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Pusterla 1880 acquisisce due aziende di packaging americane

Burt Rigid Box e Taylor Box Company annunciano la loro unione con il gruppo europeo di imballaggi secondari Pusterla 1880. Con siti produttivi consolidati nell’Unione Europea, Regno Unito, Moldavia e Tunisia e uffici in Asia, Pusterla entrerà in questo modo nel mercato nordamericano attraverso la fusione con Burt, che ha sede a Oneonta, NY, e l’acquisizione di Taylor Box a Warren, nello Stato del Rhode Island.

Al servizio dei clienti nei mercati delle fragranze e della cura della pelle, dei dolciumi, dell’intrattenimento e della vendita al dettaglio, Burt è stato un fornitore di scatole rigide per clienti internazionali e regionali sin dalla sua fondazione nel 1886. Taylor Box, fondata nel 1885, offre un approccio di design per i migliori imballaggi in scatole rigide della categoria per i settori vino e liquori, finanziario, marketing di marca, internet di lusso e altri.

«La nostra espansione negli Stati Uniti continua il nostro focus strategico sul mercato di fascia alta» dichiara Roberto Marini, Ceo di Pusterla. «Siamo onorati di servire i nostri clienti ovunque si trovino e vogliano essere, e così facendo avanza a livello regionale il nostro impegno fondamentale per una produzione sostenibile. L’aggiunta al nostro gruppo di due fiorenti realtà americane note per la loro qualità, soluzioni innovative ed esperienza nella produzione ci consentirà di essere presenti su scala veramente globale».

A seguito della fusione, Laura Brodie, presidente e co-proprietaria di Burt, diventerà il primo azionista non familiare di Pusterla e ricoprirà il ruolo di presidente delle operazioni nordamericane del gruppo. «Offrire ai nostri clienti e al nostro team la possibilità di partecipare a un’attività globale, ma molto personale, con un approccio umile al servizio insieme all’innovazione e al know how leader del settore è un privilegio» commenta Brodie. «Sono molto entusiasta di unirmi ai proprietari Luca Meana, la famiglia Meana e Roberto Marini come membro del gruppo dirigente di un’azienda in cui credo, al servizio di un settore che amo. Non vedo l’ora di integrare Burt e Taylor, due storici leader di scatole rigide, come fondamento della presenza nordamericana di Pusterla».

«Mi sono divertito negli ultimi 45 anni con il mio team incredibilmente talentuoso e laborioso» spiega Dan Shedd, presidente e proprietario della Taylor Box Company. Insieme, abbiamo creato il pluripremiato leader di mercato, Taylor Box Company. La fusione con Burt per entrare a far parte di Pusterla 1880 continuerà ad alimentare la nostra crescita. È entusiasmante entrare a far parte di un altro gruppo multigenerazionale che condivide la nostra cultura di eccellenza e integrità. Il mio team non vede l’ora che arrivi un futuro pieno di nuove opportunità di crescita come organizzazione e come individui. Ancora più importante, i nostri clienti sono entusiasti di esplorare con noi le nuove capacità e la presenza globale di imballaggi di lusso dell’impronta internazionale di Pusterla». Entrambe le operazioni si sono chiuse lo scorso gennaio. I termini non sono stati resi noti.

La gamma Ulmex in mostra a ICE Europe 2023

Ulmex conferma la partecipazione a ICE Europe 2023 (Monaco, 14-16 marzo) dove sarà presente al fianco del partner Zecher, protagonista mondiale nella produzione di anilox. Interlocutore unico e fortemente specializzato per la fornitura di consumabili e attrezzature di ultima generazione per i settori packaging, imballaggio flessibile, converting, flexo e rotocalco, Ulmex presenterà in fiera alcuni tra i fiori all’occhiello dell’ampia gamma di prodotti esclusivi e servizi specializzati.

Riflettori puntati in particolare sulla nuova release di Evolux, il concept per la pulizia laser e il controllo degli anilox progettato e ingegnerizzato dal reparto R&D di Ulmex, disponibile in 3 modelli esclusivi tutti con certificazione Industry 4.0 ready. L’innovativo sistema offre produttività incrementata grazie alla funzione brevettata Speedy Clean che lo rende adatto ad applicazioni industriali, anche con un utilizzo intensivo 24/7. L’incredibile versatilità di questo sistema permette di pulire in modo efficace e duraturo ogni tipologia di sleeve e rulli anilox, anche cromati, rimuovendo non solo gli inchiostri, ma anche residui più difficili come lacche, adesivi, siliconi e resine. Tra le nuove funzionalità di Evolux, l’innovativo software proprietario di processo sempre più intuitivo che consente l’accesso diretto alla banca dati DAM (Dynamics Anilox Management), consentendo il monitoraggio del parco anilox in ottica di manutenzione predittiva. Altre novità, il microscopio 3D opzionale direttamente integrato e il Ceramic Care System, che preserva la ceramica durante il processo di pulizia.

ICE, inoltre, sarà l’occasione per presentare a livello internazionale il servizio di pulizia laser a domicilio 24/7 offerto da Ulmex su tutto il territorio europeo mediante un’esclusiva flotta di service truck equipaggiati proprio con la nuova tecnologia Evolux Smart. Un servizio altamente professionale grazie al quale tecnici specializzati raggiungono direttamente i singoli clienti, provvedendo in loco alla pulizia laser di tutto il parco anilox.

In mostra a ICE anche la vasta gamma di tenute camere racla prodotte da Ulmex, anche on demand. Caratterizzate da trattamenti e finiture high tech ad alta precisione per assicurare i migliori risultati con qualsiasi tipologia di inchiostro, anche alla massima velocità, le tenute a marchio ULMEX sono realizzate con poliuretanici di alta qualità e vengono costantemente implementate con materiali e lavorazioni aggiuntive, in grado di ottimizzarne ulteriormente le prestazioni.

Debutto europeo anche per la nuova versione di Evocleaner, la linea di macchine lava cliché a solvente e a detergente firmate Ulmex, potenziate con uno speciale tappeto opzionale che impedisce la caduta o l’inceppamento di polimeri compromessi o piegati all’interno del sistema. Queste soluzioni, proposte in 3 modelli e diversi formati che spaziano da 46 cm a 180 cm, sono sviluppate da Ulmex per l’industria delle etichette, dell’imballaggio flessibile e del cartone ondulato e garantiscono la totale rimozione di qualsiasi inchiostro e vernice assicurando la ripetibilità e riproducibilità dello stampato.

