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Preparare le immagini per la stampa in grande formato

Nonostante si stampi da decine di anni su dimensioni notevoli (come il billboard da 6×3) e le fotocamere di fascia intermedia abbiano ormai ampia disponibilità di megapixel, persiste stranamente una sorta di aura nebulosa su come si prepari un’immagine “grande”. Se fate una ricerca sul web con “stampa grande formato risoluzione” troverete molteplici ricette e/o indicazioni più o meno approssimative su quanta risoluzione serva, in qualche caso troverete anche delle tabelle e dei calcolatori online che suggeriscono quanto grande potete stampare un’immagine in funzione dei suoi pixel, oltre a ricette fantasiose sugli ingrandimenti “un po’ alla volta, non in un unico passaggio”.

Nei risultati delle prime 10 pagine di Google ho trovato alcune indicazioni condivisibili, generalmente non motivate, con indicazioni numeriche parzialmente divergenti e, talvolta, contrastanti.

Chi è tenuto a sapere il corretto modus operandi?

Per quanto le figure coinvolte in un processo grafico abbiano competenze trasversali e spesso sovrapponibili la risposta a questa domanda è una sola: il grafico. Non il fotografo, non lo stampatore, quindi inutile rimbalzarsi le responsabilità.

  1. Il fotografo

Il fotografo scatta, fornisce immagini tipicamente digitali con una certa quantità di pixel, oltre che con una certa “qualità” in base all’attrezzatura utilizzata (di certo in questa sede non rischiamo di confondere ottiche professionali con quelle dei cellulari, anche se i megapixel dovessero essere numericamente uguali).

Dopo un breve confronto con il grafico, nome generico per definire qui chi si deve occupare del trattamento dell’immagine prima della messa in stampa, si dovrà stabilire se l’attrezzatura di partenza sarà sufficiente o si dovrà noleggiare qualcosa di più performante (e quindi più costoso). A quel punto il suo unico compito è scattare al suo meglio con quello che ha, che utilizzi stack di scatti in multifocale, o super risoluzione, o obiettivi fissi anziché zoom ecc… non è interessante in questa sede.

Da quando molti fotografi hanno acquisito esperienza nella stampa fine-art non è raro incontrare professionisti molto competenti nella gestione della risoluzione e dei diversi supporti di stampa, ma tendo a considerarlo un piacevole valore aggiunto piuttosto che un argomento proprio della loro professione di base.

  1. Il grafico

Il grafico deve sapere cosa ha chiesto al fotografo: se la richiesta riguarda materiale utile per stampe di 10 metri di larghezza da mettere in un supermercato a 3 metri di altezza deve essere in grado di chiedere il giusto numero di megapixel, per non trovarsi poi con troppe (in questo caso quasi mai) o troppo poche informazioni (cioè pixel) al momento dell’esportazione. Chiedere poi uno scatto ad alta definizione, o ad alta risoluzione, di per sé non significa nulla, senza correlazione tra dimensioni fisiche e risoluzione è una richiesta inconsistente.

Gli algoritmi di interpolazione possono giocare un ruolo chiave per fornire ulteriore dettaglio fittizio, ma plausibile, così come diventano fondamentali un uso consapevole delle tecniche di aumento della nitidezza e di rimozione/aggiunta del disturbo.

Consideriamo anche che il fotografo può essere sostituito dai vari siti che vendono immagini, e al momento dell’acquisto le dimensioni in pixel delle immagini fanno la differenza tra qualcosa di adatto, di sovrabbondante (e magari più costoso) oppure di troppo piccolo.

  1. Lo stampatore

Una volta concordati i supporti e la qualità di riproduzione, generalmente alta ormai ovunque con valori intorno ai 1200 DPI anche su supporti telati, l’immagine viene stampata. Naturalmente il tipo di supporto e la tecnologia usati possono condizionare sensibilmente la definizione finale: un telo traforato per l’impalcatura di un restauro è molto distante da una carta fotografica, ma in linea di massima se l’immagine di partenza è ben costruita e “adatta” nessuno avrà da ridire.

Lo stampatore generalmente suggerisce un valore generico di risoluzione di output, giusto per dare un’indicazione di massima per andare “sul sicuro”, ma non avendo alcune informazioni come quelle che stiamo per analizzare sono valori indicativi molto generici. Del resto chi stampa non è tenuto ad avere interesse in cosa viene stampato, deve solo farlo al meglio in base a ciò che riceve.

Cosa significa “adatta”?

Se usassimo la famosa risoluzione di 300 PPI (non DPI) per una stampa di 10 metri avremmo già una base di oltre 110.000 pixel, tanto per capirci il “vecchio” formato PSD è limitato a 30.000 x 30.000 pixel. Nessuno si lamenterebbe della qualità finale naturalmente, ma avremmo un file pesantissimo che richiede tempi di elaborazione lunghi, con conseguente aumento di costi ed altri problemi a cascata.

Il processo per creare l’immagine “adatta” è sintetizzabile quindi nelle righe seguenti:

  1. Da che distanza si dovrà vedere la stampa?

Questa è la prima e fondamentale domanda da cui tutto dipende, l’abbiamo trattata qualche anno fa, nel numero di giugno 2017, per cui non tornerò sui motivi fisiologici e percettivi per spiegare i calcoli che seguono, mi limiterò a utilizzarli per arrivare al risultato ottimale.

