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Giflex, la sostenibilità diventa flessibile

Giflex sta affrontando il regolamento PPWR con l’innovazione tecnologica orientata alla decarbonizzazione e alla sostenibilità. A 360 gradi

L’imballaggio flessibile verso la sostenibilità. È questo il filo che ha collegato tutte le sessioni e gli interventi del Congresso annuale di Giflex, Gruppo Imballaggio Flessibile, dal titolo “Flessibile, un packaging da raccontare”, tenuto a Roma il 17 e 18 aprile 2024. Decarbonizzazione, Life Cicle Assestment, innovazione tecnologica e ambientale e il prossimo regolamento PPWR, sono stati alcuni dei punti chiave dell’appuntamento, senza ignorare la questione geopolitica dalla quale dipendono le risorse base, materiali ed energetiche, del settore dell’imballaggio flessibile. «La lotta al cambiamento climatico è un affare molto complesso, urgente e senza soluzioni facili – ha affermato Alberto Palaveri, Presidente di Giflex, nella sua relazione introduttiva –. L’iter di approvazione del Regolamento UE PPWR ne è l’esempio. Siamo reduci, da oltre diciotto mesi, di negoziazioni che ci hanno visto molto coinvolti come industria del packaging e ne siamo usciti con un documento complicato, a volte di difficile interpretazione». Palaveri ne ha voluto specificare l’approccio interpretativo da parte del settore sull’esito del regolamento. «Ho provato a capire quale sia stato il ragionamento che ci ha portato a questo punto d’arrivo. Mi sembra che si sia arrivati a complicare ulteriormente un settore già molto complesso come il nostro. Complicato deriva dal latino cum + plicare e significa “piegato, arrotolato insieme”. Un sistema complicato è dunque un sistema “comprensibile” solo attraverso la sua suddivisione in sotto-parti, attraverso la sua scomposizione analitica».
Esempio ripreso anche in altre occasioni, come sottolineato da Roberta Colotta, Public Affairs Manager di FPE, che a una nostra domanda su quanta incertezza ci sia nella normativa europea ha risposto: «Di sicuro qualche incertezza c’è, visto che molte delle regole sui dettagli tecnici saranno fissate nei decreti attuativi che arriveranno tra il 2026 e il 2028, periodo in cui si fisseranno anche i criteri di riciclabilità e come calcolarne la percentuale». Secondo Roberta Colotta il PPWR, oltre alla criticità già accennata fissa il tasso di riciclo al 55%, obiettivo decisamente ambizioso, ma difficile, con il quale si rischia il divieto in toto dell’imballaggio flessibile al 2035. Un settore che non è di poco conto visto che in Italia l’industria dell’imballaggio flessibile, ha circa 10 mila addetti, una produzione all’incirca di 400 mila tonnellate/anno e un fatturato di oltre 3 miliardi di euro ed è anche un fattore di forza del sistema Paese poiché esporta circa il 55% della produzione nazionale.

Criticità e benefici
«È una sfida sulla quale ci aspettiamo che gli Stati membri e gli schemi di responsabilità estesa del produttore ci aiutino a raggiungere questo 55%, riciclando effettivamente gli imballaggi che concepiamo fin dalla loro progettazione per il riciclo. Ma non ci sono solo criticità. L’articolo sulla minimizzazione del packaging sul quale noi italiani siamo i leader mondiali per tutte le tipologie di imballaggi, ci favorisce nell’offrire le soluzioni già pronte». Una rotta specificata anche da Palaveri che ha sottolineato come l’industria dell’imballo flessibile si sia già attivata per tracciare un percorso per la sostenibilità che ha come punto d’arrivo il 2030, anno nel quale tutti gli imballaggi dovranno essere progettati in funzione del loro fine vita. «Se fino a oggi ci siamo immaginati il nostro prodotto, il packaging, in base alla sua performance sugli scaffali dei supermercati, d’ora in poi dobbiamo immaginarlo anche e soprattutto affinché sia altrettanto performante in un impianto di riciclo, meccanico o chimico che sia. E se da un lato mancano una visione reale del futuro e la considerazione della bontà delle soluzioni alle quali siamo arrivati, troviamo nel regolamento anche degli aspetti positivi che condividiamo da tempo come settore nella nostra filosofia di prodotto, come il non contemplare il superfluo, la riduzione e la ricarica». Sulla consapevolezza che progettare il packaging del futuro significhi partire dal suo fine vita si è incentrata una buona parte dell’appuntamento, anche attraverso la presentazione delle linee guida di LCA, specificatamente elaborate per l’imballaggio flessibile dai Comitati Tecnici di Giflex. «Grazie a questi strumenti “su misura” i vantaggi per l’industria del flessibile sono molti, come il formare personale e sviluppare competenze interne e il facilitare la progettazione in chiave di eco design avendo a disposizione dati e strumenti validati e certificati», ha affermato Palaveri specificando che «la R&D delle imprese del settore sta andando verso strutture semplificate o mono materiale, con aperture su nuove possibilità quali quelle legate alle poliolefine che potranno essere stampabili con tecnologie tradizionali ad alta barriera grazie all’utilizzo di lacche e metallizzazioni trasparenti».

