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Il marketing va in video

Screenshot del sito Vimeo

Una delle tendenze emergenti e in crescita da diversi anni, è l’utilizzo di video all’interno delle piattaforme social e digitali come strumento di marketing. Post, trasmissioni in diretta streaming e storie: tutto tramite video.

I video tutorial sono molto efficaci nel nostro settore e più in generale nel B2B. Diverse ricerche di mercato concordano su questo punto: Forbes mette in evidenza come nell’anno 2018, oltre 500 milioni di video vengono visti su YouTube ogni mese, i siti web che ospitano video hanno un tempo di lettura dell’88% maggiore rispetto a quelli che non lo fanno, e che gli utenti ricordano il 95% in più di un messaggio di un video trasmesso via social network, rispetto a un messaggio testuale.

Recentemente oltre alle piattaforme storiche come YouTube, Vimeo e Wistia, si è affiancata una nuova piattaforma creata da Instagram, IGTV (Instagram TV): e quest’ultima piattaforma si presenta al mercato dichiarando di essere quella più efficace nell’intercettare l’utente che usa il dispositivo mobile.

Come una strategia di videomarketing nei canali digitali può aiutare gli obiettivi di impresa

Le piattaforme di videomarketing possono essere un canale estremamente efficace per due scopi: acquisire nuovi clienti e incrementare il lifetime value dei clienti esistenti.

Sebbene questi due scopi siano ambiziosi, dobbiamo ricordarci che i servizi di videomarketing non sono strumenti semplici e devono per questo motivo essere integrati nella strategia di prodotto.

Lanciarsi a semplicismi e a comportamenti di impulso nell’aprire un canale video comporta nel migliore dei casi a risultati nulli: sono per questo motivo nettamente contrario all’apertura di un canale video di impulso «perché è così facile», «perché è gratis», «perché è di tendenza». Chi segue questa strada di solito va incontro a un fallimento di quel canale oltre a un danno di immagine subdolo e impercettibile, ma purtroppo molto potente: quello di far percepire la comunicazione dell’impresa come improvvisata, e lasciata al caso con canali desolati e abbandonati a loro stessi.

Nel mio approccio consulenziale io ragiono insieme a imprenditori e manager sulla creazione di nuovi canali a condizione che essi diano risposte precise, esplicitate, manifeste e strategiche ai bisogni dei clienti e che siano in grado di comunicare e trasmettere i valori fondanti alla base dell’azienda: i canali video (così come ogni altra forma di canale) sono efficaci solo se riescono a comunicare il perchéesiste l’impresa, il perché dei suoi prodotti/servizi e qual è o quali sono i risultati attesi dai clienti target.

Il marketing (non solo il marketing digitale) è infatti basato nella seconda decade del XXI secolo sulla relazione con il cliente: non è un caso che l’80% della vendita avviene a monte e prima dell’appuntamento con il commerciale. E in questo 80% di tempo è protagonista attivo il cliente che autonomamente consulta il sito web aziendale, i canali social per capire se un prodotto/servizio è adatto a risolvere il suo specifico problema.

Ed esclusivamente nel momento in cui il cliente si rende conto che il tuo prodotto o la tua soluzione può risolvere il suo specifico problema, egli si attiva nel rendersi disponibile a un contatto commerciale o a una azione di acquisto.

Se fai una intervista alla tua forza vendita ti renderai conto di questo assunto: ovvero che i clienti sono molto più consapevoli del loro problema da risolvere e hanno un’idea (magari vaga, ma comunque ce l’hanno) di come i tuoi prodotti/servizi risolvono il loro problema: e che sempre più spesso lo affermano in modo chiaro e preciso al commerciale. Se così non fosse, significa che hai bisogno di incrementare l’efficacia delle tue campagne nello «scaldare le motivazioni dei tuoi clienti» e hai molte opportunità da sfruttare (che ancora non sfrutti).

Il ruolo delle social TV

I social network B2B e i canali video servono appunto a questo: a fornire risposte attraverso tutorial, esempi di uso, video informativi e talvolta anche di svago in modo tale da far percorrere loro un percorso incrementale di valore che li porti dal non acquisto all’acquisto per i nuovi clienti, e dall’acquisto al riacquisto per quelli esistenti.

Per questo motivo l’inserimento di un preciso canale social all’interno della strategia di marketing e commerciale ha una precisa funzione: mettere in evidenza al nuovo acquirente e a quello ricorrente il perché (ruolo e funzione) del prodotto/bene/servizio.

In secondo luogo, scaldare gli entusiasmi del cliente e portarlo a motivarsi mostrando come quel servizio sia utile a chi lo utilizza.