Se l’osservatore si trova a 1 metro dalla stampa la risoluzione di riferimento è intorno agli 80 PPI (a mezzo metro è 160, poco sopra ai 25 cm arriviamo ai ben noti 300 PPI), il valore può essere aumentato se sono presenti molti dettagli sottili, così come può essere anche inferiore se c’è ampia prevalenza di basse frequenze (tipo un panorama a campo lungo). Nonostante questo valore tenga conto del potere risolvente dell’occhio umano medio si può considerare anche che ad una risoluzione superiore aumenti il dettaglio percepito (anche se non viene risolto).

Sul pregevole Printhandbook di Andy Brown si propongono risoluzioni soglia di addirittura 50 ppi per i billboard da 6 metri per 3, e per quanto abbia apprezzato la qualità del manabile trovo questo valore un po’ eccessivo di un buon 30% (per anni si è usato il criterio della scala 1:10 a 300 ppi con successiva proiezione in fase di stampa, alla fine risultava una risoluzione di 30 ppi a dimensione reale, e nessuno si è mai lamentato).

  1. Cosa è rappresentato nella stampa?

Il soggetto rappresentato è un fattore sensibile, immaginiamo di avere un close up di un fiore: si tratta di un soggetto che l’occhio osserva naturalmente da vicino, il dettaglio viene inconsciamente cercato visto che la nostra esperienza passata è ricca di situazioni in cui abbiamo raccolto informazioni di dettaglio di un soggetto simile. Più il soggetto ripreso è piccolo nella realtà e maggiore sarà la propensione all’aspettativa di dettaglio.

Al contrario un panorama, per quanto anch’esso non privo di microdettaglio, lo si osserva da distante con il sistema visivo rilassato, quindi la ricerca del dettaglio diventa secondaria.

In base a questi esempi si potrà prediligere un’immagine di partenza con più megapixel, se possibile, oppure un trattamento di sharpening (aumento della nitidezza) adatto e localizzato.

  1. Come sono i contrasti? Ci sono simboli grafici noti?

È una logica prosecuzione del punto precedente. Se i microdettagli sono molto contrastati (ad esempio ciocche di capelli neri su fondo bianco) la percezione di eventuali seghettature sarà molto probabile, al contrario nessuno ci farà caso se i valori tonali sono piuttosto vicini.

Anche la presenza di testi attiva un processo di codifica visiva diverso, per questo un testo nero su fondo bianco con contorni seghettati disturba di più di una corteccia d’albero con lo stesso artefatto (ma generalmente i testi sono trattati come vettori quindi il problema non si dovrebbe porre).

Superfluo ma utile ribadire che la percezione del dettaglio è quasi interamente veicolata dai chiaroscuri, la componente cromatica è trascurabile.

  1. Su quale supporto?

Cercare il dettaglio del pelo nell’uovo su una tela traforata da impalcatura suona quantomeno poco sensato, risoluzioni di 15 PPI si sono confermate efficaci e snelle, e pensate che il pixel in questo caso risulta poco più piccolo di 2 mm…

Ad ogni modo l’ottimizzazione dello sharpening passa anche per questo aspetto, e rispetto alle dimensioni di stampa medio-piccole il raggio delle maschere di contrasto sale notevolmente.

  1. Disturbo? No, anzi, prego

Una volta ingrandita e ottimizzata l’immagine è consigliabile applicarci una patina di disturbo controllato che confonda alcuni artefatti e dia la sensazione di maggior dettaglio ed omogeneità. Mentre gli artefatti di interpolazione vengono facilmente percepiti come artificiali il disturbo stile “grana pellicola” è percettivamente ben tollerato, e quando applicato sull’immagine già grande il risultato è notevole. 

Casi limite

In quei casi in cui la stampa di grandi dimensioni preveda distanza di visualizzazioni analoghe ad una rivista, ad esempio una piantina di un parco divertimenti, oppure riproduzioni d’arte come un’Ultima cena di Leonardo, dove il dettaglio della singola giostra o della singola pennellata è pressoché obbligatorio, non ci sono molte scappatoie: servono risoluzioni elevate (quindi anche 250/300 PPI) a dimensioni reali. Per un formato standard industriale da 3×2 m arriviamo a quasi 800 megapixel per la situazione ottimale, si può fare? Si, certo. Serve sempre? Naturalmente no.

Questo dettaglio è proposto in 4 risoluzioni diverse, da sinistra a destra rispettivamente: 300, 200, 100 e 50 ppi. Nella seconda riga ogni immagine è stata interpolata e riportata alla risoluzione di 300 ppi, generando quindi pixel fittizi comunque più piccoli di quelli in prima riga.

La visione consigliata per la prima colonna è poco meno di 30 cm, per la seconda circa 40 cm, per la terza circa 80 cm, per la quarta circa 1,6 metri. Le considerazioni da fare riguardano sia quanto può essere soddisfacente la versione con il corretto rapporto risoluzione/distanza, sia quanto non siano più distinguibili i dettagli della prima e della seconda immagine via via ci si allontana.

