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Saper stampare non è più sufficiente! Il post stampa che eleva è alla portata di tutti

Guardare oltre un logorante confronto sul prezzo di vendita è obiettivo primario per qualsiasi stampatore desideroso di chiamarsi fuori dalla mischia. Spostare il termine di confronto verso la qualità e soprattutto verso la capacità di proporre lavorazioni uniche è certamente un’impresa; niente però di impossibile, soprattutto alla luce degli strumenti tecnici disponibili sul mercato.

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Una delle vie più efficaci è puntare alla nobilitazione: in termini estremamente semplificati, la capacità di elevare un documento. Andare cioè oltre qualità e precisione dei colori, elementi già di per sé indicatori di bellezza per uno stampato, per stimolare la sensazione di bellezza; nei casi migliori, superando anche la semplice sensazioni visiva, allargando il raggio sensoriale al tatto.

In misura maggiore rispetto al passato, oggi tutto questo è possibile. Non tanto perché in precedenza fosse impossibile realizzarlo, quanto perché la nobilitazione era spesso quasi un’arte, un lavoro artigianale capace di assorbire tempo e risorse.

La differenza importante è la possibilità per qualsiasi stampatore di avvalersi di soluzioni per taglio, piega, plastificazione, verniciatura, cucitura e altri processi di abbellimento in casa, senza dover necessariamente affidare il lavoro a terzi, e soprattutto senza stravolgere i processi. Contando semplicemente su nuovi strumenti, pronti a distinguersi per versatilità e facilità d’uso.

Pensare sia semplice nobilitare uno stampato sarebbe un errore. Oltre a macchinari dedicati, per riuscirci è necessario trovare la capacità di affrontare e gestire le diverse fasi di post stampa nel miglior modo possibile, accumulando la necessaria esperienza.

Ad esempio, loro hanno fatto così:

scopri le case history raccolte nella guida di Italia Grafica

Sul mercato le soluzioni non mancano. Le possibilità di cimentarsi con la nobilitazione sono alla portata di chiunque sia pronto a mettersi in gioco e inseguire la ricerca di elementi distintivi. Orientarsi tuttavia, non è sempre facile; è importante infatti inquadrare bene dove si vuole arrivare, come si vuole investire e soprattutto cosa si vuole ottenere.

In situazioni del genere, una soluzione valida è lasciarsi guidare da un esperto del settore nella scoperta delle potenzialità della nobilitazione, i relativi requisiti e come integrarla con successo nei propri processi. Solo allora sarà possibile tracciare una strada personale, lontano dalle produzioni di massa.

Nel frattempo, è possibile, Italia Grafica ha realizzato una guida che:

  • riassume le regole d’oro per gestire le innumerevoli fasi del post stampa
  • approfondisce alcune tecnologie ad alta versatilità
  • raccoglie le case history di chi ha già iniziato a innovare.

Scarica la guida ideata da Italia Grafica per orientarti nel variegato panorama del Post Stampa

BestInFlexo 2019: le nomination

Circa 200 i lavori iscritti all’edizione 2019 del BestInFlexo, premio alla qualità di stampa flessografica organizzato e promosso da ATIF, Associazione Tecnica Italiana per la Flessografia.

La giuria BestInFlexo 2019, di cui hanno fatto parte ben quattro brand owner con Massimiliano Ferrari (Barilla), Gianpaolo Gentile (Gruppo Besana), Mauro Pascutto (Esselunga), Silvia Proscia (Bonduelle), oltre a David Serenelli (Taga Italia) e Mario Villa (Masterscolor), si è riunita nella sede di Atif per esaminare gli elaborati inviati dagli stampatori flexo che hanno accettato la sfida, partecipando numerosi con i loro migliori lavori. L’incremento di partecipazione è quasi del 70%, segno del crescente interesse da parte degli stampatori che accettano di mettersi alla prova.

«Anche quest’anno ho incontrato colleghi particolarmente esperti con i quali ho avuto l’opportunità di confrontarmi apertamente. Il livello qualitativo degli elaborati è sempre molto elevato e ciò ha determinato in parecchi casi l’esclusione dalla classifica di lavori egregi con scarti minimi di punteggio», dichiara Mauro Pascutto, presidente della giuria. «Immagino che alcuni stampatori che hanno presentato lavori eccellenti si possano interrogare sui motivi di un’eventuale esclusione. Ecco, li invito a partecipare alla sessione del 21 novembre 2019 alle ore 15.00 del FlexoDay 2019 dove i miei ex colleghi giurati Giandomenico Marcone (Granoro) e Claudio Rimondi (Coop) illustreranno le modalità con cui i giudici BestInFlexo valutano gli elaborati. Può essere molto utile anche per capire quali criteri adottare nella selezione dei lavori da inviare», conclude Pascutto.

Le aziende in nomination saranno celebrate giovedì 21 novembre a Bologna, a partire dalle ore 18:30 (Savoia Hotel Regency), in occasione della cerimonia di premiazione che vedrà quest’anno l’autorevole partecipazione di Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria.

Saranno premiate: Acm, Antonio Sada & Figli, Carteria, Cartotecnica Postumia, Ekaflex, Eurolabel, Europoligrafico, Florio Carta, Formbags, Gamma Pack, Grafiche Pradella, Idea, Imball Center, Mec-Pac, Minova Labels, Mondi San Pietro In Gu, Multi-Color Italia, Pagani Print, Plastik, Sacchettificio Naz. G. Corazza, Scatolificio Ceriana, Scatolificio Vernizzi, Scatolificio Ts, Sdr Pack, Sidac, Simplast, Sititalia, Smurfit Kappa, Tech It Packaging, Tecnocarta.

 

Xerox sarebbe intenzionata ad acquistare HP

Fonti americane, Wall Street Journal in testa, riportano che Xerox sta valutando la possibilità di presentare un’offerta in contante e azioni per acquistare HP e integrarne il business di personal computer e stampanti.

Il valore complessivo dell’operazione è stimato in 27 miliardi di dollari, praticamente il triplo rispetto all’attuale valore economico di Xerox.

Secondo il Wall Street Journal l’operazione è stata discussa e approvata nell’ultimo consiglio di amministrazione di Xerox, ma non è stata ancora presentata un’offerta formale.

La combinazione tra i due gruppi creerebbe sinergie, visto che anche Xerox è attiva nella produzione di stampanti e sistemi multifunzione e che, come HP, è coinvolta in una strategia di riduzione dei costi.

Non ci sono conferme ufficiali da parte delle società interessate.

Nel frattempo Xerox ha annunciato che cederà la quota di partecipazione del 25% in Fuji Xerox, la joint venture creata con Fujifilm.

