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Stato dell’arte dei fotopolimeri: la visione di Atif

La gestione del processo di creazione delle matrici è un passaggio fondamentale in ogni tecnologia di stampa. Molte le variabili da tenere sotto controllo come pure le novità tecnologiche che obbligano gli operatori del settore a un continuo aggiornamento.

Le matrici flessografiche sono definite come «… forme di stampa rilievografiche con grafismi in rilievo rispetto ai contro-grafismi. La struttura del materiale utilizzato, gomma o materiali fotopolimerici, resiliente e flessibile è la caratteristica principale che ha dato il nome alla stampa flessografica». Esse sono classificate per l’aspetto: in lastra o in cilindro; per il materiale: fotopolimero solido o liquido, o elastomero; per la realizzazione dei grafismi: fotografica, incisione laser diretta, realizzazione a stampo. Il trasferimento dei grafismi sulla matrice avviene mediante pellicola, maschera ablativa (Lams) o con incisione diretta.
Nel primo caso il grafismo è registrato su una pellicola ad alto contrasto dotata di strato superficiale mattato per evitare anelli di Newton nel contatto con la superficie del fotopolimero.
Nel secondo caso si opera con il Lams (Laser Ablation Mask System), un processo che implica l’utilizzo di uno speciale strato maschera di colore nero opaco steso sopra il fotopolimero vergine; l’esposizione laser costruisce l’immagine mediante «ablazione» dello strato nero, ossia distruggendo lo strato (che passa dallo stato solido a quello gassoso) in corrispondenza dei grafismi che diventano quindi trasparenti per la successiva fase di esposizione UV, mentre lo strato nero non ablato protegge il fotopolimero nelle aree di contrografismo.
Il successivo sviluppo asporta il fotopolimero non colpito dalla luce creando le aree in incavo (contrografismi) mentre i grafismi rimangono in rilievo.
L’incisione diretta – terzo caso – non riguarda espressamente i fotopolimeri, dato che le lastre impiegate in questa tecnologia non sono «fotopolimeriche» ma semplicemente «polimeriche», ossia non sensibili alla luce; in prevalenza si tratta di «elastomeri», ossia gomme dotate di struttura macromolecolare adatte al trattamento con raggio laser. In questo processo la radiazione laser incide direttamente la lastra in corrispondenza dei contrografismi lasciando intatti i grafismi che costituiranno gli elementi in rilievo del cliché. A questa tecnologia è stato dedicato un apposito intervento nel corso del Flexo Day per conto del principale fornitore di macchine d’incisione diretta (Hell Graphic Systems).
Le fasi di lavorazione partono dai dati digitali, a tono continuo o retinati, che mediante esposizione CTF nel processo convenzionale a pellicola o CTP nel sistema diretto Lams su film ablativo, portano alla formatura delle lastre.

Le fasi di lavorazione partono dai dati digitali, a tono continuo o retinati, che mediante esposizione CTF nel processo convenzionale a pellicola o CTP nel sistema diretto Lams su film ablativo, portano alla formatura delle lastre.

Molto importanti le specifiche fisiche delle matrici alla luce dell’ampia gamma di materiali fotopolimerici oggi disponibili, in un mercato che vede la flexo protagonista di un notevole sviluppo tecnologico.
Elementi fondamentali in questa materia sono lo spessore della lastra – in sei tipologie da 1,14 mm a 6,35 mm – e il rilievo dei grafismi determinato dalla profondità d’incisione – da -0,5 a -2,5.

Il fattore durezza e densità

Fondamentale ai fini della resa qualitativa in stampa, come è noto, i cliché fotopolimerici pronti per la stampa presentano i grafismi in rilievo costituiti dalle parti esposte e indurite del fotopolimero con caratteristiche fisiche appropriate al processo di stampa flessografica, ossia sufficientemente duri per resistere ai numerosi cicli di inchiostrazione mediante rullo anilox e pressione nel contatto con il supporto di stampa, ma anche relativamente comprimibili (flessibili) secondo la tipica prerogativa della flessografia.
La durezza si misura in gradi Shore, nel nostro caso di tipo A: le normali lastre fotopolimeriche monostrato hanno una durezza Shore compresa tra 27° e 38°, le speciali lastre a due strati «Capping» hanno durezza da 51° a 56°. L’apparecchio impiegato per tale misurazione è il Durometro Shore che determina la profondità di sfondamento di un penetratore normalizzato mediante semplice applicazione sul campione; i più sofisticati possiedono un penetratore di diamante monocristallino, varie scale di misura e un display digitale LCD con memoria per le misure e uscita dei dati per collegamento sul PC. Negli apparecchi analogici, la lettura si fa direttamente su un quadrante graduato in gradi Shore.
Anche la densità nelle aree di grafismo e contro-grafismo del materiale di formatura – pellicole e maschere Lams – ha un ruolo importante nella produzione di matrici calibrate. Si tratta di densità ottica, ossia il logaritmo dell’opacità, intesa come annerimento in grado di frenare il passaggio della luce. Nel caso delle pellicole grafiche ad alto contrasto, la densità del nero non deve essere inferiore a D 4.0; per contro, le zone di trasparenza devono avere una densità di «velo» non superiore a D 0.05. Per le maschere Lams la densità del nero deve essere uguale o superiore a D 4.0 e la minima deve avere un valore compreso tra D 0.05 e 0.07 (tutti valori misurati con Densitometro per trasparenza a luce bianca senza filtri).

Fondamentale è usare la strumentazione giusta

La calibrazione del processo di formatura fotografica per le lastre fotopolimeriche richiede che siano valutati correttamente e tenuti sotto controllo i parametri di sviluppo, la pre-esposizione, l’esposizione principale, i tempi di asciugatura e le fasi di post-trattamento con UV-A o UV-C. Per le matrici in elastomero – che riguardano la tecnologia emergente dell’incisione diretta mediante raggio laser – occorre calibrare sia la profondità d’incisione che il profilo dell’incisione stessa.
Interessante lo studio realizzato da Atif che fornisce anche alcune indicazioni sugli strumenti di misurazione impiegati nel controllo delle matrici: spessimetro, durometro, microscopio e misuratore di valore tonale, nonché gli strumenti di verifica: riferimento lineare su immagine (Lams o pellicola), riferimento lineare su lastra e riferimento compensato su lastra.
Infatti, per misurare correttamente e tenere sotto controllo le lastre matrici si raccomanda l’uso di strumenti appositi: lo spessimetro per verificare lo spessore del materiale, il durometro per conoscerne esattamente la durezza in gradi Shore, un microscopio per analizzare la forma e il profilo dei caratteri e dei punti che costituiscono i testi e le immagini del lavoro da stampare e un densitometro a riflessione per misurare i valori tonali presenti sui cliché.
I riferimenti lineari che consentono di verificare le caratteristiche densitometriche delle pellicole, delle maschere Lams e delle lastre in esame sono costituiti da scalette di percentuali di punto, normalmente con sei tacche con valori compensati, per esempio 8%, 16%, 35%, 54%, 72%, 100% sul negativo pellicola o toner Lams che produrranno nella scaletta compensata incisa con i valori 1%, 5%, 20%, 35%, 57%, 100%.

