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“Fit for 55” una cassetta degli attrezzi ancora da completare per una concreta transizione energetica industriale

La Federazione della Carta e della Grafica sostiene l’obiettivo UE di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Ma il pacchetto legislativo “Fit for 55” presentato oggi è una cassetta degli attrezzi incompleta. La Federazione Carta e Grafica chiede ai co-legislatori di dare un forte sostegno politico alle misure che consentono alla filiera cartaria e grafica di contribuire – con produzioni decarbonizzate, sostituzione dei prodotti a base fossile e gestione forestale sostenibile – al raggiungimento degli obiettivi 2030.

Il pacchetto legislativo “Fit for 55” è un insieme molto complesso di proposte per allineare il quadro della politica climatica ed energetica dell’UE con il nuovo obiettivo di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% nel 2030. A tutt’oggi è una cassetta degli attrezzi incompleta poiché non affronta le maggiori sfide della trasformazione delle industrie europee.

Il cambiamento climatico è un problema globale che richiede soluzioni globali, che vanno oltre l’imporre l’onere della decarbonizzazione sulle industrie “Made in Europe”.

“L’industria della carta, della grafica e delle relative tecnologie si aspetta che i membri del Parlamento europeo e gli Stati membri forniscano all’industria gli strumenti giusti per spostare la marcia della sostenibilità nel consumo e nella produzione industriale della società”, ha commentato Massimo Medugno, direttore generale della Federazione Carta e Grafica. “Questo nuovo quadro politico deve consentire un’ulteriore decarbonizzazione delle industrie sostenibili garantendone la competitività globale nella transizione”.

Per raggiungere gli obiettivi del 2030, nei prossimi anni devono essere prese decisioni di investimento cruciali. Mentre la filiera investe continuamente nell’economia circolare, nella sostenibilità e nel miglioramento dell’efficienza energetica, c’è bisogno di strumenti nel “Fit for 55” per mantenere e creare certezza per gli investitori.

“Manca l’agenda a favore degli investimenti, sebbene il Green Deal europeo avrebbe dovuto essere l’agenda per la crescita dell’UE”, ha osservato Medugno.

L’accesso all’energia pulita a prezzi accessibili è essenziale, ma nel frattempo, il rafforzamento della competitività globale dei modelli di business circolari sostenibili europei rimane una priorità. Una parità di condizioni con i concorrenti dei paesi terzi è un dovere. Cosa fare?

Ad esempio, la Direttiva Emissions Trading va resa coerente con gli obiettivi della transizione energetica affinché renda concretamente possibile la decarbonizzazione. E’ necessario creare un Fondo per i relativi investimenti nelle industrie “Hard to Abate” del “Made in Europe” conclude Medugno.

Heidelberg Italia cavalca la nuova sensibilità 4.0

Gli stampatori italiani hanno oggi maggiore consapevolezza e fiducia, e tornano a investire nelle tecnologie integrate in un unico flusso di lavoro, con macchine automatizzate e flessibili in grado di abbassare i costi di produzione e ottimizzare il workflow.

Le parole ottimistiche e positive del nuovo management di Heidelberg Italia.

C’è una nuova organizzazione manageriale in Heidelberg Italia: Marco Marangoni ha assunto dallo scorso maggio il ruolo di territory head, mentre Mauro Antonini è l’head of equipment, digital technology&marketing. Entrambi i manager fanno anche parte del board, il primo in qualità di presidente, il secondo di vicepresidente. Ai vertici della direzione finanziaria e parte integrante del management aziendale troviamo Laura Betelli che, nell’assetto attuale, ricopre la carica di chief financial officer. Un team nuovo per l’obiettivo di sempre: fare sì che Heidelberg Italia continui a essere un riferimento, un’organizzazione basata su una forza vendita responsabile dello sviluppo dei clienti e affiancata da specialisti commerciali e tecnico commerciali, competenti per i vari segmenti di offerta.

«L’anno fiscale che si è chiuso», spiega a Italia Grafica Marco Marangoni, «è stato positivo per l’azienda tutta e per noi di Heidelberg Italia sia sul fronte dell’assistenza tecnica sia su quello dei prodotti. Proprio in quest’ultimo campo siamo riusciti a contenere l’impatto causato dalla riduzione dei volumi degli stampati a seguito della pandemia, perché abbiamo saputo diversificare su più segmenti di mercato. Se in passato eravamo concentrati prevalentemente sugli stampatori commerciali, da qualche anno a questa parte abbiamo virato energicamente sul “rampante” mondo del packaging e del label che, anche durante i mesi più duri del lockdown, hanno continuato a crescere trainati dallo sviluppo del mercato della detergenza, del food e del pharma. Altrettanto molto positivo è stato l’andamento della nostra area Equipment, anche grazie al credito di imposta messo in campo dal Governo.

L’esercizio 2020/2021 (dal primo aprile 2020 al 31 marzo 2021, nda) si è chiuso per la sola Heidelberg Italia con un fatturato di 88 milioni di euro, un risultato che segna un progresso del 10% rispetto a quanto conseguito nell’esercizio precedente. E per quello in corso (2021/2022) puntiamo a crescere ancora. Per quanto riguarda i prodotti, già nei primi quattro mesi abbiamo infatti assistito a una buona ripresa dei fatturati che si sono attestati sui livelli dei ricavi dei primi mesi del 2019».

«Invece, in riferimento all’ambito Equipment» prosegue Mauro Antonini, «constatiamo che il mercato italiano sta maturando e recuperando dal punto di vista tecnologico: gli stampatori italiani stanno armonizzando l’area produttiva con nuove macchine performanti. Bisogna ammettere infatti che il parco macchine in Italia risultava, come dire, un po’ vecchiotto. Ebbene oggi assistiamo a una nuova consapevolezza da parte dei clienti, anche grazie a una continua attività “educational” di Heidelberg che, forse in anticipo sui tempi e sulla sensibilità media del mercato, ha sempre promosso il cambiamento in ottica di Industria 4.0. Oggi, finalmente, anche gli stampatori italiani investono in una tecnologia integrata in un unico workflow, in macchine in grado di fare da sole il lavoro per due, di abbassare i costi di produzione e di ottimizzare la sala stampa. Questa nuova consapevolezza ci ha portato a recuperare in maniera significativa quote di mercato in Italia».

I clienti tornano a investire

Il fatto che la domanda stia crescendo notevolmente è emerso durante l’ultimo evento per i clienti organizzato dalla casa tedesca. Per la prima volta in oltre un anno, l’azienda è stata in grado di accogliere di nuovo i clienti nel nuovissimo Print Media Center presso la sede di Wiesloch-Walldorf. Diverse migliaia di partecipanti registrati per l’evento on line da più di cento Paesi e diverse centinaia di clienti provenienti da tutta Europa hanno assistito all’evento.