Se queste due condizioni sono realizzate, il lavoro dei commerciali sarà più produttivo ed efficace.

Posizionare il prodotto/servizio come risposta ai perché dei clienti

Le piattaforme video hanno il ruolo e la funzione di trasmettere dei contenuti anche in diretta, ma non solo. Sono quindi molto efficaci nello spiegare perché la nostra impresa è in grado di rispondere alle problematiche del nostro mercato e come lo risolveranno (mostrando l’approccio seguito).

Avere un canale video nel pubblicare i propri contenuti, è utile nel momento in cui creiamo una strategia adeguata per trasmettere conoscenza e valore sulla versatilità dei prodotti/servizi e servizi nel rispondere ai bisogni degli utenti.

Uno degli usi più efficaci di queste piattaforme nel nostro settore è quello dei tutorial e degli HowTo. I tutorial sono dei mini workshop che spiegano come usare un prodotto, o un servizio o una caratteristica di esso. Questa è la definizione di base di un tutorial.

Un tutorial efficace consiste nello spiegare un prodotto/servizio (o una caratteristica di esso) in modo da dare risposta al problema (la motivazione di base) che ha spinto un utente a decidere di acquistarlo oppure che spingerà un aspirante acquirente ad acquistarlo superando le remore pre-acquisto.

Le tre domande che ti devi fare per creare una strategia di video marketing efficace

Per essere efficaci su piattaforme come YouTube, Vimeo, IGTV o altro dobbiamo integrare questi potentissimi strumenti all’interno di una strategia. Per fare questo in questo articolo offro tre spunti sotto forma di domanda che – quando proverai a darne una risposta – ti aiuteranno a creare una strategia video efficace o ti aiuteranno a rendere ancora più efficace l’attuale strategia video sui prodotti.

Indipendentemente dal prezzo, hai ben chiaro il perché i tuoi clienti acquistano i tuoi prodotti? Perché proprio i tuoi e non quelli dei tuoi competitor?

Questa domanda è molto importante in quanto ti consente di definire in modo chiaro il perché il tuo prodotto/servizio ha una sua identità e si differenzia rispetto a quello dei competitor. Da questo punto di vista, la competizione sul prezzo diventa sterile se il tuo prodotto/servizio ha un ruolo e una funzione (un perché) ben definito e comunicato. Tutto questo va incluso e spiegato in ognuno dei tuoi video tutorial.

Vorrei sottolineare questo aspetto: non basta in un tutorial affermare che il tuo prodotto/servizio è efficace perché rispetto al mercato o ai competitor fa un’azione particolare: occorre invece affermarlo come tema ricorrente (quasi come un mantra) in ognuno dei tuoi tutorial e fornire dati, riscontri, cifre a riprova dell’affermazione.

Non stiamo tanto vendendo dei benefit: ma stiamo affermando un ruolo fondamentale e differenziante del nostro prodotto/servizio rispetto al mercato o ai concorrenti.

Hai presente e ben chiaro quali scopi hanno i tuoi clienti nell’usare il tuo prodotto? Hai presente gli scopi manifesti ovvero quelli che sono in grado di esprimere? Hai presente gli scopi latenti ovvero quelli che non sono in grado di esprimere?

Sapere come i tuoi clienti usano i tuoi prodotti/servizi è fondamentale: se non lo sai, non riesci a rispondere bene al perché i tuoi clienti li acquistano oppure li ricomprano. Se – al contrario – sai come i tuoi clienti usano i prodotti, in questo caso sei in grado di fare dei tutorial in grado di dare risposte a uno specifico uso particolare dei tuoi prodotti/servizi.

La risposta a queste domande ti consente di avere titoli e argomenti per i tuoi tutorial: quello che viene definito un piano editoriale. Una difficoltà che le imprese incontrano è che spesso chi si occupa di marketing non è in contatto diretto con il cliente finale e non è sempre in grado di conoscere in dettaglio cosa fanno, di cosa hanno bisogno e di quali dinamiche accadono nel contatto con i prodotti. Al contrario il settore vendite è ben consapevole di cosa hanno bisogno gli utenti finali.

Per questo motivo fare un audit interno agli agenti commerciali, e per audit intendo una vera e propria intervista nella quale si chiede al singolo commerciale come usano i clienti il proprio prodotto/servizio,diventa una fase fondamentale per rispondere a questa domanda. Questo audit lo si può incrociare anche con domande e questionari online direttamente ai clienti. Esistono diverse piattaforme anche gratuite come ad esempio moduli google (che fino a poco tempo fa erano chiamati Google Forms) oppure altri servizi e piattaforme a pagamento finalizzate a fare questionari anonimi. Queste piattaforme ti consentono di fare dei moduli anonimi da inserire nel tuo sito, oppure da trasmettere nelle tue comunicazioni e-mail o newsletter.