La forma del puntino

Un tema molto specifico sulle lastre fotopolimeriche riguarda la forma del puntino nelle immagini retinate con particolare riguardo alla «testa» del punto stampante che, secondo studi approfonditi, deve essere piatta e uniforme.
Lo studio proposto da Atif parte dall’analisi del processo di polimerizzazione che si attua mediante la radiazione UV che attiva i fotoiniziatori presenti nelle molecole del fotopolimero dando inizio alla formazione dei radicali creando la differenziazione tra polimero solubile e polimero insolubile. La formazione dei radicali può, però, essere inibita dalla presenza di ossigeno nell’area di esposizione; inoltre è importante controllare accuratamente l’intensità e il tempo della pre-esposizione che determina la resistenza meccanica dei punti di retino; infatti, come si vede chiaramente nella seconda immagine della slideshow il punto con pre-esposizione corretta presenta una base allargata e solida per una lunga resistenza in stampa.
È però sempre critico ciò che avviene nella struttura del punto sia con il processo convenzionale mediante pellicola con superficie mattata che con il processo digitale ablativo Lams; nel primo caso la diffusione della luce attraverso la pellicola modifica la dimensione del punto nelle alte luci, nei toni medi e nei toni scuri; nel processo ablativo è l’ossigeno a modificare le dimensioni dei punti rispetto ai valori originali; tuttavia, il processo a pellicola fornisce punti a testa piatta mentre il digitale ablativo crea punti con testa arrotondata soggetti a instabilità di resa in stampa.
In pratica, la geometria del punto determina la resistenza alla pressione e l’effetto di aumento del punto stampato (dot-gain).
Lo studio di Atif non si limita a denunciare le carenze qualitative dei cliché con punti a testa arrotondata, ma indica anche una serie di soluzioni per ottenere punti perfetti a testa piatta. Oltre al sistema tradizionale a pellicola (oggi quasi del tutto abbandonato n.d.a.) possiamo ricorrere a sistemi avanzati attualissimi, come la laminazione, la membrana, il gas inerte, gli UV ad alta energia, la lastra con film o strato barriera, la lastra inerte all’ossigeno, oppure l’incisione diretta laser, processo che sostituisce i fotopolimeri con polimeri o elastomeri non sensibili alla luce.
È comunque fondamentale operare in un sistema controllato ove le forme da stampa siano preparate con tacche di controllo non compensate e con tacche compensate che rappresentino i valori tonali di almeno il punto minimo, i valori 10%, 30%, 50%, 70% e il fondo pieno.
In base alla sperimentazione condotta da Atif, confrontando lastre a testa arrotondata e lastre a testa piatta, risulta evidente che la testa piatta offre una maggiore resistenza all’azione stressante della compressione in stampa. In conclusione, si raccomanda di scegliere un sistema a testa piatta che sia preciso e affidabile, in grado di assicurare corrispondenza tra i valori del file e quelli della lastra e che sia anche misurabile, stabile e ripetibile. 

I documenti di Atif
Si ringraziano Stefano D’Andrea, Mauro Lussignoli, Sergio Molino.
I «Documenti Tecnici» costituiscono gli elementi base della missione culturale dell’Associazione per rendere la flessografia un processo sempre più affidabile e qualitativamente avanzato. Nell’ordine le «Linee Guida» del 2006 (DOC 01) oggi in fase di revisione, «Troubleshooting» (DOC 02), «Parametri e sistemi di controllo» (DOC 03), «Checkup delle macchine da stampa» (DOC 04), «Caratterizzazione dei sistemi di stampa (DOC 04.1), «Illuminanti e condizioni per la valutazione visiva (DOC 05), «Materiali di riproduzione per la stampa flessografica « (DOC 06), «Illustrazione della norma ISO 12647-6 (Scheda tecnica 01).

Ricoh sigla una partnership con EFI Vutek per offrire soluzioni di stampa flatbed

Tad Furushima di Ricoh con Frank Mallozzi di EFI.
Tad Furushima di Ricoh con Frank Mallozzi di EFI.
Tad Furushima di Ricoh con Frank Mallozzi di EFI.
Tad Furushima di Ricoh con Frank Mallozzi di EFI.

Ricoh è entrata nel settore della cartellonistica integrando le soluzioni di stampa flatbed di EFI Vutek nella gamma dei prodotti offerti.

La partnership si focalizza sui sistemi più adatti per i clienti Ricoh. Aggiungendosi alla serie Ricoh Pro L4100 roll-to-roll latex, queste soluzioni UV flatbed assicureranno flessibilità e opportunità maggiori ai clienti Ricoh nel settore della stampa commerciale e della cartellonistica. Si amplia così l’offerta graphic arts e il portfolio di soluzioni che ora comprende sistemi flatbed, grande formato, modulo continuo, foglio singolo, software e servizi di consulenza.

Un’evoluzione naturale

Benoit Chatelard, Vice Presidente del Production Printing di Ricoh Europe, commenta: «Si tratta di un’evoluzione naturale per Ricoh, per due motivi. Innanzitutto, collaboriamo da molto tempo con EFI che fornisce EFI Fiery come front-end digitale per la nostra gamma foglio singolo. In secondo luogo, le soluzioni UV flatbed – che si aggiungono alla nostra offerta di soluzioni grande – ampliano le possibilità per i nostri print service provider. Sono stati i nostri stessi clienti a chiederci di espandere il nostro portfolio e siamo molto lieti di poterlo fare con un partner di rilievo nel settore. Questo annuncio testimonia il nostro impegno volto a fornire ai print service provider una gamma di soluzioni complete e integrate».

Tra le soluzioni Vutek vi è EFI H1625 LED, una soluzione di stampa ibrida roll/flatbed UV da 1,65 m con quattro colori più il bianco e con possibilità di stampa multilayer. Il sistema consente di stampare fino a otto livelli di scale di grigi con gocce di dimensioni variabili e di gestire materiali sia flessibili sia rigidi.

«La polimerizzazione LED è un enorme vantaggio, dal momento che gli inchiostri vengono polimerizzati con la tecnologia Cool Cure di EFI» spiega Benoit Chatelard. «Questo significa poter utilizzare supporti più sottili, con conseguenti risparmi in termini di materiali, spedizioni e consumi energetici. Ciò rende la soluzione una delle più ecosostenibili sul mercato, una caratteristica che secondo noi influirà molto sulle decisioni di acquisto dei nostri clienti. Le stampanti ibride sono complementari alle soluzioni a foglio singolo installate presso i nostri clienti del settore della stampa commerciale».

Un’offerta integrata di soluzioni e servizi

Benoit Chatelard conclude: «L’accordo si inserisce nella strategia di Ricoh volta a dare ai fornitori di servizi di stampa l’opportunità di offrire una gamma completa di applicazioni. Grazie alle nuove stampanti, le aziende che si affidano a Ricoh dispongono di una scelta più ampia di soluzioni continuando inoltre ad avvantaggiarsi della presenza capillare di Ricoh sul territorio che assicura assistenza e servizi professionali ovunque si trovino».

L’accordo è attualmente valido per l’Europa e l’America Latina. Seguiranno poi Nord America e Asia Pacifica.

Stampa diretta sul contenitore: etichette e sleeve

Absolut Vodka

Una breve rassegna dell’innovazione in tema di stampa diretta su bottiglie, vasi e flaconi in vetro o in plastica. In evidenza nuovi brevetti, specifici inchiostri UV oppure organici, algoritmi per ottenere quintilioni di combinazioni di colori, stazioni di stampa digitale inserite nelle linee di confezionamento.

La vera innovazione non è solo un’idea, un brevetto, una tecnologia, è un hub dove approdano e si fondono lavoro, denaro, visione e quant’altro permetta di ridisegnare finanche un processo industriale consolidato come il decorare e riportare informazioni su bottiglie, vasi o flaconi in plastica o in vetro. La qualità di etichette e sleeve raggiunge punte di eccellenza, ma il 2016 potrebbe scompaginare le carte: sono infatti attese le prime applicazioni su larga scala della stampa diretta sui contenitori. Le nuove macchine digitali saranno presto presso i confezionatori e integreranno le linee di riempimento. I loro costruttori elencano vantaggi come la semplificazione della logistica grazie al non dover più gestire etichette ed etichettatrici e ancora la possibilità d’incrementare le velocità delle linee di produzione.

A proposito di decorazione su vetro

L’arte di decorare vetri trasparenti ricorrendo a smalti policromi fusibili e oro risale al 1400 e nel tempo ha avuto corsi e ricorsi. La serigrafia a caldo consente di “vestire” le bottiglie con grafiche ottenute spalmando colori termofusibili ricavati da polvere di vetro, resi cremosi grazie all’aggiunta di un apposito olio e depositati secondo gli schemi riportati su una griglia di nylon o di metallo applicata a un telaio in acciaio. Il telaio è realizzato partendo da un’immagine digitale trasferita su un supporto trasparente la cui griglia è trattata con una particolare fotoemulsione sensibile alla luce.