In particolare le presentazioni si sono concentrate sull’anteprima mondiale della nuova Speedmaster CX 104, in contemporanea con China Print, e hanno riscontrato grande interesse da parte dei visitatori. «La nuova Speedmaster», continua Antonini, «è nata per servire il mercato del 70×100 rispondendo all’esigenza di tirature sempre più brevi e ridotti tempi di avviamento. Quella che abbiamo appena presentato è, di fatto, una reingegnerizzazione che offre un importante miglioramento dell’ergonomia complessiva e una maggior sicurezza per l’operatore. Ma soprattutto permette di raggiungere straordinari livelli di automazione e flessibilità. Del resto, rispetto al passato, la figura dello stampatore è cambiata e con essa le sue competenze: oggi ci chiedono macchine intelligenti, di facile utilizzo, dalla user experience semplificata e intuitiva, quasi plug and play. Tutte caratteristiche fortemente accentuate nella Speedmaster nella sua ultima versione. In Italia, che rappresenta il quinto mercato per Heidelberg, ne abbiamo vendute sette esemplari nei mesi precedenti al lancio ufficiale. All’evento di presentazione abbiamo anche ospitato il signor Angelo Chiesa, titolare di Officine Grafiche Staged di San Zeno Naviglio (BS), una delle aziende che ha effettuato quest’importante investimento. La tipografia, specializzata in materiale pubblicitario, commerciale ed editoriale personalizzato, ha deciso di puntare sulla Speedmaster CX 104 in quanto particolarmente attratta dai vantaggi del formato B1 per il futuro. Facendo affidamento, come dicevamo, su tempi di configurazione e avviamento rapidi, combinati con una qualità di stampa costantemente elevata. Vedere in funzione una tecnologia simile durante l’evento è stato uno spettacolo emozionante per il signor Chiesa, che ha rafforzato la convinzione di aver compiuto un’importante scelta tecnologica e, in ultima analisi, di business. All’indomani della presentazione», conclude Antonini, «diversi clienti ci hanno chiesto test personalizzati sulla Speedmaster CX 104 e attualmente siamo impegnati proprio su questo fronte».

Non solo supremazia tecnologica

«Ma oltre alla tecnologia», sottolinea Marangoni, «Heidelberg sta rivoluzionando con successo anche la logica del servizio verso il cliente. Puntando tutto sulla digitalizzazione. L’azienda sta riunendo infatti i vari elementi dell’ecosistema Heidelberg nella sua nuova piattaforma “Heidelberg Plus” che abbraccia tutto: dalla presenza su internet con il sito web e l’eShop alle varie applicazioni per report sulle prestazioni, monitoraggio e servizi nell’ambito della produzione, fino all’accesso a video didattici. In altre parole, con questa piattaforma Heidelberg offre allo stampatore un’unica interfaccia in grado di raggruppare dati di preventivazione e consuntivazione, informazioni sulle lavorazioni e sui clienti committenti, ma anche risorse di assistenza immediata. Stiamo procedendo spediti nello sviluppo di una logica iniziata con lo SprintShop, l’ecommerce di Heidelberg Italia su cui un’azienda grafica può acquistare consumabili e ricambi in tempo reale. Questo per noi è servizio a valore aggiunto: permettere al cliente di effettuare un ordine nel cuore della notte perché gli è finito l’inchiostro o di ricevere assistenza semplicemente dialogando con il server».

 

 

 

Assemblea pubblica di Federazione Carta Grafica: 22 luglio ore 11.00

Giovedì 22 luglio, alle ore 11.00, si terrà l’Assemblea pubblica di Federazione Carta Grafica “Il ruolo della Federazione Carta Grafica nella transizione ecologica e digitale” PNRR, sostenibilità e prodotti rinnovabili e circolari. L’evento digitale è organizzato in collaborazione con Il Sole24Ore (segui lo streaming).

Aprirà i lavori il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi mentre Girolamo Marchi, già presidente della Federazione Carta Grafica, presenterà il nuovo presidente Carlo Emanuele Bona che illustrerà l’andamento della filiera nel 2020, le tendenze del 2021 e le linee strategiche di Federazione nell’ambito della transizione ecologica e digitale.

Seguirà una tavola rotonda dal titolo “Biopolitiche e prodotti sostenibili” moderata da Jacopo Giliberto de Il Sole24Ore, alla quale interverranno Antonio D’Amato, presidente Seda International Packaging Group e vice presidente European Paper Packaging Alliance, Laura D’Aprile, direttore dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi del MITE, Martina Nardi, deputata PD, presidente della Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera, e Massimiliano Salini europarlamentare Forza Italia.

Come sapere tutto sulla plastificazione: rivedi il webinar Quadient!

L’applicazione di una sottile pellicola di film è quel tocco in più che dà la garanzia di attirare l’attenzione e colpire l’utente finale.

Lo sa bene Quadient che propone una panoramica completa delle più moderne soluzioni per la plastificazione e che ce ne ha parlato nell’interessante webinar con Paolo Todeschini, sales manager graphics di Quadient e  Roberta Baci, digital printing and marketing manager di Mag Data

Sembra difficile, ma è solo plastificazione. Attrezzature e materiali di consumo per la nobilitazione della stampa

Un interessante excursus su attrezzature, materiali e un focus sui vantaggi, pratici ed economici, forniti da un sistema di plastificazione dry.

Per conoscere tutto sulle soluzioni per la plastificazione e ti sei perso il webinar

clicca qui

 

Atif sceglie la squadra 2021-2024

In occasione dell’Assemblea svoltasi il 1 luglio a Milano i Soci Atif hanno confermato Marco Gambardella alla presidenza dell’Associazione per un secondo mandato. Lo affiancheranno i vice presidenti Sante Conselvan (delega ai Rapporti Internazionali) e Massimo Radice (delega al Centro Tecnologico), mentre il Consiglio Direttivo vede il nuovo ingresso di Pierluigi Gava (Cartotecnica Postumia), Ira Nicoletti (Diaven) e Silvano Tamai (tesa) accanto ai consiglieri riconfermati: Enrico Albani (Simonazzi), Andrea Dallavalle (K&B), Adolfo Tommasi (Ditom), Andrea Vergnano (Digitalflex) e Zeno Zonato (Grafikontrol). Completa e supporta la squadra il nuovo Collegio dei Probiviri che sarà composto da Bruno Amadio (Tadam), Enzo Consalvo (Inciflex) e Angela Conti (Biessse).

“Ringrazio i Soci Atif per la fiducia che hanno voluto riconfermare. Nel corso del mio primo mandato mi sono ritrovato a dovere affrontare una situazione decisamente inaspettata e difficile, ma le aziende della nostra grande comunità hanno dimostrato tutta la loro capacità di resilienza e tenacia”, dichiara Marco Gambardella. “Guardando avanti, per una visione del futuro ottimista e di ripresa potremo portare avanti nuovi progetti a supporto di tutta la filiera. La squadra che mi accompagnerà in questo percorso potrà contare sul contributo di coloro che hanno maturato una grande esperienza di vita associativa e su nuovi ingressi che porteranno ulteriore linfa ai futuri progetti. Sono certo che tutti si impegneranno affinché Atif consolidi ancora di più la sua posizione di riferimento italiano per l’industria flessografica”.