Fedrigoni Top Award 2021, la rosa dei finalisti

Dalle scatole da tè più raffinate alle confezioni per profumi, alle shopper bag d’alta moda; dalle etichette – piccole opere d’arte – per birre artigianali, vini e liquori pregiati, conserve gourmet, a preziosi cataloghi illustrati, calendari, libri d’arte, accessori coordinati per aziende. È questo il mondo di chi usa materiali Fedrigoni e da qui provengono i 17 progetti finalisti pronti all’ultimo confronto per aggiudicarsi, a Parigi in giugno, il Fedrigoni Top Award 2021.

Brasile, Cina, Portogallo, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Germania, Repubblica Ceca e Italia sono i Paesi che secondo la giuria di esperti hanno espresso le realizzazioni più interessanti e innovative, giunte alla fase conclusiva del contest internazionale che Fedrigoni organizza ormai da dodici edizioni per dare risalto alle migliori creazioni con carte speciali a marchio Fedrigoni e Fabriano e con materiali adesivi per etichette Manter e Ritrama, stampate con qualsiasi tecnica, nel packaging, nella grafica, nella corporate communication e nell’editoria.

Il Fedrigoni Top Award è una grande vetrina di idee capace di ispirare e suggerire nuove visioni, un’occasione per celebrare il valore della carta nell’ideazione e realizzazione di ogni genere di prodotto. Sono oltre 1.000 le proposte pervenute, realizzate da luglio 2018 a fine giugno 2020, e una giuria composta come ogni anno da un panel di esperti internazionali noti nel mondo del design e della comunicazione le ha accuratamente valutate in relazione all’originalità del progetto grafico, alla funzionalità, all’accuratezza di esecuzione e all’uso appropriato delle carte Fedrigoni.

Questa la rosa dei finalisti, che in ognuna delle quattro categorie in gara concorreranno all’assegnazione del Fedrigoni Top Award 2021: “Big Kitchen” (Lisbona, Portogallo), “Book Key Cucine” (Verona, Italia), “Golden Moments” (Leeds, Gran Bretagna), “La Lepre e la Luna” (Montecassiano, Italia), “No Man’s Space / Capricorn Vermouth Dry & Eclipse Gin” (Spoltore, Italia), “Buche & Gran Buche” (Barcellona, Spagna), “Album di Famiglia / Last Colony Gin” (Spoltore, Italia), “Birrificio sul mare” (Camaiore, Italia), “Quinta dos Montes – Parcela Nº5” (Covas do Douro, Portogallo), “Armatore, lo Zingaro del Mare” (Salerno, Italia), “Basao Gongfu Teabag Series Packaging – Archive Box” (Xiamen, Cina), “Jordi’s Chocolate” (Hradec Kr, Repubblica Ceca), “No One can Fail – Écrire son Nom (Upo 3)” (Le Havre, Francia), “Moholy / Nagy and the New Typography” (Mainz, Germania), “Phoenix Art from the Artist Xue Song” (Shanghai, Cina), “Tupigrafia Magazine Issue #12” (San Paolo, Brasile), “L’Architecture des Arbres” (Parigi, Francia).

La selezione si è svolta a novembre nelle splendide sale dell’Archivio Storico di Fedrigoni, a Verona, che per alcuni giorni ha ospitato la giuria nel rispetto di tutte le necessarie precauzioni per la salute dovute all’imperversare del Covid-19. Per permettere di vagliare nei tempi previsti tutti i progetti presentati, il parterre di esperti già annunciato è stato ampliato con l’ingresso di Martina Corradi, marketing manager per HP Indigo e PWP per l’Italia; Silvana Amato, docente ed esperta di grafica editoriale e Roger Botti, direttore generale e creativo di Robilant Associati. Nomi di consolidata preparazione ed esperienza che sono andati ad aggiungersi a quelli di Simon Esterson, presidente della giuria e art director di Pulp e della testata inglese Eye Magazine;  Frank Goehrhardt di Taschen, che si occupa con successo di editoria di alta gamma; Min Wang, docente alla China Central Academy of Fine Arts; Ivan Bell di Stranger & Stranger, esperto mondiale di etichette per il settore spirits e Juan Mantilla di KIKO Milano, specialista in design e produzione di packaging cosmetico.

Ma un primo vincitore c’è già, ed è il progetto più votato online dalla community di appassionati e operatori del settore che hanno potuto visionare i lavori sulla pagina dedicata del sito di Fedrigoni: si tratta di “ITsocase”, nella categoria packaging, realizzato da I’M comunicazione per Teorema Mediterraneo su carta Fedrigoni Arena White Smooth 450gr, che ha ottenuto 815 “like”, praticamente un plebiscito (4,7 su 5). Ancora visibile online, in attesa di essere esposta insieme agli altri vincitori, “ITsocase” è la “valigia” per un viaggio sensoriale in Italia, che comincia dai colori dei paesaggi mediterranei e delle maioliche amalfitane, passa per la matericità della carta che ne fa risaltare la brillantezza e arriva al gusto e alla prelibatezza dei prodotti gastronomici.