In corrispondenza delle zone prive dell’immagine l’emulsione, colpita dalla luce, si ancora al tessuto del telaio e si indurisce, mentre nelle zone dove la luce non agisce l’emulsione si scioglie liberando le maglie che permetteranno all’inchiostro di attraversare il telaio durante la stampa e di depositarsi sul contenitore. Come anticipato, si utilizzano colori termo fusibili che, previo riscaldamento a 600-620 °C, rendono la decorazione indelebile. La serigrafia a freddo utilizza telai in poliestere, il colore è stampato direttamente sul vetro a temperatura ambiente o dopo una prima cottura a 180 °C.

La stampa è più soggetta ad abrasioni rispetto a quella realizzata con la serigrafia a caldo ed è poco resistente agli agenti di lavaggio utilizzati nelle lavabottiglie. Altre tecniche utilizzate sono la tampografia e la decalcomania. La prima ricorre a un tampone flessibile che trasferisce l’inchiostro da un clichè tampografico al contenitore. Può essere utilizzata in quadricromia anche su superfici curve, o irregolari. La decalcomania è una tecnica serigrafica indiretta, l’immagine è riportata su fogli colloidali, poi trasferiti sul vetro manualmente a freddo o in automatico a caldo. Segue la stabilizzazione in forno a 600 °C. Le decorazioni rilevabili al tatto sono il frutto di una resinatura che porta a effetti solo colorati, gommati, cromati o metallizzati. Sono tecniche classiche, innovate dal poter oggi sostituire la polvere vetrosa con inchiostri organici termoattivati. In questi casi la temperatura d’impostazione dei forni scende anche del 30% con considerevole risparmio energetico. Un’altra soluzione interessante si deve al brevetto di P&P Promotion (Cuneo), consente di decorare le bottiglie tramite un cambio molecolare del colore del vetro. Non si utilizzano vernici, ma si colorano le bottiglie con polveri di vetro che hanno lo stesso coefficiente dilatometrico di quest’ultimo e sono esenti da metalli pesanti. Le bottiglie non necessitano di pre-trattamenti specifici. Si ottengono effetti traslucidi, coprenti o satinati e si possono anche creare delle decorazioni con finestre, giocando con la trasparenza della bottiglia.

L’innovazione passa da inchiostri e algoritmi

Molto attiva è la ricerca nel settore degli inchiostri, tra gli inchiostri UV per stampa diretta su bottiglie spicca il caso di Hartness International. Il testimonial più rappresentativo della loro efficacia è la linea di birre Lips of Faith prodotte dalla nota birreria artigianale New Belgium Brewing USA. Sono inchiostri a base di composti organici, pertanto non apportatori di contaminanti durante il riciclo del cullet (rottame di vetro). Sono caratterizzati da una rapidissima reticolazione (meno di 0,25 secondi) consentendo un considerevole risparmio energetico rispetto alle classiche linee ACL (applied ceramic labeling) molto diffuse negli Stati Uniti.
La personalizzazione è un fattore chiave nelle strategie di marketing; il consumatore è il vero arbitro del mercato e una confezione dalla grafica unica può rafforzare la sua percezione della qualità del prodotto.
Particolarmente significativa in tal senso è la case history di Absolut Vodka, azienda che si rivolge a un target giovane, anticonformista, coinvolto proponendo un’ampia scelta di aromatizzazioni, campagne promozionali di lunga durata, sovraesposizione mediatica, eventi nei locali più trendy, collaborazioni con artisti noti o emergenti e soprattutto edizioni limitate. La più interessante dal punto di vista della tecnica grafica è stata Absolut Unique. Nel 2012 l’azienda ha creato un’edizione limitata formata da quattro milioni di bottiglie decorate in modo che ognuna fosse unica e l’etichetta riportasse un numero di serie altrettanto unico. Per ottenere questo risultato ha coinvolto la vetreria Glass Sweden & Denmark e Ardagh Group.

Absolut Vodka

Si è intervenuti sui formati 700 ml, 750 ml e 1 litro. Per stendere il colore base della bottiglia sono stati utilizzati tre alimentatori di inchiostri connessi a sette testine di stampa spray, posizionate in modo da coprire rispettivamente parte alta, media, base e fondo.

Il sistema era completato da un’ulteriore stazione di stampa che erogava un mix di colori sempre diversi per tinta, trasparenza e opacità. Risultato ottenuto tramite una valvola computerizza abbinata a un sistema di controllo gestito da un software o meglio da un algoritmo che di volta in volta modificava random colori e aree da colorare. Le bottiglie passavano poi in una stazione per serigrafia dove erano aggiunti ulteriori disegni anamorfici. Dopo il riempimento era poi applicata un’etichetta bianca con il logo Absolut Vodka e, in grassetto, un numero progressivo. In teoria, l’algoritmo avrebbe potuto produrre 94 quintilioni (94 seguito da 18 zeri) di bottiglie decorate con una grafica sempre diversa. Per questa serie, limitata a 4 milioni di pezzi, sono stati utilizzati trentotto diversi colori e cinquantuno diversi schemi.

Stampa diretta su contenitori di plastica

Tra i molti comunicati che annunciano la stampa diretta su contenitori di plastica, vetro o lattine, spiccano quelli di tre aziende tedesche e di un gruppo USA pronti a proporre una vera innovazione ai settori bevande, detergenza, fai da te, oggettistica. La start up tedesca Till ha progettato una macchina rotativa per stampa digitale su contenitori di plastica (PET e PE), lattine, vetro. Nata nel 2011, l’azienda ha messo a punto Smart Print, sistema che consente di ottenere immagini di qualità fotografica fino a 8 colori. Alla base del sistema una stazione di stampa idonea a produrre fino a 800 contenitori/ora. Aumentando il numero delle stazioni di stampa è possibile raggiungere fino a 36mila pezzi all’ora. Il software in dotazione alla macchina corregge le distorsioni dovute alla curvatura, al crescere della distanza tra superficie da stampare e testina di stampa, alle tolleranze dimensionali del contenitore. La conformità di quanto stampato è verificata da sei telecamere che controllano il contenitore a 360 gradi; tutti i codici e i testi sono riletti e convalidati.

Molto pubblicizzata è anche la soluzione della tedesca KHS Innoprint per la stampa digitale diretta su bottiglie di PET. La versione base utilizza 5 gruppi stampa (bianco, ciano, magenta, giallo e nero) ma è possibile aggiungerne altri qualora si desiderino colori speciali. Si utilizzano inchiostri UV brillanti a bassa viscosità; reticolano nell’arco di alcuni millisecondi, hanno una buona coprenza e opacità, sono sovrastampabili, aderiscono bene anche a bottiglie di PET non trattate, sono utilizzabili su contenitori per alimenti. L’ottenere inchiostri a bassa migrazione è stata una delle sfide più importanti per l’azienda, infatti per evitare che monomeri residui passino nel prodotto, la polimerizzazione deve raggiungere il 99% contro il 70% ottenibile con la maggior parte degli inchiostri per stampa digitale. Il consumo di inchiostro è compreso tra 0,1 e 0,24 ml per bottiglia in funzione delle dimensioni della zona da stampare e della coprenza prevista. Anche KHS dichiara una capacità produttiva di 36mila pezzi/ora, sottolinea la possibilità di riprodurre con la massima precisione l’immagine desiderata (la risoluzione di stampa è 1.080×1.080 pixel) su un’ampia gamma di contenitori di PET dal diametro compreso tra i 4 e i 12 cm e di capacità compresa fra 33 cl e 1,5 litri. L’immagine trasferita dal computer all’unità di controllo della macchina può variare da contenitore a contenitore. Il cambio formato è velocissimo. Le bottiglie di PET sono alimentate con un nastro ad aria; l’azienda sta sviluppando anche una macchina da integrare con la soffiatrice. Per evitare contaminazioni la bottiglia è movimentata dal collo e prelevata da un morsetto, guidato da una trasmissione diretta. La bocca della bottiglia resta sigillata durante l’intero processo di stampa; qualora si ritenesse di doverla stabilizzare è possibile montare in linea un erogatore di azoto o di aria sterile. Il morsetto trasporta la bottiglia da una giostra colori alla successiva, bloccandola nella corretta posizione grazie a un sistema magnetico. Ogni giostra colori ha 12 sezioni di stampa, ma la macchina può essere equipaggiata con un numero inferiore ed essere integrata qualora se ne presentasse la necessità. Ogni stazione di stampa è dotata di lampade UV per reticolare e asciugare l’inchiostro; poco dopo la deposizione la decorazione resiste agli stress meccanici e termici tipici di linee di riempimento, confezionamento, logistica, utilizzo da parte del consumatore. Le bottiglie stampate con questa tecnica possono essere immesse nei circuiti di riciclo del PET perchè l’inchiostro è separabile dal polimero che compone la bottiglia. KHS Innoprint ha già in funzione, a titolo sperimentale, la prima macchina a uso industriale e il 2016 potrebbe essere l’anno del lancio su larga scala di questa soluzione la cui messa a punto ha richiesto otto anni di progettazione, verifiche e prove.