Al termine della parte pubblica dell’Assemblea sono stati consegnati trofei e attestati alle aziende italiane vincitrici degli Fta Europe Diamond Awards: Eurolabel, Grafiche Pradella, Sacchettificio Corazza, Niederwieser, Sititalia, Toppazzini, Carta Stampa, F.lli Magro e Cartotecnica Postumia.

La risoluzione ottimale per i contesti d’uso

Come orientarsi fra le risoluzioni in funzione della destinazione del prodotto stampato: dimensioni e contesti d’uso più comuni.

In realtà non ci si può aspettare un’unica soluzione, i valori di riferimento naturalmente ci sono, ma senza aver capito la regola non c’è speranza di gestire le (molte) eccezioni.
Proverò a sintetizzare dei contesti d’uso proponendo dei valori e dei casi notevoli, però è importante non considerarli come assoluti.

DPI o PPI?
Se parliamo di immagini digitali è corretto usare PPI, quando parliamo di dispositivi di stampa allora usiamo DPI. Nel mondo della grafica è tuttora frequente sentire DPI per entrambi i contesti, con conseguente sovrapposizione di concetti e occasioni di confusione, non dimentichiamo però che i software di grafica di riferimento (Adobe, Quark ecc…) li usano correttamente, prestare attenzione a ciò che mostrano aiuta a discriminare gli usi. Il primo manuale software di Desk Top Publishing (Alto, della Xerox, del 1976) si riferiva agli attuali Pixel come Point, e i vari Aldus, Adobe, Macromedia ecc… hanno sempre mantenuto correttamente la distinzione PPI/DPI. Presumibilmente la “colpa” di aver diffuso DPI impropriamente risale al marketing di Apple, di quasi 10 anni posteriore, tuttavia non sono riuscito a trovare con assoluta certezza la prima causa storica dell’errore.

72 “DPI”, si o no?
I motivi storici per cui si tramanda che le immagini per una destinazione schermo debbano avere una risoluzione di 72 (o 96) sono stati già sintetizzati alcune pagine indietro, oltre che in un mio articolo di alcuni anni fa.
Di fatto le immagini per uso video non hanno alcun bisogno di una risoluzione in PPI, contano solo le loro dimensioni in pixel. Non è un caso che tutte le fotocamere riportino dei valori in Megapixel quando parlano delle loro prestazioni, in nessun caso troverete in scheda tecnica un’informazione del tipo: scatti formato “A4 a 300 PPI”. Quelle applicazioni che tengono arbitrariamente conto del valore della risoluzione pur essendo destinate a un ambito video usano logiche “soggettive” per mettere in relazione le conseguenti dimensioni fisiche con griglie di pixel che di fisico non hanno niente (diverse applicazioni per le presentazioni o per il gaming ad esempio).
Queste discrepanze sostanzialmente svaniscono quando ci spostiamo dalle immagini statiche ai video, lì contano (giustamente) solo i pixel di base e altezza, la risoluzione è un non-valore.
Se ve ne serve uno mettete pure 72, è per lo più irrilevante e vi risparmierete discussioni con chi è convinto che cambi qualcosa.

Le immagini in “alta” vanno a 300
Il significato di immagini in “alta definizione/risoluzione” non è univoco, ma è condizionato dal contesto. Spesso lo si utilizza in relazione alle immagini obbligatoriamente a 300 PPI, ma senza informazioni riguardo le dimensioni dell’immagine di partenza questo valore non è un discriminante.
Valutare esclusivamente il valore di risoluzione è sbagliato, ad esempio un’immagine di 350×250 pixel a 300PPI sarebbe “in alta” soltanto nel caso di un francobollo, invece una da 2480×3508 pixel a 50 PPI (circa 126×178 cm) sarebbe perfetta per una A4 a 300 PPI senza alcun ricampionamento (basta ridisporre i pixel esistenti).
La stessa immagine da 350×250 pixel di cui sopra potrebbe essere una buona thumbnail (miniatura) per uso web, ma già per schermi HiDPI ce ne vorrebbe una magari con il doppio dei pixel, quindi 700×500, per occupare lo stesso spazio fisico a schermo.
Nella maggior parte dei casi di stampa commerciale possono essere più che adeguate immagini con risoluzioni di Output da 260/220 PPI, o anche 150 PPI (o meno) per le stampe su quotidiano, mentre per stampe d’arte o super risoluzioni tipiche dei sistemi anti contraffazione si può anche puntare a valori oltre i 400 PPI.
Le modalità con cui il RIP andrà a generare i retini di stampa sono fondamentali per lo sfruttamento (o meno) di questi valori.
E pensare che non abbiamo considerato esempi di immagini puramente bitmap, dove i valori arrivano tranquillamente a ottuplicare.
In sostanza: una volta d’accordo sulle dimensioni fisiche di un’immagine possiamo sicuramente ritenere i 300 PPI come un dato indicativo per una buona risoluzione di Output, ma trattandosi di un dato che, da solo, non garantisce la qualità dell’immagine, le eccezioni possono essere tante.
A parità di dimensioni fisiche il peso non compresso di un’immagine a 300 PPI è esattamente il doppio di una a 212 PPI, ed in presenza di grandi quantità di file potrebbe risultare decisamente scomodo trattare immotivatamente il doppio dei dati.
Un rapido confronto tra chi si occupa di prestampa e chi di stampa solitamente scioglie ogni dubbio, e diventa obbligatorio per le produzioni meno banali.

Immagine varie risoluzioni
Questa immagine composita presenta simultaneamente 6 diverse risoluzioni di Output ed è prevalentemente caratterizzata da microdettaglio e buoni contrasti. Guardandola a diverse distanze si può verificare quanto dettaglio viene risolto e se vengono percepite differenze tra le varie sezioni con l’aumentare della distanza di visione. A circa 1 metro di distanza la differenza tra i 72 e i 150 sarà lievemente percepibile, ma non significativa (72 sarebbe il valore limite sotto il quale meglio non scendere, per una visione da 110 cm). Il fatto che ci siano molte alte frequenze e motivi geometrici riconoscibili aumenta la probabilità di notare i contorni leggermente sfocati.
I valori di 300, 450 e 600 sono equivalenti, e nel caso della stampa subentrano anche le frequenze e le tipologie di retino (o dithering) utilizzate.