Innovazione “flessibile”
Sul fronte dell’innovazione l’imballaggio flessibile le tecnologie, già molto avanzate, potranno produrre ulteriori sviluppi, come ha sottolineato Neni Rossini, Vicepresidente di Giflex, che ha detto: «Tutto ora va nella direzione della sostenibilità, che significa ridurre l’impatto ambientale, ossia ridurre la quantità di imballaggi. In ciò siamo già diventati bravi, riducendo gli spessori, rendendo i nostri imballaggi sempre più leggeri, creando le tecnologie, ossia le macchine di stampa e di laminazione, in grado di gestire materiali, con grande velocità di produzione e scarti il più possibile contenuti. Quindi tutto meno impattante. Così, l’efficienza diventa un valore di sostenibilità e di capacità dell’industria di rispondere alle esigenze imposte dal nuovo sistema di regolazione. Le opportunità in questa fase, secondo Giflex, sono in mano alle imprese italiane» continua Rossini che puntualizza: «L’industria italiana è in grado di sviluppare ancor più innovazione, che va nella direzione del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità indicati dall’Unione europea anche e soprattutto perché utilizza la sua creatività, le sue competenze, la sua capacità di essere un interlocutore avanzato, innovativo e moderno rispetto a tutte le tematiche». Per il settore sta arrivando anche la tendenza del mercato passando dal rigido al flessibile, in segmenti i prodotti come quelli per la cura della persona e per la detergenza domestica, con l’utilizzo del flessibile sia come packaging primario sia come soluzione per la ricarica di prodotto con notevoli vantaggi per la minore immissione di imballaggi e materiali nell’ambiente, come è imposto dal PPWR.
Il congresso di Roma si è concluso con l’invito al prossimo, nel 2025, che sarà anche l’anno del quarantennale di Giflex sul quale Palaveri afferma: «Anche se quarant’anni per un’associazione sono importanti e comportano il rischio di guardarsi indietro, per noi sono l’inizio di un cammino. Oggi abbiamo cento associati e siamo partiti da un numero molto, ma molto più piccolo. Continueremo come sempre a fare da “collante”, oltre che per le imprese, anche per le associazioni di filiera. In Italia siamo bravi, parecchio bravi a fare le cose, ma troppo spesso soli. E oggi non è più tempo di questo».

Termax TCLLX, la nuova carta termica di Lecta per applicazioni linerless

Lecta lancia il suo nuovo frontale termico progettato specificamente per la produzione di etichette linerless, una soluzione efficiente e di qualità, che riduce il volume degli scarti di processo.

Le etichette linerless, eliminando il liner o carta di supporto tradizionale, rappresentano un’importante opportunità per promuovere la riduzione degli sprechi nel settore dell’etichettatura. 

Le caratteristiche di questo frontale top-coated phenol-free (protetto e senza fenoli) con certificazione Ineris, sono particolarmente adatte per applicazioni di codici a barre e stampa variabile in segmenti logistici e di retail, offrendo qualità eccezionale ed elevata resistenza. 