Sempre il Wall Street Journal riferisce anche che Xerox avrebbe già incassato l’impegno informale di un grande istituto di credito per ricevere supporto nell’eventuale operazione di acquisto di Hp.

+++ Articolo in aggiornamento +++

La flessibilità del (packaging) flessibile

Intervistato sulle istanze del settore, Michele Guala, presidente del gruppo Giflex, ci racconta cosa è emerso dal XXXIV Congresso d’Autunno a Monopoli (BA) e soprattutto ci spiega quali sono i focus su cui il gruppo continua a operare. In primo piano restano i temi della sostenibilità, della sicurezza alimentare e del destino della plastica, oggi più che mai messa in discussione.

Le dinamiche di mercato e l’andamento dell’economia sono in stretta relazione con le vicissitudini politiche internazionali, nazionali o settoriali che siano. In questi mesi a tenere banco a livello mondiale è l’attesa di una serie di decisioni politiche le quali, senza dubbio, avranno incidenza sulla vita economica anche del nostro Paese e delle nostre aziende: dalla Brexit alle strategie comuni per affrontare i temi legati all’ambiente, passando per lo sviluppo dell’Industria 4.0. Temi contingenti che le aziende di Assografici tengono sotto controllo.
Ne hanno parlato anche le imprese che fanno parte di Giflex, riunite a Monopoli, in provincia di Bari, per il XXXIV Congresso d’Autunno (17-18 ottobre 2019).
Abbiamo intervistato il presidente del gruppo, Michele Guala, per farci raccontare cosa è emerso dall’incontro e quale sia il suo pensiero in merito ai temi più caldi che interessano il settore.

Visione plastica
Uno degli argomenti più discussi dell’attualità di questa fine anno riguarda la plastica. Produzione, uso e riciclo sono sotto la lente d’ingrandimento dell’Europa. Sin dalla determinazione della nuova strategia europea dedicata a questo materiale, denominata “EU Plastic Strategy”, e dalla pubblicazione della direttiva sulla plastica monouso, “Single Use Plastic” – Direttiva (UE) 2019/904 del 5 giugno 2019 –, in Europa si è molto discusso sull’effetto dell’utilizzo della plastica e del suo impatto sull’ambiente. Si sono determinate posizioni dimostratesi, in taluni casi, persino eccessive che hanno finito per additare la plastica come nemico assoluto da combattere, senza considerare che è importante invece farne un uso corretto e consapevole, privilegiandone il riutilizzo.
Da subito Giflex si è trovato ad affrontare questi temi, anche in occasione dei propri più recenti appuntamenti, compreso l’incontro di Monopoli. «Il congresso si è tenuto proprio nei giorni in cui è uscita la notizia che il Governo sta studiando una tassa sulla plastica e quindi è stato un tema molto dibattuto» dichiara Guala. «Purtroppo questa notizia ci ha trovati decisamente negativi, per il fatto che crediamo sia una tassa che non servirebbe all’ambiente e graverebbe molto sui consumi delle famiglie e sull’industria». Il presidente ne è convinto, occorre trattare queste questioni – che sono indubbiamente importanti – con un approccio differente. «I temi dell’ambiente vanno affrontati in maniera più seria di così e i costi che eventualmente possono gravare sull’industria del packaging devono servire a fare qualcosa di positivo». Un esempio di come investire efficacemente tale denaro, spiega, è dato dal Consorzio nazionale imballaggi: «il modello Conai prevede che alcuni dei costi previsti servano ad aumentare il riciclo dei materiali. Una tassa come quella in discussione invece, andando nella fiscalità generale, non sarebbe utile a nessun miglioramento. Oltre a questo, va notato che il packaging è in gran parte destinato all’alimentare e, quindi, la tassa graverebbe direttamente sui consumi delle famiglie, andando ad aumentare i prezzi dei generi alimentari».

I focus di sostenibilità e sicurezza alimentare
Giflex sta lavorando allo studio di soluzioni che permettano di aumentare il riciclo e il miglioramento del fine vita degli imballaggi flessibili e i temi dell’economia circolare e della sostenibilità sono da tempo al centro degli impegni dell’associazione così come delle singole aziende che ne fanno parte. Su queste allerte il settore sarà sempre più spesso chiamato a intervenire e su di esse è necessario che tenga alta la guardia. Come gruppo, conferma il presidente Guala, «stiamo lavorando sempre di più sulla parte sostenibilità, con un comitato dedicato allo studio e alla comunicazione su questo tema». Spiega in proposito l’impegno profuso dal settore nell’agire concretamente sulle caratteristiche dei proprio prodotti. «L’industria del packaging» dice «sta affrontando un grande cambiamento nella direzione di rendere riciclabili gli imballaggi. A livello europeo abbiamo un’associazione di filiera, il Ceflex, che sta lavorando nella direzione di aumentare la quantità di packaging flessibile riciclato. A livello italiano lo stesso lavoro va fatto di concerto con Corepla», il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica.
Le questioni ambientali e quelle inerenti al riciclo delle materie non sono però gli unici argomenti sui quali il gruppo sta lavorando. Già nel 2017, in occasione della sua conferma alla presidenza, Guala ci ricordò come si fosse creato nel tempo un filo conduttore che univa di fatto l’operato di diversi comitati esecutivi di Giflex. Il Comitato tecnico, nello specifico, già allora era focalizzato su una tematica delicata ed essenziale per molte tra le aziende del gruppo e che ancora oggi è di estrema attualità: la sicurezza alimentare. È stato fatto molto sul ruolo e valore dell’imballaggio nel contatto con gli alimenti e i risultati si vedono ora anche oltre i confini nazionali. «Per quanto riguarda questa tematica, che è stata da molti anni il punto forte del nostro Comitato tecnico, abbiamo rilevato con soddisfazione che i nostri protocolli di analisi sono sempre più riconosciuti dai laboratori a livello internazionale, contribuendo a fare chiarezza su come affrontare le sfide sempre maggiori della sicurezza del consumatore».
Giflex riconferma così nei fatti il proprio ruolo di interlocutore sui temi del contatto alimentare e della sostenibilità, nei confronti sia delle proprie aziende sia del mercato.

