La definizione dei colori spot è stata sempre un tema spinoso da affrontare dagli addetti ai lavori, sia per quel che concerne la definizione, sia per il controllo del risultato stampato. L’utilizzo di cartelle colore che custodiscano campioni stampati o riferimenti, le mazzette con l’atlante dei colori (Pantone o altre serie) sono classici metodi per tenere sotto controllo la formulazione o il risultato stampato. Più recentemente, con l’affermarsi della colorimetria e della strumentazione di misurazione del colore, i riferimenti sono diventati dei numeri (le coordinate cromatiche L*a*b*) oppure (ideale) la curva di riflessione spettrale del colore misurata dallo spettrofotometro.
La carta d’identità di un colore
Oggi il Comitato Tecnico TC130 di ISO sta elaborando uno standard (ISO/DIS 17972 – Graphic technology – Colour data exchange format (CxF/X) per la comunicazione delle informazioni relative al colore, che si basa su un formato di interscambio di dati digitali definito XML. Il protocollo CxF (Color eXchange Format), così si chiama, permette di catturare e descrivere tutte le caratteristiche di un colore spot, a partire dalla curva spettrale di riflessione del colore su un dato supporto. In questo modo, per esempio, misurando un campione con uno spettrofotometro è possibile comunicare i dati a un software di formulazione di inchiostri, oppure a un software di controllo qualità. Evidenti i vantaggi nella progettazione di layout che prevedono l’impiego di spot colour. Il formato CxF, originariamente di proprietà di X-Rite è da questa stato liberalizzato circa un paio di anni fa, rendendolo di fatto utilizzabile da chiunque; ciò ha permesso lo sviluppo dei successivi CxF/X, di cui il CxF/X-4 (ISO/DIS 17972-4) è il protocollo che descrive la caratterizzazione dei colori spot. Cioè come creare la carta di identità di un colore e come comunicarlo.
Quindi dal punto di vista della misurazione e comunicazione del colore spot gli strumenti e le normative di riferimento soddisfano l’esigenza di avere metodi scientifici accurati che evitino le incomprensioni e gli errori. Cioè quando io devo scegliere un colore spot e poi comunicarlo allo stampatore, attraverso il file PDF/X, oppure misuro un campione, ricreo l’inchiostro attraverso la formulazione per poi stamparlo, tutto fila liscio.
I risultati
Cosa emerge da questa fase della sperimentazione? Innanzitutto che tra le metriche di misura proposte ve ne sono alcune più efficienti di altre in termini di consistenza e uniformità di applicazione, che quindi sono candidate a essere ancora indagate per giungere alla proposta finale che diverrà uno standard ISO da sottoporre ai produttori di strumenti di misura e workflow di controllo di processo (figura).
Evidentemente si conferma che la classica formula Murray-Davies presente negli strumenti di misura standard, non risulta applicabile.
Allo stato attuale dello studio non è possibile rendere pubbliche le metriche in questione quindi non verranno illustrate con il loro nome e cognome. Come si può osservare dal confronto tra le varie metriche utilizzate su uno stesso campione, producono dei dati L*a*b* anche parecchio differenti che creano uno scostamento evidente nella riproduzione. Mentre di distinguono alcuni modelli (meno di cinque) che sembrano dare una risposta lineare rispetto al riferimento (figura sopra). Allo stato attuale non c’è una convergenza di opinioni su una singola metrica da sviluppare, ulteriori fase di test si rendono necessarie per arrivare alla proposta che verrà integrata nel nascente standard. In questa attività, Taga Italia con i partner (la scuola grafica di Saronno e Color Consulting srl), saranno ancora in prima linea per portare avanti la grossa mole di lavoro che si prospetta per i prossimi mesi, con l’obiettivo di giungere a fornire uno standard per i produttori entro il 2015.