Le immagini in alta devono essere “pesanti”
Anche questo è un luogo comune duro a morire. Anche usando dimensioni in pixel congrue, la stessa immagine salvata in TIFF senza compressione, TIFF con compressione LZW, TIFF con compressione JPG, PNG, JPEG o EPS (che a sua volta avrebbe altre opzioni analoghe) ecc… può avere sensibili differenze di peso finale.
I contenuti del file determinano l’efficacia con cui gli algoritmi di compressione riescono ad agire, ma non è raro avere variazioni anche di 10 o 15 volte tra il file più compresso e quello non compresso.
Inoltre, file non compressi vengono processati più rapidamente di qualunque file compresso, proprio perché tutto ciò che è compresso poi deve essere decompresso, se è fondamentale contenere il peso di archiviazione sarà preferibile una strada, se invece sarà più importante ottimizzare la velocità di processo potrebbe essere preferibile un’altra, diametralmente opposta.

Legge diritti autore
Anche la legge sulla riproduzione e sui diritti d’autore (633/1941) risulta molto vaga sul concetto di risoluzione. Nella revisione più recente dell’articolo 108 comma 3bis è stato stralciato il termine di “bassa risoluzione”, presente invece nell’art. 70 comma 1bis dove si dice che «È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro…omissis».
Mentre è chiaro cosa si intenda parlando di lucro è invece fortemente variabile l’uso di “bassa risoluzione o degradate” non essendo valori quantificabili nemmeno chiamando in causa i fantomatici valori di 72 o simili (v. righe sopra).
Ci sarebbe una sezione che dovrebbe mettere tutti d’accordo quando si parla di immagini di definizione tale da non poter essere ulteriormente riproducibili, ma per evidenti motivi questo sarebbe, oltre che interpretabile, anche molto limitante nell’uso di immagini per qualunque scopo.
Pensate all’immagine di un quadro con talmente pochi pixel (e/o compressioni talmente elevate) da risultare a malapena intelligibile, certamente non sarebbe replicabile, ma sarebbe già in origine perfettamente inadatta a qualunque scopo visivo.

Stampa grande formato
Il grande formato (soprattutto il grande formato) dipende dalla distanza di visualizzazione a cui si ritiene si dovrà trovare l’osservatore.
Se un 6×3 metri sarà visto da non meno di 10 metri allora l’immagine da usare potrà avere una dimensione reale di 6×3 metri con una risoluzione di 8 PPI.
Se invece il 6×3 metri fa parte di un’installazione muraria interna, supponiamo, a un aeroporto, e l’osservatore si potrà tranquillamente trovare anche a mezzo metro di distanza, allora non sarà consigliabile scendere sotto ai 160 PPI (180 Megapixel e circa 2 GB di peso grezzo).
Si tratta di valori indicativi, subordinati al tipo di soggetto e di dettaglio rappresentati, se è possibile disporre di valori superiori ben venga, l’occhio non sarà in grado di risolvere pienamente il dettaglio ma la sensazione percettiva sarà comunque migliore.
Immaginate la chioma di un albero ad una decina di metri, che voi siate in grado o meno di distinguere le venature delle singole foglie (e non lo siete) quel dettaglio è comunque presente, se il vostro file digitale volete che contenga dettagli (quindi pixel) non risolvibili per la destinazione d’uso finale avrete file di lavoro immotivatamente grandi, con tempi di lavorazione e processo immotivatamente lunghi,
E anche il tempo, si sa, è denaro.

Dipendenza dal supporto
Considerando le dimensioni dei supporti più comuni, come ad esempio cartoline, riviste, tabloid et similia, poster ecc… il principio di base non cambia, conta sempre e solo la distanza di osservazione in relazione ai contenuti.
La distanza di lettura media è tra i 25 e i 40 cm, in quell’intervallo i valori teorici di risolvenza sono rispettivamente tra i 320 e i 200 PPI.
Che stiate guardando una cartolina o un quotidiano poco cambia, anzi, la cartolina potrebbe avere un soggetto fotografico che incoraggia una visione leggermente più distante, mentre un quotidiano presenterebbe del testo piccolo che richiederebbe una visione più ravvicinata (presbiopia permettendo).
Gira una regola spiccia che chiama in causa la diagonale del supporto, questa regola funziona davvero in pochissimi casi e risulta contraddittoria nei restanti. Recita grosso modo così: la distanza di osservazione è tra 1,5 e 2 volte la lunghezza della diagonale del supporto.
I motivi per cui non funziona sono i seguenti:
– immagini con soggetti che richiedono analisi minuziose, quindi con molto microdettaglio, incentivano la vista ravvicinata;
– immagini con campi medi o campi lunghi incentivano (anche inconsciamente) una vista rilassata, quindi non incentivano l’avvicinamento;
– i due comportamenti appena descritti derivano dalla nostra evoluzione, da come reagisce il nostro sistema visivo ed il nostro senso del pericolo (cioè la nostra attenzione): la nostra vista si è evoluta per discriminare al meglio minacce entro un’area di 8/10 metri, oltre questa distanza il nostro cristallino è perfettamente rilassato ma entro questa distanza percepiamo, proporzionalmente, più dettagli. La corrispondenza è biunivoca, pertanto la presenza di molto dettaglio richiede inconsciamente la nostra attenzione, la sua assenza invece no.
– nel caso di un francobollo, mediamente grande circa 3×2 cm, la sua diagonale non arriva a 4 cm, non per questo proveremmo ad avvicinarci a 6/8 cm per guardarlo.
– nel caso di un foglio A4 la diagonale è intorno ai 36 cm, l’osservazione di riferimento sarebbe quindi compresa tra 53 e 72, quindi intorno ai 60 cm di media. In questo caso è una distanza coerente, che ancora una volta non tiene però conto del contenuto.
– un foglio A3 ha una diagonale di 51 cm, secondo il ragionamento di cui sopra ci dovremmo trovare tra i 76 cm e 1 metro. Considerate che il braccio di un uomo adulto medio è lungo circa 70 cm, quindi avete due strade: o non potrete mai guardare bene un foglio A3 oppure ve lo farete tenere a questa distanza da un amico (o da un muro).
– Con le dimensioni di un giornale quotidiano la questione diventerebbe comica, specialmente in formato aperto.
Questa regola, quindi, è proprio campata per aria? No, una base logica ce l’ha, ed è riferita a quell’angolo di visione entro cui percepiamo meglio le forme, quindi circa 30° (v. il primo articolo di questo speciale).
Posizionando un A4 nel campo visivo di ampiezza 30° avremmo una distanza di circa 55 cm, quindi saremmo anche in linea con la regoletta di cui sopra.
Tuttavia, questa regola ha più senso quando viene applicata nella scelta degli schermi (tv o per videoproiezione) e del calcolo della loro distanza di visione, e poco si combina invece con supporti a contenuto misto immagine/testi, dove sono più le discrepanze che le analogie.