A completare l’offerta dei sistemi a marchio Ulmex presentati a ICE, Evoflow, la linea di macchine lava cilindri a getto ad alta pressione che si affianca alla tecnologia laser. Oltre ai cilindri ceramizzati e cromati, infatti, Evoflow è in grado di processare anche gli elastomeri. Ingegnerizzata per il mercato della stampa flessografica, del cartone ondulato e rotocalcografica, questa soluzione è indicata per la rimozione di inchiostri o vernici a base acqua, solvente o UV, garantendo risultati di pulizia apprezzabili. Inoltre, può essere equipaggiata per alloggiare e pulire fino a 4 cilindri, anche di diametri diversi tra di loro.

Addio al Cavaliere Orazio Boccia, fondatore di Arti Grafiche Boccia

Orazio Boccia se n’è andato a 90 anni e non ha perso nessuno dei giorni che ha vissuto tanto grande era la gioia di stare al mondo. Il diritto alla vita se l’era conquistato con i denti passando dal Serraglio di Salerno – l’orfanotrofio dove ha studiato e si è formato negli anni giovanili – alla condizione di piccolo e poi medio imprenditore e infine Cavaliere del Lavoro per scelta dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Una strada con tante salite, alcune così ripide da fare paura, e altrettante discese. E con pochi tratti pianeggianti anche per il mestiere che si era scelto e che ha tramandato ai figli, Vincenzo e Maurizio, il primo dei quali salirà la scala sociale fino a diventare presidente di Confindustria (ora è al vertice dell’Università Luiss Guido Carli). Il mestiere è quello del tipografo. Imparato al Serraglio e messo a frutto una volta uscito.

Orazio era una forza della natura. Un fascio di nervi mosso dalla ferma volontà di avere successo. Un guerriero d’altri tempi nei panni di un imprenditore moderno che non ha mai consentito alle difficoltà che si frapponevano tra i suoi sogni e la realtà di prendere il sopravvento. Nascono e s’ingrandiscono così, poco a poco, quelle Arti Grafiche Boccia che contribuiscono alla crescita culturale del Paese in un Mezzogiorno che senza di esse sarebbe più povero.

Non c’è scrittore, editore, giornalista, imprenditore o politico che abbia operato nello stabilimento industriale che non conoscesse Orazio e non avesse avuto bisogno, almeno una volta, dei suoi consigli e dei suoi prodotti. Prima che l’era digitale intervenisse a sconvolgere il settore la tipografia era il luogo dell’incontro, del confronto, della conoscenza. Un posto magico dove le idee si solidificavano e diventavano libri, giornali, manifesti.

La folla al suo funerale, il tenore dei necrologi, le testimonianze di persone diventate nel frattempo illustri testimoniano di un’esistenza dedicata agli altri con la passione di chi ama il suo lavoro riempendolo di significati. Per i giovani che si avviavano alla carriera era un punto di riferimento, un esempio di come si possa sfidare la cattiva sorte volgendola in buona sempre restando sulla retta via. Senza mai deviare per prendere scorciatoie.

Era un gran parlatore, Orazio. Affascinava chi lo ascoltava con un’eloquenza semplice e diretta. Coinvolgeva con la sua autenticità e si faceva capire da tutti, come accadde quella volta che fu chiamato a tenere una testimonianza alla scuola di giornalismo dell’Università di Salerno e provocò tra gli studenti un tale entusiasmo, una tale emozione, da impressionare un osservatore dalla scorza dura come Biagio Agnes che ne diventò un estimatore.

O come nel 2012, celebrando i 50 anni più uno della propria azienda, quando catalizzò l’attenzione di un pubblico folto e preparato ricordando da dove era partito e come fosse riuscito a raggiungere i traguardi immaginati con sacrificio impegno e determinazione. E con un cuore così, perché senza di quello non si va da nessuna parte. Una lezione di vita anche per calibri grossi come Luigi Abete che seppe cogliere il nesso tra tanta umanità e tanta tecnologia.

Sì, perché le Arti Grafiche si sono sempre mantenute al passo coi tempi e spesso li hanno anticipati con intuizioni e investimenti che le hanno consentito di conoscere molti momenti felici e fronteggiare quelli difficili ritrovando ogni volta la via dello sviluppo. Nulla era impossibile per chi era sopravvissuto al Serraglio e tutto si poteva affrontare con l’incrollabile convinzione che alla fine una soluzione si sarebbe trovata.

Il senso della vita e l’ottimismo della volontà erano parte di lui, la sua eredità morale è espressa nelle ultime parole che ha detto prima di lasciarci: «non smettete mai di sognare e ricordate che nella vita bisogna combattere».

 

Editoria: la scelta della certificazione

Obiettivi ESG, obblighi per le aziende, opportunità di mercato ma anche tanta consapevolezza nel potere costituire una parte importante nel concretizzare la sostenibilità. Gli editori raccontano il proprio percorso verso la certificazione Pefc, spiegando il perché di un’adozione che è stata ricercata ben prima che divenisse una moda o un’opportunità di business.

I consumatori sono ormai abituati a vederla stampata su libri, riviste, blocchi e quaderni ma anche sui pacchi di carta che utilizzano comunemente – persino quella da cucina o la carta igienica – e, pur non conoscendo nel dettaglio quale lavoro comporti un simile marchio, lo ricercano e sanno che rappresenta una garanzia. È il marchio Pefc (programme for endorsement of forest certification schemes), che certifica una gestione forestale sostenibile di foreste e boschi da cui derivano legno e fibre utilizzate anche per produrre la carta.

Quello che il marchio rappresenta è un sistema di certificazione forestale di parte terza, basato su norme create da Pefc per tutelare un uso corretto, consapevole e rispettoso delle foreste.

Se n’è parlato all’incontro online dedicato a “Libri, fumetti e quotidiani: editoria più sostenibile con la certificazione Pefc” organizzato da Pefc Italia, nell’ambito del ciclo di webinar “#TheTalkingForest”.