Essere la migliore risposta
L’industria del settore imballaggio ha dimostrato di cambiare, facendo proprie istanze comuni come i principi che sono alla base di una visione circolare dell’economia e di una gestione delle imprese rispettosa dei tre cardini della sostenibilità, ovvero gli aspetti economici, sociali e ambientali. «L’imballaggio flessibile è principalmente nella filiera del food» ricorda Guala, «quindi raccoglie le sfide che sono del nostro tempo e che consumatori sempre più esigenti impongono. Credo che l’imballaggio flessibile, che è per leggerezza intrinseca l’alternativa più sostenibile, debba raccogliere la sfida della riciclabilità anche per andare incontro alla sensibilità di un consumatore esigente e attento».
Un lavoro articolato per il quale si è fatto tanto, ma che altrettanto impegnerà ancora il gruppo, come ricorda il presidente che, nella fase finale del proprio mandato – il suo periodo di presidenza avrà termine nel 2020 – non pensa affatto a tirare le prime somme, «non spetta a me farlo» ci dice giustamente, precisando «soprattutto in un momento in cui c’è tanto da fare. Quello che posso dire è che siamo in un momento di cambiamento, e nei momenti di incertezza le associazioni possono svolgere un ruolo aggregativo e informativo ancora più utile alla filiera. Forse per questo il congresso è stato ancora una volta molto partecipato e Giflex conta ogni anno più associati». Intanto, da qui a fine mandato ci pare di capire che ci sia ancora qualche obiettivo da raggiungere e di certo la disponibilità, anche dopo, a lavorare insieme e per il gruppo. «Lascerò tanti fronti aperti» ci dice Guala in ultimo «ma anche la disponibilità a dare ancora una mano all’associazione nei prossimi anni».

Multimateriali in carta-bioplastica: ridurre la plastica negli imballaggi

Il progetto europeo Biocompack-CE giunge al suo ultimo evento in Italia. Dopo i focus sui produttori, i trasformatori e la grande distribuzione organizzata, Legambiente e Innovhub-SSI presentano il progetto a Ecomondo con i partner europei e i principali attori del mercato.

Il progetto europeo Biocompack-CE, finanziato dal programma europeo Interreg Central Europe, prende il via nel 2017 con l’obiettivo di stabilire legami più forti tra le istituzioni di ricerca e sviluppo e le aziende della filiera per sviluppare soluzioni di imballaggio certificate e sostenibili in carta-bioplastica.

Il mercato italiano degli imballaggi in Italia ha registrato nel 2018 un fatturato di 33,4 miliardi di euro con una crescita del 2,6% rispetto all’anno precedente. Tutte le tipologie di packaging hanno visto un notevole incremento, sia le tipologie “storiche” come legno e vetro, sia quelli di più recente concezione come gli imballaggi multi-materiale che hanno segnato un +2,5% (fonte: Istituto Italiano Imballaggi).

Nel nostro Paese il settore del packaging è un compartimento molto virtuoso: nel 2018 l’80,6% dei rifiuti da imballaggio è stato recuperato che tradotto in cifre significa 10.691.000 tonnellate delle 13.267.000 totali immesse al consumo e, di queste, la parte avviata a riciclo sfiora il 70% (fonte: CONAI) che fa dell’Italia un eccellenza a livello continentale.

Biocompack-CE vede la partecipazione di dieci realtà da sei diversi Paesi europei dell’area dell’Europa centrale (Italia, Slovenia, Croazia, Ungheria, Polonia, Slovacchia), includendo università, centri di ricerca, laboratori di analisi, associazioni, cluster ed aziende del settore.

«Il packaging ci offre molti vantaggi – afferma Andrej Kržan, professore dell’Istituto Nazionale di Chimica di Lubiana e coordinatore del progetto Biocompack – ma spesso ha una vita utile molto breve prima che diventi un rifiuto. Contiene materiali che possono essere riutilizzati, ma solo se la progettazione del prodotto e il modo in cui raccogliamo e trattiamo i rifiuti consentono un processo economico ed efficiente. Le combinazioni di materiali sono una sfida particolare che stiamo affrontando per risolvere i problemi degli imballaggi che combinano carta e plastica. Il risultato del progetto sarà un packaging che soddisfi tutti i requisiti funzionali che ci aspettiamo, ma che possa essere facilmente ed efficacemente riciclato o compostato».

L’unione di materiali diversi come la carta e le bioplastiche nel packaging conferisce funzionalità e migliora gli aspetti critici, sfruttando le caratteristiche di entrambi i materiali. Nel settore alimentare la necessità primaria riguarda la sicurezza e la conservazione: l’imballaggio non deve essere tossico, deve fungere da barriera, deve proteggere dall’umidità ed eventualmente dal grasso e deve impedire l’ingresso e la fuoriuscita di gas e odori.

Un aspetto non secondario è la separabilità dei materiali per avviarle correttamente a riciclo. «La sostituzione della plastica convenzionale con bioplastiche nei prodotti di packaging accoppiati con la carta – dichiara Graziano Elegir, responsabile Settore Chimica e Ambiente di Innovhub-SSI e responsabile di una delle aree tematiche del progetto – può rappresentare un’alternativa sostenibile che aiuta a ridurre la quantità di plastica favorendo lo sviluppo di nuove opzioni di smaltimento. Tuttavia, in questo contesto occorre sviluppare strategie che limitino il più possibile l’impatto sulle filiere del riciclo individuando il corretto fine vita e sviluppando l’ecodesign del prodotto. Prodotti a contatto con alimenti umidi e grassi possono eventualmente essere accettati negli impianti di compostaggio mentre il packaging non alimentare e quello a contatto con alimenti secchi dovrebbe essere destinato al recupero della fibra cellulosica in impianti idonei di riciclo della carta».

«In Italia abbiamo voluto costruire un percorso che andasse a toccare tutti gli aspetti della filiera – dichiara Emilio Bianco di Legambiente, communication manager del progetto Biocompack – siamo partiti con un workshop dedicato ai produttori, per poi spostare l’attenzione sui trasformatori ed in seguito sulla grande distribuzione organizzata, includendo, ovviamente, a ogni incontro, degli speech specifici da parte dei consorzi di filiera interessati e delle associazioni nazionali sia dei produttori di carta che di bioplastiche. L’evento di oggi, infine, rappresenta un po’ il riassunto dei precedenti, includendo anche la principale associazione dei consumatori per dare voce a chi effettivamente poi va ad utilizzare l’imballo, e per questo abbiamo scelto Ecomondo come cornice. Ma non solo, abbiamo deciso di portare l’intero progetto in Italia, dedicando la prima sessione ai nostri partner europei, con l’obiettivo di rafforzare le sinergie tra il mondo del packaging del nostro Paese e gli Stati dell’Europa Centrale».

La sostenibilità dell’uso di imballaggi multimateriale dipende fortemente dalle pratiche reali e non potenziali di gestione dei rifiuti e soprattutto dalle infrastrutture disponibili. Il nostro Paese deve necessariamente dotarsi di impianti di recupero e riciclo, a partire da quelli di digestione anaerobica per il trattamento della frazione organica per la produzione di biometano e di compost di qualità. Solo così si potrà proseguire velocemente lungo la strada dell’economia circolare.