Ricordati che esistono due tipologie di scopi a cui i tuoi prodotti/servizi danno una risposta ai clienti. Gli scopi manifesti e gli scopi latenti. Gli scopi manifesti sono quegli scopi che i clienti percepiscono e che determinano una vendita di prodotto. Un esempio è il classico: ho assunto un nuovo dipendente e devo comprare dei biglietti da visita. Gli scopi latenti sono quegli scopi che i clienti non percepiscono e che determinano una vendita di prodotto. Per fare un esempio aggiungiamo uno scopo all’esempio precedente: ho assunto un nuovo dipendente e devo comprare dei biglietti da visita, ma non mi rendo conto di preferire sempre il mio attuale fornitore perché usa dei materiali innovativi e particolari e mi mette sempre sul retro un codice QR collegato a una sezione fondamentale del mio sito web (come ad esempio iscrizione a newsletter, pagina dove siamo, e-commerce).

Spesso l’acquisto di un prodotto passa per motivazioni latenti rispetto a quelle manifeste: Henry Ford diceva spesso che se avesse dovuto chiedere ai suoi clienti qual è il prodotto fondamentale per agevolare il loro problema di spostamenti, essi non avrebbero risposto «un carro a motore», ma avrebbero preferito di gran lunga dire: una biada più energetica per i miei cavalli. Eppure egli ha letto un bisogno latente per creare la Ford Motor Company! E in questo senso l’audit con una funzione commerciale può dare risposte efficaci a tutto questo.

Hai presente i valori aggiunti che i tuoi prodotti/servizi possono dare alle domande precedenti?

Questa domanda può sembrare banale, ma invece è fondamentale per stabilire la reason-why alla base del bisogno di acquisto del prodotto/servizio. Le figure professionali che possono dare una risposta a questa domanda possono essere di due tipi: figure tecniche, ovvero il team che costruisce il prodotto, figure commerciali ovvero la persona che fa consulenza di vendita, oppure entrambe.

Rispondendo a questa domanda si hanno diversi benefit: in primo luogo si aumenta il lifetime value di un cliente esistente. I clienti esistenti infatti saranno sempre sensibilizzati sul perché il tuo prodotto/servizio è efficace e continueranno a scoprirne nuovi e inediti utilizzi. I tuoi prospect (aspiranti clienti) saranno invece sensibilizzati sul valore aggiunto dei tuoi prodotti rispetto a quelli dei competitor. La forza vendita avrà un ruolo, una visibilità e uno status incrementato in quanto verranno considerati dei facilitatori all’acquisto. Inoltre, se le figure professionali compariranno anche come protagonisti dei tuoi tutorial, passerà un messaggio di coesione tra i contenuti da loro trasmessi e le strategie aziendali.

A Viscom 2018 Ricoh costruisce il futuro della stampa

Presso lo stand di Ricoh a Viscom 2018 verranno proposte diverse aree di approfondimento: dalla visual communication alla stampa large format graphic arts e CAD, passando per la stampa personalizzata su capi d’abbigliamento. La fiera sarà l’occasione per annunciare al mercato due importanti accordi di distribuzione relativi alla gamma inkjet.

Per mostrare tutte le potenzialità delle tecnologie, Ricoh ospiterà i visitatori di Viscom 2018 in uno spazio la cui ambientazione ricrea un cantiere dove si costruisce il futuro della stampa. In particolare, seguendo un percorso suddiviso in differenti aree sarà possibile approfondire trend di mercato e applicazioni innovative.

Nell’area dello stand dedicata al large format, Ricoh presenterà in anteprima per il mercato italiano la nuova tecnologia proprietaria latex Ricoh Pro L5160 dedicata al mondo graphic art. A fianco di questa grande novità sarà disponibile Ricoh Pro T7210, soluzione per la stampa su materiali rigidi ideale per la visual communication e l’industrial decoration.

Ricoh completa la gamma grande formato presente a Viscom con la tecnologia GEL-Jet Ricoh MP CW2201SP per applicazioni CAD a colori e in bianco e nero. Questa soluzione è ideale per gli studi di architettura e di ingegneria, come anche la nuova applicazione integrata alle lavagne interattive Ricoh che verrà lanciata in anteprima a Viscom. Parte dell’offerta communication services, questa applicazione consente di ottimizzare la creazione e gestione dei file e lo storytelling di progetti, anche grazie alla possibilità di interfacciare la lavagna ad altre tecnologie come ad esempio monitor e videoproiettori.