Foreste e loro uso sostenibile

Nato nel 1999 in Europa, ma presto diffusosi in tutto il mondo, è ora presente in ben 55 nazioni. Con oltre 300 milioni di ettari certificati, lo standard Pefc è uno strumento volontario che certifica la gestione sostenibile delle foreste e la catena di custodia; due percorsi di certificazione separati ma collegati tra loro.

Il primo aspetto assicura che le foreste siano gestite in linea con tutti i requisiti di sostenibilità, quindi non solo quelli ambientali ma anche – accanto a questi – quelli sociali ed economici.

Mentre la certificazione di catena di custodia tiene traccia dei prodotti forestali a partire dalle foreste gestite fino al prodotto finale. Questa parte della certificazione è chiamata a dimostrare come ogni fase della catena di approvvigionamento sia monitorata in ogni sua parte. Un controllo che avviene attraverso audit indipendenti i quali permettono di essere certi che l’uso di fonti non sostenibili sia escluso dall’intero processo.

Utilizzare il sistema di certificazione Pefc significa dunque sfruttare il bosco garantendone la preservazione ed è quanto sta accadendo in Europa. Come spiegato nell’introduzione al webinar da Francesco Dellagiacoma, presidente di Pefc Italia, nel vecchio continente il ricorso a legno certificato è ampiamente diffuso e ha permesso negli anni, non solo di evitare il disboscamento incontrollato, ma di garantire la sua diffusione. La superficie boschiva europea è dunque in crescita; stessa situazione in Italia, dove i dati confermano un aumento della foresta in termini sia di superficie sia di consistenza. Nel nostro Paese, in particolare, oltre un terzo della superficie del territorio nazionale è ricoperto da bosco. Un patrimonio tuttavia ancora poco sfruttato: occorre servirsene meglio – sottolinea il presidente – sia negli aspetti produttivi sia per quanto riguarda la filiera del recupero dei prodotti in legno e carta, valutandone quindi tanto il riuso quanto il riciclo che, ricorda Dellagiacoma, vanno perseguiti insieme.

Se in Italia e in generale in tutta Europa la gestione delle foreste è fatta in maniera sostenibile, non si può dire lo stesso per altre zone del mondo. Giovanni Tribbiani, responsabile segreteria tecnica di Pefc Italia, riporta i dati FAO, l’organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura, secondo i quali la situazione della foresta in alcune zone nel pianeta, quali il Sudamerica e l’Africa, è diametralmente opposta a quella europea e niente affatto rosea. I tagli illegali e indiscriminati hanno portato alla deforestazione di ampie zone; in particolare una parte consistente di questi territori, ben il 20%, è stata deforestata.

Un marchio che comunica

Proprio la carta ha trovato una soluzione a questo fenomeno appoggiandosi alle certificazioni forestali come il Pefc. Dalla materia prima – quindi dalla foresta – al fine vita del prodotto, passando per la sua produzione e trasformazione, l’intero ciclo di vita di un manufatto in carta è controllato da organismi e parti terze indipendenti, come appunto il Pefc.

Una scelta che è stata di settore. In Italia vi è un’elevata percentuale di carta prodotta con materia prima seconda ovvero con carta da riciclare, tuttavia resta pur sempre l’esigenza del ricorso a fibra vergine. Quest’ultima è utilizzata sia per la produzione di certe tipologie di carte – per esempio alcune carte grafiche – sia per integrare quella parte di produzione che non può essere necessariamente coperta in toto dalla materia prima seconda. Ad ogni modo, l’attenzione al ricorso a materie nel rispetto dell’ambiente è da sempre nelle corde del settore cartario. Massimo Ramunni, vicedirettore generale di Assocarta, ricorda come l’associazione abbia codificato una propria politica industriale già nel 1998, utilizzando da allora un sistema di certificazione e dandosi di un codice di condotta per lo sfruttamento del legno. In Italia, ricorda Ramunni, il 63% delle fibre impiegate per produrre carta è di riciclo e per ben il 89% delle fibre vergini acquistate è dotato di certificazione forestale Pefc o FSC.

Il valore della certificazione forestale non si esaurisce però nell’indicazione che la materia prima utilizzata per produrre una data carta provenga da foreste certificare, ma ha anche un’importante valenza in termini di comunicazione. Il marchio Pefc, spiega il vicedirettore, aiuta il settore a comunicare la circolarità del prodotto carta e il consumatore ormai è abituato a ricercare l’etichetta Pefc sui prodotti che acquista.

Resta il nodo, purtroppo ancora difficile da sciogliere, della discrepanza tra la percezione della carta come prodotto intrinsecamente rinnovabile e riciclabile, e la considerazione – totalmente errata – che sia tra i principali colpevoli della deforestazione. Da un sondaggio di opinione, ricorda Ramunni, è emerso come la carta sia considerata la terza causa dello sfruttamento improprio del bosco, mentre del digitale non viene percepito l’impatto ambientale che questo invece possiede. Il consumatore, in sostanza, riconosce e apprezza il valore della carta, che viene comprovato anche dal marchio di certificazione forestale, ma nel contempo ritiene proprio la carta una della cause principali di uno sconsiderato sfruttamento del bosco. Un problema culturale e di mentalità radicata contro cui il settore cartario sta lavorando da tempo in termini di comunicazione.

Il percorso dell’editoria

Si è detto che la certificazione riguarda tutta la filiera, ecco quindi che la si ritrova non solo nella materia carta ma anche in ciò che questa diventa, ovvero il veicolo sul quale le idee e i pensieri prendono forma e si tramandano nel tempo: libri, riviste, giornali, disegni e parole dei fumetti.

Il mondo dell’editoria è consapevole da tempo dell’importanza di abbracciare i temi della sostenibilità e molti editori hanno iniziato un percorso in questo senso che è sfociato anche nell’acquisizione della certificazione Pefc.

Il gruppo Gedi Printing, racconta in merito Gabriele Acquistapace, CFO dell’azienda, già nel 2017 aveva iniziato a redigere un bilancio di sostenibilità che prevedeva investimenti su queste tematiche, definendo quindi un budget e un programma di rendicontazione dedicati, oltre che lavorando alla diffusione di una cultura della sostenibilità interna al gruppo.