I vincitori dell’oscar dell’imballaggio 2015
La stampa diretta ha fatto capolino anche in Italia tanto è vero che l’Oscar dell’Imballaggio 2015 per l’innovazione tecnologica è stato assegnato ex aequo a due aziende, Krones AG e Plastipak Italia Holding Srl (azienda del gruppo Plastipak), che stanno proponendo con convinzione la stampa diretta UV su bottiglie e flaconi, pubblicizzata come razionalizzazione della produzione e vantaggio ambientale. Krones AG ha sviluppato DecoType, sistema di stampa digitale a getto di inchiostro utilizzabile per decorare direttamente contenitori di difficile etichettatura.
DecoType di Krones ha ricevuto il premio “Oscar dell’Imballaggio” per l’innovazione tecnologica: rende contemporanea l’immagine del flacone, grazie alla resa grafica innovativa della stampa UV diretta sul packaging, sia per forme che per superfici irregolari.
DecoType di Krones ha ricevuto il premio “Oscar dell’Imballaggio” per l’innovazione tecnologica: rende contemporanea l’immagine del flacone, grazie alla resa grafica innovativa della stampa UV diretta sul packaging, sia per forme che per superfici irregolari.
Il primo progetto si è focalizzato sulle bottiglie in plastica (ma l’azienda è impegnata anche sul fronte dei contenitori in vetro). La macchina è compatta e modulare, può decorare contenitori di PET, PE o PP alti fino a 20 cm, cilindrici o sagomati, con superfici regolari o irregolari. Oltre a confermare i già citati benefici logistici, questa soluzione garantisce la personalizzazione dei contenitori, l’integrazione di dati variabili, l’ottenimento di piccolissimi lotti. Le testine di stampa sono autopulenti, il rabbocco degli inchiostri è rapido e agevole, per la loro reticolazione si utilizzano lampade ad arco.
Plastipak Italia Holding Srl ha presentato Direct Object Printing nell’applicazione a bottiglie per acqua minerale Sangemini marchio del gruppo Norda: era già stata segnalata al grande pubblico dei confezionatori in occasione del Dupont Awards 2014 e si era classificata prima nella categoria Technological Advancement and Responsible Packaging.
Il prodotto presentato era il flacone di Tide Plus Bleach Alternative Liquid Laundry Detergent, un detergente per i panni prodotto da P&G. Sulla spalla del flacone era stampata direttamente la dicitura HE a significare la compatibilità del prodotto con le lavatrici ad alta efficienza. Altre applicazioni suggerite dall’azienda sono messaggi promozionali, coupon, codici QR, stampa completa su fronte, lato o retro del flacone. La tecnologia è completamente digitale, a getto d’inchiostro in un solo passaggio. Immagini e testi sono modificabili in pochi secondi, l’azienda si è focalizzata sullo stampare anche su superfici dalle forme più difficili (ovali, quadrate, rotonde, in rilievo). Gli inchiostri non contengono VOCs (composti organici volatili).

Le prime sperimentazioni di successo con le teste di stampa Mems di Konica Minolta

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Konica Minolta ha annunciato che le nuove teste di stampa, messe a punto sfruttando le tecnologie Mems proprietarie, sono state sperimentate con successo per la prima volta in occasione di drupa.

Le tecnologie Mems (Micro Electro Mechanical Systems) formano sistemi meccanici di dimensioni microscopiche su substrati di silicone o vetro, che richiedono tecnologie di fabbricazione in scala micro altamente avanzate.

Nello stand presso drupa, insieme a Industrial Inkjet Ltd (IIJ), alcuni esperti hanno per la prima volta effettuato dimostrazioni delle funzionalità delle teste di stampa Mems in pubblico. Le nuove testine sono state messe a punto per servire meglio chi opera nel segmento della stampa commerciale o di etichette, nonché in altri ambiti di stampa industriale, grazie alle loro funzionalità ben equilibrate, progettate per superare le esigenze degli utilizzatori.

La disposizione ad alta densità degli ugelli ha reso possibile sia la stampa a una risoluzione più elevata, sia la riduzione dimensionale delle testine.

Le tecnologie Mems costituiscono il nucleo nevralgico, dal punto di vista tecnico, del gruppo Konica Minolta, che sta introducendo le teste di stampa sul mercato al fine di soddisfare le esigenze diversificate dell’utenza. Nel far questo, il gruppo si prefigge di contribuire all’espansione del mercato inkjet per uso industriale e allo sviluppo di nuove applicazioni in tale ambito.

Primo trimestre 2016: vola l’export delle macchine da stampa, converting e legatoria

Le esportazioni crescono del +18,5%, con le Americhe a tirare la volata e l’Asia che cede qualche posizione. L’import, invece, al +10,9%, vede in pole position i fornitori europei e asiatici.
Secondo i dati Istat, elaborati dall’Ufficio Studi Acimga, da gennaio a marzo di quest’anno sono cresciute a due cifre sia le esportazioni sia le importazioni di macchine per printing, converting, cartotecnica e arti grafiche, confermando lo slancio dell’industria italiana di settore.
Si consolida così il trend più che positivo dei mercati esteri: un dato particolarmente significativo per i costruttori che fanno capo ad Acimga, che fuori confine realizzano, mediamente il 70% del giro d’affari. «Questa tendenza» sottolinea al riguardo Marco Calcagni, Presidente dell’associazione confindustriale «testimonia la fase espansiva di una serie di economie importanti, a est come a ovest del mondo, ma anche e soprattutto la capacità dell’industria italiana di rispondere alle esigenze espresse nei diversi paesi e contesti. Siamo leader a livello mondiale sul piano tecnologico, commerciale e di servizio e abbiamo tutte le carte necessarie a consolidare il nostro primato.
«Molto interessante» considera Andrea Briganti, direttore di Acimga «anche l’andamento del mercato domestico, che si conferma in ripresa dopo un lungo periodo di scarsa dinamicità, incoraggiando le imprese a progettare il futuro con ottimismo.»
Uno slancio che non ha subito rallentamenti neppure nel periodo precedente drupa quando, come noto, di solito tutto si ferma in attesa di vedere in fiera le ultime novità. Al contrario, la vetrina internazionale delle tecnologie per il printing ha visto una grande affluenza di buyer italiani che hanno investito in progetti importanti. Drupa 2016 è stata una grande fiera, dove operatori di tutto il mondo hanno confermato l’interesse e la fiducia nelle proposte Made by Italy e firmato contratti per milioni di euro.

Export

Sale l’America, scende l’Asia Nel primo trimestre dell’anno in corso, le esportazioni totali dei costruttori hanno guadagnato il 18,5% rispetto allo stesso periodo del 2015, per un valore superiore ai 340 milioni di euro.
Sono cresciute del 22,1% le vendite in Europa, che rappresentano oltre la metà (il 57%) del totale, e di un ottimo +41,8% nelle Americhe. Calano, invece, del 10,5%, i contratti stipulati con buyer asiatici.
Gli Stati Uniti si sono affermati come il primo mercato di sbocco dei costruttori italiani (44,9 milioni), davanti a Francia (26,7 milioni), Germania (24,3 milioni), Regno Unito (24,2 milioni) e Turchia (23,2 milioni).