Per quanto riguarda la stampa personalizzata su capi d’abbigliamento saranno a disposizione dei visitatori Ricoh Ri 100 e la soluzione high-end Ricoh Ri 6000 che permette di stampare su un’ampia gamma di capi colorati come t-shirts, felpe e borse.

Inoltre, Ricoh ha scelto l’importante palcoscenico di Viscom per annunciare al mercato due accordi di distribuzione entrambi relativi alla gamma inkjet.

Il primo riguarda la commercializzazione della soluzione Ricoh Ri 100 su tutto il territorio nazionale da parte di Fowa, azienda importante nella distribuzione di prodotti di stampa, fotografia ed elettronica di consumo. Per mostrare le potenzialità dell’accordo, presso lo stand Ricoh verrà installato un kiosk self-service mediante il quale i visitatori potranno stampare t-shirts personalizzate. Questa soluzione completa e integrata è ideale per punti vendita quali negozi di fotografia e di gadget che vogliono offrire ai propri clienti servizi innovativi.

Il secondo accordo interessa invece l’ambito visual e industrial decoration. Ricoh ha scelto Impresa Srl, azienda specializzata nella distribuzione di soluzioni large format per il Triveneto e l’Emilia Romagna, per proporre Ricoh Pro T7210 a un numero sempre più elevato di professionisti della stampa.

«Mediante questi accordi con aziende dalle competenze consolidate e con una forte presenza sul territorio – commenta Giorgio Bavuso, direttore commercial and industrial Printing di Ricoh Italia – abbiamo l’opportunità di ampliare ulteriormente il nostro mercato di riferimento in ambito DTG e large format. Un numero sempre maggiore di realtà potrà scoprire i vantaggi delle tecnologie Ricoh e trovare nuove opportunità di business».

È Bill Muir il nuovo CEO di EFI

Il consiglio di amministrazione di EFI ha nominato William (Bill) D. Muir come suo nuovo Chief Executive Officer. Muir è stato recentemente COO di Jabil, un’azienda di soluzioni di prodotto. La sua nomina sarà effettiva dal 15 ottobre 2018, quando entrerà a far parte del consiglio di amministrazione.

Muir è il successore di Guy Gecht, che ha informato il consiglio di amministrazione che avrebbe abbandonato il ruolo di CEO alla nomina del suo successore, come annunciato dall’azienda il 30 luglio 2018. Gecht continuerà a far parte del consiglio di amministrazione e sarà consulente del CEO.

«Bill porterà EFI al livello successivo», ha affermato Gecht. «A Jabil, la sua esperienza e competenze hanno incluso l’ampliamento di attività di diversi miliardi di dollari, con la guida dell’esecuzione e la definizione della direzione strategica dell’azienda. Questo background lo ha preparato in modo esclusivo a essere il nuovo CEO di EFI. Sono impaziente di vederlo guidare EFI e di aiutarlo in ogni modo desideri mentre l’azienda continua a guidare la trasformazione digitale di settori a livello globale in cui sono importanti immagini piene di colori».

«Sono grato e onorato di entrare a far parte del team di EFI», ha affermato Muir. «Ho sviluppato una profonda ammirazione per la sua cultura di coraggiosa innovazione, leadership tecnica e attenzione al cliente e sono impaziente di poter guidare il nostro eccezionale team e di lavorare per soddisfare i nostri clienti e creare valore per gli azionisti».

Meglio vivere che condividere, il lato social di Photoshop CC

La finestra di dialogo di Esporta come è molto fornita di parametri ed è pensata per la gestione di contributi grafici multipli, nel caso di condivisioni singole affrontato nel presente articolo è chiaramente sovradimensionato, ma a una prima occhiata già se ne intravedono le elevate potenzialità.

L’ultimo aggiornamento di Photoshop CC ha introdotto una nuova funzione pensata per semplificare un’operazione che ormai molti di noi compiono ripetutamente: la condivisione di file.

Non si tratta di un’esigenza poi così nuova, tuttavia il proliferare dei cosiddetti social ha intensificato la frequenza con cui lo dobbiamo (o vogliamo) fare, e a questo contesto si aggiungono quelli più tradizionali come l’invio di file al cliente per l’approvazione, al service di stampa per la messa in produzione ecc… La funzione in sé non è niente di rivoluzionario, ma crea un buon pretesto per affrontare la tematica.

Condividi

Ci sono due modi per accedere a questo comando (Figura 1):

Figura 1. La funzione di condivisione è accessibile indifferentemente da menu oppure dalla barra delle opzioni, in alto a sinistra

1 Attraverso il menu File>Condividi…

2 Cliccando sull’icona a destra nella Barra delle Opzioni.

Entrambe aprono la medesima finestra, graficamente diversa a seconda del sistema operativo utilizzato, ma coerente nei contenuti proposti (Figura 2).