Questo frontale termico, oltre a soddisfare i più alti standard di qualità, si distingue anche per la sua durabilità e la resistenza agli elementi ambientali. La sua capacità di resistere all’umidità e al grasso lo rende la scelta ideale per un’ampia varietà di applicazioni, dalla logistica e la vendita al dettaglio alle bilance dei supermercati e all’imballaggio alimentare, nonché per l’uso nei ristoranti a servizio rapido e negli ordini da asporto. 

Con questo lancio all’interno della sua gamma di carte termiche Termax, Lecta rafforza la sua offerta di soluzioni nel mercato delle carte speciali. 

Epson SD-10, nuovo piano di scansione automatico

Epson introduce il piano di lettura delle scale colore automatico e portatile che, in abbinamento con lo spettrofotometro SD-10, rende semplice e veloce la creazione di profili colore ICC per i vari supporti da stampare con i modelli Epson SureColor.

La soluzione è integrata con il RIP Epson Edge Print e il nuovo SW Epson Edge Color Light e permette la verifica e la calibrazione dell’output di stampa, per garantire una riproduzione dei colori precisa e corrispondente alle aspettative. L’insieme degli elementi costituisce una soluzione entry-level veloce e facile da usare per la gestione del colore, che offre vantaggi significativi sia agli utenti delle stampanti Epson di grande formato che ai rivenditori, che possono creare e fornire profili colore ai loro clienti garantendosi un ulteriore flusso di reddito.

Il piano di scansione accetta formati fino all’A3. La soluzione completa (piano e spettrofotometro) consente di creare un profilo ICC in soli 5 minuti eseguendo la scansione di 379 patch, anziché le 1.485 previste dalla normativa ECI2002 std (4 fogli A3).

In ultima analisi, e ciò che interessa principalmente alle aziende, si ottiene una combinazione di colori ottimale con un grande risparmio di tempo.

frontline.io, la piattaforma SaaS a drupa 2024

La piattaforma Saas, frontline.io, sarà protagonista di dimostrazioni dal vivo in realtà aumentata, realtà virtuale e realtà mista in occasione di drupa 2024, presso uno stand dedicato (Hall 9, stand D04) e in collaborazione con partner consolidati.

Una tecnologia che sta già rivoluzionando il modo in cui i produttori di hardware a livello globale offrono formazione tecnica e servizi di supporto, consentendo la creazione di gemelli digitali interattivi altamente accurati. L’uso di queste ricreazioni digitali dell’hardware risolve alcuni dei problemi più pressanti del settore in merito a efficienza operativa, assunzione e formazione. frontline.io elimina la necessità di raggiungere fisicamente ed esaminare i sistemi reali, migliorando la produttività, riducendo i costi e potenziando l’efficienza per operatori, tecnici e formatori.

HP (sotto il marchio xRServices), Landa Digital Printing e Bobst sono alcune tra le numerose società che offrono gemelli digitali dei loro prodotti sviluppati da fronline.io e mostreranno i vantaggi in termini di formazione e servizio ai clienti e potenziali clienti presso i propri stand a drupa (HP – Hall 17, stand A01 – A01-6, Landa Digital Printing – Hall 9, stand A33-1 – A33-9, Bobst – Hall 10, stand B30-1 – B30-3).

Grazie al sistema di diagnostica da remoto offerto da frontline.io, la durata delle chiamate si è ridotta e un numero inferiore di tecnici si reca alle sedi dei sistemi. Questa efficienza si traduce anche in un aumento di produttività per gli operatori di stampa, nonché risparmi in termini di tempo e costi per i produttori e i clienti.

Questi risparmi sono possibili poiché i gemelli digitali estremamente precisi di frontline.io possono essere creati in modo facile e veloce per qualsiasi numero di cataloghi di parti, flussi di lavoro di sistema, funzioni operative, procedure di risoluzione dei problemi e altro. I clienti possono quindi scegliere di abilitare l’interazione multipiattaforma (IOS, Android, PC, Windows, HoloLens, MagicLeap, Quest, ecc.), esperienze cross-reality (AR, VR o MR) e requisiti per casi di uso incrociato, portando tutti gli strumenti di formazione e assistenza in un’unica soluzione integrata.