Import: il dominio europeo e la crescita dell’Est del mondo

Le importazioni complessive di macchine da stampa e converting sul mercato italiano sono aumentate del 10,9%, a più di 105 milioni di euro.
Sono cresciuti soprattutto gli acquisti dall’Europa (+10,8%), che fornisce l’84% del totale importato e dall’Asia (+12,3%). Meno brillante (+4,9%) il dato americano.
Guardando ai singoli paesi, vediamo che aumenta l’import dalla Germania (+27,4%), dalla Cina (+28,5%) e dai Paesi Basi (+35%). In questi primi tre mesi dell’anno sono invece calati gli acquisti di macchinari francesi (-13,2%).

Le shopper Saxoprint: qualità e personalizzazione per comunicare

Shopper SaxoprintLe shopper di carta di Saxoprint sono completamente personalizzabili, e sono la confezione ideale per prodotti e regali o apprezzato gadget per fiere ed eventi, perchè la shopper è anche uno strumento di promozione: attira immediatamente l’attenzione, è versatile nell’utilizzo e garantisce un alto grado di visibilità ai messaggi.

Paolo Fiorelli, Senior Key Account Manager di Saxoprint per l’Italia, dichiara «Per i prodotti di questa nuova categoria, abbiamo prestato particolare attenzione ai dettagli: manici resistenti, comfort di trasporto e la possibilità di stampare su tutta la superficie disponibile sono solo alcune caratteristiche particolarmente apprezzate dai nostri clienti.»

Grazie al comodo configuratore online, Saxoprint offre tante possibilità creative. Le shopper sono disponibili in 11 formati, da quello «mini» (10×5×10 cm) alla versione maxi (54×14×45 cm), fino a quella per bottiglie (10×10×36). È possibile scegliere tra cinque differenti materiali, con quattro varianti di manici in cinque colori diversi. Le shopper si distinguono per varietà, per resistenza e, nella versione con manico in carta ritorta per la stampa offset, che offre il massimo della qualità in termini di resa cromatica e dettagli. Inoltre, grazie al bordo risvoltato, sono ancora più confortevoli e non si corre il rischio di graffiarsi con il margine, spesso tagliente, della carta. Per chi ha bisogno di molto spazio per comunicare, è possibile utilizzare per la stampa della propria grafica tutta la superficie della shopper.

È possibile scegliere, inoltre, la tipologia di carta: dalla kraft marrone, che possiede naturalmente una grande resistenza e un aspetto naturale, alla kraft bianca, dalla bellezza discreta e senza tempo e dalla superficie non patinata, per una sensazione tattile piacevole e una stampa sempre rispettosa dei colori. La scelta della carta patinata assicura, invece, una riproduzione dei dettagli estremamente nitida in fase di stampa e una straordinaria brillantezza cromatica. Le shopper con carta patinata sono tutte plastificate ed è possibile scegliere tra una plastificazione lucida o opaca.

Per quanto riguarda i manici, Saxoprint offre un comodo manico in tessuto, uno in carta ritorta o il pratico fustellato, per soddisfare ogni esigenza estetica e di resistenza. Il manico in tessuto, di lunghezza variabile a seconda del tipo di presa (a mano o a spalla), è disponibile in diversi spessori, 4m m, 6 mm e 9 mm, con imbottitura in cotone e nei colori bianco, nero, blu, rosso e grigio. In particolare, il manico extra morbido da 9 mm con anima in cotone garantisce la massima comodità di trasporto. In alternativa, è possibile scegliere un manico fustellato di 90×30 mm, in cui la sagoma ovale dell’impugnatura conferisce un tocco di eleganza in più e il cui bordo rinforzato permette una presa comoda e salda. Il manico in carta ritorta è impiegato con successo ed è particolarmente adatto per le shopper del commercio al dettaglio stazionario.

La maggior parte dei formati sono offerti da Saxorpint con l’opzione di produzione «express», ovvero con completamento entro dieci giorni lavorativi dalla conferma dell’ordine.

Per offrire ai propri clienti la certezza di poter scegliere la shopper giusta per le proprie esigenze, Saxorpint mette a disposizione due «sample set», comodamente ordinabili dal sito, con tutte le opzioni disponibili di dimensioni, carte e manici.

Inoltre, per maggiori informazioni, è possibile contattare il servizio di assistenza, disponibile dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 19, dove un operatore dedicato guiderà il cliente passo per passo nella creazione dell’ordine, fornendo consigli utili e informazioni sempre precise e dettagliate.

Stampa 3D: l’esperienza di Eliofossolo nelle parole di Enrico De Guglielmo

Allargare i propri orizzonti: sposare la stampa e le scansioni 3D.
Per un’azienda grafica presente sul mercato da oltre vent’anni, che lavora nel piccolo e grande formato in digitale e offset, l’innovazione non è soltanto comperare nuove attrezzature per la stampa tradizionale.

Eliofossolo è un’azienda di Villanova di Castenaso, in provincia di Bologna, che fornisce dal 1992 i servizi che ci si può aspettare da una delle tante strutture di questo genere che sono sparse per tutta Italia: stampa digitale di piccolo e grande formato, stampe offset a colori e in bianco e nero, plottaggi, scansioni, rilegature, plastificazioni e così via. Lavori che esegue da sempre, con la consueta attenzione per lo stato dell’arte delle tecnologie che è indispensabile per rimanere sul mercato. Indispensabile, ma forse non sufficiente, ha pensato Enrico De Guglielmo, amministratore unico di Eliofossolo. Tanto da spingerlo a introdurre con decisione nella sua azienda la stampa 3D, dando vita sia a un nuovo servizio di manifattura additiva per la produzione di oggetti in gesso a colori, in ABS e in resina con marchio Stampa3D by Eliofossolo sia al prodotto Mini-Me, l’avatar perfetto® per realizzare riproduzioni di persone mediante la stampa 3D e a partire da accurate scansioni tridimensionali.

Ma quali sono esattamente le ragioni che hanno indotto Eliofossolo a questo passo?

Ne abbiamo parlato con Enrico De Guglielmo e con Cristian Parmeggiani, cofondatore di 3DZ, il rivenditore autorizzato di 3D Systems con sette sedi in tutto il territorio nazionale, che ha venduto all’azienda bolognese la più recente stampante 3D che ha adottato: il sistema ProJet 66o Pro che consente, mediante la tecnologia proprietaria ColorJet Printing, la stampa tridimensionale in CMYK di oggetti in alta definizione che può essere sabbiato, perforato, inciso, verniciato e placcato. I modelli ottenuti con questa macchina sono resistenti alle alte temperature e adatti anche per la fabbricazione digitale e per applicazioni di stampaggio.

I tempi che cambiano

«La nostra storia», racconta De Guglielmo «nasce nel campo della stampa tradizionale, dove abbiamo acquisito una ventennale professionalità. Ma i tempi sono cambiati e un imprenditore che non se ne renda conto è destinato a lavorare sempre di meno.
Con il supporto dei miei dipendenti, ormai un paio di anni fa, ho intrapreso questo nuovo percorso di riqualificazione per offrire al cliente soluzioni innovative e al passo coi tempi. Si è trattato di un investimento importante in macchine e formazione, in un momento storico nel quale il cliente era ancora digiuno sulle ampie potenzialità della stampa 3D».

enrico-deguglielmo3DZ ha offerto tutta la sua professionalità e gli strumenti adatti per consentire di dare forma alle nostre idee. Sono moltissimi gli ambiti, come sottolinea l’amministratore di Eliofossolo, che possono trarre vantaggi da questa tecnologia: dal mondo dell’architettura a quello della fornitura di gadget personalizzati, dai designer che hanno bisogno di toccare con mano il prototipo del progetto prima di entrare nella produzione ai progettisti industriali, fino ai privati che possono stampare le proprie idee in 3D.
«Ad oggi», prosegue De Guglielmo «possiamo dire di aver raggiunto più di un obiettivo: siamo ormai una realtà nella nostra regione come service di stampa 3D e abbiamo visto l’apertura di due service affiliati a Stampa3D by Eliofossolo, uno a Monza (in Brianza) e uno a Senigallia (Ancona). Prosegue anche il nostro progetto che abbiamo chiamato Mini-ME, l’avatar perfetto che realizza, tramite la scansione dal vivo di una persona, un avatar vero e proprio che riproduce con una fedeltà entusiasmante la figura così digitalizzata, producendo una statuina di gesso in milioni di colori. Può essere stampata in diverse dimensioni e, ovviamente, a diversi prezzi. Questo progetto prevede anche l’appoggio su diversi punti rivenditori, a Bologna e dintorni, e l’apertura di negozi affiliati, uno dei quali è a Senigallia (AN)».

