necessario trovare un bilanciamento, non sempre facile, tra diversi driver.

A questo scenario di complessità e incertezza che già interessava il periodo pre Covid, si aggiungono le decisioni prese a livello istituzionale che tengono conto proprio di questi nuovi temi di circolarità, riciclo e sostenibilità. Decisioni non sempre coerenti con le reali esigenze dei settori industriali. Il presidente riporta l’esempio dell’etichettatura ambientale voluta dal Ministero dell’Ambiente, un provvedimento di per sé positivo ma ancora incompleto, per il quale Giflex si è mosso da subito, al fianco di Confindustria, per la creazione di un Tavolo tecnico con il Ministero al fine di «realizzare un’etichettatura che definisca in modo chiaro il contenuto del materiale utilizzato e che valorizzi anche il lavoro di design e progettazione che le aziende generano».

Altro tema delicato è la Plastic tax che in Italia «confluisce nella fiscalità generale, mentre sarebbe importante che una parte del denaro raccolto con questa tassa venisse investita nel settore» per esempio al fine di potenziare la parte di riciclo e riutilizzo post consumo. Non solo, la nuova tassa spinge al ricorso a plastica riciclata, un problema per le imprese dell’imballaggio flessibile. «Per legge siamo obbligati al ricorso a plastica vergine per la maggior parte dei nostri prodotti» spiega Palaveri, sarebbe quindi opportuno prevedere un trattamento differente per le aziende del settore proprio in ragione di questo aspetto.

Si è recentemente aperto anche il tema legato al bando dei prodotti plastici monouso per ottemperare alla direttiva europea SUP – Single Use Plastic – al fine di ridurre l’inquinamento marino. Si sta ragionando sull’idea di includere tra i materiali da tassare ulteriormente a livello europeo anche i multipack, con un forte impatto economico sui prodotti del settore imballaggio flessibile. Anche su questo Giflex lavorerà nei prossimi mesi.

Più vicini agli associati

Resta l’incertezza su come sarà caratterizzato il mercato dei prossimi anni. Gli scenari sono molteplici, rimane salda però l’intenzione di Giflex di proseguire il percorso sinora tracciato, puntando ancora di più sulla coesione delle diverse realtà che lo compongono. L’associazione deve avvicinarsi e ascoltare gli associati, spiega il presidente. E farlo attraverso: l’organizzazione di Comitati esecutivi in presenza sul territorio e l’apertura a nuove realtà, l’organizzazione di nuovi meeting virtuali, l’implementazione della comunicazione interna ed esterna, e l’ampliamento delle sinergie e collaborazioni con il sistema confindustriale e le realtà vicine al settore.

«Il futuro è flessibile» afferma Palaveri «e le nostre aziende lo devono diventare, anche introducendo innovazione nei nostri prodotti. Dovremo essere creativi e come Giflex dovremo lavorare con l’intera filiera per rispondere al meglio alle esigenze del mercato».

Una strategia necessaria, soprattutto nel nuovo panorama economico che si è venuto profilando.

L’economia del nuovo mondo

Il mondo è cambiato e dal punto di vista economico è inevitabile farne conto. Quella innescata dalla pandemia di Covid-19 è la peggiore crisi dal secondo dopoguerra, «è di carattere globale ed è la più grande della storia». A spiegare questi aspetti è Fadi Hassan, research associate presso il Centre for Economic Performance, LSE (London School of Economics). Si prevede a livello mondiale un calo del PIL di circa il 6%, «oltre il 90% dei Paesi nel mondo subirà una decrescita» afferma, per affrontare la quale sono state adottate strategie fiscali diverse. «Nei Paesi europei il grosso della spesa pubblica è destinato alla liquidità e al supporto alle imprese, mentre in altri Paesi, come gli Stati Uniti e la Cina – una delle poche economie che si prevede in crescita – la politica è stata di destinare la liquidità pubblica direttamente alle persone».

L’indebitamento pubblico non sarà però l’unico problema di cui preoccuparsi, a questo si accompagnerà anche quello delle aziende. Ciò significa, spiega il professore, che «in futuro, anche con la ripresa, le imprese non avranno molto spazio di azione perché saranno già indebitate», sebbene «si prevede un indebitamento non così drammatico come si possa pensare ora». Nell’area Euro il fenomeno dell’aumento del risparmio da parte delle famiglie permetterà poi di avere un’occasione di ripresa in più. Resta però una forte disuguaglianza tra gli strati sociali, con un terzo dei cittadini «a forte rischio di disagio» a causa della diminuzione del reddito.