Sono stati portati avanti diversi progetti e ottenuti numerosi risultati, tra cui l’obiettivo della neutralità carbonica che ha portato tra 2020 e 2021 a una riduzione del 90% della CO2 emessa, un maggiore uso dell’energia da fonti rinnovabili e la certificazione Pefc che era stata posta come obiettivo del 2022 e che, proprio lo scorso anno, è stato raggiunto. Le previsioni per il 2023, riportate da Alberto Fiora, direttore generale di Gedi Printing, sono incoraggianti: si prevede che nell’uso di 45.633 tonnellate di carta totali, 28.885 t saranno costituite da carta riciclata e le restanti 16.748 t da fibra vergine, con traguardi ragguardevoli in termini di ettari di foresta rigenerata – 1.888 totali – e di CO2 risparmiata – 42.440 tonnellate totali.

Un impegno radicato

Gli editori italiani hanno mostrato attenzione ai temi della sostenibilità, in particolare ambientale, con lungimirante anticipo sui tempi. Anche Mondadori, altra storica casa editrice italiana nata nel 1907, ne ha fatto un tema da sempre perseguito. Fu creato un Comitato apposito che portò nel 2010 alla redazione del primo bilancio di sostenibilità – allora era solo interno – e da allora la casa editrice ha poi seguito una continua crescita su queste tematiche, ricorda Alberto Zangarini, responsabile acquisti lavorazioni esterne e materie prima del Gruppo Mondadori, sino ad arrivare nel 2022 alla pubblicazione di un piano di sostenibilità allineato agli obiettivi ONU. In questo più ampio panorama il gruppo ha sempre avuto una forte attenzione al tema dell’uso della carta, tanto che già nel 2015 le carte certificate rappresentavano la quasi totalità degli utilizzi dell’editore, raggiunta poi tre anni dopo, nel 2018 e da allora mantenuta. Nel 2021, ricorda Zangarini, ha poi preso il via il progetto insieme a Pefc per poter apporre il marchio su tutte le carte del gruppo, e sui libri e riviste pubblicati, un progetto che si porterà a compimento proprio nell’arco del 2023. Inoltre si introdurrà la politica ambientale del gruppo anche nelle nuove compagini acquisite come Star Comics, l’editore di fumetti acquisiti da Mondadori nel 2022; e perseguiranno gli impegni previsti dai criteri ESG (enviromental, social and governance), gli indicatori che danno la misura di quanto un’azienda sia sostenibile e responsabile.

Il mondo del fumetto

La certificazione Pefc accompagna già da un decennio le carte su cui scorrono immagini e storie di alcune tra le più famose serie a fumetti italiani, come Tex e Dylan Dog – solo per citarne un paio. Si tratta di Sergio Bonelli Editoreche dal 1941 racconta il mondo attraverso gli albi. Ad oggi, ricorda in proposito Luca Del Savio, redattore capo centrale del gruppo, sono in uscita ogni mese 25 collane, con albi di oltre 100 pagine. Ogni anno l’editore consuma per creare i propri fumetti 3.200 tonnellate di carta certificata che corrispondono a 238 ettari di foresta rigenerata e a una forte riduzione di quantità di CO2 emessa. Un’attenzione ai temi della sostenibilità che, come ricorda Del Savio, accomuna l’intera catena di fornitura del gruppo Sergio Bonelli, da Holmer, fornitore di fibra certificata, allo stampatore Rotolito.

La casa editrice si è impegnata però anche sul fronte della comunicazione. Insieme al Mite, il ministero della transizione ecologica oggi divenuto Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase), ha curato un progetto che ha portato alla pubblicazione del volume “Uniti per il pianeta” con gli eroi dei suoi più famosi fumetti uniti nella lotta ai cambiamenti climatici. Un progetto, ha commentato Del Savio, che si pone l’obiettivo di sensibilizzate anche i lettori.

Proteggere le foreste

Il Pefc (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes), il programma di Valutazione degli schemi di certificazione forestale, fondato in Europa nel 1999, è diventato presto uno dei più diffusi e conosciuti sistemi di certificazione forestale in particolare tra i proprietari di piccole foreste. È un’iniziativa internazionale basata su una larga intesa delle parti interessate all’implementazione della gestione forestale sostenibile a livello nazionale e regionale.

Pefc Italia nasce invece nel 2001 per volontà di piccoli proprietari forestali, Regioni, Associazioni di categoria, Associazioni ambientaliste e tutti i rappresentanti del mondo forestale. È un’associazione senza fini di lucro che costituisce l’organo di governo nazionale del sistema di certificazione Pefc. Tra gli obiettivi del Pefc rientra quello di migliorare l’immagine della filiera foresta–legno-carta, fornendo di fatto uno strumento di mercato che consenta di commercializzare legno, carta e prodotti della foresta derivanti da boschi e impianti gestiti in modo sostenibile.

PTE PromotionTrade Exhibition, il mondo del promozionale in fiera a Milano

Sostenibilità, unicità, varietà dell’offerta: PTE PromotionTrade Exhibition, l’evento dedicato a oggettistica pubblicitaria, regalistica, tessile promozionale e tecnologie per la personalizzazione, torna nel padiglione 18 di Fiera Milano, Rho da mercoledì 25 a venerdì 27 gennaio 2023.

Le preregistrazioni online sono aperte e la manifestazione è pronta ad accogliere gli operatori, intermediari di settore, agenzie di oggettistica promozionale, agenzie di comunicazione e marketing, stampatori, per presentare il meglio di prodotti, tessili e macchine pronti a soddisfare ogni tipo di esigenza promozionale.

A PTE il mondo del gift aziendale si svela a 360 gradi: dai gadget, piccoli oggetti per la casa o materiali per l’ufficio, ma anche accessori per l’automobile, giochi, elettronica, alle proposte tessili, fino ai regali di pregio, pensati per soddisfare ogni esigenza di budget e personalizzabili per ogni ricorrenza.

Fil rouge di tutta la proposta, l’attenzione alla sostenibilità e alla maggiore durabilità dell’oggetto: dalla cura della produzione, nel segno del made in, alla ricerca di materiali riciclati e riciclabili, fino alle filiere sostenibili, che rendono il mondo del gift sempre più amico dell’ambiente.

È in corso ormai nel mercato un vero e proprio cambiamento virtuoso nel mercato, che vede moltiplicarsi l’offerta di prodotti green: tanti gli oggetti in materie plastiche o carta riciclate, fibra di grano, sughero, legno, bambù, cuoio rigenerato.