Figura 2. Le finestre di dialogo per la condivisione sono graficamente diverse tra Win e OSX, nella sostanza sono comunque analoghe e presentano tutti i servizi social/ messaggistica/mail integrati col sistema dell’utente

Come è facile intuire tutti i servizi proposti in elenco coincidono con quelli a cui si è regolarmente iscritti e che si sono integrati con il sistema, dal più comune utilizzo Mail passiamo quindi ai vari sistemi di messaggistica proprietari, Facebook, Twitter ecc… Le opzioni di esportazione sono pressoché inesistenti in quanto non si può scegliere né il formato di salvataggio, che risulta essere sempre JPG, né il fattore di compressione/qualità, che dai test fatti risulta coincidere all’incirca a un fattore 8/12 se passate dal comando Salva con nome, oppure intorno al 60/100 se utilizzate Salva per web.
L’unica opzione che viene messa a disposizione riguarda l’eventuale riduzione dell’immagine originale a una dimensione limite di 1200 px sul lato più lungo (vince la logica di quale dei due lati soddisfa la condizione per primo, mantenendo naturalmente le proporzioni). Si tratta di impostazioni a mio avviso più che ragionevoli, con un ottimo compromesso qualità/peso per l’utilizzo a cui sono applicate, del resto tutti i social applicano già delle riduzioni automatiche sugli upload, a seconda delle dimensioni e del peso di ciò che gli carichiamo, e cavillare sui parametri di condivisione quando poi vengono snaturati da rielaborazioni successive fuori dal nostro controllo non avrebbe senso.

In qualche caso potrebbe essere offerta la possibilità di inserire un commento o una didascalia, come nella condivisione su Facebook o nelle Note ad esempio (Figura 3), ma essendo un sistema ottimizzato per eliminare i tempi tecnici in una condivisione rapida hanno giustamente ridotto all’osso le azioni per l’utente.

Figura 3. L’ultimo step del processo di condivisione è leggermente personalizzato a seconda del servizio social, si tratta comunque di pochissime opzioni

Condividi su Behance

Impossibile non fare caso alla voce di menu immediatamente successiva, anche perché presente da Photoshop CC2013 e successivamente «neutralizzata» in CC2015. Cosa si intende per «neutralizzata»? All’inizio consentiva di condividere un lavoro sulla nota piattaforma Behance, un’opzione pensata per incentivare la pubblicazione di work in progress, utili ad esempio per mostrare le fasi di sviluppo di un progetto in corso d’opera. Evidentemente non ha riscosso il successo sperato e dalla versione CC2015 rimanda semplicemente alla pagina principale Behance.net, senza scorciatoie speciali. Stando così le cose si poteva togliere direttamente… (ma in caso potete farlo anche voi in autonomia leggendo il Tip&Tricks di febbraio 2016 Personalizzare gli strumenti).

Alternative veloci

Pensate per un ambito molto più produttivo le voci Esporta come… ed Esportazione rapida come <formato_file> sono invece molto più ricche di parametri. Poter scegliere il formato più adatto in funzione del tipo di immagine vedendone in anteprima il peso (Figura 4),

Figura 4. La finestra di dialogo di Esporta come è molto fornita di parametri ed è pensata per la gestione di contributi grafici multipli, nel caso di condivisioni singole affrontato nel presente articolo è chiaramente sovradimensionato, ma a una prima occhiata già se
ne intravedono le elevate potenzialità

cambiandone contestualmente anche le dimensioni finali lo porta di fatto un passo avanti al comando Condividi… In aggiunta il comando Esportazione rapida, le cui impostazioni generali si possono cambiare nelle Preferenze (Figura 5), lo velocizza ulteriormente con il vantaggio (non di poco conto) di poter essere richiamato dal menu contestuale di un singolo livello, esportando quello e non il file intero a cui appartiene (Figura 6).

Figura 5. Nelle Preferenze si può decidere quale sarà il formato di esportazione presente nel comando di Esportazione rapida. Se dovete esportare immagini con parametri costanti questo fa al caso vostro
Figura 6. Dal menu contestuale (tasto dx o Ctrl-clic) di un livello potete accedere velocemente al comando di esportazione rapida, isolando così la parte che desiderate anziché il solo aspetto complessivo del file

Come acquisire nuovi clienti

Lo sai qual è il punto debole che le funzioni di vendita attribuiscono al marketing? Non avere il contatto con il singolo cliente e non conoscere i suoi problemi. Tutto questo perché il marketing deve parlare a molti con frasi, messaggi e slogan, oppure – se usiamo un customer care outbound (con chiamate in uscita) – martellare un utente con chiamate a freddo.