Large format, all you can print

Un’esaustiva fotografia del settore del grande formato: dalla tecnologia agli inchiostri passando per le teste di stampa.

Silvia Riccio

È da diversi anni che parlare di stampa digitale di grande formato richiede competenze trasversali in diversi settori produttivi. La flessibilità dei sistemi di stampa e la rapida evoluzione sia delle teste sia degli inchiostri ha portato a utilizzare questi sistemi in molteplici campi produttivi, su diversi substrati, conducendo a molte sperimentazioni; il risultato di queste sperimentazioni ha portato alla specializzazione nei vari settori produttivi e alla formulazione di ricette di inchiostri e di costruzione di macchine sempre più vicine alle richieste dei clienti. Durante la visita all’ultima Fespa di maggio a Monaco la cosa che più balzava alla vista era, oltre alle presentazioni di nuovi prodotti dalle principali case produttrici, la forte presenza di sviluppatori per applicazioni specifiche su formati, sistemi di trascinamento, modularità nella composizione di diverse lavorazioni (parlando con un collega abbiamo concluso che le macchine wide format in primis stanno facendo guadagnare molti soldi a produttori di profilati in alluminio e viti); unitamente abbiamo avuto il piacere di parlare con diversi produttori di supporti che vedono ancora un grande crescita e continuano a proporre nuovi prodotti di più facile stampabilità.

Il dilemma che si trova di fronte uno stampatore che decide di investire per la prima volta in una macchina da stampa è, o dovrebbe essere legato, a che tipo di stampe farà, se privilegiare flessibilità o specializzazione, se fornire un servizio completo o in associazione con altri fornitori e produttori; uno stampatore già avviato cercherà un efficientamento o potenziamento nella sua produzione attuale (più velocità, più automazione, startup e downtime ridotti, più prodotti stampabili ecc…) e si concentrerà su quegli aspetti che, durante il lavoro, si sono rivelati dei punti di debolezza. Per compiere la scelta adatta non è necessario essere dei super esperti tecnologici bensì conoscere molto bene il prodotto che deve essere stampato, il suo campo di utilizzo, il suo ciclo di vita; è solo così che sarà possibile muoversi tra le molteplici proposte dei produttori di macchine da stampa digitale di grande formato e dei loro rivenditori, e capire se tra questi ci sia una risposta alle proprie richieste o la possibilità di produrre la stessa cosa in modo differente.

Un altro punto importante della stampa digitale di grande formato sono i tempi di produzione. Il formato largo era ed è considerato troppo artigianale per essere automatizzato, ma qualcosa sta cambiando. L’automazione è un elemento chiave nel controllo dei costi e per la stampa di grande formato può comprendere molti processi diversi, dall’elaborazione automatica dei file, alla robotica, fino alla gestione del database. Questi elementi ancora poco esplorati sono uno degli elementi di distinzione per fare il salto nella produzione industriale e per poter offrire servizi di stampa a grandi clienti su larga scala.

Dal punto di vista qualitativo la stampa digitale di grande formato ha già scontato la vicinanza e la continuità, o discontinuità a seconda dei punti di vista, con altre tecnologie di stampa presenti nel settore produttivo di riferimento.  Ad esempio, nel settore tessile d’abbigliamento la stampa digitale di grande formato diretta si confronta con la serigrafia e la stampa a inchiostri sublimatici in merito a numero di tinte ottenibili e saturazione dei colori; in campo promozionale e comunicazione il soft signage non teme confronti ed è in continua espansione grazie a qualità visiva raggiunta, velocità di produzione, flessibilità di produzione. Ceramica, vetro, alluminio, legno sono settori su cui da tempo le macchine da stampa digitale di grande formato sono presenti e le prestazioni in termini di qualità e produttività sono legate alla specializzazione di segmento, dove trattamenti superficiali, sistemi di fissaggio e applicazione-protezione post stampa sono ulteriori elementi di analisi oltre agli inchiostri e alla definizione.

La flessibilità dei sistemi di stampa e la rapida evoluzione sia delle teste sia degli inchiostri ha portato a utilizzare il grande formato in molteplici campi produttivi, su diversi substrati, conducendo a molte proficue e interessanti sperimentazioni.

Una panoramica tecnologica

Nella composizione di una macchina da stampa digitale di grande formato ci sono alcuni elementi su cui porre l’attenzione. Possono esistere tre tipologie di macchine: roll to roll, flatbed, ibride.

Le machine roll to roll sono le più diffuse e sono macchine che, come dice la parola stessa, caricano e scaricano bobine. Sono macchine che vanno dai 60 cm di larghezza fino oltre i 5 metri e sono sempre materiali flessibili. Sotto questo termine possiamo anche assimilare le roll to sheet (da bobina a foglio) che prevedono una uscita con tagli e caduta del foglio, e i sheet to sheet che di solito è una opzione disponibile nelle versioni precedenti. Dal punto vista meccanico ha importanza la dimensione dell’anima da caricare (la parte interna della bobina) e il peso alimentabile e scaricabile della stessa. La distanza tra testa di stampa e materiale incide sullo spessore del supporto alimentabile e, rapportato al peso e all’anima, a quanto lunga potrà essere la bobina stessa. Bisogna considerare che, in funzione del materiale, la curvatura dell’avvolgimento potrà incidere negativamente sulla planarità del supporto durante la stampa dando adito, nel peggiore dei casi, a un eccessivo sforzo sulle guide di trascinamento e un conseguente tocco accidentale tra testa e materiale, con relativo blocco delle stampa. Per questo motivo, alcuni fine-bobina di materiale non sono più stampabili e quindi scarto (da considerare nel calcolo dei costi di produzione). I sistemi di carico, specialmente nei formati oltre il 160 cm sono automatizzati e permettono di eseguire precisi allineamenti del materiale; il trascinamento è un elemento importante su queste macchine perché, specialmente con materiali morbidi, non devono esserci microdiseallineamenti durante le stampe, che provocherebbero effetti onda e distorsioni che comprometterebbero l’intero prodotto stampato. Per cui quando si effettua la valutazione della macchina e si parla di velocità di produzione è bene approfondire su quali materiali e a quale risoluzione. L’evoluzione, che è stata anche il motivo del grande successo della stampa digitale di grande formato nel settore print service, è la soluzione di stampa e taglio all in one. Il processo di stampa è il medesimo e solo a prodotto finito c’è il riavvolgimento e l’avvio della sessione di taglio. La flessibilità di questa soluzione deve essere supportata da un deciso apporto creativo e permette di realizzare da poster a piccole etichette. Tipicamente il processo di stampa è a solvente perché permette una essiccazione più veloce.