 

Heidelberg, designato il nuovo Ceo Jürgen Otto

Jürgen Otto, 59 anni, diventerà il nuovo Ceo di Heidelberg dal 1° luglio 2024. Succede a Ludwin Monz, che lascerà la carica di presidente del consiglio di amministrazione su sua richiesta e in accordo con il Consiglio di Sorveglianza. Alla fine del 30 giugno 2024 Monz lascerà il consiglio di amministrazione di Heidelberg. Il Consiglio di Sorveglianza ha deliberato in tal senso il 19 aprile scorso.

«Siamo molto dispiaciuti per la decisione di Ludwin Monz di lasciare Heidelberg» dichiara il presidente del Consiglio di Sorveglianza, Martin Sonnenschein. «Ha fatto avanzare in modo decisivo la nostra azienda dal punto di vista strategico e operativo, rafforzando così le nostre basi in un contesto di mercato difficile. Con Jürgen Otto stiamo acquisendo un leader comprovato. Con la sua esperienza e la sua rete, continueremo a preparare costantemente Heidelberg per il futuro, ad aumentare la redditività e a rafforzare ulteriormente la nostra significativa competenza tecnologica nel settore della stampa e del packaging e oltre».

«È stato un vero piacere lavorare presso Heidelberg» afferma Monz. «Vorrei ringraziare il consiglio di sorveglianza, il management e tutti i dipendenti dell’azienda per la loro buona collaborazione».

Otto porta con sé decenni di esperienza nell’orientamento sostenibile di grandi aziende industriali, integrati negli ultimi anni dall’esperienza nel campo della gestione del turnaround. Guardando al suo prossimo ruolo, Otto commenta: «Heidelberg è un’icona dell’industria tedesca con qualità dei prodotti e competenza nel servizio apprezzata in tutto il mondo. Non vedo l’ora di entrare a farne parte e di lavorare insieme al team dirigenziale di Tania von der Goltz e David Schmedding e a tutti i dipendenti per un futuro di successo per l’azienda».

Nella riunione del 19 aprile scorso, il Consiglio di sorveglianza di Heidelberg ha ampliato anche il proprio Consiglio di amministrazione: David Schmedding, precedentemente responsabile delle vendite, entrerà a far parte del consiglio di amministrazione come nuovo membro. A partire dal primo luglio il consiglio di amministrazione sarà quindi composto da Jürgen Otto in qualità di amministratore delegato, Tania von der Goltz in qualità di direttore finanziario e David Schmedding in qualità di direttore vendite e servizi. «Grazie alle sue precedenti posizioni dirigenziali nell’azienda, David Schmedding è un esperto residente di Heidelberg» commenta Sonnenschein. «Con la sua nomina nel consiglio di amministrazione, porremo un vantaggio maggiore attenzione nel convincere i nostri clienti con prodotti e servizi innovativi e di alta qualità e nel migliorare le loro prestazioni in futuro». «Desidero ringraziare tutti per la fiducia che hanno riposto in me e attendo con ansia il compito di contribuire a plasmare Heidelberg come membro del consiglio di amministrazione nel suo percorso futuro e di svilupparla ulteriormente nel interessi dei nostri clienti» aggiunge Schmedding.

International Paper annuncia l’accordo per l’acquisizione di DS Smith

International Paper e DS Smith hanno annunciato di aver raggiunto un accordo per creare un vero e proprio leader globale nelle soluzioni di imballaggio sostenibile.

Il gruppo americano International Paper ha annunciato un’offerta per l’acquisto della britannica DS Smith per 5,8 miliardi di sterline, circa 6,8 miliardi di euro , accettata dal consiglio di amministrazione della società.

“L’unione con DS Smith è un passo logico nella strategia di IP di guidare una crescita redditizia rafforzando la nostra attività di imballaggio globale”, ha dichiarato Mark S. Sutton, presidente e CEO di IP. “DS Smith è un leader nelle soluzioni di imballaggio con un’ampia presenza in Europa, che completa le capacità di IP e accelererà la crescita attraverso l’innovazione e la sostenibilità. Siamo certi che questa combinazione porterà un valore significativo per i nostri dipendenti, clienti e azionisti”.