E lo sai, viceversa, quale punto debole il marketing attribuisce alle vendite? Quella di soffermarsi sul bisogno del singolo cliente e di perdere di vista gli obiettivi aziendali, con il rischio che il risultato venga distorto e indebolito (per esempio indebolendo il target di vendita perché percepito come “impossibile da raggiungere” da parte dei singoli commerciali).

Questo è lo scenario in cui si muovono diverse imprese ed era lo scenario tipico dell’era prima della trasformazione digitale. Ma con l’avvento della rivoluzione digitale, lo scenario si è modificato e si è trasformato grazie non solo alle tecnologie, ma anche alle dinamiche stesse che sono avvenute nei media e nei luoghi del digitale.

Ho voluto scrivere questo articolo perché tramite i social media per il B2B, alcuni degli antagonismi classici tra marketing e vendite, mutano in senso positivo e il marketing è ora in grado di fornire ai professionisti del settore vendite strumenti per una relazione ancora più efficace in fase di acquisizione di nuovi clienti.

Marketing e trasformazione digitale: non più one-to-many, ma one-to-one

Durante l’era pre-digitale era normale lanciare un messaggio tramite la nostra impresa a un numero di clienti indifferenziati: tutto ciò lo si definiva one-to-many (comunicazione da un mittente a molti destinatari indifferenziati). Ma nella trasformazione digitale il one-to-many (letteralmente io parlo a molti) diventa meno efficace in quanto il cliente o il prospect del B2B sceglie un fornitore/partner non (sol)tanto attratto da uno slogan o da un prezzo favorevole, ma soprattutto dalla capacità di questo fornitore conoscere, comprendere, affrontare e il più possibile di risolvere i suoi specifici problemi.

Nella comunicazione one-to-one – ovvero l’indirizzare la comunicazione alle esigenze del singolo o del gruppo di singoli – noi siamo in grado di personalizzare la nostra comunicazione sul singolo nuovo cliente. Tutto questo ci consente di avere da un lato un nuovo cliente (prospect) più aperto nei nostri confronti, dall’altro lato dà maggiori strumenti ai nostri commerciali di trasformare una comunicazione in una proposta di valore e in questo senso avere maggiori opportunità di evolvere un contatto in un contratto.

I nostri clienti vogliono una relazione che sia one-to-one, ovvero interpersonale e autentica sui problemi, temi, aspirazioni e desideri del singolo. E questo fatto si fonda sul calo di efficacia delle cold call, le telefonate a freddo, ovvero quelle telefonate che si fanno a prospect sconosciuti (da non confondere con le warm-call ovvero le telefonate inattese a clienti già in contatto con la nostra impresa – che continuano a funzionare efficacemente).

Come trasformare una comunicazione one-to-many in una comunicazione one-to-one

Per effettuare una trasformazione da una comunicazione one-to-many a una comunicazione one-to-one dobbiamo instaurare una relazione con il singolo cliente: e per relazione intendiamo la creazione di un legame comunicativo tra una persona e un’altra.

Nel momento in cui noi riusciamo a far nascere una relazione che si avvicini il più possibile a un rapporto uno a uno con i prospect (clienti in prospettiva) o clienti già esistenti, facilitiamo il lavoro della rete di vendita per due motivi: prima di tutto perché è ciò che si aspettano i clienti, in secondo luogo perché si rafforza un legame di fiducia.

Tre domande che potresti fare al tuo team (non solo vendite)

Creare relazione attraverso i social network B2B

I social network B2B – come ad esempio LinkedIn e Twitter – hanno come funzione quella di agevolare lo sviluppo di obiettivi di business attraverso le pubbliche relazioni (digital PR).

Servono sia per sviluppare il network di relazioni personali dei nostri dipendenti, sia per individuare nuovi clienti e partner.

A differenza dei social network business to consumer, nei social network business to business la relazione viene instaurata dalle singole persone che appartengono alla propria impresa. Paradossalmente su LinkedIn ha più peso la relazione dei dipendenti e agenti di vendita, rispetto alla pagina istituzionale aziendale. Per questo motivo è importantissimo che i dipendenti e gli genti di vendita (anche se a partita IVA) siano presenti su LinkedIn e abbiano inserito nel loro profilo LinkedIn la posizione lavorativa nell’impresa in modo tale da comunicare ai clienti finali che la relazione si crea con l’impresa (costruendo un senso di appartenenza).

Tutto ciò deve essere fatto dai dipendenti dell’impresa che sono in relazione con il cliente finale: mi riferisco primariamente ai reparti di marketing, progettazione e vendite.

