Operare online è requisito ormai indispensabile per gli operatori della comunicazione visiva. Avere un sito web non basta, la vera sfida è catturare l’attenzione del cliente e soprattutto trattenerlo quanto serve
Giuseppe Goglio
Anche senza tenere in considerazione gli imprevisti presentatisi durante gli ultimi dodici mesi, per il mondo della comunicazione visiva è ormai doveroso fare i conti con cambiamenti di scenario importanti, se non addirittura epocali.
Buona parte di questi, al di fuori del tradizionale raggio di competenze tecniche di stampatori e progettisti e quindi più difficili da inquadrare e assecondare. In particolare, sempre più importante sta diventando la capacità di operare online e soprattutto di catturare l’attenzione di un potenziale cliente. Ancora di più, riuscire a trattenerlo il tempo necessario a monetizzare il contatto.
Il tema ha raccolto l’attenzione di Viscom, durante il quale nell’edizione Hyper Reality 2020 un webinar molto seguito ha affrontato il tema “Invita a cena i tuoi clienti! Trend e linee guida per la progettazione della User Experience come chiave del successo digitale nel mondo post-Covid”.
In linea con le esigenze dell’evento, una mezz’ora di confronto affidata a due importanti rappresentanti del settore. Per la prima parte, una panoramica ragionata sullo scenario affidata ad Andrea Boaretto, founder & CEO di Personalive, startup del Politecnico di Milano dedita a ricerche di mercato e strategie digitali.
Dover nasce l’esigenza di un’attenzione più mirata a quell’aspetto di un rapporto con il cliente ormai comunemente noto come User Experience?
La situazione sta cambiando rapidamente e profondamente ed è indispensabile affrontare quella che potremo inquadrare come Battaglia per l’attenzione nell’era della distrazione. Seguiamo molto da vicino questa fase e vogliamo condividere delle linee guida alla luce degli scenari frutto dei cambiamenti in atto, accelerati dal Covid-19.
Come descriverebbe la situazione attuale?
Già due anni fa, parlando con un altro osservatore molto attento sull’argomento, Giovanni Re di Roland, ci eravamo resi conto di questa battaglia in atto par catturare e soprattutto mantenere l’attenzione dell’utente, ormai questione di pochi secondi da cogliere al volo. Se possibile, una situazione diventata ancora più urgente al crescere delle potenziali distrazioni.
Come si comporta un consumatore davanti a un sito web o anche davanti a una persona quando si tratta una proposta?
Spesso, il percorso si perde tra troppi passaggi, dove aumenta la tentazione di posticipare la decisione, se non addirittura di abbandonarla. Mentre solo fino a pochi anni fa ci si muoveva comunque con una certa premeditazione, ora il momento decisionale è questione di un attimo.
Come ci siamo arrivati?
Semplicemente, siamo cambiati tutti noi. Sono in corso evoluzioni e rivoluzioni con forti accelerazioni, e non solo per quanto successo nell’ultimo anno. Curiamo dal 2006 l’Osservatorio Multicanalità e in Italia la multicanalità non è più una novità da tempo. 50,7 milioni di italiani maggiorenni rientrano in questa categoria.
Cosa comporta questa situazione?
Basta guardare i numeri. 41,5 milioni di queste persone ormai usa regolarmente Internet, 25 milioni fanno regolarmente acquisti online, e 17,5 milioni di loro con un’elevata frequenza, vale a dire almeno una volta al mese. Altro aspetto importante, una situazione trasversale, dove sono coinvolte tutte le categorie di prodotti.
Quali sono le conseguenze più immediate per le aziende?
Prima di tutto, prendere atto di come la situazione riguardi ogni tipo di impresa, di attività e di ogni dimensione. Se guardiamo a quei 17,5 milioni di Heavy Shopper, dobbiamo pensare a come soddisfare le aspettative più attuali, come per esempio interfacce vocali o supporto dell’intelligenza artificiale nel fornire consigli e indicazioni.
Come si può riassumere il quadro complessivo?
Abbiamo individuato quattro categorie di utenti per i quali organizzarsi. In sintesi, Cross Border è quello arrivato da poco, conserva un forte legame con il canale fisico. Usa commenti e recensioni più di quanti ne lasci ed è molto sensibile a elementi che interrompono una procedura, parlo di banner o pop-up considerati fastidiosi. Poi c’è l’Opportunista, il più completo. Si muove lungo tutti i punti di contatto alla ricerca della via più conveniente. Conosce del dinamiche social e contribuisce. Bisogna offrirgli procedure molto scorrevoli e gradevoli.
Le altre due?
Il Digital Explorer è il più orientato al digitale. Punta a ottenere il meglio dagli acquisti online ed è molto presente sui social. È anche molto aperto a nuove opportunità come interfacce vocali e intelligenza artificiale. Più tollerante verso la presenza di stratagemmi digitali, non gli piacciono, ma li sopporta. Infine, il Goal Focused è una via di mezzo. Ha obiettivi molto precisi e punta dritto a quelli. Per cui, gli elementi di disturbo non hanno grande effetto. È però una minoranza.
Cosa possiamo imparare da tutto questo?