“Ogni anno si conferma l’ottimo livello qualitativo, tecnico e artistico dei progetti che la giuria è chiamata a valutare – commenta Chiara Medioli Fedrigoni, group marketing&sustainability director di Gruppo Fedrigoni -. Poter vedere così tante realizzazioni contemporaneamente ci permette di avere una visione più chiara di cosa accade nel mondo della grafica e del design: ad esempio, l’editoria riemerge con forza, esiste un ricco filone di proposte per i packaging del tè in Asia e in Australia, le etichette per vini e superalcolici diventano sempre più incisive. E’ un grande orgoglio per noi dare matericità e contribuire alla realizzazione di progetti capaci di fondere cultura, sperimentazione, creatività e nuove tecnologie, riaffermando il ruolo della carta come strumento di design”. La conferma viene dalla scelta dei prodotti: per le etichette autoadesive, molto sofisticate, si è spesso preferita la carta Tintoretto, ma non sono mancati volumi preziosi e cataloghi d’arte stampati su Arena, la linea di carta e cartoncini bianchi e avoriati lanciata da Fedrigoni a settembre, mentre molte proposte di packaging si sono orientate su Materica, una carta più tattile e morbida, in colori naturali.

Sono quattro infatti le categorie in gara: Publishing, dedicata a Gianfranco Fedrigoni, che comprende libri, volumi, riviste, edizioni d’arte; Corporate Identity, che va dai cataloghi di prodotti e servizi ai coordinati grafici, dai calendari ai diari, agli inviti/auguri, alla regalistica di cartotecnica; Packaging, ovvero scatole, astucci, shopping bag, espositori da banco, e Labels, riservata alle etichette per alimenti di alta gamma ma soprattutto per vini e liquori, che quest’anno hanno fatto la parte del leone con un terzo dei lavori pervenuti, a conferma di un segmento in forte espansione in cui Fedrigoni è al primo posto in Europa.

I vincitori saranno proclamati a giugno, nel corso di una cerimonia a Parigi dove le creazioni saranno esposte in una mostra: questo è l’obiettivo a cui sta lavorando Fedrigoni, nella speranza che la diffusione della pandemia lo consenta. Oltre a ricevere un trofeo simbolico, le realizzazioni più interessanti saranno inserite in un catalogo distribuito in tutto il mondo. La giuria si riserva inoltre di attribuire un riconoscimento speciale al miglior lavoro che in ogni categoria sia realizzato con una tecnologia a stampa digitale HP Indigo, patrocinatore del premio insieme a Fedrigoni.

Guida alle teste inkjet: i consigli degli esperti

Teste inkjet

Le teste di stampa sono il cuore tecnologico di ogni sistema di stampa inkjet da cui dipende velocità di stampa, risoluzione e affidabilità. Conoscere come sono fatte e come lavorano può aiutare a compiere scelte di acquisto adeguate alle proprie esigenze.

La produzione di una testa di stampa è il risultato di continue ricerche su materiali, schemi costruttivi, metodi di scrittura basati sulla esigenza di far passare un fluido da depositare su un supporto.

In realtà qualche anno fa scoprii che le teste di stampa sono anche utilizzate per il dosaggio degli elementi nella produzione di medicinali e anni prima avevo partecipato alla preparazione di una macchina che stampava miele su biscotti con alcune teste inkjet (unica occasione in cui un errore di stampa era comunque buono…).

A parte le più originali applicazioni, procediamo nella razionalizzazione delle informazioni riguardanti le teste, perché, anche se di solito la scelta di una macchina digitale non consente di sceglierle, conoscere le loro caratteristiche tecniche aiuterà a capire le specifiche peculiarità.

Le tecnologie di base: continuous jet, cj

La tecnologia CJ nel settore della stampa è utilizzata per l’alta velocità di emissione delle gocce e la lunga vita delle teste. È molto usata a bordo delle macchine da stampa per la marcatura di produzione e allo stesso scopo per stampare direttamente su oggetti.

Per applicazioni oltre la marcatura, è Kodak che ha sviluppato questa modalità di espulsione che può essere a grandezza fissa o variabile. L’emissione a grandezza fissa (binaria) determina la grandezza della goccia e la stende in modo uniforme su tutto il supporto.

Simile a un retino offset FM, è utilizzato per realizzare stampe di prodotti da visionare a distanza molto ravvicinata, per cui si usano gocce molto fini come nel caso delle stampe fotografiche e museali, o da grande distanza, per cui si usano gocce molto ampie come le maxi-affissioni e i rivestimenti dei veicoli.

La scelta è dettata dal tipo di prodotto che si vuole stampare.

La stampa con emissione a goccia variabile (a scala di grigi) decide che dimensione dovrà avere la goccia sulla base della rasterizzazione del file e delle relative aree da stampare e avviene in multidrop.

La goccia espulsa dalla testa è sempre la stessa, ma possono essere messe più gocce in rapida sequenza affinché cadendo si uniscano realizzando una goccia più ampia. Simile a un retino offset AM le grandezze sono comunque fisse e indicate nelle specifiche della testa e sono ideali per la realizzazione di stampati commerciali, affissioni in punti vendita, prodotti di packaging e in generale un ottimo compromesso tra velocità di produzione e qualità (percepita) dello stampato.