È importante che i dipendenti siano attivi nel comunicare, parlare, diffondere i temi dell’impresa: perché essa esiste (mission), qual è la visione del mercato, come risolve tramite i prodotti le problematiche dei clienti (product placement), quali sono i valori in cui crede. In questo senso, dobbiamo fare in modo che la nostra azienda sia attiva nel creare delle tematiche utili al cliente proprio a partire dai dipendenti. Perché è dai dipendenti che si crea relazione, tramite visite al profilo, commenti, like, condivisioni, consigli.

Tutto questo genera nuovi contatti a livello di digital PR, che l’impresa può trasformare in occasioni di contatto con la rete di vendita a condizione che i dipendenti siano attivi in questi social network.

Per capire se i tuoi dipendenti sono già attivi sui social network B2B e per aiutarli a renderli più attivi ti suggerisco una semplice checklist di tre domande.

Domanda 1: i tuoi dipendenti hanno chiaro che LinkedIn non è una piattaforma (soltanto) di recruiting ma è (soprattutto) una piattaforma di social per il B2B? I social network B2B come LinkedIn non sono strumenti per trovare o cambiare lavoro anche se ogni tanto – nel caso di LinkedIn – offrono questi servizi.

I social network B2B sono strumenti per raggiungere i prospect delle aziende e creare un legame con loro tramite un network di relazione professionale. Permettere e spronare i dipendenti a raccontare come la tua impresa risolve i problemi del prospect (che altro non è che argomentare i benefit) consente di creare punti di contatto con chi quel problema o esigenza ce l’ha. E attraverso le statistiche, ogni dipendente visualizza con quanti prospect è entrato in contatto e chi sono quei prospect. Da questo punto di partenza, la creazione di una relazione può partire come livello zero, dopo di che si è in grado di rendere la relazione più ricca di benefit (si chiama lead nurturing) fino alla fatidica telefonata, che non è più una chiamata a freddo, ma diventa una warm call, una chiamata tra persone che si conoscono e che hanno presente problematiche e opportunità.

Domanda 2: favorisci per i tuoi dipendenti l’uso di LinkedIn? Dire ai dipendenti o agenti di vendita di scrivere qualcosa per la tua impresa non è sufficiente poiché ti espone a poco controllo della comunicazione e quindi a rischi anche reputazionali. Ma soprattutto ti espone a una attività sporadica e non continuativa di comunicazione. Per questo motivo è fondamentale che il reparto marketing fornisca i temi della comunicazione aziendale ai tuoi dipendenti e alla tua rete di vendita. Non solo è fondamentale creare una strategia di proposizione e vendita incentrata sul fatto di valorizzare il perché i tuoi prodotti risolvono i problemi del target, ma è altrettanto fondamentale creare delle bozze di contenuti che poi i dipendenti andranno a personalizzare in modo tale da evitare il deleterio effetto copia/incolla. Ed è altrettanto necessario che il reparto marketing prepari anche un calendario di pubblicazione in modo tale che si dia continuità all’attività. In questo modo il dipendente e/o agente si troverà un contenuto da personalizzare e pubblicare nel momento giusto.

Si dovrà, quindi, creare una serie di contenuti che i dipendenti personalizzeranno e pubblicheranno sui loro social network professionali. Nel fare questa attività è necessario fare in modo di creare contenuti adatti a ogni divisione. In questo senso ci sarà una coerenza comunicativa per ogni funzione aziendale. LinkedIn dà efficaci strumenti per misurare l’efficacia comunicativa di ogni professionista: come si vede dall’immagine il social selling index è uno strumento che ci consente di misurare l’efficacia comunicativa di ogni professionista iscritto comparandola a quella della media del settore .

Domanda 3: hai stabilito delle linee guida per i tuoi dipendenti? Twitter e LinkedIn sono social network di relazione nel quale le persone interagiscono, parlano e comunicano. Per questo motivo è giusto che la tua impresa tuteli sé stessa e i propri dipendenti: nel momento in cui un dipendente pubblica dei contenuti, parla a titolo personale, ma è pur sempre legato alla tua impresa. Per questo motivo è indispensabile che ogni volta in cui vi è un incontro tra le affermazioni personali di un dipendente e quelle di una impresa vi sia una policy nella quale si stabiliscono chiaramente i confini dell’argomentazione, ovvero cosa non si può assolutamente dire e cosa si può dire. In questa policy andrà normato come l’impresa deve essere rappresentata: andrà per esempio scritto se i dipendenti possono fare comparazioni o meno con altre aziende o altri prodotti concorrenti nelle loro conversazioni. Andrà scritto che ai dipendenti se, come e quando deve essere consentito pubblicare informazioni riservate come ad esempio, l’avvento di nuovi prodotti o servizi, o brevetti o altro. Nella policy andrà specificato anche come un dipendente deve approcciarsi a un cliente in difficoltà, se deve aiutarlo direttamente oppure se deve introdurlo alla figura di customer service che gestirà la sua criticità.