Dalla matita fatta in carta di giornale che, temperandola, sparge semi di camomilla piantabili, alle agende e taccuini ecocompatibili e profumati, fatti in erba essiccata, dagli accessori tech in legno ai cappellini in rPet, fino agli ombrelli in plastiche biodegradabili: oggi la sostenibilità, sempre più richiesta anche dal cliente finale, è una direzione obbligata per l’intero settore.

Anche il mondo dei tessuti segue lo stesso trend: che si tratti di felpe o t-shirt, teli mare, accessori moda o tessuti per la casa, cresce la ricerca per tessuti e filiere di produzione certificate che impreziosiscono il prodotto e offrono un motivo in più per sceglierlo ed apprezzarlo.

Etichettatura imballaggi, linee guida e attuazione direttiva

Dopo rinvii e lavori di rifinitura, dall’inizio dell’anno è diventata obbligatoria l’etichettatura degli imballaggi. Per aiutare le aziende chiamate a rispondere a tale obbligo, sono state pubblicate le “Linee guida sull’etichettatura degli imballaggi”. Uno strumento importante per fare chiarezza su cosa e come fare. FCG e Comieco vi hanno dedicato un webinar a fine dicembre.

Entrato in vigore il 1° gennaio 2023, l’obbligo all’etichettatura degli imballaggi interessa le aziende che fanno capo a Federazione Carta e Grafica (FCG). Etichettare un imballaggio ha una valenza fondamentale nella raccolta e nel riciclo dei materiali. Dare la corretta indicazione di quale materiale lo componga e di come debba essere smaltito una volta terminato il proprio compito è un tassello importante per rendere sempre più efficiente il sistema di recupero delle materie. Ma quali sono gli obblighi a cui devono rispondere le aziende produttrici e utilizzatrici di questi imballaggi? Se n’è parlato durante il webinar organizzato da FCG, in collaborazione con Comieco, lo scorso 19 dicembre e dedicato alle “Linee guida sull’etichettatura degli imballaggi”. Un incontro per fare il punto della situazione in un momento storico delicato per gli imballaggi che, ha ricordato nell’introdurre il webinar Massimo Medugno, direttore generale della Federazione, sono sotto i riflettori anche per il nuovo regolamento europeo su riciclo e riuso.

L’iter normativo

L’etichettatura degli imballaggi è un tema in discussione da molto tempo e ha vissuto, anche a livello normativo, diversi passaggi.

La necessità dell’etichettatura, spiega Italo Vailati, vice direttore di Assografici, era nata quasi trent’anni fa, con la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggi che, all’articolo 8, dedicato a marcatura e sistema di identificazione, parlava del recupero e del riciclaggio dei materiali, decretando che si dovesse dichiarare di quale materiale fosse composto un imballo e come lo si dovesse smaltire a fine vita. A livello normativo si ritrattò il tema ancora dodici anni dopo, con il decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 in cui si stabiliva che la natura dei materiali di un imballaggio dovesse essere identificata e classificata da parte dell’industria interessata. Si prevedeva, tra l’altro, l’emanazione di un apposito decreto del Ministero dell’ambiente per lo smaltimento e per la marcatura degli imballaggi, per quest’ultima si sarebbe dovuto tenere conto di quanto stabilito in merito della Decisione 97/129/CE della Commissione europea. Questo decreto ministeriale però non vide mai la luce.

Fu invece con il decreto legislativo 116/2020 che si fece un passo importante per i settori industriali che si occupano di imballaggi: all’articolo 3 il d.lgs apporta le modifiche alla precedente dicitura e parla esplicitamente di “produttori”, introducendo l’obbligo da parte loro di marcatura degli imballaggi, sempre sulla base della Decisione 97/129/CE. Se ne esplicitano anche le modalità, indicando come riferimento non più un decreto specifico, bensì semplicemente le norme UNI: “per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulla destinazione finale degli imballaggi”.

Ultima tappa dell’iter normativo è il decreto n. 360 del 28 settembre 2022, pubblicato il successivo novembre che, in allegato, porta le Linee guida del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase) – evoluzione del precedente Ministero della transizione ecologica (Mite). Da lì la tappa finale con l’entrata in vigore, il 1° gennaio di quest’anno, dell’obbligo all’etichettatura degli imballaggi.

Obbligo: per chi e a cosa

Si è detto che il d.lgs 116/2020 parla di “produttori”, di chi si tratti nei fatti, precisa Vailati, lo spiega l’articolo 218: per “produttori” si intendono “i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio”. Questa precisazione è fondamentale, in quanto indica a chi è in capo l’obbligo dell’etichettatura.

Tale obbligo riguarda gli imballaggi di prodotti venduti in Italia, mentre nel caso in cui siano destinati alla vendita all’estero l’obbligo non sussiste. Diverso il caso di un prodotto realizzato all’estero e destinato al mercato italiano; in questo specifico frangente, specifica Vailati, la responsabilità dell’etichettatura è dell’importatore – anche lui soggetto obbligato –, è bene quindi avvisare il cliente produttore dell’esistenza della norma italiana.

Altro tema sollevato dal decreto erano le tempistiche di adeguamento, ovvero entro quando le aziende avrebbero dovuto adoperarsi per smaltire le scorte e per adattare gli impianti. Il decreto, uscito nel 2020, prevedeva l’immediata entrata in vigore delle disposizione, senza però stabilire modalità per lo smaltimento delle scorte.

Ad oggi, il tempo per l’adeguamento degli impianti è ormai scaduto, mentre i prodotti realizzati oppure ordinati prima del 31 dicembre 2022 possono essere smaltiti.

I requisiti che l’etichetta di un imballaggio deve avere, prosegue Vailati, sono due: in primo luogo deve fornire un’informazione corretta al consumatore di come e di dove conferire l’imballo una volta che questo avrà terminato la propria utilità; in secondo luogo deve riportare la codifica della natura del materiale di cui è composto, secondo la Decisione 97/129/CE.

Sono poi le Linee guida a specificare come le aziende debbano etichettare, cosa vada riportato e in che modo.