Il Ceo di DS Smith, Miles Roberts, ha dichiarato: “La combinazione con IP rappresenta un’opportunità interessante per creare un protagonista internazionale nelle soluzioni di imballaggio sostenibile, ben posizionato in mercati interessanti e in crescita in Europa e Nord America. Unisce due attività mirate e complementari. DS Smith è cresciuta in modo significativo grazie al rapporto con i clienti, all’attenzione per l’innovazione, alla qualità degli imballaggi e agli elevati livelli di servizio. In un panorama dinamico di imballaggi sostenibili, la combinazione migliorerà la nostra proposta globale, creerà opportunità e creerà valore per gli azionisti che potranno continuare a investire pienamente in un’attività così entusiasmante. Sono orgoglioso di tutti i risultati raggiunti da DS Smith fino ad oggi e sono sicuro che l’azienda continuerà a prosperare come parte di un gruppo combinato con IP”.

Debutto europeo per Flora X20 powered by Ricoh

Sviluppata in collaborazione con Flora in seguito ad un accordo di partnership avviato lo scorso anno, la nuova soluzione ibrida UV Flora X20 powered by Ricoh offre flessibilità e versatilità ai professionisti della comunicazione visiva e al settore sign & display.

Grazie alle teste di stampa Ricoh GEN6 a goccia variabile, al software RIP ColorGATE e ai profili ICC, Flora X20 UV può stampare su supporti rigidi e flessibili fino a due metri di larghezza e 5,1 cm di spessore, tra cui striscioni in PVC, vinile e pannelli rigidi.

Angelo Mandelli, Senior Product & Business Development Manager, Large Format & Flatbed EMEA Product Marketing, Ricoh Graphic Communications Group, afferma: “Flora X20 UV è stata sviluppata per rispondere alle richieste di un mercato sempre più alla ricerca di soluzioni flessibili e versatili per applicazioni indoor e outdoor. Questa soluzione si aggiunge alla nostra offerta completa che include sistemi a foglio, inkjet ad alta velocità, large format, textile e software. Il nostro portfolio è in costante espansione per mettere a disposizione dei nostri clienti soluzioni grande formato flessibili e veloci, in grado di rispondere alle esigenze del settore delle arti grafiche, dell’arredamento e di quello industrial”.

Seriset, prima installazione italiana di P5 500 in versione D4

È Seriset a mettere a segno la prima installazione italiana di Durst P5 500 in versione D4, la roll to roll in formato superwide con luce fino a 5,2 metri equipaggiata con l’esclusiva tecnologia P5 Double 4 che consente di installare una seconda fila di teste di stampa CMYK, raddoppiando la produttività. Arrivata fine gennaio, ma già operativa a pieno regime presso la sede di Serravalle, nel cuore della Repubblica di San Marino, P5 500 D4 si affianca a un’altra ammiraglia della famiglia Durst, Rho 500 R, potenziando il reparto produttivo di Seriset dedicato alla stampa digitale di grande formato.

In Seriset la stampante P5 500 D4 è destinata alla decorazione di supporti flessibili quali banner e tessuti, ma anche di materiali industriali per la realizzazione di pannelli di comando, pulsantiere e componenti per videogiochi, assicurando performance ancora più elevate in termini di qualità e produttività. L’obiettivo è quello di rispondere in maniera sempre più efficiente alle richieste di una clientela che spazia dal settore industriale al mondo degli allestitori, passando per il comparto del retail e della grande distribuzione.

Nata nel 1975 come serigrafia tradizionale specializzata nella produzione di targhe, negli anni Seriset ha ampliato la propria attività, introducendo progressivamente la tecnologia di stampa digitale, offrendo al settore industriale, principale core business dell’azienda, una gamma di servizi e prodotti più ampia. Successivamente, il campo d’azione è stato esteso anche in ambito visual, con un focus particolare su allestimenti, prodotti per la comunicazione e grafiche per il punto vendita. “Siamo una delle prime aziende in Italia a produrre targhe in digitale”, racconta con orgoglio il titolare Francesco Cardelli, che spiega come l’implementazione della stampa digitale sia stata una naturale evoluzione, dettata da un innato spirito innovativo e dalla volontà di anticipare le esigenze dei clienti in un mercato in costante trasformazione. Oggi le due anime di Seriset convivono sinergicamente, permettendo all’azienda di offrire un servizio a 360°, particolarmente apprezzato dalla clientela industriale, anche oltre i confini nazionali. Attualmente, i settori di riferimento comprendono il comparto del legno, del vetro, del confezionamento e del marmo, per i quali Seriset esporta i propri prodotti fino in Cina.