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Green Deal, un’opportunità per la sostenibilità e la circolarità della filiera della carta e della grafica

Il prossimo 11 febbraio la Federazione Carta e Grafica terrà un secondo appuntamento informativo e formativo sui temi della sostenibilità e dell’economia circolare focalizzato sulle opportunità del #greendeal per le imprese e gli operatori della filiera e utile per fare il punto sul Progetto di Federazione che sta coinvolgendo e coinvolgerà le aziende associate.

Introdurrà i lavori Girolamo Marchi, presidente di Federazione Carta Grafica, che presenterà – in anteprima – “La politica di sostenibilità della Federazione”, una sorta di Manifesto/Carta dei Valori che riassume gli impegni in termini dipolitica ambientale sociale e di governance della Federazione Carta Grafica. La Federazione opera infatti per rendere raggiungibili e concrete le strategie della Commissione europea sulla neutralità climatica al 2050, nonché per agevolare il perseguimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs) in coerenza con i propri valori e mission.

Proprio per accompagnare le aziende nel perseguimento di questi obiettivi nasce, nel 2020, il Progetto Sostenibilità, che ha l’obiettivo di dare a tutte le imprese della Federazione (Assocarta, Assografici, Acimga) gli strumenti per una rendicontazione ambientale, sociale ed economica che risponda agli standard internazionali e alle aspettative sia di clienti e fornitori sia della finanza privata e pubblica.

Interverranno: Valeria Fazio – senior manager BDO Italia, divisione sustainable innovation – sulle novità del contesto europeo in termini di regolamentazione e obiettivi di decarbonizzazione; Mara Cossu – ricercatrice capo settore sviluppo sostenibile del Ministero Ambiente – traccerà sulle linee portanti della strategia nazionale di sviluppo sostenibile e gli impegni necessari al raggiungimento degli SDGs; .Arianna Lovera – senior programme officer del Forum Finanza Sostenibile – che illustrerà alle aziende gli strumenti finanziari – già disponibili sul mercato – per la sostenibilità dell’impresa, ricordando la rilevanza dei criteri Envirornment, Social and Governace (ESG) per il settore finanziario.

Elisabetta Bottazzoli, project manager Federazione Carta Grafica, farà infine il punto sullo stato di avanzamento del Progetto Sostenibilità ed Economia Circolare destinato a tutte per le aziende associate.

L’evento, organizzato con il sostegno di UniSalute e in collaborazione di BDO e Forum per la Finanza Sostenibile, sarà moderato dal direttore di Federazione Carta Grafica, Andrea Briganti.

 

 

Offitek entra nella famiglia Liyu

L’azienda fiorentina potenzia il core business della stampa industriale e diventa rivenditore ufficiale Liyu per il Centro Italia.

Liyu continua a crescere sul mercato italiano, proseguendo nel percorso di potenziamento della rete distributiva che assicura massima capillarità territoriale. Una strategia che porta il brand a siglare accordi solo con realtà d’eccellenza sul territorio nazionale, come Offitek, che a partire da febbraio 2021 sarà rivenditore autorizzato di tutta la gamma Liyu per il Centro Italia. 

Con sede nel cuore del distretto fiorentino della moda, il core business di Offitek è da sempre la distribuzione delle migliori soluzioni di stampa digitale industriale, con un focus particolare per il direct to garment. È infatti importatore diretto in esclusiva nazionale dei sistemi DTG e Compress, ai quali si affiancano da poco più di un anno anche i prestigiosi sistemi Kornit Digital per la stampa diretta su tessuto.

“I nostri clienti sono industrie tessili, case di moda, ma anche stampatori, tipografi, vetrai, pelletterie, concerie, serigrafie, agenzie di pubblicità e marketing, arredatori, carrozzerie, insegnisti, allestitori”, spiega Marco Pieri, socio fondatore di Offitek. “Realtà che da sempre affianchiamo sin dalla fase di pre-analisi delle specifiche esigenze produttive, guidandole quindi nella scelta e nell’installazione delle migliori tecnologie. Inoltre, in molte occasioni collaboriamo direttamente alla prototipazione e alla messa a punto di linee produttive per progetti applicativi originali”. 

Proprio per rispondere a questo tipo di esigenze, Offitek era alla ricerca di un partner che assicurasse la stessa versatilità e ampiezza di gamma offerta per il settore della stampa su tessuto anche per il mondo del Sign&Graphics. Dopo un’attenta analisi del mercato e dopo averne testato prestazioni e affidabilità nello showroom di Peschiera Borromeo, la scelta è stata Liyu. Il brand propone attualmente la gamma di soluzioni per applicazioni industriali più completa del mercato. Ingegnerizzati per specifici settori verticali, questi sistemi consentono di stampare direttamente su un’ampia varietà di materiali rispondendo efficacemente alle esigenze di molteplici settori, dalla visual communication alla serigrafia, dalla cartotecnica ai diversi comparti dell’industria.

“Con l’ingresso di Liyu nel nostro portfolio intendiamo sviluppare nuovi mercati, puntando a settori come quello dell’arredamento, del vetro e del legno, e a consolidare la presenza nel Sign”, aggiunge Massimo Gori, Direttore Commerciale di Offitek. “Inoltre, le tecnologie Liyu per la stampa su tessuto ci permettono di completare l’offerta anche in questo settore, con interessanti soluzioni per la lavorazione industriale di materiali tessili in bobina”.