Chiarezza e formazione

Eliofossolo è entrato da un paio d’anni a questa parte nel settore della stampa 3D, in un periodo in cui si cominciava a parlare in maniera più divulgativa della manifattura additiva grazie all’ingresso sul mercato di numerosi produttori di stampanti low-cost che hanno contribuito a diffondere l’idea di poter stampare oggetti, ma che hanno creato anche confusione sulla differenza tra quanto si può fare con modelli da poche centinaia di euro e quello che si può fare con le attrezzature professionali, tra le quali la ProJet 660 Pro di 3D Systems per esempio.
«Per avvicinare i nostri clienti tradizionali», afferma De Guglielmo «e anche nuovi potenziali, abbiamo organizzato diverse tavole rotonde su che cosa è e a cosa serve la stampa 3D, dando ampia diffusione all’iniziativa con investimenti pubblicitari e di comunicazione su riviste e portali di settore. Come relatori abbiamo scelto professionisti che utilizzano queste tecnologie nel loro lavoro e tecnici che hanno effettuato dimostrazioni in diretta. Questi eventi sono stati molto seguiti da un pubblico eterogeneo e proveniente da tutta Italia. Reputo interessante in questo senso anche l’aver realizzato una serie di corsi aperti a tutti, di avvicinamento e prima pratica sui programmi di modellazione 3D, corsi che si ripetono ciclicamente. Al momento attuale, disponendo già di macchine e tecnologie di ultima generazione, concentriamo l’investimento sulla comunicazione, per fare crescere sempre più l’interesse a quanto l’azienda è in grado di fare nel 3D, pensando sia al mondo del lavoro sia alla sfera della ricerca».

I punti di forza della ProJet 66o Pro

Una delle ultime attrezzature acquistate da Eliofossolo, come accennato, è la ProJet 66o Pro. «I suoi punti di forza» spiega Parmeggiani «si possono così riassumere: nessuno scarto di materiale, capacità di realizzare qualsiasi oggetto di qualsiasi forma grazie al supporto completamente rimovibile, elevata velocità di stampa (la tecnologia ColorJet Printing è la più veloce al mondo), realizzazione di modelli full color in quadricromia ed elevatissima produttività, in quanto questa tecnologia è in grado di realizzare tantissimi modelli anche completamente sovrapposti senza alcun dispendio aggiuntivo di tempo e materiale. Enrico De Guglielmo cercava una soluzione che fosse facile da utilizzare, che realizzasse campioni economici ma allo stesso tempo dotati di colore, visto che il suo business è quello della stampa tradizionale.

Cristian Parmeggiani co-fondatore di 3DZ.
Cristian Parmeggiani co-fondatore di 3DZ.

Si richiedeva inoltre che la macchina fosse in grado di realizzare qualsiasi geometria, sia meccanica sia estetica e che potesse essere impiegata in un ambiente da ufficio e non industriale. Tutte queste risposte le ha trovate nella ProJet 66o Pro, che è in grado di stampare in quadricromia con un dettaglio altissimo e che, grazie alla sua area di stampa da 254×381×203 millimetri, può garantire alta produttività sia su pezzi piccoli sia di grandi dimensioni. Un ulteriore crescita di Eliofossolo potrebbe avvenire attraverso l’acquisizione di stampanti da produzione, garantendosi così la possibilità di offrire un servizio di stampa 3D a 360 gradi per qualsiasi tipologia di settore e di impiego. Tali soluzioni consentirebbero a Eliofossolo di realizzare componenti impiegabili nella produzione e la realizzazione di serie di pezzi ad alte prestazioni meccaniche ed estetiche».

Prime operazioni di «pulitura» di un pezzo stampato in 3D. Le post-lavorazioni sono fondamentali come nella stampa tradizionale per ottenere un buon prodotto.
Prime operazioni di «pulitura» di un pezzo stampato in 3D. Le post-lavorazioni sono fondamentali come nella stampa tradizionale per ottenere un buon prodotto.

Eliofossolo aveva bisogno di una struttura con professionisti e competenza che potesse aiutarlo a partire in un mondo che per lui era del tutto nuovo. La collaborazione con 3DZ, fornitrice della stampante, non si è conclusa con la vendita del prodotto: l’azienda ha continuato a supportare Eliofossolo anche nell’affrontare le svariate richieste dei clienti e nella ricerca di nuove collaborazioni commerciali, come tutt’ora sta facendo con l’interessamento verso il clonescan3D, lo scanner 3D per la digitalizzazione di persone e oggetti in grande scala.

Eliofossolo ha investito nella stampante 3D in quadricromia ProJet 66o Pro con tecnologia ColorJet Printing di 3D Systems, ideale per l’animazione, i negozi di modellismo professionale, la progettazione e lo sviluppo dei prodotti di consumo, ma anche per la produzione digitale, artistica e altro ancora.
Eliofossolo ha investito nella stampante 3D in quadricromia ProJet 66o Pro con tecnologia ColorJet Printing di 3D Systems, ideale per l’animazione, i negozi di modellismo professionale, la progettazione e lo sviluppo dei prodotti di consumo, ma anche per la produzione digitale, artistica e altro ancora.

Pixartprinting lancia la sfida su Zooppa: vince la migliore idea di evoluzione del logo aziendale

Con il progetto Pixartprinting needs a Thrill – The ultimate logo contest, Pixartprinting sbarca su Zooppa.com, social network globale per il talento creativo. Letteralmente alla ricerca di un brivido, di un’esperienza elettrizzante il W2P veneziano sceglie per la prima volta il crowdsourcing creativo con il contest, disponibile fino al 1 settembre 2016. «Dal 1994 siamo partner tecnologico per la stampa di migliaia di clienti che si affidano al nostro shop online. Ogni giorno più di 8.000 progetti grafici vengono caricati sulla nostra piattaforma per essere stampati su vari supporti e spediti in tutta Europa e ora anche negli Stati Uniti» commenta Andrea Pizzola, direttore marketing e vendite Pixartprinting. «Non solo forniamo stampati di alta qualità, ma attraverso le nostre attività di marketing siamo fonte di ispirazione costante per la community di utenti. Questa volta l’enorme network di grafici e creativi, che da anni sceglie la nostra azienda come partner, diventa protagonista e viene coinvolto nella creazione di un nostro progetto: una nuova idea di evoluzione del logo.»

Lo spirito e l’obiettivo del contest è trovare idee originali e innovative su cui costruire un nuovo logo che sia contemporaneo e in grado di esprimere i caratteri distintivi dell’azienda, la sua continua crescita e la sua tensione verso l’innovazione e l’evoluzione. L’idea premiata sarà la base da cui Pixartprinting partirà per la realizzazione del nuovo marchio.

Come fonte di ispirazione i partecipanti sono invitati a utilizzare il sito aziendale in cui possono trovare tutti i riferimenti relativi al posizionamento e alla vision, ma le direttive sono molto chiare: non lasciarsi condizionare dall’esistente e spaziare con la propria creatività. Non è richiesto necessariamente un progetto definitivo, si può partecipare anche con un bozzetto purché corredato da spunti e materiali grafici utili a comprenderne il potenziale creativo.

Il concorso è aperto a grafici e creativi europei e americani, previa registrazione sul sito Zooppa.com ed è possibile accedervi dalla pagina dedicata creata dall’azienda.