La scelta di potenziare il parco macchine con P5 500 D4 è senz’altro frutto della positiva esperienza già avuta con il brand altoatesino in occasione dell’acquisto della prima roll to roll, avvenuto 5 anni fa. “Già allora abbiamo avuto modo di apprezzare l’affidabilità e la serietà del team Durst, sin dalle fasi di scelta della macchina e successivamente nell’assistenza post-vendita”, spiega Cardelli. “Caratteristiche imprescindibili per noi di Seriset, che investiamo solo in macchinari top di gamma. Inoltre, la visita presso la sede di Durst a Bressanone, dove abbiamo potuto vedere la stampante in funzione, ha confermato ulteriormente la solidità della nostra scelta”. Ma il legame con Durst ha origini ancora più lontane. “Da appassionato di fotografia ed ex alunno di un istituto d’arte, sin da giovane ho apprezzato la qualità degli ingranditori Durst e da allora ho sempre seguito con interesse l’evoluzione nel mondo della stampa digitale, in attesa del momento giusto per inserire queste tecnologie anche in Seriset”, aggiunge. Tra i plus più apprezzati della nuova P5 500 D4, già messa alla prova in termini di qualità e produttività, anche il nuovo software proprietario Durst Workflow per la gestione del flusso di lavoro. “Sin dai primi giorni, il feedback dei nostri operatori è stato estremamente positivo e stiamo valutando di implementarlo anche su Rho 500 R per automatizzare ulteriormente la produzione”, conclude Cardelli.

Giflex, il nuovo approccio del flessibile

Quali sono le prospettive per l’imballaggio flessibile e quali gli sviluppi che il comparto sta già portando avanti? Se ne parla in questi giorni a Roma in occasione del Congresso annuale di Giflex. Intanto, incontrando la stampa, il gruppo ha spiegato la propria Roadmap per la Sostenibilità 2030.

Il tradizionale congresso annuale di Giflex quest’anno è dedicato a “Flessibile, un packaging da raccontare”.

Un appuntamento che ormai va al di là della consuetudine, divenuto piuttosto l’occasione per fare il punto di importanti cambiamenti che stanno interessando in questi anni il mondo del packaging flessibile – ma non solo – e che richiedono un continuo aggiornamento.

La loro stringente attualità si lega agli obiettivi ambiziosi ma altrettanto necessari che la società odierna è chiamata a porsi e che si intrecciano ai temi cardine della lotta al cambiamento climatico e dello sviluppo sostenibile.

Pensare al fine vita

Nell’arco di pochi anni la prospettiva delle aziende è cambiata e, se sinora avevano sviluppato imballaggi guardando alle finalità di protezione e salvaguardia del prodotto, d’ora in poi lo sguardo dovrà andare anche oltre e considerare – già in fase di progettazione – anche al loro fine vita. Dunque un imballo che sia, dice Alberto Palaveri, presidente di Giflex, non solo «“performante” sullo scaffale di un supermercato», come è sempre avvenuto, ma «anche in un impianto di riciclo, meccanico o chimico che sia».

Come ha spiegato lo scorso 10 aprile, in occasione dell’incontro con la stampa di settore che anticipa l’evento romano, «progettare il packaging del futuro significa partire dal suo fine vita, per questo diventerà sempre più strategico fare ricorso, nella progettazione, al “design thinking” per realizzare imballi con caratteristiche che diano al riciclatore la possibilità di valorizzarli».

Con questo scopo l’industria dell’imballaggio flessibile ha tracciato una propria Roadmap per la Sostenibilità 2030, «anno a partire dal quale tutti gli imballaggi dovranno essere progettati in funzione del loro fine vita».