In pratica, la User Experience è certamente importante, ma non deve andare a scapito dei sistemi di interazione. Non serve presentare un sito con una navigazione bella e basta. Serve coerenza con i valori del prodotto, in questo periodo tornati molto attuali. I valori di un marchio devono sempre essere in primo piano, accessibili da tutti i canali previsti dall’interfaccia. L’obiettivo principale resta costruire linee guida coerenti con il proprio marchio.
L‘importanza di trasmettere il valore
Prendere coscienza di questa situazione è solo il primo passo. Sulla stessa lunghezza d’onda, possono infatti trovarsi molti altri concorrenti, alzando ancora di più il livello della sfida. Il margine di errore quindi si riduce e la conoscenza della metodologie più recenti diventa una necessità.
Secondo Giovanni Pola, Founder e CEO di GreatPixel, agenzia di design specializzata nell’ottimizzazione delle performance digitali, un buon punto di partenza è proprio l’attenzione a come vengono trasmessi al pubblico i fattori distintivi della proprie realtà, così da coinvolgere l’utente e portarlo verso la chiusura di un acquisto.
Da dove bisogna iniziare per riuscire a trasmettere il valore dalla propria azienda?
Dobbiamo prima di tutto avere la percezione di una realtà dove è sempre più difficile capire quello che le persone vedono, provano, sanno e vogliono. Per esempio, basta guardare a come vengono smentiti spesso i sondaggi prima di un’elezione. Oppure, sentiamo parlare tanto di realtà aumentata, quando invece si tratta solo di realtà superficiale dove non si riesce a capire costa ci sia dietro a quanto viene proposto. Qualunque strumento si intenda usare, bisogna sempre restare ancorato al valore reale dello scenario. L’informazione deve conservare la giusta priorità.
Quali sono i punti fondamentali?
Per buona parte, tutto deve ruotare intorno alla User Experience. È il canale attraverso il quale riuscire a vendere meglio e se non funziona a dovere non si riesce a trasmettere il valore di quanto proponiamo. Dobbiamo tenere presente, le persone sono tutte diverse e capire cosa voglia ciascuno è difficile. In ogni ricerca c’è una componente emotiva, importante soprattutto negli ultimi istanti prima di una decisione. In certi casi, può spingersi fino a portare a scelte su base emotiva invece di razionale.
Come si traduce in pratica?
I messaggi trasmessi devono essere diversi e possibilmente personalizzati. Importante quindi poter contare su una tecnologia in grado di farlo. Oggi si può realizzare un sito web in grado di cambiare in modo dinamico in base alle preferenze tracciate da un visitatore. Oppure, si può partire anche da e-mail o messaggi pubblicitari personalizzati. Meglio conosciamo l’utente, più questo sarà possibile.
Nel caso di un sito web, quali indicazioni può fornire?
Nella progettazione bisogna considerare anche le emozioni. Non sono certo facili da misurare, ma analizzando dove tende a cadere l’occhio, come posizionare le immagini rispetto al testo, ci si può arrivare. Spesso, invece di tanti oggetti e relativi comandi, in una pagina è sufficiente una grande immagine e un pulsante per catturare l’impatto emotivo.
Dove si sbaglia più spesso?
Bisogna ricordare che abbiamo pochi secondi per essere chiari con gli utenti, spiegare dove si trovano e indirizzarli verso quanto ci aspettiamo. Bisogna offrire la massima chiarezza in pochi secondi. Si tratti di semplice esplorazione, ricerca di consulenza o acquisto vero e proprio, deve essere subito chiaro dove indirizzarsi. Sono i primi secondi a determinare tutto il comportamento successivo di un utente.
Quali strumenti consiglia per affrontare questo argomento?
Ci sono studi finalizzati a capire le sensazioni dell’utente durante i primi secondi dall’apertura di una pagina. Dall’analisi dei movimenti facciali, si possono capire le emozioni. Si parla del piacere per un contenuto, ma anche del livello di soddisfazione. Oppure, dall’esame del movimento degli occhi si individuano i punti di un’interfaccia dove ci si sofferma maggiormente. Anche seguire il movimento del mouse aiuta.
Come si combinano queste informazioni con le altre disponibili?
Permettono di dare la giusta rilevanza agli aspetti importanti per l’utente. Prima ancora delle esigenze del marketing, bisogna muoversi su queste, rispettando i tempi. Altrimenti, il sito Web diventa difficile da navigare e si perde l’opportunità.
Sono temi certamente non alla portata di tutti, soprattutto in un settore come la stampa digitale dove in genere le priorità nelle competenze deve per forza di cose andare altrove.
Come si può riassumere l’aiuto che voi potete offrire?
La personalizzazione è importante e tanti possono raggiungerla. Da sola però, non basta. Serve autenticità, bisogna puntare all’empatia e guardare ben oltre le prestazioni. Oltre ad agire in tempo reale bisogna essere resilienti, capaci cioè di adattarsi a ogni utente e ogni mutamento. Qua è dove possiamo essere di aiuto. Possiamo aiutare a creare un percorso disegnato per resistere più a lungo nel tempo.