La deadline per il caricamento della proposta è il 1 settembre 2016. Fra tutti i progetti in lizza, Pixartprinting sceglierà quello più in linea con i suoi valori, assegnando al vincitore un compenso totale lordo di 5.000 Euro, oltre alla possibilità di collaborare allo sviluppo del progetto. Come riconoscimenti a tutti i partecipanti Pixartprinting assegnerà un codice sconto del 50% per il prossimo ordine sull’e-shop.

A tutte le agenzie pubblicitarie: c’è tempo fino al 12 luglio per iscriversi a OpenartAward

Si chiuderanno il prossimo 12 luglio le iscrizioni per partecipare alla V edizione di OpenartAward, il premio alla pubblicità promosso e ideato dalla Openart di Napoli: dal 1999 punto di riferimento della formazione professionale della grafica e della comunicazione visiva.

Grazie al successo delle prime quattro edizioni, OpenartAward è diventato ormai uno tra i premi più ambiti nella categoria della pubblicità in quanto unico premio del settore «Istituzionalmente Riconosciuto» perché unico ad aver ottenuto i patrocini di numerosi enti istituzionali (Medaglia del Presidente della Repubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dello Sviluppo Economico, Presidenza della Regione Campania, Comune di Napoli, Commissione Europea) ed è aperto a tutte le aziende che si occupano di comunicazione nel territorio della Comunità Europea.

Tra le alte, OpenartAward, tende a dare grande risalto alle agenzie partecipanti (un apposito ufficio stampa si occuperà di comunicare agli organi d’informazione le fasi del concorso) con la conseguenza, in ogni caso, di creare un ulteriore canale di visibilità alle comunicazioni pubblicitarie che le agenzie iscriveranno al concorso.

Inoltre, OpenartAward ha una rilevanza «didattico/formativa»: la giuria del concorso (unico premio del settore ad avere questa specificità) è costituita per intero da studenti ed ex studenti dei corsi di grafica e comunicazione visiva (una garanzia di imparzialità assoluta); questa caratteristica del premio crea un un ponte concreto tra il mondo della formazione e il mondo del lavoro dando la possibilità agli studenti di toccare con mano il lavoro dei professionisti e nel contempo consente a quest’ultimi di testare la propria creatività comunicativa su un campione molto particolare e attento alle evoluzioni delle tendenze della grafica, quale è, appunto, quello degli allievi dei corsi di grafica e comunicazione visiva.

OpenartAward è un premio assolutamente indipendente da qualsiasi organismo di settore, non ha alcun scopo di lucro (la partecipazione è assolutamente gratuita), e nasce, in origine, con scopi meramente didattici.

Non accede (e non vuole accedere, per mantenere massima trasparenza e indipendenza) ad alcuna sovvenzione pubblica o privata e le sponsorizzazioni tendono solo a coprire le spese organizzative.

Il premio OpenartAward è poi l’unico evento dedicato alla pubblicità in Italia di livello internazionale in quanto unico a essere aperto alla partecipazione di agenzie di comunicazione e marketing della comunità europea (grazie anche al patrocinio della Commissione Europea).

OpenartAward prevede anche una serie di iniziative collaterali tese a creare una sempre maggior esposizione delle agenzie, migliorare il contatto tra gli studenti e le aziende, tentare di far nascere un associativismo spontaneo che potrebbe favorire sinergie tra le agenzie di comunicazione e quindi ampliare il mercato dell’intero comparto.

Il premio si svolge secondo questo calendario: le agenzie pubblicitarie possono iscriversi (gratuitamente) e presentare i propri elaborati entro il 12 luglio 2016, dopodiché la giuria procede alle votazioni i cui risultati saranno comunicati durante la premiazione che avverrà il 22 ottobre 2016 presso il PAN (Palazzo delle Arti di Napoli). Tutti i lavori partecipanti al concorso verranno esposti dal 19 al 23 ottobre nelle sale della stessa struttura (PAN) dove sono previsti anche una serie di incontri e seminari dedicati alla comunicazione. Verrà esposta anche una selezione di artwork di ex studenti Openart che si sono inseriti nel mondo professionale della comunicazione pubblicitaria.

Premiazione dell’Agenzia Arakne con il premio speciale offerto da “ArtistiInVetrina” riservato alle produzioni di cataloghi d’arte del 2015.
Premiazione dell’Agenzia Arakne con il premio speciale offerto da “ArtistiInVetrina” riservato alle produzioni di cataloghi d’arte del 2015.

Realizzazione di celle solari e circuiti elettronici in stampa

Un bell’esempio di collaborazione tra il mondo dell’industria e quello della ricerca scientifica. Prosegue la collaborazione tra l’Istituto Italiano di Tecnologia e Omet per la realizzazione di celle solari e circuiti elettronici stampati. E si concretizza con la creazione di una società per la vendita dei primi prodotti realizzati.

Quasi due anni fa, sul numero di dicembre 2014 di Italia Grafica, avevamo dedicato un servizio alle ricerche nell’ambito dell’elettronica stampabile effettuate dal Center for Nano Science and Technology di Milano (CSNT), nato nel 2010 e appartenente alla rete dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). In particolare avevamo parlato del lavoro del gruppo ricerca di Mario Caironi sulla Printed and Molecular Electronics, che è riuscito a mettere a punto un procedimento che permette di stampare circuiti elettronici organici su supporti che spaziano dalla plastica alla carta. Non solo: all’interno del gruppo guidato da Caironi erano già a buon punto gli studi del ricercatore Marco Carvelli e dei suoi colleghi sulle celle solari organiche stampabili, che poteva contare sulla presenza in sede di una macchina flessografica Omet per le ricerche. Una forma interessante di collaborazione tra il mondo della ricerca e quello industriale (nella quale IIT è particolarmente versato) che abbiamo voluto approfondire, scoprendo che si è tradotta nella costituzione tra i ricercatori e Omet di Ribes, una società a responsabilità limitata per iniziare a commercializzare i primi prodotti messi a punto dal laboratorio.

Dal progetto alla startup

«Stiamo investendo da anni sull’elettronica stampata – ci racconta Antonio Bartesaghi – collaborando sia con università americane sia con l’Istituto Italiano di Tecnologica, fornendo le nostre macchine per la ricerca. L’obiettivo è quello di creare con un processo di stampa quello che fino a oggi è stato ottenuto con procedimenti diversi.

Antonio Bartesaghi, amministratore delegato di Omet.
Antonio Bartesaghi, amministratore delegato di Omet.

Il vantaggio che si otterrebbe, uso il condizionale perché la ricerca in questa direzione è ancora decisamente migliorabile nonostante abbia fatto passi da gigante negli ultimi anni, è di abbassare in maniera drastica i costi dell’elettronica con un impatto diretto sui costi dei prodotti di largo consumo e anche sulla possibilità di progettarne di nuovi, dagli schermi flessibili alla sensoristica con l’unico limite della fantasia applicativa».

Omet ha una conoscenza specifica dei processi di stampa con tutte le tecnologie presenti sul mercato e ha anche, da sempre, una buona propensione per l’innovazione. «Non soltanto partendo dalla conoscenza che abbiamo e che utilizziamo nei settori per noi tradizionali», precisa Bartesaghi «ma cercando di guardare oltre gli orizzonti consueti. Qualche tempo fa abbiamo pensato che se si potevano stampare circuiti elettronici, forse si sarebbero potuti stampare con lo stesso principio anche pannelli fotovoltaici. Attraverso un docente universitario del Politecnico siamo stati messi in contatto con IIT, una realtà che allora non conoscevo se non marginalmente. Abbiamo trovato un terreno fertile e ne è scaturito un accordo grazie al quale abbiamo fornito alla sede milanese dell’Istituto un nostro macchinario flessografico, sul quale i loro ricercatori assieme ai nostri tecnici hanno cominciato a lavorare sul fotovoltaico stampato».