Le informazioni

Per quanto riguarda la modalità di etichettatura, prosegue il vice direttore di Assografici, nelle Linee guida è lasciato spazio alle aziende di scegliere come operare; si specifica però che debba essere fatto “opportunamente” e secondo le “norme tecniche UNI applicabili” – la maggior parte delle quali è nata nell’ambito della plastica ma è adattabile anche a quello della carta. Le informazioni che possono essere comunicate sono quindi le indicazioni dei materiali di imballaggio, nonché le autorizzazioni ambientali. A queste si devono aggiungere, come anticipato, anche le informazioni sulla destinazione finale degli imballaggi che devono essere fornite ai consumatori. Tali indicazioni devono essere riportate su tutti gli imballaggi tal quali o sotto forma di prodotto preconfezionato destinati ai consumatori finali, riguardano dunque il canale B2C, mentre ne sono esclusi gli imballaggi destinati ai canali B2B – commerciale e industriale.

I produttori devono indicare anche la marcatura prevista dalla Decisione 97/129/CE – con la codifica alfa-numerica che identifica la natura dei materiali di imballaggio utilizzati – che diventa obbligatoria anche sugli imballi B2B.

Riguardo alle informazioni, le Linee guida le prevedono in tre livelli: le informazioni cogenti per il rispetto della norma, quelle altamente consigliate per migliorare la comunicazione e quelle aggiuntive utili per la raccolta.

Un fattore essenziale è che tutte le informazioni riportate sull’imballaggio siano leggibili, inoltre le stesse indicazioni devono essere disponibili anche su canali digitali, per esempio attraverso QR code oppure con il riferimento a un sito web o a un’App. In ogni caso è fondamentale che siano facilmente leggibili e altrettanto facilmente accessibili (Figura 1).

1. L’analisi dei requisiti nelle Linee guida sull’etichettatura degli imballaggi

Per quanto riguarda ulteriori informazioni, la legge non fornisce regole dettagliate, per esempio, sulla grafica, ma si limita a suggerire di fare riferimento alla norma UNI 11686:2017 – Gestione dei rifiuti, Waste visual elements – che definisce i codici colori per la raccolta differenziata di prodotti di diversi materiali (Figura 2).

2. I codici colore per l’identificazione dei rifiuti previsti dalla norma UNI 11686 – Waste visual elements

Per finire le Linee guida forniscono anche chiarimenti su alcuni aspetti. Innanzitutto, per quanto riguarda gli imballaggi neutri, si precisa che l’identificazione della loro tipologia possa essere veicolata dalla documentazione di trasporto oppure da altri supporti esterni, anche digitali. Nel caso di imballi troppo piccoli – al di sotto dei 25 cm2 di superficie o con capacità non superiore a 125 ml – le informazioni obbligatorie possono essere fornite attraverso i canali digitali. E ancora, nel caso di materiali compositi o multistrato si applica la cosiddetta regola del 5%: se il peso del materiale secondario è inferiore a questa percentuale, l’imballaggio sarà da considerarsi alla stregua di un monomateriale ed etichettato in base a questo. In caso, invece, di materiale composito o multistrato si utilizzeranno le codifiche previste dalla Decisione 97/129/CE all’Allegato VII per il composito oppure il codice “7” previsto dall’Allegato I se l’imballaggio è un multistrato in plastica. Infine per l’identificazione corretta dei polimeri presenti nell’imballaggio, si stabilisce che tutti quelli che non rientrano nei codici da “1” a “6” debbano finire sotto la dicitura codice “7”, con le dovute specifiche che aiutino a identificarli meglio: per esempio risulterebbe “plastica compostabile 7”, nel caso di un polimero compostabile, o ancora “>PET+HDPE<7” nel caso di un multistrato composto da più polimeri.

Gli imballaggi in carta

Si è detto come l’etichettatura degli imballaggi rappresenti un grande aiuto per la raccolta differenziata, sottolinea Roberto Di Molfetta, vice direttore di Comieco. In particolare, per quanto riguarda gli imballaggi cellulosici, ricorda come l’Italia abbia già raggiunto nel 2021, con ben dieci anni di anticipo, i target di riciclo del 85% previsti dall’Europa al 2030 (Figura 3).

3. In Italia i target di riciclo degli imballaggi cellulosici sono stati raggiunti con dieci anni di anticipo

Per assicurare però il mantenimento di questi livelli e il recupero il più possibile della materia prima, occorre tenere conto – anche attraverso l’etichettatura – delle differenze. Gli imballaggi cellulosici sono diversi e devono essere raccolti in maniera corretta. Definirne la destinazione non è però sempre facile. Si va dai più semplici, composti al 100% da carta, ai più complessi, i poliaccoppiati – che si distinguono in compositi per liquidi e non. Questi ultimi, spiega Di Molfetta, sono classificati e se ne stabilisce il flusso nella raccolta differenziata – oltre che il contributo aggiuntivo CAC – in base al peso della componente carta sul totale del peso dell’imballaggio, grazie al ricorso alla certificazione UNI secondo il metodo Aticelca che prevede 4 classi differenti (A, B, C e D) di livello di riciclabilità (Figura 4).

4. La classificazione del livello di riciclabilità degli imballaggi compositi secondo il metodo Aticelca

L’etichetta, dunque, è indispensabile per capirne la composizione e dare indicazioni sulla destinazione nella raccolta, ma certamente non può essere sempre sufficiente. Molto dipende anche dal canale di consumo e dallo stato dell’imballaggio. Nel caso, per esempio, di packaging in carta per il food se, dopo l’uso, l’imballo è pulito dovrà essere conferito nella frazione carta, se invece sporco potrà essere destinato alla frazione dell’organico. Queste sono informazioni di cui però il consumatore deve essere messo a conoscenza e che devono essere date dal punto vendita. Ecco, spiega Di Molfetta, che diventano fondamentali le indicazioni presenti nell’etichetta oppure che attraverso l’etichetta – per esempio utilizzando i QR code – rimandano a istruzioni specifiche su come conferire correttamente l’imballaggio.

Una risorsa per il Paese

Quello delle Linee guida è stato un importante lavoro frutto della collaborazione tra i vari soggetti coinvolti: il Ministero, Conai e il mondo dell’impresa. È Laura D’Aprile, capo dipartimento sviluppo sostenibile del Mase, che nel suo intervento al webinar, sottolinea questo aspetto. Spiega come sia stato dedicato molto tempo per capire le esigenze dei diversi comparti e tradurre il tutto su casistiche differenti. Le Linee guida, che sono poi il frutto di questo lavoro congiunto, non sono semplicemente utili alle imprese che, dal 1° gennaio, devono porre in atto l’obbligo dell’etichettatura degli imballaggi ma, proprio per la loro natura partecipativa, rappresentano anche un fiore all’occhiello nazionale che – sottolinea D’Aprile – come Paese potremo portare sui tavoli di lavoro europei.