Sulla tecnologia roll to roll dal punto di vista dell’evoluzione tecnologica si è raggiunta una piena maturità e i prodotti rilasciati sono un continuo efficientamento in termini di prestazioni come numero di colori stampabili, tinte speciali, bianco.

Le macchine flatbed sono macchine da stampa di grande formato piane alimentate a lastra o, nel caso delle ibride, bobina e lastra. Possono essere a piano fisso, piano mobile, con trasporto a nastro. Le stampanti digitali di grande formato flatbed sono pensate per stampare su materiali rigidi planari di diverso spessore e in molti casi su oggetti finiti con superfici piane. La larghezza dei piani di lavoro è variabile in funzione delle necessità produttive sia in termini di singola lastra sia di numero di lastre. I piani di stampa sono ad aspirazione per mantenere fermo il materiale durante la stampa e le aspirazioni possono essere sezionate in diversi formati per effettuare la ripetizione della stampa da effettuare. È uno dei prodotti dove si è concentrata molto l’attenzione degli stampatori negli ultimi anni per il progressivo aumento di richiesta di stampa su cardboard e corrugato. Nella valutazione di questi sistemi di stampa bisogna considerare alcuni aspetti legati agli spessori dei materiali da stampare, il numero di pezzi da produrre, i formati di stampa che possono essere alimentati. Questi elementi incidono in modo significativo sulla velocità di stampa e sulla capacità produttiva per cui è assolutamente necessario condurre dei test specifici per le produzioni target.

Nei sistemi a piano fisso il supporto è appoggiato sul piano e la testa di stampa di stampa si muove in modalità scanning mode, cioè avanzando sul supporto grazie a un braccio mobile e spostandosi longitudinalmente sul supporto; su questa tipologia è possibile lavorare con materiali anche molto pesanti. I sistemi a piano mobile prevedono che sia un carrello che fa da piano di appoggio e muoversi perpendicolarmente alle teste di stampa che solitamente sono fisse. Le macchine con sistema di trasporto a nastro prevedono l’avanzamento del supporto sotto le teste che si muovono lungo un braccio fisso; il vantaggio di questi sistemi è la modularità di gestione degli spazi, con la possibilità di inserire delle prolunghe che permettono all’occorrenza di ampliare l’area di stampa e una efficiente gestione sia delle lastre sia delle bobine.

Individuare il sistema di carico ideale è, dunque, il primo passo per poter fare le valutazioni successive in termini di produzione e di automazione di carico e scarico. Su queste macchine si utilizzano inchiostri UV, solvente e Latex e si stampa su numerosi supporti grezzi e trattati. Per ogni modello di macchina possono esserci inchiostri, primer e coatizzatori differenti in funzione del materiale su cui si vuole produrre.

In termini di meccanica ed elettronica sono macchine, sia bobina sia a lastre, che richiedono bassa manutenzione e pochi interventi, riferiti per lo più a condizioni eccezionali. Negli ultimi tempi sono stati molteplici gli sviluppi per avere motori efficienti e sensori che monitorano la produzione e intervengano prima di un danno che comprometta la produzione, permettendo così di ampliare la gamma di supporti stampabili e di avere un immediato riscontro sulla effettiva capacità produttiva.

Le teste di stampa

Il cuore tecnologico delle macchine da stampa digitale di grande formato risiede nella testa di stampa, o meglio nelle teste di stampa dato che ci sono sempre più teste. Su queste macchine tutte le teste sono Drop on Demand (DoD) con prevalenza della tecnologia piezo rispetto alle thermal. La differenza risiede nella tecnologia di espulsione della goccia (per pressione elettrica la piezo, per riscaldamento dell’inchiostro la thermal) e nell’usura delle stesse: più frequenti e meno costose nel caso delle thermal, lunga vita e più costose nel caso delle piezo. Il numero di teste di stampa incide sul numero di colori stampabili, sulla velocità di stampa e sulle tipologie di lavoro realizzabili.

In funzione dell’inchiostro che si stampa le teste possono avere ugelli più o meno fini che consentono di generare punti di stampa fini e definiti. Nel caso di inchiostri UV e Latex mediamente si formano gocce della dimensione di 10 pico litri, con punte al basso di 4 picolitri e di 16 picolitri in alto. Più teste di stampa richiedono una maggiore attenzione nel setup iniziale per definire il giusto allineamento sui vari materiali e dei profili colore adeguati.

In funzione degli inchiostri utilizzati l’usura delle teste varia, con una maggiore degradazione nel caso di solvente hard (ormai utilizzato solo su alcuni sistemi super wide) e quasi nulla nel caso di inchiostri dye (acqua con colorante). Per la stampa UV, eco solvent e Latex è necessario fare la pulizia giornaliera delle teste e in caso di utilizzo di colori metallizzati e del bianco (che contiene normalmente ossido di titanio) le teste devono sempre essere tenute pulite per transitare con periodicità dell’inchiostro dagli ugelli, pena otturazione degli stessi. Sono diversi i modi adottati per evitare questo problema: sistema di ricircolo continuo dell’inchiostro con pulizia e chiusura degli ugelli se non utilizzati al sistema di sgancio delle teste dedicate e messa in soluzione conservativa.

Le macchine da stampa digitale di grande formato beneficiano della ricerca fatta sulle teste per applicazioni di tipo industriale e spesso sono le stesse a essere utilizzate. Controllo del jet out (mancata emissione della goccia), dissipazione del calore durante la lavorazione (che causa il cambio di viscosità dell’inchiostro e la deformazione delle gocce), mantenimento e adattamento dell’allineamento durante la produzione (dovute a problemi di trasporto) sono alcuni dei benefici che sono ormai dotazione standard nei gruppi stampa dei maggiori produttori. Questo ha permesso anche lo sviluppo delle prime macchine di grande formato con array di teste per elevate produzione principalmente su materiale cartaceo. L’affidabilità raggiunta dalle teste è tale da permettere un interessamento sempre più forte delle aziende che si occupano di packaging per valutare il passaggio dall’utilizzo per soli prototipi alla realizzazione di tiratura, cosa che già sta avvenendo nel settore del corrugato e del cardboard.

Gli inchiostri

Al pari delle teste di stampa l’inchiostro da utilizzare è l’elemento che deve caratterizzare la scelta della macchina da stampa digitale di grande formato da utilizzare. In linea generale c’è un trend in costante crescita nella ricerca e affinazione degli inchiostri, dal controllo della granulometria del pigmento alla sostenibilità ecologica delle soluzioni, alla risposta positiva alle certificazioni richieste dal settore produttivo di riferimento.