Occorre dire che in tutto questo l’intervento dei Governi e delle banche centrali è stato rapido ed essenziale. «Sono intervenute in maniera massiva nell’economia». Basti pensare che «la BCE (Banca centrale europea) ha acquistato il 70% dei titoli di debito emessi a partire da febbraio 2020 dai Paesi dell’area Euro». Un totale di 650 miliardi – periodo marzo-novembre 2020 – di cui quelli italiani sono pari a ben 118 miliardi, quasi il 20% del totale. Inoltre ha destinato alle banche degli Stati membri finanziamenti ingenti, «quelle italiane hanno ricevuto dalla BCE 374 miliardi di euro».

La bella addormentata

È difficile capire in quale mondo ci ritroveremo. Certamente sarà diverso da come eravamo abituati. «Il commercio mondiale potrà ripartire il prossimo anno» continua Hassan, ma avrà nuove caratteristiche.

La globalizzazione avviata negli anni Novanta e proseguita sinora ha subito una brusca frenata. Nulla che non fosse previsto, si tratta, spiega il professore, di un fenomeno intrinseco alla globalizzazione stessa che, per sua natura, non avrebbe potuto crescere all’infinito. Ma certamente il Covid-19 e le sue conseguenze hanno determinato un’accelerazione del fenomeno. La crisi dei commerci mondiali è giunta quando la situazione era critica su diversi fronti: dalla guerra economica tra Stati Uniti e Cina agli strascichi della crisi finanziaria del 2008 che aveva provocato già un forte rallentamento della globalizzazione.

Si sono velocizzati, quindi, trend già in corso. Per i prossimi anni certamente l’Europa percorrerà una propria strada, a dicembre è stato firmato un accordo sulle relazioni commerciali tra Unione europea e Cina che di fatto sgancia l’Europa dall’asse USA-Cina.

Proprio il rapporto tra i due Paesi resterà però una grande incognita, così come le interferenze nel multilateralismo a causa del blocco del funzionamento della WTO (World Trade Organization – Organizzazione mondiale del commercio).

Si prevede inoltre uno spostamento della produzione verso i Paesi dell’est Europa, a sud-est con Turchia e Giordania, e a sud verso i Paesi africani.

In tutto questo, quale sarà il ruolo del nostro Paese? Da 30 anni purtroppo l’Italia è «la bella addormentata d’Europa. Oggi» spiega Hassan «siamo al livello degli anni Sessanta» e le motivazioni di questo sono diverse. «La TFP – produttività totale dei fattori – italiana è calata fortemente a causa proprio della globalizzazione e dello sviluppo dell’IT. Nel mondo 2.0, sviluppatosi negli anni Novanta, il nostro modello produttivo non è più stato all’altezza». A determinare tutto questo una serie di fattori, dalle scelte operate a livello istituzionale alla tipologia di investimenti fatti – che hanno tenuto in poco conto l’IT e la ricerca e sviluppo –, all’allocazione delle risorse, al ruolo del management aziendale.

Guardare al management

Proprio il ruolo che deve avere la dirigenza all’interno delle imprese è uno dei temi chiave delle sfide che attendono il Paese nei prossimi anni. Il management è in grado di influenzare l’efficienza generale di un’impresa e «oggi è visto come una tecnologia» spiega Hassan. Una tecnologia che, essendo tale, deve essere misurata. Si identificano quattro aree principali dell’andamento di un’impresa in cui il management aziendale viene valutato: la gestione delle operazioni, il monitoraggio delle prestazioni, la definizione degli obiettivi e la gestione dei talenti.

Un fattore molto importante, se si considera che «le pratiche manageriali italiane influenzano circa il 30% del divario di produttività che intercorre tra Italia e Stati Uniti».

L’obiettivo per il nostro mondo industriale è quindi un cambio di rotta. Occorre avere consapevolezza di come si è in grado di rendere performante la propria azienda, in questo, conclude Hassan, è importante anche il ruolo delle associazioni di categoria, che possono organizzare percorsi di formazione e trainer dedicati proprio al management.

Strategia “benessere”

Il cambio di rotta richiesto al Paese fa perno però su una strategia precisa che il Governo Conte aveva posto in atto già prima dell’esplodere della pandemia e della conseguente crisi. Una strategia che si dimostra oggi ancora più attuale perché basata sui temi del benessere e della sostenibilità ambientale. Per coordinare le attività nell’ambito delle politiche del benessere e della valutazione della qualità della vita dei cittadini, e per supportare il Presidente del Consiglio su questi aspetti, è stata creata la Cabina di regia “Benessere Italia” la cui presidenza è stata affidata a Filomena Maggino.