L’ampliamento di gamma e la nuova partnership con Liyu rientrano nel piano di sviluppo industriale di Offitek, che entro fine marzo completerà il trasferimento nella nuova sede di Signa, alle porte di Firenze. Qui, disporrà di uno showroom con superficie triplicata dove è prevista l’installazione anche di 3 sistemi Liyu che saranno a disposizione dei clienti di Offitek per test e demo personalizzate. Offitek garantirà inoltre ai clienti Liyu anche i servizi di formazione, training degli operatori, supporto post vendita e assistenza tecnica.

Speciale Inkjet: download gratis!

Lo sappiamo tutti: la tecnologia inkjet oggi non sembra avere più limiti applicativi. Non solo si può stampare su un numero elevato di supporti, dalla carta alla lamiera, dal legno al vetro, su tessuto e su una vasta gamma di materie plastiche, ma si può personalizzare ogni copia e, sempre sulla stessa macchina, raggiungere velocità di produzione degne della stampa tradizionale.

Stiamo parlando della tecnologia delle teste di stampa, della formulazione degli inchiostri e della interazione con il supporto, dei tempi di asciugatura, del pre-trattamento a cui deve essere spesso sottoposto il materiale su cui si andrà a stampare, della fase dell’allestimento e dell’integrazione con il “mondo della stampa convenzionale”.

Forse la parola “segreti” non è proprio corretta; sarebbe meglio dire che molti aspetti devono continuare a essere oggetto di attenta analisi, studio e sperimentazione da parte di chi ha deciso di integrare una soluzione inkjet all’interno della propria azienda come pure da chi quotidianamente la utilizza in produzione.

Prendiamo le teste di stampa inkjet; come sappiamo queste sono il cuore tecnologico di ogni sistema. Da esse dipendono fattori fondamentali come la velocità di stampa, la qualità dell’immagine e l’affidabilità del sistema (nel senso di semplicità di manutenzione e elevata produttività).

Per gli inchiostri è importante conoscere tutte le tipologie tra cui scegliere – UV, solvente, eco-solvente, Latex, base acqua, sublimatici – e adottare accorgimenti utili a evitare problemi inaspettati.

Anche gli ambienti di produzione che accoglieranno le macchine devono essere predisposti; la temperatura dichiarata dai fornitori delle macchine deve essere garantita in modo che le caratteristiche di fluidità e viscosità degli inchiostri siano mantenute e le gocce siano espulse in modo corretto dalle teste di stampa.

Sul fronte della preparazione del file vanno invece considerati gli aspetti di integrazione con il workflow di prestampa soprattutto in quegli ambienti dove coesistono diverse tecnologie di stampa. Questa situazione oggi si presenta come una delle più diffuse, per cui è molto probabile che una commessa pensata per una stampa tradizionale venga invece dirottata su una stampante inkjet allo scopo di ottimizzare tempi e costi di produzione. Fondamentale diventa perciò la possibilità di far “migrare” il file da un sistema all’altro in modo rapido e con garanzia di qualità e consistenza cromatica.

Proprio perché quando si parla di inkjet i temi sul tavolo sono molti, in questo numero Italia Grafica ha dato ampio spazio a questa tecnologia. Articoli tecnici, interviste a fornitori e utilizzatori: siamo certi possano offrire un quadro completo della situazione e aiutare chi deve quotidianamente prendere decisioni di acquisto come pure chi deve gestire la produzione.


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Con Canon alla scoperta delle nuove opportunità della stampa

L’ultimo Insight Report di Canon è intitolato “Creating Customer Value”è stato pubblicato oggi e illustra le nuove richieste degli acquirenti di servizi di stampa così come le opportunità inesplorate per gli stampatori e i centri stampa aziendali.

La ricerca svela che riescono a soddisfare le esigenze dei loro clienti meno del 20% dei casi. In un momento in cui i brand sentono maggiormente la pressione imposta dal raggiungimento dei loro obiettivi, a causa di budget marketing statici se non in calo, l’80% ha dichiarato che vorrebbe ricevere proposte più creative dai PSP, che rappresentino delle evidenti opportunità per la stampa.

Concentrati sul calcolo per dimostrare il ritorno degli investimenti (ROI) delle loro campagne, i brand sono passati al digitale, investendo il 46% del loro budget nel marketing online. Tuttavia sono consapevoli dei limiti imposti da campagne esclusivamente digitali e che i consumatori accusano stanchezza nei confronti del digitale. La buona notizia è che quasi tutti i partecipanti al sondaggio (97%) hanno dichiarato di utilizzare la stampa insieme ad altri metodi di marketing e quasi la metà di loro (45%) spesso ricorre a campagne integrate che prevedono anche la stampa. Attualmente il 33% del budget per il marketing è dedicato alla stampa, considerata come il caposaldo delle campagne dei brand. Inoltre, il 30% degli acquirenti di servizi di comunicazione ritiene che, nei prossimi anni, la stampa continuerà a essere importante o lo diventerà ancora di più.