Le linee guida di LCA

L’approccio che le aziende devono adottare, senza dubbio, dovrà essere scientifico. A tale scopo il Gruppo imballaggio flessibile, attraverso il lavoro dei propri Comitati Tecnici, ha sviluppato le prime linee guida di LCA(Life Cycle Assessment), per produrre valutazioni, appunto, di analisi del ciclo di vita che siano ripetibili, confrontabili e supportate da dati scientifici. Le linee guida, che sono state elaborate in maniera specifica per l’imballaggio flessibile, vengono presentate al congresso di Roma.

È un lavoro importante che non si esaurisce però con la pubblicazione del documento ma prosegue con una nuova impegnativa fase, quella della costituzione di una banca dati che raccolga tutte le informazioni e i dati necessari per il calcolo di LCA dell’intera catena di fornitura del flessibile.

Accanto al lavoro di Giflex e dei suoi Comitati, Palaveri ricorda anche la R&S che le aziende del comparto portano avanti e che, dice, «va nella direzione di sviluppare strutture semplificate o monomateriale» per realizzare i nuovi imballaggi flessibili. E porta l’esempio delle poliolefine, sulle quali «esistono crescenti possibilità di avere materiali stampabili con tecnologie tradizionali ad altissima barriera grazie all’utilizzo di lacche e metallizzazioni trasparenti».

«La sfida che ci attende è quella di un grande cambiamento e di un ripensamento delle strutture di packaging» interviene Andrea Cassinari, coordinatore dei Comitati Giflex. Occorre ripensare le tecnologie del packaging, grazie anche all’aiuto della chimica che offre un’ampia opportunità di selezione delle materie prime. La parola chiave, dice, è circolarità. «Come cambiare il packaging in questa prospettiva è sicuramente qualcosa di nuovo, di complesso e di molto dinamico». E le linee guida sono state pensate esattamente per calare i calcoli e le misure per l’analisi LCA, già previste dall’applicazione delle norme ISO, all’interno della realtà del flessibile, che è molto eterogenea.

L’approccio dovrà essere olistico, spiega Cassinari, si dovranno pensare nuovi cicli produttivi, trasformare delle aziende e i loro processi, e trovare soluzioni verso la circolarità.

«Occorre studiare con la filiera nuovi packaging, nuovi coating e nuovi film che siano pensati già in fase di progettazione perché siano riciclabili» dice. «E cambieranno anche le tecnologie, le macchine da stampa, i software, le tecnologie con cui facciamo trasformazione. Mentre, contemporaneamente, ogni materiale troverà la propria declinazione».

L’obiettivo, spiega il coordinatore, è arrivare a un packaging che, terminato il proprio uso, sia un prodotto che possa essere valorizzato per una seconda vita e la sfida ultima sarà trovare il modo di utilizzare per il packging nel food contact un materiale che possa garantire la sicurezza alimentare ma che sia un prodotto riciclato.

Occasione PPWR

L’industria del packaging è stata fortemente coinvolta anche nella modifica del Regolamento UE PPWR(packaging and packaging waste regulation), il cui voto definitivo è previsto tra il 22 e il 25 aprile. Un regolamento che ha messo in difficoltà il settore dell’imballaggio nel suo complesso e ha avuto un lungo e faticoso iter di approvazione. «Dopo un anno e mezzo di negoziazioni» dice Palaveri «ne usciamo con un documento complicato, a volte di difficile interpretazione, in attesa degli atti delegati».

Tuttavia il nuovo Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio offre anche una nuova prospettiva di sviluppo per il flessibile. Proprio in ottemperanza a quanto imposto dal regolamento che mira a ridurre l’immissione sul mercato di imballaggi, si sta assistendo a quella che Palaveri definisce «un’interessante tendenza di mercato» ovvero un passaggio alla preferenza per il packaging flessibile «sia come packaging primario sia come soluzione per la ricarica di prodotto» per alcuni prodotti, come quelli per la cura della persona e per la pulizia domestica. «Il nostro pack è leggero, anzi leggerissimo, incide per il 2-3% circa sul peso totale del prodotto, utilizziamo poco materiale e produciamo poca CO2» dice il presidente. «In altre parole, la riduzione dell’immesso al consumo con noi si può!».

