Le proiezioni del mercato del gas sono chiare e, nonostante una certa volatilità, danno indicazioni univoche: i già elevatissimi prezzi attuali, che si collocano per la materia prima intorno a 1,20 euro al metro cubo, sono destinati a crescere a gennaio di un ulteriore 40%. Quanto accaduto, con l’ennesima impennata dovuta alla contrazione dei flussi provenienti dal gasdotto Yamal-Europe, è una drammatica conferma di un quadro che era comunque già evidente. Per comprendere la gravità della situazione si consideri che prima dell’inizio di questa galoppata dei prezzi la quotazione del gas era intorno ai 20 centesimi al metro cubo, vale a dire 8 volte di meno di quanto si prospetta nelle prossime settimane.
Soprattutto nel caso dell’Italia, che produce gran parte dell’energia elettrica in centrali a gas, il prezzo elevato di quest’ultimo trascina con sé anche la bolletta dell’elettricità, per la quale si registra un incremento di prezzo da gennaio ad oggi del 130% nonostante l’intervento del governo sugli oneri di sistema.
“La situazione è sempre più pericolosa per le aziende ad alta intensità di consumi energetici – commenta con preoccupazione il presidente di Confindustria Toscana Nord Daniele Matteini -. Il rischio che corriamo, e che già oggi è una pesante realtà, è di una ripresa senza margini o addirittura in perdita. In sostanza le aziende lavorano sì, anche intensamente, ma rischiano di avere bilanci con segno meno anche consistente, fino al punto di destabilizzarle in maniera irreversibile. Una prospettiva di eccezionale gravità, non sempre ben capita dalle autorità e dall’opinione pubblica. Le soluzioni sono impervie, ma imprescindibili: in prospettiva assumere la questione energetica come priorità assoluta nelle politiche del paese, aumentando il più possibile la produzione nazionale di gas e gestendo la necessaria transizione ecologica con pragmatismo ed efficienza. Fondamentale anche il ruolo, economico e politico, dell’Unione Europea nelle sue relazioni con i paesi produttori. Nel frattempo comunque occorre tamponare l’emergenza in atto alleggerendo il più possibile la pressione sulle aziende ad alta l’intensità di consumi energetici e in generale su tutte le aziende, che, praticamente senza eccezione, risentono negativamente di questa situazione. Un obiettivo, questo, a cui possono concorrere sia i decisori pubblici, ad esempio mettendo a disposizione gli stoccaggi di riserva del gas e riducendo le imposizioni fiscali a carico delle aziende sull’energia elettrica, sia il contesto economico, dalle filiere in cui le aziende si collocano al mercato, che in molti casi non potrà non farsi carico di questi aggravi. Occorre insomma che gli aumenti siano assorbiti in maniera diffusa e non concentrati sulle sole aziende energivore, pena gravi dissesti dell’intero sistema produttivo e della situazione occupazionale”.