Molta ricerca in questo momento è indirizzata sul ritorno degli inchiostri base acqua ad assorbimento ed evaporazione cioè dye (con colorante in dispersione) e pigmento; questo perché sia in termini di finezza di goccia, di gamut riproducibile, di brillantezza e saturazione della stampa e di costi di stampa dà i migliori risultati. Tuttavia, in questo momento funziona solo su materiali ad alto assorbimento e con trattamenti superficiali che limitano l’assorbimento della goccia, come tuttora avviene nella stampa tessile.

La ricerca di un inchiostro che stampi tutto e bene è all’ordine del giorno da parte degli stampatori che tuttavia sanno bene a quali compromessi realituttora bisogna adeguarsi. Se non c’è la giusta tensione superficiale sul supporto le gocce espulse dalla testa tenderanno ad agglomerarsi e non sarà possibile fissare l’inchiostro se non con pessimi risultati; per questo motivo è importante definire il livello qualitativo atteso. Una delle macroscopiche differenze tra la stampa industriale fatta con sistemi di stampa digitale di grande formato e la stampa commerciale/promozionale/comunicazione è proprio nella formulazione dell’inchiostro.

Nella stampa su carta e materiali cartacei la stampa è a completo appannaggio di inchiostri base acqua con o senza pigmento; Questo perché c’è richiesta di dettaglio e colori profondi, nel caso della fotografia, di dettaglio e pulizia nel caso di cartine e disegni tecnici, di economicità e di grande effetto nel caso delle affissioni. La stabilità è appurata e nel caso serva una durata di vita maggiore il pigmento unito a materiali multistrato garantiscono una vita prolungata.

Con gli inchiostri a solvente è possibile stampare su molteplici materiali grezzi perché il veicolo dell’inchiostro aggredisce e scava il materiale affinché il pigmento possa depositarsi e legarsi al supporto una volta evaporato completamente il veicolo; questo ha fatto pensare per anni che fosse destinato a essere l’inchiostro buono per tutto. Tuttavia, i limiti ambientali e la difficoltà di sviluppare gocce troppo fini è stato anche un suo limite per molto tempo. Le attuali tecnologie a solvente hanno cambiato la formula dei veicoli e sono quasi tutti utilizzabili in ambienti di lavoro aperti senza necessita di aspirazioni dedicate. Tant’è che anche alcuni sistemi di stampa digitale di grande formato hanno avuto la certificazione Green Guard. Il lato negativo è che questa forza di adesione può limitare la nitidezza dello stampato, evidenziando in modo eccessivo i punti di stampa in uno sguardo ravvicinato, e su materiali ad alta lucentezza o trasparenti può causare velature e forte perdita di brillantezza.  Gli inchiostri a base solvente sono molto diffusi e, malgrado non godano di ottima reputazione, rappresentano un’importante fetta di mercato sia nel large sia nel wide e super wideformat in particolare nelle macchine roll to roll.

Nelle macchine flatbed l’inchiostro più diffuso è UV, che asciuga grazie all’utilizzo di una lampada ultravioletta ai vapori di mercurio o tramite luce LED ultravioletta fredda. L’inchiostro UV ha avuto una seconda vita grazie alle stampanti digitali di grande formato, dopo che per decenni è stato utilizzato solo in offset e in serigrafia. Esistono diversi tipi di inchiostri che bene si adattano alle varie superfici che devono essere stampate, tuttavia sulle macchine di taglio più commerciale l’inchiostro utilizzato è un buon compromesso per vari materiali rigidi. L’asciugatura avviene per reticolazione che si verifica grazie ai fotoiniziatori presenti nel veicolo che reagiscono alla lunghezza d’onda dell’UV e portano il pigmento a legarsi al substrato. L’assenza di assorbimento fa sì che i colori si mantengano sempre brillanti e che sia possibile far aderire l’inchiostro a qualsiasi superficie purché planare e con la tensione superficiale adeguata: altrimenti serve un pre-trattamento corona, plasma, fiamma o un primer, per consentire alla goccia di aderire e aprirsi per l’asciugatura. I pregi della stampa UV sono molteplici tuttavia anche con questo inchiostro ci sono dei limiti: la costante brillantezza anche quando servirebbe un risultato matt (superabile talvolta con la stesura di una vernice) e la rigidità che ne compromette l’utilizzo su materiali morbidi che necessitano di modellazione post stampa. Le soluzioni in commercio sono molteplici e malgrado il costo dell’inchiostro sia unitariamente più alto rispetto ad altri inchiostri, il basso consumo (l’UV ha un’alta coprenza) e la molteplicità delle applicazioni stampabili lo pongono al centro dell’interesse di molti stampatori. Anche il passaggio da lampade a LED ha contribuito ad aumentare la diffusione dell’utilizzo di questo inchiostro permettendo l’utilizzo delle macchine anche per piccole produzione on demand abbattendo il costo legato alla vita delle lampade. La stampa UV è tipicamente in quadricromia con l’opzione del bianco e di un trasparente che consentono di ottenere effetti molto accattivanti sfruttando le caratteristiche delle superfici del substrato e di ottenere effetti rilievo depositando strati di inchiostro sovrapposto.

Completa il panorama l’inchiostro Latex che attualmente è utilizzato da soli tre vendor e solo con HP su sistemi flatbed. L’inchiostro Latex è a base acqua con una miscela di pigmento e resina che asciuga per evaporazione e aderisce a molteplici supporti. È un inchiostro che permette di lavorare in modo eccellente su materiali che assorbono, ma anche che non assorbono e grazie a una assidua campagna di co-marketing con diversi produttori di supporti questo inchiostro è diventato la scelta primaria per chi vuole fare decorazione di interni. Può essere usato sia su materiali rigidi sia morbidi, a bobina e in piano, in interno ed esterno. È stato il primo inchiostro a ottenere la certificazione Green Guard e punta decisamente a essere la soluzione prevalente nel mondo commerciale. Per poter stampare con l’inchiostro Latex spesso è necessario che il materiale sia preparato tramite pre riscaldatori che aprono i pori dei materiali o con la stesura di un primer aggrappante quando non è possibile pre riscaldare. Questo serve per far espandere la goccia quanto basta per garantire una uniformità di stesura. Nel settore roll to roll l’inchiostro è utilizzato da decenni, ma è solo da un anno che è entrato nelle macchine flatbed. Dato che la temperatura di esercizio influisce in modo determinante sulla stampabilità del substrato è opportuno che il sistema di stampa digitale di grande formato non abbia elevati sbalzi termici.