Rasterizzare il testo?
Se già convertire un testo piccolo in tracciati vettoriali è un’operazione che presenta qualche criticità, addirittura rasterizzarlo prima del RIP (o del driver di stampa) può diventare seriamente critico.
Ai tempi di Freehand si sentiva spesso dire dagli operatori che rasterizzare tutto l’impaginato a 300 PPI risolveva qualunque problema di conversione Postscript e permetteva quindi di stampare qualsiasi documento. In realtà rasterizzare preventivamente tutto era soltanto l’unico modo disponibile per aggirare gli allora insuperati limiti di esportazione PDF del software, ma naturalmente non c’è bisogno di ripetere quanto sia diverso un testo rasterizzato a 300 PPI rispetto allo stesso testo processato dal RIP con valori anche 8 volte superiori.

Per un ingombro piccolo serve un’immagine grande?
Le immagini con decine di megapixel ormai sono la consuetudine, sia per gli alti livelli raggiunti dai sensori di acquisizione (v. articolo sui sensori in questo speciale), sia per le prestazioni dell’hardware attuale.
Le banche dati di risorse immagine offrono da anni megapixel come se piovessero, quindi non c’è più il problema di non avere abbastanza informazioni per gli usi più comuni (e anche quelli meno comuni).
Una riflessione va puntata nella direzione opposta: cosa succede se ad esempio usassi un’immagine da 100 Mpixel per una stampa su A4 (poco più di 8 Mpixel se la consideriamo a 300PPI)?
Succede che nel file finale dovrò scartare più di 11 informazioni su 12, e l’immagine perderà la capacità di restituirmi dettaglio (pixel) di oltre 10 volte.
Non è sempre indolore sprecare 11 litri di vino per riempire una bottiglia da 1 litro, anzi, per questo esistono diversi algoritmi di interpolazione che cercano di ottimizzare i risultati a seconda dei contenuti, non ultimi quelli basati su Intelligenza Artificiale (che per certi versi riescono anche a rigenerare il vino perduto, praticamente miracoloso).
Infine, soprattutto nei casi limite, è sempre opportuno lavorare bene con le varie tecniche di aumento della nitidezza (sharpening) così da enfatizzare quella percezione dei dettagli e dei volumi tipica del nostro sistema visivo.

T13utto il mondo della comunicazione visiva ruota attorno a dinamiche percettive, se riusciamo a ingannare l’occhio dandogli sensazioni di maggior dettaglio o maggior volume la nostra mente farà il resto, ricostruendo con l’esperienza cognitiva la distanza che separa l’immagine dall’immaginazione.

Guandong presenta un’inedita gamma per la decorazione di pareti

Oggi più che mai allestitori e stampatori devono essere versatili, veloci, competitivi, al passo con le novità tecnologiche in ambito di macchinari e materiali. Per rispondere con efficacia ai ritmi serrati di campagne e promozioni last minute, è importante avere sempre a disposizione i supporti giusti, sicuri e certificati per le singole applicazioni.

Questa la sfida raccolta dal reparto R&D di Guandong che ha intercettato un interesse crescente nella tendenza del “metti e togli” per la decorazione di pareti, tradizionalmente realizzata utilizzando carta da parati. Un materiale che, anche nelle versioni più evolute, presenta criticità in termini di applicazione, velocità di rimozione, residui, resistenza e smaltimento. “I nostri tecnici si sono interrogati a lungo per mettere a punto la ricetta di una carta da parati perfetta”, racconta Fabio Elmi, direttore ricerca e sviluppo di Guandong. “Ma l’illuminazione è stata trovare la risposta giusta nel nostro ampio catalogo, ottimizzando ulteriormente le prestazioni di supporti già in gamma, per renderli tecnicamente idonei al nuovo, piccante concetto del Wall Dressing”. Vestire e rivestire le pareti in pochi minuti grazie a soluzioni intercambiabili, dalle texture più diverse, ma tutte in grado di coniugare semplicità, rapidità di applicazione e rimozione, sicurezza e soprattutto un’anima environment-friendly, in linea con le sempre più diffuse esigenze in ambito di ecosostenibilità.

Store e grande distribuzione, ristorazione e hotellerie, sedi aziendali e abitazioni private: il Wall Dressing by Guandong si sposa con qualsiasi esigenza di personalizzazione verticale, liberando la fantasia a infinite applicazioni, sia in ambito promozionale sia di interior decoration. ReVita, ReVita Tack Puro, TAP, Wally e M&F Visual Comm: sono questi i prodotti che gli Specialisti delle Specialità hanno riformulato per la decorazione di pareti e superfici verticali.

Realizzato in poliestere 100% riciclato e riciclabile, ReVita è frutto di un’attenta e responsabile gestione dei processi produttivi in ottica di salvaguardia ambientale ed economia circolare e incarna alla perfezione la filosofia Greenlife di Guandong. Applicabile con colla, permette di creare decorazioni accattivanti ed ecocompatibili, stampabili con qualsiasi tecnologia, dall’UV al Latex.

Si attacca senza colla ed è utilizzabile anche per la decorazione di mobili: si tratta di TAP, acronimo di “Tessuto poliestere adesivo”. L’estrema coprenza, l’opacità della superficie e la mano cotoniera lo rendono perfetto per coperture murali estremamente eleganti e raffinate, in grado di far risaltare la brillantezza dei colori.

Effetto tessuto anche con ReVita Tack Puro, il poliestere riciclato e riciclabile che si applica senza colla, grazie all’adesivo nanodots. Un plus che lo rende riutilizzabile e riposizionabile infinite volte, senza lasciare residui e senza rovinare le superfici, mobili compresi. Inoltre, la certificazione R-10 anti-slip lo rende estremamente sicuro anche per la realizzazione di grafiche calpestabili, applicabili ai pavimenti più delicati.

Ottimizzato per il Wall Dressing un altro best seller della gamma Guandong, il mitico Wally. Film adesivo in poliestere riciclato della linea Nano-Tack Technology, permette di realizzare messaggi promozionali istantanei e decorazioni temporanee su pareti e mobili che possono essere facilmente installate e rimosse anche dai non addetti ai lavori.

M&F Visual Comm, infine, è la gamma di prodotti magnetici e ferrosi che cambia radicalmente l’approccio all’allestimento e alla decorazione di superfici verticali. Una soluzione estremamente dinamica e versatile, ideale per applicazioni “attacca e stacca” di grafiche e oggettistica in punti vendita, ristoranti, uffici, ma anche aule scolastiche o camerette. Ad un primo strato di magnetico adesivo infatti è possibile associare fino a 4 strati di grafiche in ferrite, dando vita a combinazioni infinite e continuamente intercambiabili.

I lavori del Gwg non si fermano mai

David Zwang, presidente del Ghent Workgroup

Nemmeno durante la pandemia il Gruppo di Ghent ha rallentato i propri lavori, incrementando nel frattempo anche il numero dei suoi membri. Mentre sono all’orizzonte arrivo nuove importanti specifiche, a partire dal Pdf/X-6.