L’etichettatura degli imballaggi, spiega, è un importante supporto alla raccolta differenziata, perché contribuisce a migliorare la qualità della raccolta e di ciò che può essere recuperato in termini di materie e di energia a livello nazionale. Una risorsa per il Paese, in quanto permette di ridurre l’export di materiale riciclabile o recuperabile nei flussi dell’energia, e di gestire internamente questa ricchezza.

3G Packaging investe nella qualità di Heidelberg

3G Packaging è una giovane azienda toscana che ha saputo ritagliarsi uno spazio importante nel mondo del packaging e delle etichette per settori quali vino e liquori, cosmetica, gioielli, moda, tabacchi, alimenti e cioccolateria. Una crescita basata su tre aspetti fondamentali: affidabilità, qualità e attenzione alle esigenze del cliente. Caratteristiche costantemente alimentate dalla dedizione dello staff e dagli investimenti in tecnologia.
L’ultimo esempio è l’installazione di una fustellatrice Easymatrix 106 CS MK-Heidelberg, in formato 75×106 dotata di estrazione dei rifili in automatico. Una macchina di grande stabilità e affidabilità, ideale per lavorare carta e cartoncino, quest’ultimo sia teso sia ondulato fino a 4mm. Si tratta dello strumento ideale per la produzione di etichette autoadesive e in bobina, nonché per la produzione di scatole e astucci. Inoltre, Easymatrix 106 CS è l’unica fustellatrice presente sul mercato italiano a poter esibire la doppia certificazione CE e GS.
Con sede in provincia di Lucca, 3G Packaging nasce nel 2017 su intuizione di Francesco Berteletti, che mette così a frutto la sua ventennale esperienza nel mondo del packaging, iniziata nell’azienda di famiglia e proseguita successivamente al di fuori di essa.
“Un’azienda che coniuga tradizione, innovazione, fashion e design, mantenendo l’intero ciclo produttivo sul territorio nazionale e seguendo la mission del vestire le idee dei miei committenti”, così Bertelletti descrive l’idea alla base di 3G Packaging.
Una mission portata avanti attraverso un preciso organigramma, che definisce in modo chiaro e lineare i compiti e le funzioni dei collaboratori coinvolti durante il ciclo produttivo, garantendo controllo e risultato finale in linea con l’alta qualità delle aspettative. Un risultato finale da oggi frutto anche della fustellatrice Easymatrix 106 CS.

Taga Day 2023, Spot Color Edition

L’annuale incontro con i soci Taga Italia avrà come tema un argomento che da sempre richiama l’attenzione di tutta la filiera della stampa e della comunicazione. Come viene comunicato il colore ai vari livelli, dal brand owner al produttore d’inchiostro, passando dai software di prestampa e i RIP per la prova colore? Quali riferimenti dobbiamo seguire, per ottenere un foglio stampato senza sorprese? Che cosa sta accadendo nel mondo Pantone e Adobe?

Il colore è sempre al centro del processo di riproduzione, chiave di comunicazione imprescindibile, gioia e dolore di tutti gli attori della filiera dello stampato. Il prossimo Taga Day, tradizionale appuntamento per i tecnici del settore della stampa, vuole tornare a parlare di colore, anche alla luce di importanti novità in arrivo, offrendo spunti di dibattito e possibili soluzioni concrete, utili nel lavoro quotidiano in azienda.

Non mancheranno momenti di approfondimento e d’aggiornamento, anche sulle altre attività di ricerca che Taga Italia sta portando avanti negli ultimi mesi.

Il Taga Day 2023 sarà ospitato dallo storico Istituto Salesiano S. Ambrogio Opera Don Bosco, a Milano il 15 febbraio 2023.  Partecipando all’evento si accederà al mondo Taga Italia, a tutti i vantaggi riservati ai soci e alla documentazione tecnica disponibile sul sito.

Le registrazioni sono aperte e disponibili qui.

Tipografia Soavese: grazie al supporto di Quadient la finitura è più semplice

Tra i precursori della stampa digitale, Tipografia Soavese non ha esitato a puntare sul grande formato, seguito a breve dal piccolo formato, scommettendo su post stampa e integrazione.

La migliore risposta a un periodo difficile è investire. Non solo in macchinari, ma anche in competenze. Di fronte a un rapido cambiamento di scenario, molto probabilmente non basta cambiare mentalità, servono infatti anche nuovi strumenti e relativa capacità di sfruttarli, all’occorrenza aggiustando il proprio punto di osservazione. Fino a qui, in realtà poco di nuovo, soprattutto nelle buone intenzioni. Più degno di nota invece, trovare una testimonianza in grado di dimostrare come sia possibile passare dalle parole ai fatti. Secondo quando dimostrato da Andrea Golin, socio di Tipografia Soavese, in modo anche insolitamente lineare, come naturale evoluzione di un’attività nel mondo della comunicazione visiva. 

Come è strutturata oggi la vostra attività?

Io rappresento la terza generazione di un’azienda fondata nel 1965, quando si usavano ancora i caratteri mobili. Testimonianze ancora oggi custodite gelosamente. Ho spinto io per passare al digitale, già nel 2010, quando ho iniziato a capire i limiti che avrebbe incontrato l’offset in futuro. Mio papà e mio nonno non erano per nulla d’accordo, ma oggi la considero una decisione azzeccata.

Cosa l’ha spinta in direzione di una decisione forse fin troppo prematura ai tempi?

All’inizio, non ero neppure convinto di voler subentrare nell’attività. Poi, un commerciale locale mi ha parlato di un plotter e mi ha convito a incontrarci in Viscom per vederlo in azione. L’interesse è cresciuto e subito dopo siamo partiti con il primo acquisto, un Roland.

Cosa l’attirava del grande formato?

Soprattutto il wrapping. Parlavamo però di una proposta agli inizi. Nel tempo l’abbiamo comunque sviluppato, affiancato sempre più dal grande formato. Poi, a partire dal 2018 ho voluto dedicarmi anche al piccolo formato digitale, puntando in questo caso su una Canon. Di recente aggiornata alla Serie C910.