La crescita tecnologica va nella direzione di una sempre maggiore affidabilità e produttività e questo deve essere da stimolo all’utilizzo dei sistemi di stampa digitale di grande formato per quello sono: una reale opportunità di diversificazione e crescita.

Un mercato frizzante

Portare il prodotto stampato al centro dell’analisi è il primo passo per capire a che punto è la crescita tecnologica. Se fino a qualche anno fa la realizzazione di packaging era una richiesta insoddisfatta, oggi si stanno già realizzando piccole tirature in stampa. Che cosa è cambiato? È migliorata la qualità? Si sono abbattuti i prezzi? Nell’esaustivo ripasso tecnologico fatto abbiamo volutamente tralasciato l’approfondimento di alcuni concetti come risoluzione e gamut perché da un po’ di tempo si sta facendo strada il concetto di adeguatezza. Tecnicamente sono stati raggiunti buoni livelli qualitativi, ma che ancora vanno a confronto con altri sistemi di stampa. Ora però si sta superando questo creando prodotti ad hoc per la stampa digitale tali da cogliere le opportunità che queste tecnologie possono offrire in termini di just in time, ripetibilità e versatilità.

Quindi la crescita tecnologica va nella direzione di una sempre maggiore affidabilità e produttività e questo deve essere da stimolo all’utilizzo dei sistemi di stampa digitale di grande formato per quello sono: una reale opportunità di diversificazione e crescita.

CERTIFICAZIONE GREENGUARD GOLD

La certificazione Greenguard Gold (precedentemente nota come certificazione Greenguard Children & Schools) nasce negli Stati Uniti e definisce i fattori di sicurezza riguardo a materiali ed emissioni che tiene conto delle persone sensibili (come bambini e anziani) che devono rimanere per lunghi periodi in ambienti come scuole e strutture sanitarie. Riferito ai sistemi di stampa digitale di grande formato considera se i prodotti stampati siano conformi in funzione degli inchiostri utilizzati. È una certificazione volontaria.

Nobilitazione della stampa: benefici e opportunità

Considerare un progetto di comunicazione visiva concluso, pronto per la spedizione, non appena uscito dalla stampante, è potenzialmente un grande errore. A meno di volersi confrontare sul mercato solo con il prezzo e rinunciare agli importanti margini ottenibili inseguendo un valore aggiunto per ogni progetto, saper gestire anche una fase di nobilitazione è un passaggio cruciale.

Al di fuori della sfida all’ultimo centesimo sta infatti crescendo un mercato con interessanti prospettive. Una realtà certificata da studi del settore: tra i più significativi quello di Keypoint Intelligence che prevede per la produzione di stampati a valore aggiunto una crescita annuale del 14% fino al 2020. Una tendenza iniziata ormai da qualche anno, nel 2017, e destinata a raggiungere un valore globale in questo arco di tempo di 1,3 miliardi di dollari.

Non a caso, alcuni mercati si stanno già muovendo. La stessa società di ricerche indipendente, conferma infatti come negli Stati Uniti e in Europa Occidentale siano già il 30% i supporti stampati a colori destinatari di un trattamento successivo alla ricerca di effetti speciali.

Anche i risultati sono già evidenti, al punto da consigliare di inserire tra le priorità la conoscenza di tecnologie, processi e strumenti per la nobilitazione degli stampati, uno dei sistemi più efficaci per distinguere uno stampato e caricarlo di un valore aggiunto lontano da confronti diretti.

 

La società Continua, del Gruppo Xerox, ha quantificato il margine di guadagno legato alla nobilitazione e il prezzo aggiuntivo che l’acquirente è disposto a pagare per la nobilitazione. (scopri gli altri dati di mercato leggendo la guida gratuita)

Certamente, passare dalla semplice stampa alla nobilitazione post-produzione non è immediato.

Servono competenze, manualità e naturalmente disponibilità a investire.

Partendo dalle basi però, grazie anche all’aiuto di strumenti tra i quali un buon white paper non sarà difficile scoprire un mondo più alla portata di quanto si possa pensare. Sia per l’aiuto fornito dalla tecnologia in termini di facilità d’uso e versatilità sia per l’investimento con il quale è possibile muovere i primi passi e toccare con mano i risultati nel giro di poco tempo.

Scarica la guida ideata da Italia Grafica per orientarti nel variegato panorama del Post Stampa

Federazione Carta e Grafica al Forum Nazionale di Legambiente sulla gestione forestale sostenibile

Si è tenuta a Roma la seconda giornata del Forum Nazionale sulla Gestione Forestale Sostenibile organizzato da Legambiente, con il supporto della Federazione Carta Grafica, e delle componenti che ne fanno parte quali Assocarta, Assografici e Acimga.

Durante l’evento, incentrato quest’anno sul tema della bio-economica delle foreste, è intervenuto – per la Federazione Carta Grafica – il direttore di Assocarta Massimo Medugno, illustrando come i comparti industriali rappresentati dalla Federazione si inseriscano, a pieno titolo, in quella che viene definita bio-economia circolare con una attenzione particolare all’utilizzo del capitale naturale che nasce da un impegno costante delle aziende in termini di Responsabilità Sociale d’Impresa.

«La sinergia tra la comunità urbana e l’industria cartaria concorre alla buona gestione delle risorse: dalla raccolta differenziata della carta proviene la prima materia prima del settore facendo della città una vera e propria foresta urbana. Più della metà della carta prodotta in Italia proviene dal riciclo e nell’imballaggio la percentuale di riciclo è all’80%»* afferma Medugno intervenuto al panel dal titolo “Le foreste urbane per rigenerare le città“.

«La carta» spiega Medugno «è un materiale che ha saputo sviluppare sia il ciclo biologico che quello tecnologico meritandosi quindi di essere considerato, a tutti gli effetti, un bio-materiale circolare che si caratterizza, rispetto ad altri suoi diretti competitors, per rinnovabilità, biodegradabilità e compostabilità». «Lo sforzo di tutta la filiera è quello di lavorare per rendere le “foreste urbane” migliori con sistemi adeguati e standard di riciclabilità come il nuovo metodo Aticelca MC 501-2017» conclude Medugno.

«L’industria cartaria e grafica, nonostante le caratteristiche ambientali della carta, viene spesso indicata come la principale responsabile della distruzione delle foreste, mentre i fatti dimostrano il contrario. L’84% della cellulosa impiegata in Italia è dotata di certificazione forestale sostenibile (es. FSC o PEFC) e proviene da foreste Europee che risultano in crescita: tra il 2005 e il 2015 (dato FAO 2005-2015) le foreste europee sono cresciute di 44.000 kmq, un’area corrispondente a oltre 1.500 campi da calcio al giorno» spiega Massimo Ramunni vice direttore Assocarta intervenuto ieri al Forum.