La Cabina è un organo di supporto tecnico-scientifico composto dai rappresenti dei Ministeri, dai presidenti dei centri di ricerca e che si coordina con Regioni, Province autonome ed Enti locali. E molto si è fatto anche con il supporto delle associazioni di categoria. La finalità della Cabina di regia è la promozione del benessere. Ne sono state così definite, a inizio 2020, le cinque linee programmatiche:

– rigenerazione equo-sostenibile dei territori

– mobilità e coesione territoriale

– transizione energetica

– qualità della vita

– economia circolare.

«Con la crisi si è evidenziato che non avendo messo al centro il benessere negli anni precedenti, l’arrivo della pandemia si è trasformato subito in emergenza a tutti i livelli» afferma Maggino. «Per ripartire dobbiamo orientare la bussola e mettere al centro il benessere dei cittadini». Il percorso per la ripresa deve partire quindi dalle cinque linee programmatiche attraverso azioni concrete. Azioni che porteranno, per esempio, a rimodellare i servizi territoriali alla persona che hanno carattere sociale oltre che sanitario, e che devono avere come interlocutore il tessuto sociale e anche quello produttivo del Paese.

Ricostruire l’Europa

Cosa accade invece a livello strategico in Europa lo spiega On. Patrizia Toia, vicepresidentessa della Commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia del Parlamento europeo. «Le politiche europee mirano a rafforzare i target Green Deal». Una scelta che vede una riconferma anche a seguito della gravità di quanto accaduto con il Covid-19. Tutti gli obiettivi sono stati riconfermati e vi si indirizzano anche le azioni che l’Europa ha saputo mettere in campo in risposta alla pandemia con la strategia Next generation EU e il Recovery fund. «Si tratta di una risposta forte e coraggiosa di ricostruzione europea e di resilienza». Una ricostruzione però su nuove basi e con nuove caratteristiche. Le linee di sviluppo pensate sono la transizione ambientale e la digitalizzazione. Si tratta di «una risposta unitaria come strumenti che si mettono in campo, immettendo risorse comuni europee, ma anche come visione di quello che deve essere lo sviluppo dell’Europa».

Tutto questo riguarda da vicino il mondo industriale. Nelle risorse messe a disposizione dall’Unione, non a caso, è previsto il raggiungimento di tutti gli obiettivi di transizione ambientale, compresa la ricerca che accompagni lo sviluppo produttivo e industriale.

Si tratta di risorse finanziarie, normative e di ricerca, ed è possibile identificare alcuni punti essenziali che, sottolinea l’On. Toia, interessano anche Giflex: in particolare la politica legata alle direttive sull’energia e l’economia circolare. Nel Rapporto del Parlamento europeo, che porterà a un nuovo piano legislativo, sono state avanzate alcune proposte interessanti anche per il settore dell’imballaggio flessibile: «la risoluzione comprende, tra i vari temi, quello del riciclo chimico, dell’attenzione a un approccio di filiera, della realizzazione all’interno del programma Horizon – per il quale si prevede uno stanziamento per i prossimi anni di circa 90 miliardi di euro – di filoni di ricerca specifici sull’efficienza dei materiali e sull’uso delle materie rigenerate, e ancora della revisione della direttiva eco-design».

A livello nazionale invece «si prevede la creazione di un fondo per l’economia circolare, una semplificazione normativa, la realizzazione di un hub tecnologico nazionale e di centri di competenza territoriale, e una strategia nazionale sull’economica circolare».

Al momento il quadro normativo sui vari aspetti dell’economia circolare, e in particolare sul fine vita, ha bisogno di un’armonizzazione, per non rischiare di avere norme diverse in ogni Paese, ma si prevede che, a livello legislativo, l’approvazione del piano di economia circolare in Commissione europea possa avvenire nel secondo trimestre del 2021.

Giflex: struttura e obiettivi

Per affrontare le nuove sfide di mercato il gruppo si è riorganizzato internamente. «Grazie alla consulenza di Stefano Consonni, con lo staff di ADL Consulting, e al supporto di Italo Vailati, segretario generale di Giflex, è partito il nuovo processo di accreditamento istituzionale. Mentre Elena Scalettari si occuperà degli aspetti di comunicazione e media», spiega il presidente Giflex Alberto Palaveri, ricordando poi l’importante ruolo dei tre comitati del gruppo e dei loro nuovi responsabili: Andrea Cassinari (Comitato Tecnico), Laura Passerini(Comitato Sostenibilità), Marco Mensitieri (Comitato Marketing), Ruggero Gerosa ed Elena Peron (task force Dossier). Infine il presidente ricorda anche le nomine di Davide Jarach e Neni Rossini alla vicepresidenza, di Marco Li Vigni alla tesoreria e di Michele Guala che, già vicepresidente FPE, rappresenterà Giflex sui tavoli internazionali.

 

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