I brand devono essere in grado di giustificare i loro investimenti nelle strategie di marketing e quando verificano l’efficienza della stampa, sono felici di incrementarne la quota nel loro mix di comunicazione. Infatti, il 40% degli esperti di marketing intervistati ha dichiarato che investirebbero maggiormente nella stampa se i loro budget fossero raddoppiati. Tuttavia, uno su tre ha confessato che non è possibile misurare le loro campagne di stampa.

Per contro, l’86% ha riconosciuto che accetterebbe volentieri consigli su come associare la stampa a soluzioni digitali, adottando così un approccio più integrato. Inoltre, la ricerca rivela che l’80% dei brand chiede ai fornitori di servizi di stampa di proporre idee nuove e innovative, per poter sviluppare campagne che arrivino direttamente al loro pubblico di riferimento. Infatti, Il 75% dei brand manager intervistati auspica che i PSP offrano maggiore consulenza.

In virtù di queste notizie positive, i professionisti della stampa di successo saranno coloro che adotteranno nuovi metodi per interagire con i loro clienti, condividendo la loro esperienza e trasformandosi in consulenti. Le opportunità commerciali inesplorate sono evidenti: si può sfruttare un potenziale maggiore che si spinge oltre la stampa cambiando le dinamiche dei rapporti con i clienti per assicurare la crescita.

In merito ai risultati dell’Insight Report, Mathew Faulkner, EMEA senior marketing manager del segmento Professional Print di Canon Europe, ha dichiarato: “Dalla ricerca si evince chiaramente che mentre i PSP stanno gettando le basi nel modo giusto, esiste un divario tra ciò che i clienti vogliono e ciò che ricevono. Sfruttando le interazioni con i vari clienti come opportunità per dimostrare la loro competenza, i PSP possono ampliare il loro potenziale e aiutare i brand a ottimizzare l’efficienza della stampa. Hanno anche l’opportunità di comprovare il ROI della stampa, dimostrando che è possibile ricorrervi per massimizzare l’impegno o provocare una reazione nelle varie fasi del rapporto con il cliente. Collaborando maggiormente con i loro clienti e comprendendo meglio le loro campagne di marketing, i professionisti della stampa possono cogliere più opportunità e dimostrare ai clienti come i loro servizi possono essere integrati nelle campagne dei brand di più ampio respiro. Di conseguenza, i PSP non si limiteranno solo a evadere gli ordini ma fidelizzeranno il cliente spingendosi oltre la mera consulenza.”

Basandosi su questo approfondimento, Canon ha sviluppato il suo programma di punta Canon Ascent Programme per supportare la formazione di PSP e centri stampa aziendali nell’ottica di instaurare rapporti lavorativi più stretti con i loro clienti, facendo evolvere la loro offerta e i loro servizi a valore. Il programma è incentrato su come aiutare i clienti ad avere successo, oggi e domani, e intende offrire spunti di ispirazione con approfondimenti, workshop, consulenze e condivisione delle conoscenze all’interno della community. Gestito dagli esperti del settore e dagli specialisti di Canon, il programma offre aiuto a varie funzioni aziendali, tra cui vendite e marketing, e offre preziose analisi su un’ampia gamma di tendenze e argomenti. Ad esempio, i clienti possono ricevere indicazioni su come raggiungere una crescita proficua grazie al marketing strategico, consigli su come sviluppare una value proposition vincente o una consulenza individuale su come adottare business plan a lungo termine e di successo.

 

Per maggiori informazioni sull’ultimo Insight Report di Canon:

https://www.canon.it/business/insights/articles/insight-report-2020/

Per maggiori informazioni sull’Ascent Programm:

https://www.canon.it/business/services/canon-ascent-programme/

Digigraph innova i propri servizi di stampa con Canon

Digigraph, affermata realtà di servizi e di comunicazione con sede a Parma, ha scelto la tecnologia di stampa Canon per incrementare la capacità produttiva e soddisfare le crescenti esigenze dei clienti, con l’obiettivo di consolidarne di nuovi.

Operativa da 25 anni e con un team di 12 collaboratori, Digigraph nasce come agenzia specializzata nella stampa e nella grafica per poi evolvere nel corso del tempo, per offrire nuovi servizi in area marketing, web, supporti multimediali (CD-Rom), Print On Demand, imbustamento e spedizione

Nella provincia di Parma, Digigraph è all’avanguardia nella stampa digitale piccolo formato con una particolare attenzione all’innovazione tecnologica e costanti investimenti per evolvere i propri servizi e fornire ai propri clienti tecniche di stampa alternative e sempre attuali.

Tra le numerose applicazioni realizzate quali brochure, locandine, cataloghi, calendari, presentazioni di progetti e molto altro, spicca la manualistica in bianco e nero e il servizio in outsourcing di produzione dei manuali per l’industria manifatturiera, che rappresenta per Digigraph una percentuale importante del proprio fatturato.

