Nuove tecnologie

Il packaging è più performante con le nanoparticelle

di Elisa Brunelli

I materiali che contengono nanoparticelle si stanno diffondendo sempre più rapidamente nel settore del packaging. Monitorare la sicurezza relativa all’impiego di questi materiali non è semplice, soprattutto a causa delle dimensioni nanometriche delle particelle che li costituiscono e che possono in qualche caso passare dalla confezione al prodotto.

Attualmente sono attivi diversi programmi di ricerca per sviluppare metodi di valutazione del rischio e soprattutto per rilevare la presenza di nanoparticelle in diverse matrici cosmetiche, ma anche alimentari. In modo da poter fornire gli strumenti più adeguati per garantire la sicurezza dei prodotti che vengono a contatto con questi materiali di nuova generazione.

I materiali a base di nanoparticelle, conosciuti anche come materiali nanocompositi, hanno trovato un certo consenso nel settore del packaging grazie alle loro notevoli performance tecniche. Di materiali nanocompositi ne esistono una grande varietà, essi differiscono l’uno dall’altro in base alla matrice, ossia la componente presente in maggiore quantità, e in base alla natura delle nanoparticelle. La matrice è generalmente un polimero sintetico o un materiale naturale come la cellulosa, l’addizione di particelle di così piccole dimensioni (si parla infatti di diametro nell’ordine di 100 nanometri o meno) dove 1 nanometro è pari a 1 miliardesimo di metro, può cambiare in maniera significativa le sue proprietà. Le nanoparticelle possono migliorare diverse caratteristiche dei polimeri e di conseguenza dell’imballaggio: resistenza meccanica, resistenza termica nella plastica, inoltre, possono conferire olio o idrorepellenza ai materiali cellulosici. Questo poiché i materiali nanocomposti uniscono le caratteristiche tecniche della matrice con quelle proprie del materiale che costituisce le nanoparticelle. Così per esempio alla cellulosa potranno essere conferita alcune proprietà tipiche dei metalli senza snaturare il materiale stesso. Nelle plastiche le nanoparticelle possono migliorare le proprietà di barriera ai gas, in particolare all’ossigeno e al vapor acqueo, caratteristiche strategiche per esempio per gli imballaggi cosmetici che devono proteggere al meglio principi attivi e ingredienti delle formulazioni. Le nanoparticelle possono essere addizionate a diversi tipi di matrici plastiche come il PE o il PET. Le proprietà e le caratteristiche tecniche del materiale per il packaging ovviamente variano a seconda della matrice e delle caratteristiche delle nanoparticelle impiegate. Con le nanoparticelle è possibile inoltre creare dei coating che possono essere applicati al materiale da imballaggio incrementandone le proprietà, senza di fatto modificare il materiale stesso. Inoltre, sono impiegate anche nei processi di stampa, basti pensare agli inchiostri di nuova generazione, così come per le decorazioni.

Nanomateriali: chimica e struttura

I nanomateriali sono tecnicamente dei materiale compositi, ossia materiali in cui sono presenti due o più fasi distinte che hanno funzioni differenti e contribuiscono tutte alla prestazione globale del materiale finale. Le fasi sono chimicamente diverse e separate da un’interfaccia ben distinta.

Tipicamente una fase costituisce il legante (la matrice: un polimero nel caso dei compositi polimerici), mentre l’altra – o le altre – gli additivi, con ruolo di rinforzo meccanico o funzionale.

Un nanocomposito polimerico e un composito in cui un elemento all’interno del polimero ha almeno una dimensione nell’ordine dei nanometri (1-100 nm). Le nanoparticelle fino a ora utilizzate per migliorare le prestazioni dei materiali sono di natura metallica (come il nano-argento, nano titanio, ma anche nanoargille particelle ceramiche, carbon black). Nell’ordine dei nanometri per migliorare le performance tecniche sono stati impiegati anche nanotubi e nanofibre di carbonio, nanocristalli e nanofibre di cellulosa.

Il problema della sicurezza e delle nanoparicelle

I nanocompositi hanno dunque una diffusione su larga scala e la tendenza sembra in aumento, questo richiede una particolare attenzione alla sicurezza degli imballaggi a base di nanoparticelle, fossero solo presenti anche in dei semplici rivestimenti. Le informazioni sul comportamento di questi materiali non sono ancora del tutto note. Non vi è ancora un panorama chiaro sugli effetti che queste particelle possono avere sulla salute umana, e vi sono ancora poche informazioni sul comportamento delle nanoparticelle nel packaging, in particolare sui fenomeni di migrazione tra imballaggio e matrice. Per quanto riguarda l’aspetto sanitario delle nanoparticelle, al di là della loro provenienza, quindi indipendentemente dal fatto di essere presenti come ingredienti della formulazione o come migranti dall’imballaggio, lo Scenihr (Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks), il comitato europeo per la valutazione dei rischi per la salute umana ha ancora diversi dubbi circa la sicurezza per l’uomo e per l’ambiente dei nanomateriali. In base alle più recenti evidenze pubblicate in letteratura è difficile stabilire criteri generali per la valutazione della valutazione del rischio globale: ogni situazione necessita di un approccio caso per caso. Dal punto di vista della sicurezza per la salute mancano in letteratura dati sistematici, è però nota per alcuni tipi di nanoparticelle la capacità di penetrare attraverso le cellule, di generare radicali liberi, interferire con il DNA e con la sintesi proteica. Particolari sospetti destano i nanotubi in carbonio, per la somiglianza con le fibre di amianto; per le nanoparticelle persistenti si teme inoltre il bioaccumulo ai vertici della catena alimentare. Ma questa è un’altra storia.

 

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