Giflex ha fatto molto per spiegare alla politica cosa fosse l’imballaggio flessibile e quale fosse il suo valore, trovando anche ascolto e apertura a immaginare percorsi di azione. L’imballaggio flessibile italiano, del resto, con tutta la filiera a monte e a valle, rappresenta un’eccellenza a livello mondiale, non a caso il 50% della produzione italiana di imballaggi flessibili è destinata all’export. «Nel mondo del packaging l’Italia ha una filiera con competenze e soluzioni per la risoluzione di problemi e con opportunità per il futuro che pochi altri Paesi hanno in maniera così completa». Ecco che le opportunità che proprio il nuovo regolamento stimola possono trovare in Italia terreno fertile.

Grifal, un ecosistema digitale per packaging in cArtù

Fabio Gritti, Ceo di Grifal Spa

Con una logica open source il gruppo bergamasco quotato all’EGM di Borsa Italiana sta sviluppando con l’Università di Pavia un ecosistema digitale basato sulla condivisione dei dati fra i diversi attori della filiera per distribuire, con efficacia crescente e minimo impatto ambientale, il suo innovativo cartone ondulato ecosostenibile e ammortizzante.

Sviluppare un ecosistema digitale dove, grazie alla condivisione dei dati di produzione tra i vari attori della filiera, si potrà trasformare su larga scala cArtù, il cartone ondulato innovativo ed ecosostenibile del Gruppo Grifal, in grado di sostituire le plastiche negli imballaggi garantendo uguale resistenza e protezione.

Il progetto, avviato in partnership con l’I.T.I.R. (Institute for Transformative Innovation Research) dell’Università di Pavia, prevede di sviluppare una rete guidata dall’azienda di Cologno al Serio tra scatolifici, aziende del packaging e aziende con linee di confezionamento interne (ad es. logistiche, e-commerce, ecc.) che potranno automatizzare gli ordinativi di materia prima, ovvero cArtù, ricevere il materiale e lavorarlo con le nuove macchine Grifal più adatte alle loro esigenze.

“Stiamo creando – afferma Fabio Gritti, Ceo di Grifal Spa, quotata all’Euronext Growth Milan – una specie di super cervellone, una piattaforma in grado di acquisire da tutti gli attori in gioco un flusso continuo di numeri e informazioni per costruire un grande database dinamico che consente di fornire indicazioni attraverso modelli computazionali di machine learning. Riusciremo, per esempio, a stimare con precisione qual è l’impronta di carbonio generata da un imballaggio, grazie al sistema certificato da terze parti di cui disponiamo. Potremo poi prevedere una serie di caratteristiche tecniche che lo renderanno più durevole e a individuare quali tipi di imballaggio sono più utilizzati e convenienti nel mercato di riferimento del cliente. Si tratta, in sintesi, di un ecosistema completo dove la condivisione dei dati alimenta sempre di più la precisione delle stime fornite dal la piattaforma. Le nostre macchine – conclude Gritti – integrate con il sistema diventeranno uno strumento prezioso a disposizione dei clienti e degli utilizzatori finali, che potranno dialogare costantemente con loro. A settembre sarà pronto il progetto pilota”.

“L’I.T.I.R. dell’Università di Pavia – spiega il professor Flavio Ceravolo, docente di Metodologia della Ricerca Sociale e Metodi di ricerca digitali – ha disegnato per Grifal questo nuovo modello di produzione come una sorta di “district as a service” che consente l’accesso da remoto alle informazioni e l’utilizzo di un bene fisico e virtuale. Infatti, gli attori che partecipano alla collaborazione potranno essere potenzialmente ovunque e tutti collegati in rete, una vera e propria evoluzione digitale locale. L’Università di Pavia avrà diversi ruoli, tra cui quello di introdurre Grifal e cArtù come case study nei corsi accademici, intercettando anche potenziali nuovi accessi ad ulteriori finanziamenti, pubblici e no, a supporto del progetto, oltre a quello di coordinatore tra Grifal e le aziende partner del progetto nello sviluppo dei software”.