A seguito dell’acquisizione di nuove commesse di manuali d’istruzione, Digigraph ha deciso di investire in nuova tecnologia per aumentare la produttività e ampliare il proprio mercato di riferimento. E la soluzione Canon VarioPRINT 6180 TITAN si è rivelata ben presto la scelta migliore come sottolineato da Filippo Pozzoli, titolare di Digigraph: “Siamo arrivati ad un punto in cui necessariamente dovevamo fare un salto tecnologico per la produzione della manualistica. Canon ci ha guidati nella scelta mostrandoci con mano le potenzialità di questo sistema in grado di gestire il forte incremento dei volumi e le scadenze sempre più stringenti”.

Canon VarioPRINT 6180 TITAN con finitore in linea BLM 550, top di gamma del portfolio altissimo volume bianco e nero del brand, ha permesso a Digigraph di incrementare la capacità produttiva della manualistica su vari formati e soddisfare di conseguenza le crescenti richieste dei clienti già acquisiti e di quelli nuovi.

L’elevata qualità, affidabilità e versatilità del sistema di stampa Canon in abbinamento con un sistema di finitura altamente performante, permette a Digigraph di arrivare a un prodotto finito di qualità in pochissimo tempo, combinando in un’unica soluzione i 4 processi di pinzatura, piegatura, formatura del dorso e taglio.

I clienti di Digigraph possono contare su una rapida evasione delle commesse con la certezza di avere prodotti di altissima qualità. Allo stesso tempo, Digigraph riesce ad essere più efficiente con una ricaduta significativa sulla produttività.

“Siamo orgogliosi che una realtà così all’avanguardia e attenta all’innovazione come Digigraph abbia scelto la nostra tecnologia per offrire le migliori soluzioni di stampa ai propri clienti. Ciò è un’ulteriore conferma dell’impegno costante che mettiamo nel promuovere l’innovazione in questo settore e per anticipare le esigenze dei nostri clienti in continua evoluzione”, ha commentato Massimo Panato, professional print & LFP director in Canon Italia. “Il sistema VarioPRINT 6180 TITAN è una stampante monocromatica che offre un elevato livello di velocità, qualità e affidabilità. Siamo fieri che grazie alla tecnologia Canon i nostri clienti possano dare una marcia in più alla loro offerta di servizi di stampa avanzati”.

Printing Communication and Safety entra nel mercato delle etichette con Gallus

Printing Communication and Safety ha installato una macchina per etichette Gallus ECS 340 a 7 colori flexo con lamina a freddo. Un investimento che nasce dalla richiesta dei clienti, ma che guarda a un futuro prossimo più ampio. Da qui la scelta di una macchina di comprovata affidabilità – oltre 600 installazioni nel mondo – con una configurazione importante e flessibile, per creare un ventaglio di possibili applicazioni che vadano oltre quelle di sicuro utilizzo – come etichette multipagina, ad alto tasso di personalizzazione, per applicazione automatica o manuale.

Printing Communication and Safety è attiva dal 1988, fondata a Portici (NA) dalla famiglia Borrelli con l’obiettivo di affiancare aziende, enti e professionisti nelle ricerca costante di soluzioni innovative e peculiari. Nel corso degli anni l’azienda ha portato avanti investimenti mirati, costruendo un ricco parco macchine che le permette di gestire sia alte che basse tirature, componendo poi gli stampati a punto metallico o brossura fresata. Fra i prodotti in portafoglio ci sono brochure, cataloghi, manufatti fresati in legno, plexy e forex, decorazioni vetrine, personalizzazioni di automezzi e molto altro. E da oggi anche etichette, grazie alla dodicesima installazione Gallus del 2020.

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Le tre strade di Xerox

Xerox ha annunciato cambiamenti organizzativi per sostenere le tre nuove attività – software, finanziamento e innovazione – finalizzati a fornire una crescita a lungo termine della multinazionale.

“Ci stiamo concentrando sull’ampliamento della nostra offerta per raggiungere meglio i clienti e guidare una crescita organica”, ha detto il vice chairman e Ceo di Xerox John Visentin. “La nostra strategia di costituire tre business separati entro il 2022 ci consentirà di essere ancora più attenti, flessibili e rilevanti mentre prepariamo il futuro di Xerox”.

Nicole Torraco è stata promossa a senior vice president, Xerox Financial Services (XFS), per guidare il business dei finanziamenti, riportando direttamente a Visentin. XFS diventerà un business di soluzioni di finanziamento globale, volto ad espandere la propria base di clienti, creando opportunità di cross-selling e aiutando a sostenere le piccole e medie imprese.

Sam Waicberg guiderà il settore Software come vice president e general manager di Digital Services, riportando al presidente e Chief Operations Officer Steve Bandrowczak. La nuova attività Software include CareAR così come DocuShare, un sistema di gestione dei contenuti basato sul cloud; XMPie, una società di software di marketing multicanale; e FreeFlow, software di automazione per la stampa di produzione.

Naresh Shanker, senior vice president and chief technology officer, guiderà il PARC Innovation business. Xerox ha investito nelle nuove tecnologie con numerosi prodotti tra cui il metallo liquido 3D e prodotti per lo IoT industriale, generando un forte interesse commerciale.

L’executive vice president Louie Pastor è stato nominato chief corporate development officer e chief legal officer. Oltre a supervisionare l’organizzazione legale di Xerox, Pastor guiderà un nuovo gruppo di sviluppo responsabile della ricerca, valutazione di opportunità di M&A e degli investimenti.