Un luogo comune da sfatare – secondo la ricerca “Carta e ambiente. Sfatiamo  i luoghi comuni, realizzata da Two Sides in otto Paesi europei, fra cui l’Italia – è l’idea che la superficie forestale europea dal 2000 ad oggi si sia ridotta, credenza assolutamente contraria alla verità che nel nostro Paese resiste presso l’80% degli interpellati, mentre nella realtà il patrimonio boschivo cresce proprio grazie all’intervento dell’industria della carta come dimostrato dai dati FAO.

 

*= La materia prima principale della nostra industria è  costituita per il 55% da carta da riciclare (detta anche macero) e tale percentuale rappresenta il tasso di circolarità (il rapporto tra materiali riciclati e uso complessivo delle materie prime) più alto d’Europa (si veda grafico sotto riportato) con punte dell’80% nell’imballaggio, un fiore all’occhiello per il nostro Paese.

 

Fedrigoni acquisisce Ritrama

Marco Nespolo, amministratore delegato di Gruppo Fedrigoni.

Fedrigoni S.p.A., protagonista in Italia e in Europa nella produzione di carte speciali, prodotti ad alto valore aggiunto per packaging e grafica ed etichette autoadesive, ha sottoscritto il contratto di acquisizione del gruppo Ritrama, multinazionale italiana di prodotti autoadesivi con siti produttivi in Italia, Spagna, Regno Unito, Cile e Cina. La famiglia Rink, fondatrice del gruppo Ritrama, manterrà la proprietà e la gestione del business di Ritrama in Nord America, continuando la collaborazione commerciale con il resto del Gruppo.
Con questa acquisizione, la seconda dall’ingresso di Bain Capital nel capitale del Gruppo, Fedrigoni rafforza la sua posizione di top player in Europa nel settore Pressure Sensitive Labels (ove opera attraverso i brand Arconvert e Manter), unendo la propria eccellenza nelle etichette per il vino, in cui è secondo produttore globale, per il food, l’household e la logistica, all’alta tecnologia applicata ai film adesivi di Ritrama, uno dei principali produttori mondiali per usi pharma, beverage e personal care. Ritrama, attraverso le divisioni graphics e industrial, integra l’offerta del Gruppo Fedrigoni in tali mercati di riferimento. 
Nasce dunque un grande player globale nel settore Pressure Sensitive Labels, dove il cliente può trovare ogni soluzione per le etichette autoadesive, sia ad alto contenuto tecnologico sia estetico, con un’offerta estremamente capillare e diversificata.
«I business di Arconvert e di Ritrama sono in forte sinergia – conferma Marco Nespolo, amministratore delegato di Gruppo Fedrigoni – operano entrambi con ottimi risultati su mercati in gran parte complementari, Arconvert con un’alta specializzazione nelle etichette autoadesive realizzate con carte speciali, Ritrama con un maggiore expertise nella produzione dei film plastici autoadesivi».
«La nostra divisione Pressure Sensitive Labels, che sta già registrando performance molto positive, sarà ora più grande, completa e competitiva – prosegue Nespolo – in un mercato in continua crescita in tutti i settori di sbocco e tutte le geografie, a livello mondiale. Ritrama ha un DNA sano, italiano e di vocazione internazionale, come il Gruppo Fedrigoni».
«Sono molto orgoglioso di questa operazione – commenta Tomas Rink, presidente di Ritrama – che garantisce al gruppo Ritrama e alla sua organizzazione di poter crescere ulteriormente all’interno di una realtà industriale solida e in forte espansione a livello internazionale quale il Gruppo Fedrigoni, con cui condivide i medesimi valori».
«Questa operazione rappresenta un ulteriore importante passo per Fedrigoni – commenta Ivano Sessa, managing director di Bain Capital e Chairman di Fedrigoni Holding – in linea con il nostro obiettivo di consolidare la presenza del Gruppo nei settori strategici Specialty Paper e Pressure Sensitive Labels, sia organicamente che attraverso l’acquisizione di realtà internazionali di rilievo come il gruppo Ritrama».
Ritrama ha registrato ricavi di circa 400 milioni di euro al 31 Dicembre 2018 che si aggiungeranno ai circa 1,2 miliardi di euro di ricavi del Gruppo Fedrigoni nello stesso periodo; a seguito dell’operazione, il fatturato del Gruppo Fedrigoni raggiungerà circa 1,6 miliardi di euro, posizionandolo tra i big mondiali del settore carte speciali per packaging e Pressure Sensitive Labels. Il closing della transazione è previsto per il primo trimestre 2020 ed è soggetto al perfezionamento di determinate condizioni sospensive.
Nell’operazione Ritrama si è avvalsa del supporto di Tamburi Investment Partners quale advisor finanziario, Martinez & Novebaci quale advisor legale e LED Taxand per gli aspetti fiscali.
Il Gruppo Fedrigoni si è avvalso del supporto di Rothschild & Co. in qualità di advisor finanziario, Latham & Watkins quale advisor legale M&A, Pirola Pennuto Zei e PwC per quanto concerne gli aspetti fiscali e finanziari, BCG per gli aspetti di strategia commerciale, Kirkland & Ellis International LLP per quanto riguarda gli aspetti legali relativi al finanziamento dell’operazione, e Golder per gli aspetti health, safety and environment.

Dalla Fondazione Istituto Rizzoli in arrivo il Calendario del Pubblicitario 2020

Anche quest’anno, per la seconda edizione, la Fondazione Istituto Rizzoli ha realizzato il Calendario del Pubblicitario 2020.

Questa iniziativa fa parte di un progetto di Raccolta Fondi finalizzata sia all’acquisto di strumentazione didattica per facilitare l’apprendimento degli studenti con disabilità, sia a supporto del progetto Aule 4.0, che ha come obiettivo principale l’eccellenza dell’istruzione scolastica, che si traduce per noi oggi nel rinnovo delle tecnologie delle aule multimediali dell’Istituto.

L’Istituto ritiene infatti che un laboratorio ben attrezzato e aule ben strutturate per l’apprendimento rendano l’ambiente ricco di scambi tra studenti, che crescono socialmente, culturalmente e formativamente per un corretto inserimento nel mondo del lavoro.

Il Calendario del Pubblicitario 2020 contiene 12 bozzetti reclame, uno per ogni mese, attinti dall’archivio storico dell’Istituto e realizzati a fine ‘900 da importanti pubblicitari.