Con quali risultati?

Decisamente ottimi. Ha iniziato a lavorare da subito e a grandi ritmi, al punto da spingerci a un ulteriore investimento, proprio poco tempo fa. La sfruttavamo talmente tanto da sentire bisogno di un supporto per le fasi di post stampa, diventate troppo lunghe e onerose. Dovevamo affidare tanti lavori a terzi.

Come vi siete mossi?

La domanda sul grande formato aveva raggiunto livelli tali da garantirci buoni margini. Guardandomi intorno, ho inquadrato presto la soluzione in un sistema di finitura Duplo DC-618. Conoscevo il marchio, ma serviva un contatto. L’abbiamo trovato in fiera e abbiamo subito trovato la risposta in Quadient.

Quando è scattata la decisione?

La domanda cresceva e facevamo fatica a rispettare i tempi. Potavamo contare su una taglierina manuale ed era diventato un problema. La stampa era ai livelli desiderati, ma dopo perdevamo troppo tempo. Ci servivano velocità e praticità.

Come l’avete inserita nella vostra organizzazione?

Mi interessava soprattutto per l’integrazione con il software Impose, la possibilità di gestire la fase di finitura insieme a quelle di imposizione. Con il passare del tempo però, abbiamo imparato ad apprezzarne tutti i benefici, in termini di precisione nel lavoro e soprattutto risparmio di tempo.

Cosa l’ha colpita in particolare?

Ci sono diversi aspetti. All’inizio poteva sembrare anche solo un modo per sgravare il lavoro al tagliacarte. Poi, i vantaggi si sono rivelati più estesi, a partire dalla possibilità di sfruttare Impose. L’integrazione naturale con il software Efi permette di generare in automatico il file di taglio in fase di imposizione e inviarlo al multifunzione. Significa automatizzare la procedura. Inoltre, si è anche rivelata molto precisa nelle operazioni. Subito dopo i primi giorni, i risultati in termini di produttività sono apparsi evidenti.  Pensavamo di usarla soprattutto per i biglietti da visita, ma in realtà si è rivelata molto più versatile del previsto, grazie anche alla facilità di gestire impostazioni manuali.

Come la sfruttate al momento?

Soprattutto taglio e cordonatura. A volte anche fustella e piega, mentre per ora la richiesta di perforazione è piuttosto limitata. La modularità però, resta un altro degli aspetti importanti Duplo. Ho comunque intenzione di procedere prima a poi anche all’acquisto del perforatore e non sarà un problema inserirlo nel sistema.

Un altro tra gli aspetti più interessanti, è il periodo in cui avete deciso di investire. Tra marzo 2020 e marzo 2021 non sembrava il momento ideale. Cosa vi ha spinto?

In effetti, non è stato facile. In quei mesi, il vuoto iniziale di fatturato ci ha spinto a chiudere per qualche tempo. Ne abbiamo approfittato per cercare di capire come si sarebbe mosso il mercato. La prima risposta sono stati i calpestabili. Abbiamo pensato anche sarebbe stato difficile recuperare i materiali, così abbiamo fatto subito scorta. Insieme a etichette e segnaletica, ci hanno permesso di riprendere subito il controllo. Grazie a pubblicità e capacità di rispondere in tempi brevi, abbiamo spedito in tutta Italia; praticamente ogni giorno avevamo un furgone di consegne da affidare ai corrieri.

Dopo, come vi siete assestati?

Si è ripreso dal piccolo formato, soprattutto cantine e ristoranti della zona. Il settore è passato dalla richiesta di brochure generiche a prodotti più di nicchia e di qualità. Anche per noi, il lavoro diventava più impegnativo, quindi i macchinari disponibili non erano più sufficienti. Dovevamo poter trattare più materiali, anche particolari, lavorarli meglio e più in fretta.

A questo punto, mancherebbe solo la nobilitazione. È nei programmi?

Sì. L’idea è continuare sempre a migliorarci e nobilitazione e verniciatura sono tra le opzioni in esame. I primi risultati in termini di riduzione dei tempi, qualità e minori scarti sono evidenti. Soprattutto però, è aumentata la soddisfazione dei clienti. Sia per le consegne puntuali sia per i risultati.

Printing Solutions sceglie la tecnologia Durst P5

Durst Group e Printing Solutions annunciano l’avvio di una nuova collaborazione che a inizio 2023 vedrà l’installazione del sistema P5 350 nella configurazione più completa a 8 colori.

“Essere innovativi dipende dalla capacità di identificare le esigenze di mercato, di sviluppare soluzioni creative e di implementare nuove idee in modo efficace, differenziandosi dai concorrenti”. Questo l’obiettivo perseguito da Printing Solutions, azienda specializzata nella stampa grande formato per i migliori brand italiani e internazionali, che da sempre investe in nuove tecnologie per crescere offrendo alla propria clientela prodotti e servizi sempre più personalizzati, innovativi e all’avanguardia.

“L’opportunità di avviare un rapporto con un’azienda come Durst, eccellenza italiana leader nella produzione di sistemi di stampa inkjet per applicazioni industriali, è per noi motivo di grande orgoglio”, commenta Paolo Albieri, fondatore e socio unico di Printing Solutions. “Questa importante collaborazione ci consentirà di differenziare le nostre tecnologie e conoscenze, di ampliare la gamma prodotti, aumentando al contempo la nostra competitività sul mercato e rafforzando la nostra reputazione di azienda all’avanguardia”.

Dalle parole di Albieri si evincono le motivazioni che hanno portato a scegliere la stampante industriale Durst P5 350, che garantisce performance eccezionali in termini di velocità, qualità dell’immagine e versatilità.

Altrettanto entusiasmo si respira in casa Durst, come manifesta Alberto Bassanello, Direttore Vendite Italia di Durst Group: “Printing Solutions è una realtà consolidata alla quale il mercato riconosce la volontà di innovare e di offrire un servizio veloce, efficiente, con standard di qualità sempre più elevati. Per questo siamo particolarmente orgogliosi che Printing Solutions abbia scelto di puntare sulla qualità e sulla flessibilità della nostra tecnologia P5 350 per proseguire in questo cammino di crescita votato all’innovazione”.