Il Ghent Workgroup è cresciuto molto negli ultimi tempi e ha continuato a raccogliere idee e suggerimenti da aziende e da istituti di ricerca di tutto il mondo, e ultimamente anche da un buon numero di software house di un certo blasone.

Negli ultimi due anni, complice la pandemia, il lavoro di diffusione delle conoscenze e delle buone pratiche realizzato dal workgroup è solo apparentemente diminuito, perché non ha pubblicato nulla di davvero decisivo. Ma nell’ombra gli esperti del gruppo di Ghent hanno continuato a lavorare sodo. E all’orizzonte ci sono già importanti novità, come ci spiega David Zwang, presidente del Gwg. Zwang è il consulente principale di Zwang & Company, azienda specializzata nell’analisi dei processi e nello sviluppo strategico di aziende di premedia e di stampa in tutto il mondo. La sua esperienza quarantennale nell’ottimizzazione della produzione e nella pianificazione strategica del business lo ha portato a diventare nel 2019 presidente del Ghent Workgroup.

Perché è così importante espandere la base dei membri e quali benefici apportano al gruppo?

«Il Ghent workgroup si concentra da quasi 20 anni sulla creazione e sul supporto dei flussi di lavoro delle migliori pratiche per le arti grafiche, la stampa e la produzione di imballaggi. Durante questo lungo periodo di tempo abbiamo creato molti standard, specifiche e strumenti per sostenere questi sforzi, ma abbiamo anche scoperto che c’è un bisogno significativo di affrontare il deficit di formazione esistente nel nostro settore. Tengo a precisare che l’espansione della base di membri non è il nostro obiettivo principale, ma ci fornisce una migliore comprensione di quali siano i problemi in sospeso in moltissimi flussi di lavoro. E questa perlustrazione continua ci aiuta a concentrarci su nuove soluzioni. Intanto continuiamo a espanderci in altre regioni del mondo, e questo è un elemento che ci fornisce anche una rete migliore per comunicare tutte le soluzioni e la formazione che abbiamo sviluppato in questi anni».

Qual è il ruolo delle organizzazioni di ricerca e delle università in questo vostro lavoro di aggiornamento continuo?

«La collaborazione con le organizzazioni che si occupano di stampa industriale e con i centri di ricerca espande ulteriormente quella rete di comunicazione di cui parlavo prima. Lavorare con le università che hanno programmi e percorsi di studio nell’ambito delle arti grafiche ci fornisce un modo per aiutare a portare l’esperienza di produzione del mondo reale nel percorso curricolare dei loro studenti. E questo ci aiuta anche a indirizzare e preparare la prossima generazione di manager e leader del settore».

Che cosa sta producendo l’intensa attività di formazione dei vostri webinar?

«Dato che i processi produttivi nelle arti grafiche sono universali, crediamo fortemente nel valore e nell’importanza di una formazione più standardizzata sui processi. A tal fine siamo costantemente alla ricerca di nuovi modi per raggiungere e coinvolgere l’industria. Abbiamo scoperto che le persone hanno diversi metodi e livelli di coinvolgimento nella propria formazione e aggiornamento, quindi abbiamo imparato a fornire di volta in volta file di impostazione, white paper, webinar e programmi collaborativi, a volte anche di persona».

Ci spiega perché ci vuole così tanto tempo per rilasciare nuove specifiche. L’ultima, ad esempio, risale al 2015?. È forse già stato detto tutto?

«No, non credo affatto. È che cerchiamo di costruire le nostre specifiche sugli standard Iso solo quando questo è possibile. La specifica del 2015 è basata su Pdf/X-4, che è la versione più recente. Abbiamo lavorato su una versione aggiornata di quella specifica del 2015 che include perfezionamenti e l’introduzione del “Processing Steps”, ora divenuto uno standard Iso, che mira a informazioni di produzione aggiuntive specifiche per i processi di produzione di imballaggi e per le automazioni. Certamente la pandemia ha rallentato i nostri sforzi, ma prevediamo che il rilascio avvenga entro la fine dell’anno o al massimo all’inizio del 2022. Una volta che avremo ultimato il nostro lavoro e la Pdf/X-6 sarà approvata e pubblicata, lavoreremo sulla versione successiva. Il nostro motore per il rilascio di nuove specifiche è sempre basato sulla ricerca e sui test».

Ultimamente vi siete occupati di imballaggio e di grande formato. Quali sono le prossime aree che pensate di presidiare?

«La stampa si sta evolvendo man mano che nuove industrie trovano impieghi per il getto d’inchiostro e altre tecnologie di supporto alla stampa. Aree come il tessile, l’arredamento e altre si stanno evolvendo verso le applicazioni per la stampa. La nostra esperienza in questi ultimi 20 anni ci ha mostrato che ci sono molte sinergie nei vari flussi di lavoro di produzione delle applicazioni di stampa, ma anche alcune importanti differenze. Siamo costantemente alla ricerca di nuove industrie d’approdo per indirizzare i nostri sforzi, e selezioneremo la prossima area d’attenzione in base alle necessità e agli interessi dei membri.

Questo è un altro motivo per cui riteniamo importante espandere la nostra base di associati. Abbiamo scoperto che un buon sviluppo delle specifiche si basa sull’input di molte fonti di prima linea provenienti da quelle industrie. Quando abbiamo lavorato sulle specifiche dell’editoria abbiamo raggiunto gli editori e le case di produzione editoriale, e abbiamo fatto lo stesso con la stampa commerciale, l’imballaggio e il grande formato. In sostanza, quando queste nuove ed emergenti applicazioni di stampa vedranno che c’è bisogno di una standardizzazione dei processi per la produzione e lo sviluppo di hardware e software, saremo in una posizione migliore per affrontare tali esigenze e integrarle in nuove specifiche».

Il Gruppo Fedrigoni chiude il 2020 con 1.315 milioni di euro di fatturato

Fedrigoni Board Firday 3rd May 2019 1905004 67 Clerkenwell Road, London, EC1R 5BL

Fedrigoni ha chiuso il 2020 con un fatturato di 1.315,2 milioni di euro rispetto ai 1.115 milioni del 2019 (+200,2 milioni) e un Pro Forma Adjusted Ebitda di 197,2 milioni di euro.

Il trend di crescita è continuato anche quest’anno. Infatti, nonostante l’effetto del Covid-19 sul primo trimestre 2021 rispetto al primo trimestre 2020 (fatturato di 360,4 milioni di euro nel Q1 2021 contro 363,6 milioni nel Q1 2020), nel periodo marzo 2020 – marzo 2021 il Gruppo ha registrato un incremento dell’Adjusted Ebitda dell’11,3% (48,3 milioni di euro nel 2021 rispetto a 43,4 milioni nel 2020), un Pro Forma Adjusted Ebitda di 205,8 milioni di euro (+4,4% sul 2020) e una riduzione dell’indebitamento finanziario netto, che ha permesso di consolidare ulteriormente la solidità dell’azienda.