Una collaborazione che ha cominciato a dare buoni frutti. «Non abbiamo ancora realizzato un processo industriale per questi prodotti», sottolinea Bartesaghi «ma siamo riusciti a stampare piccoli pannelli fotovoltaici che funzionano e generano effettivamente energia. Quando sono sottoposti alla luce artificiale la loro efficienza è paragonabile a quella dei pannelli tradizionali, mentre alla luce del sole hanno un’efficienza ancora non del tutto soddisfacente. Ovviamente la ricerca deve continuare secondo il tipico cammino dello sviluppo tecnologico, step by step. La cosa importante è che abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo proposti di raggiungere nei tempi previsti».

Il ricercatore di IIT Marco Carvelli mostra le prime celle solari stampate con una macchina flessografica della Omet.
Il ricercatore di IIT Marco Carvelli mostra le prime celle solari stampate con una macchina flessografica della Omet.

Le applicazioni di questa tecnologia sono importanti, limitate soltanto dalla fantasia applicativa. Pensiamo ad esempio a un sensore di allarme che può essere alimentato da un pannello fotovoltaico stampato che riceve energia dall’illuminazione di interni, senza bisogno di cavi o di sostituire pile. O all’etichetta di un packaging che può riprodurre filmati, alimentata da una cella solare integrata nella confezione.

«Ribes», conferma Mario Caironi, team leader del Printed and Molecular Electronics del CNST di Milano «si occuperà in generale di stampa di materiali intelligenti. Il filone principale sarà il fotovoltaico in generale, operando sia nel mercato della conversione della luce solare sia in quello della conversione della luce artificiale. Uno dei primi settori sul quale ci concentreremo è quello dell’Internet delle cose, che ha bisogno di energia perché tutti i dispositivi devono essere alimentati. Le nostre celle solari possono sostituire o affiancare le batterie di questi dispositivi, aprendo nuovi scenari tecnologici perché questi oggetti possono essere energicamente dipendenti».

Mario Caironi, team leader del gruppo Printed and Molecular Electronics dell'IIT.
Mario Caironi, team leader del gruppo Printed and Molecular Electronics dell’IIT.

Se la ricerca va avanti per migliorare il prodotto, i tecnici di Omet e i ricercatori di IIT si sentono già pronti a entrare a tutti gli effetti sul mercato. «Dallo scorso novembre il progetto di collaborazione si è trasformato nella costituzione di una società nata per fornire i primi prodotti basati sull’elettronica stampata funzionali alle sperimentazioni da parte delle aziende che stanno mettendo a punto i prototipi per applicazioni concrete. Andiamo ancora avanti con la ricerca ovviamente, perché siamo arrivati soltanto ai primi step di quanto ci eravamo prefissati, ma dal momento che abbiamo già dei prodotti vendibili, abbiamo deciso di affrontare il mercato con una società a responsabilità limitata, partecipata sia da noi sia dai ricercatori che hanno partecipato al progetto in questi anni».

Il rischio della ricerca pura

Investire nella ricerca pura non è cosa comune a molte aziende. Un conto è mettere dei soldi nella ricerca e sviluppo sui prodotti che fanno parte del core business aziendale, come le macchine flessografiche o quelle per il converting, nel caso di Omet. Un altro è investirli in un progetto sul quale inizialmente ci sono solo vaghe possibilità di un ritorno economico. «L’investimento nella ricerca per noi è un obbligo ed è l’unico modo per garantire la continua competitività e la crescita dell’azienda sul mercato» spiega Bartesaghi. «A questo bisogna aggiungere che noi siamo per natura portati a investire dove ci sia vera innovazione, fare cose che gli altri non fanno. Ogni azienda che investe in ricerca e sviluppo sa che questa attività è fonte di un potenziale reddito e nello stesso tempo rischioso. Nel caso dell’elettronica stampata il rischio iniziale era più alto, perché non avevamo la certezza che si potesse realizzare veramente quello che avevamo in mente. Era un tentativo basato sulla fiducia che avevamo nelle nostre competenze e in quelle di IIT. Oggi invece siamo sicuri, alla luce di quello che abbiamo fatto fino a ora, che questa attività diventerà un ambito di ritorno di investimento e quindi di reddito».

Un prototipo delle celle solari stampate nei laboratori del CNST di Milano mediante flessografia.
Un prototipo delle celle solari stampate nei laboratori del CNST di Milano mediante flessografia.

Omet
Il Gruppo Omet, con sede a Lecco, è formato da due società: Omet e O-Pac. La prima è stata fondata nel 1963 ed è formata da tre divisioni (ognuna con un proprio stabilimento) che si occupano rispettivamente della produzione di macchine da stampa in fascia stretta e media per la produzione di etichette e imballaggi, di macchine automatiche per la produzione di tovaglioli e asciugamani usa e getta e di sistemi a movimentazione a cuscinetti. O-Pac invece, fondata nel 1989, produce salviettine umidificate per vari usi. L’intero gruppo impiega circa 287 persone in Italia e 48 all’estero nelle tre filiali di Cina, Spagna e Stati Uniti. Omet Lavorazioni Meccaniche, con sede nella città di Lecco, è il quinto stabilimento produttivo del gruppo e serve le altre unità di business per quanto riguarda le parti e le lavorazioni meccaniche in genere. Le divisioni di Omet che producono macchine per la stampa di etichette e imballaggi e per il tissue converting hanno realizzato più di 1.300 progetti in tutto il mondo.
Innovazioni a tutto tondo. Se quella relativa all’elettronica stampata è innovazione pura, in casa Omet non viene naturalmente tralasciato il filone di ricerca e sviluppo più tradizionale, legato alle macchine da stampa per etichette che per il gruppo di Lecco rappresentano una delle sua attività di spicco. L’ultima novità riguarda la iFlex (un dettaglio nella foto), una macchina entry-level che introduce per la prima volta nel mondo della stampa flessografica un sistema di pre-registro assistito da laser denominato iLight e il controllo di registro iVision. Il primo è un sistema di pre-registro caratterizzato dalla presenza di un puntatore laser su ogni unità di stampa. I puntatori laser guidano l’operatore nell’allineamento di tutti i cliché, accelerando il cambio lavoro e riducendo gli scarti. Puntatori laser di fatto identici sono posizionati sull’unità di fustellatura – uno perpendicolare al taglio, per un accurato registro longitudinale, e uno allineato con il materiale per il miglior risultato di taglio/stampa. iVision, invece, è un sistema di registro assistito da videocamere (una per unità di stampa). Le immagini scansionate dal sistema sono inviate al display iVision per il supporto alla regolazione del registro manuale prima che il materiale raggiunga la fine della linea.
Un circuito elettronico stampato, in questo caso con una tecnica diversa dalla flessografia. Un’altra delle sperimentazioni fatte nella sede milanese dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
Un circuito elettronico stampato, in questo caso con una tecnica diversa dalla flessografia. Un’altra delle sperimentazioni fatte nella sede milanese dell’Istituto Italiano di Tecnologia.

Istituto Italiano di Tecnologia
IIT è una fondazione di diritto privato istituita congiuntamente dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal Ministero dell’Economia e Finanze. Il suo obiettivo principale è di promuovere nel nostro Paese lo sviluppo tecnologico e l’alta formazione in ambito scientifico e tecnologico, ma la sua particolarità più interessante è rappresentata dal fatto che il suo programma mira a integrare la ricerca scientifica di base con lo sviluppo di applicazioni tecniche. E non solo sulla carta: la conversione in legge del decreto del 24 gennaio 2015 consente all’IIT di costituire o partecipare a start-up innovative e altre società, con soggetti pubblici o privati, italiani o stranieri. Come nel caso di Omet, ad esempio, che collabora in particolare con il Center for Nano Science and Technology che l’Istituto Italiano di Tecnologia ha aperto nel 2010 nelle vicinanze del Politecnico di Milano. Vi opera un centinaio di ricercatori (sono 800 quelli presenti nella sede centrale di Genova di IIT). Scopo dell’attività di ricerca del CNST è fare innovazione tecnologica partendo dalla ricerca di base. In particolare i campi di applicazione specifici sono la conversione fotovoltaica, i sistemi bio-mimetici e l’elettronica stampata. L’IIT ha al suo attivo di oltre 300 brevetti, che spaziano dai nuovi materiali alle nanotecnologie.