Fedrigoni è oggi il terzo attore globale nei materiali autoadesivi e il primo in Europa nelle etichette per i vini e le carte speciali, con 4.000 persone in 25 Paesi, 34 stabilimenti produttivi e centri di taglio e oltre 25.000 prodotti, oltre ad alcune migliaia realizzate in esclusiva per grandi brand della moda e del lusso. La crescita del fatturato 2020, realizzato per il 75% all’estero, si lega al completamento dell’acquisizione del Gruppo Ritrama. Lo scorso anno, infatti, Fedrigoni ha concluso con successo due acquisizioni importanti per la crescita della sua divisione Self-Adhesives: quelle del Gruppo italiano Ritrama, che ha raddoppiato la presenza nel mercato dei materiali autoadesivi, e del Gruppo messicano IP Venus, a dicembre, i cui risultati sono quindi solo parzialmente confluiti nel bilancio.

“Il calo degli ordini di carta e la flessione nel settore banconote sono stati compensati dagli ottimi risultati nel mondo delle soluzioni autoadesive premium – commenta l’AD di Fedrigoni, Marco Nespolo – i cui margini sono cresciuti a doppia cifra e dove rappresentiamo ormai il terzo polo globale. Il 2020 è stato indubbiamente un anno di grande intensità, ma sono state messe in campo da subito tutte le azioni necessarie a tutelare la salute delle nostre 4.000 persone nel mondo e a garantire la continuità del business: la pandemia non ci ha fatto deviare di un passo dal percorso di trasformazione definito nel piano industriale 2020-2023”.

“Abbiamo voluto tenere fede a tutti gli impegni – continua Nespolo – e questo ha significato incrementare gli investimenti più del previsto su tutti i fronti, per sfruttare al meglio la nostra solidità e guadagnare ulteriori posizioni di mercato, accelerando le principali direttrici strategiche del nostro piano di crescita. Abbiamo lavorato sull’attrazione di talenti e sul rafforzamento del management, lanciato una nuova immagine globale e investito su un’innovazione di prodotto sempre più sostenibile e circolare. Siamo intervenuti su impianti e tecnologia, processi e modelli organizzativi, sistemi di supporto e competenze, e abbiamo intensificato il piano di acquisizioni per rafforzare il nostro posizionamento globale e ampliare il portafoglio di offerta in segmenti attrattivi, come il packaging per i brand di lusso e le etichette per l’industria enologica”.

Negli ultimi 2 anni e mezzo Fedrigoni ha portato a termine cinque acquisizioni (incluse quelle dell’americana Acucote e della messicana Ri-Mark, appena concluse), per un totale di oltre 400 milioni di euro di investimento, e si sta guardando intorno per cogliere ulteriori opportunità.

Le prossime sfide: la strategia di sostenibilità che guarda al 2030

Il Gruppo Fedrigoni non si è mai sottratto alle sfide legate allo sviluppo e all’innovazione sostenibile e accelera ulteriormente il proprio impegno sulle tematiche ESG (environment, social, governance) presentando nel Bilancio di sostenibilità la nuova strategia e gli obiettivi 2030, per diventare un punto di riferimento del settore quanto a politiche ambientali e uno dei migliori luoghi di lavoro per sicurezza, inclusività e occasioni di crescita professionale.

Entro il 2030, infatti, il Gruppo si è impegnato a ridurre del 67% gli infortuni sul lavoro, già diminuiti del 40% nell’ultimo triennio, grazie a una precisa politica sulla prevenzione che poggia anche sulla responsabilizzazione di ogni dipendente (attraverso l’invito a segnalare potenziali rischi e mancati infortuni) al fine di tutelare la salute e la sicurezza propria e dei colleghi. E ancora: le donne in posizione manageriale arriveranno al 30% dall’attuale 20% (+50%), l’acqua utilizzata nei processi di lavorazione, già dimezzata negli ultimi 16 anni, verrà restituita al 95% ai fiumi, come sempre depurata e alla giusta temperatura, saranno mano a mano azzerati i rifiuti industriali conferiti in discarica in quanto verranno totalmente riciclati per altri usi, le emissioni di CO2 in atmosfera caleranno del 30% e il 95% dei fornitori dovrà essere qualificato anche su parametri ESG.

Anche l’offerta di prodotti sarà sempre più eco-compatibile e improntata all’economia circolare: i volumi di soluzioni con caratteristiche avanzate di sostenibilità raddoppieranno, passando dal 20% al 40% nel mondo Paper (dove già ora vengono utilizzate solo cellulose provenienti da foreste certificate FSC e tutti i prodotti sono riciclabili) e dal 35% al 70% in quello Self-Adhesives. Fedrigoni, tra i fondatori di CELAB, il consorzio internazionale nato per garantire la circolarità dei prodotti autoadesivi, vuole infatti arrivare nel 2025 al 75% di riciclo e riutilizzo dei liner (il supporto staccabile) e all’uso sempre più massiccio di adesivi e colle performanti ma facilmente solvibili in acqua.

Nel mondo carta, invece, l’obiettivo è proporre soluzioni realmente alternative alla plastica quanto a robustezza, idrorepellenza e igiene, ma realizzate con materia prima rinnovabile e totalmente riciclabile, usando – ove possibile e realmente sostenibile – fibre alternative alla cellulosa o di recupero. Le applicazioni sono moltissime e alcune già realtà concreta: dagli astucci per il make-up alle carte fedeltà, dalle copertine dei libri al packaging di tutti i tipi, incluse le shopper di lusso, fino al settore il food&beverage, contraddistinto da una normativa stringente. Tra le novità in arrivo, Icelite CleanCut, la carta innovativa sviluppata in collaborazione con EasysnapÒ per la produzione di confezioni monodose di liquidi – prima in plastica e ora a base di carta – che si aprono con una mano sola, spezzando a metà la confezione poi riciclabile. E ancora, Materia Viva, la raccolta di carte con contenuto di fibra riciclata – alcune nuove accanto alle serie già presenti dal 1996 – e con fibre naturali alternative alla cellulosa.

Per raggiungere gli obiettivi 2030, Fedrigoni ha messo in campo numerosi progetti concreti: per la pulizia dell’acqua, oltre a potenziare i sistemi che già impediscono la perdita di fibre e di additivi durante il processo di lavorazione, verranno realizzati nuovi impianti di depurazione biologica, in aggiunta a quello installato nei mesi scorsi allo stabilimento di Verona; sul fronte dei rifiuti, saranno introdotte ovunque tecnologie innovative per l’essicamento dei fanghi, principale scarto di processo nella fabbricazione della carta, in modo da ridurne il volume e renderli disponibili per il riutilizzo in altri settori come la bio-edilizia, mentre l’ammodernamento delle centrali di cogenerazione già esistenti e i nuovi impianti ad alto rendimento permetteranno di diminuire ulteriormente il rilascio di CO2 e di consumare meno, sia metano che energia elettrica. Moltissime anche le iniziative di restituzione al territorio portate avanti dal Gruppo: dai Boschi Fedrigoni vicino agli stabilimenti, il primo a Caponago (MB) e il prossimo a Verona, all’impegno nella diffusione dell’arte e della cultura attraverso le attività della Fondazione Fedrigoni Fabriano e il Festival del Disegno, che da settembre offre per un mese 200 attività guidate gratuite dedicate al disegno in tutta Italia.

Per garantire che l’impegno ESG poggi su rigorose basi scientifiche e standard internazionali, Fedrigoni ha aderito a Science Based Targets e United Nations Global Compact, con l’intenzione di contribuire in particolare a 10 dei principi sullo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

Il piano ESG di Fedrigoni sarà raccontato attraverso una campagna di comunicazione integrata con al centro il concept Making Progress, che evidenzia la volontà di mettere in campo un impegno concreto per fare progressi, ogni giorno, attraverso la collaborazione con l’intero ecosistema, come brand, stampatori, converter, graphic designer, fornitori.

Da Canon la nuova flatbed Arizona 135 GT

Progettata per garantire produttività e massima versatilità applicativa, la nuova Arizona 135 GT consente di realizzare con semplicità stampe di elevata qualità. Questo grazie alla tecnologia di stampa in scala di grigi VariaDot che utilizza tecniche avanzate di selezione per le dimensioni delle gocce di inchiostro in modo da garantire immagini di qualità fotorealistica. Arizona 135 GT rappresenta un investimento interessante per le aziende che si affacciano al mercato della stampa diretta su supporti rigidi, grazie alla sua capacità di gestire pannelli fino a 125×250 cm di grandezza e 50,8 mm di spessore, oltre alla possibilità di stampare a velocità fino a 34,2 m2/ora.

La produttività è ottimizzata dalle funzionalità di facile utilizzo, tra le quali il nesting, il raggruppamento di lavori complessi, la ripetizione dei motivi, il mirroring e la riassegnazione delle modalità di stampa. L’accurata registrazione della stampa evita incorrere in errori mentre la possibilità di eseguire regolazioni dell’ultimo minuto, direttamente sulla stampante, consente di risparmiare tempo nella produzione. L’operatività è fondamentale per qualsiasi azienda di stampa, ecco perché Arizona 135 GT integra una serie di funzioni di assistenza, pensate per massimizzare l’attività della stampante: il Sistema di manutenzione automatica offre la pulizia completamente automatica della testina e ripristina la funzionalità degli ugelli in pochi secondi, mentre il servizio On Remote Service consente all’utente di autorizzare l’assistenza remota da parte di tecnici esperti, in modo da garantire la massima operatività.

Applicazioni economiche dell’alto valore aggiunto su un’ampia gamma di supporti

Grazie alla tecnologia a stampa flatbed Arizona e alla polimerizzazione LED UV, è possibile realizzare un’ampia gamma di applicazioni di lunga durata su supporti rigidi o flessibili con superfici standard o porose, compresi vetro, alluminio e altri metalli, tela, legno, MDF, cartoncino, ceramica e plastica. L’Arizona Static Suppression Upgrade Kit opzionale consente di stampare su materiali plastici duri come acrilico, policarbonato e stirene, mentre il sistema pneumatico ad alta pressione Arizona Classic mantiene fermi i supporti durante la stampa, anche in caso di materiali rigidi di forma irregolare. Il Roll Media Option aggiornabile sul campo amplia le opportunità applicative, consentendo di realizzare stampe su supporti flessibili larghi fino a 220 cm, inclusi i supporti sottili termosensibili, e di eseguire lavori roll-to-roll non presidiati.

Nuovi livelli di creatività con il software di prestampa Arizona Xpert

Arizona 135 GT integra di serie il software di prestampa Arizona Xpert, che agevola la progettazione e produzione di applicazioni ad alto valore. Questo software include formule pronte all’uso per applicazioni difacilerealizzazioneepermettealfornitoredelserviziodistampaealprogettistadiscambiarsifacilmente le ” soluzioni più efficienti”, in modo che possano visualizzare il prodotto finale in 3D con le Arizona Xpert Extensions, riducendo al minimo il rischio di errori. Arizona Xpert offre inoltre ulteriori opportunità creative ad alto valore aggiunto per la stampa su superfici goffrate, grazie alla capacità di stampare applicazioni con più strati d’inchiostro.

Una soluzione di stampa piana sostenibile

La tecnologia Varia Dot di Arizona 135 GT utilizza gocce d’inchiostro di dimensioni variabili, da 6 a 30 picolitri. Ciò consente non solo di produrre immagini nitidissime ma anche di dimezzare il consumo di inchiostro rispetto alle stampanti piane tradizionali, rendendo Arizona 135 GT particolarmente efficiente dal punto di vista sia ambientale che economico. Le credenziali ambientali della stampante includono l’uso degli inchiostri certificati UL GREENGUARD Gold per tutte le applicazioni interne, come scuole, ospedali e negozi, mentre le basse emissioni contribuiscono a rendere più sano l’ambiente di lavoro. Inoltre, Arizona 135 GT è caratterizzata da un basso consumo energetico assicurato dalla funzionalità Instant-On e da minimi tempi di riscaldamento garantiti dalle lampade LED. Altre funzioni di risparmio energetico includono l’alimentazione di tensione standard, il processo di polimerizzazione e le pompe pneumatiche ad elevata efficienza energetica. Infine, si prevede di includere il nuovo modello nel Programma di ricondizionamento Arizona, così da promuovere l’economia circolare e dare una seconda vita a una stampante già molto sostenibile.

Walter Bano, country director Production Printing Products di Canon Italia, commenta: “La pluripremiata famiglia di stampanti flatbed Arizona è famosa per la sua qualità immagine, produttività, affidabilità e versatilità applicativa e vanta oltre 7.500 installazioni in tutto il mondo. Portando Arizona 135 GT sul mercato, soprattutto attraverso il nostro canale Partner, desideriamo ampliare le possibilità di business di produttori di insegne, fornitori di servizi di stampa, centri di stampa offset e aziende serigrafiche che si avvicinano al settore della grafica di grade formato. Grazie a questa soluzione è possibile diversificare l’offerta con nuove applicazioni, su supporti sia rigidi che flessibili, entrando così in nuovi segmenti di mercato con un investimento contenuto. Come ultimo membro della quinta generazione di stampanti Arizona, Arizona 135 GT offre la stessa tecnologia e gli stessi vantaggi dei modelli di medio volume e siamo convinti che riscuoterà lo stesso successo di pubblico dei suoi predecessori”.