Consiglio in questa policy di usare un carattere aperto e basato su esempi: la policy non deve essere un documento dal tono intimidatorio, ma al contrario deve essere incentivante alla condivisione e tutelante: è tutelante in quanto dà le linee guida di situazioni controverse.

Perché fare tutto questo? Help then sell

Utilizzare i social network B2B consente a un’impresa molteplici vantaggi. Da un lato la comunicazione diventa più capillare e modellata sul singolo cliente (sono persone che parlano a persone) e quindi si va in una dimensione di one-to-one. Questo fatto determina una maggiore umanizzazione dell’impresa da un lato e dall’altro fa percepire l’azienda stessa come dialogante nel mostrare a target interessati quanto sia in grado di risolvere problemi e fornire opportunità. Tutto questo favorisce la funzione commerciale/vendite che individua nel prospect non più uno sconosciuto a cui tentare di vendere un prodotto senza conoscere le sue esigenze: ma al contrario il commerciale si troverà di fronte un soggetto che ha già avuto un contatto ex ante.

 

Check Up Industry 4.0 Federazione Carta e Grafica, genesi di un progetto

Il Check Up Industry 4.0 della Federazione Carta e Grafica mette in luce a che punto siano le aziende del settore nel campo della digitalizzazione e cosa debbano fare per attuare la trasformazione in chiave 4.0. Abbiamo intervistato Vincenzo Baglieri, professore presso SDA Bocconi School of Management, che, con il suo team, ha effettuato l’indagine e ci fornisce così una visione da dietro le quinte.

Nell’ambito del Progetto I4.0 della Federazione Carta e Grafica, tra dicembre 2017 e marzo 2018 è stato effettuato il Check Up Industry 4.0 da cui poi è scaturito il documento “Industry 4.0. Istruzioni per l’uso” destinato alle aziende della filiera. Il documento è finalizzato ad aiutare le imprese ad analizzare le proprie strutture, comprendere quali siano le proprie reali necessità, dove debbano intervenire e soprattutto come fare per strutturare al proprio interno il cambiamento verso la digitalizzazione.

L’indagine è stata affidata a Vincenzo Baglieri, professore presso la SDA Bocconi School of Management e al suo team. Lo abbiamo intervistato in merito al lavoro svolto e a quanto ottenuto.

Allineati su un progetto comune

Il primo obiettivo che ci si è posti con l’avvio del progetto e del relativo check up è stato stilare una mappa della situazione esistente; era determinante capire quale fosse il reale grado di attuazione e, ancora prima, la comprensione dell’Industria 4.0 da parte delle aziende, indagare la loro interpretazione e il loro grado di conoscenza di cosa comporti per un’impresa l’attuazione di questo nuovo modello di business e quali benefici porti con sé.

L’indagine ha richiesto il lavoro sinergico delle varie rappresentanze che costituiscono la Federazione. Un lavoro metodico, svolto non senza difficoltà – come spesso accade quando si eseguono indagini di questo tipo –, e i risultati non sono mancati. La rispondenza del settore all’indagine c’è stata e se si possa pensare che una percentuale di partecipazione pari al 14% del totale sia poco, in realtà non lo è affatto e il professore ci spiega perché: «le aziende sono bersagliate di richieste di compilazione di questionari, da parte di università, associazioni di categoria, clienti, fornitori, giornalisti… insomma qualche difficoltà esiste in questi progetti, ma il nostro ha beneficiato della collaborazione forte della committenza stessa» afferma Baglieri. «La Federazione si è spesa in prima persona, le singole Associazioni hanno organizzato eventi – con noi e senza di noi – spinto uno a uno gli associati a contribuire, perché lo scopo non era la nostra indagine, ma l’elaborazione dei dati e la proposizione di un piano di azioni il più possibile personalizzato. Insomma, alla fine un campione di aziende che rappresenta il 14% del totale degli associati è per me un grande successo» (Figura 1).

La distribuzione per settore dei rispondenti all’indagine

Affrontando un simile progetto si potrebbe pensare che la prima difficoltà che si possa incontrare riguardi il fatto che si stia indagando una federazione formata, per sua stessa natura, da diverse anime che, se da un lato costituiscono sì un’unica filiera, dall’altro mantengono, nel contempo, caratteristiche proprie. Eppure, ci spiega il professore, questa inevitabile differenziazione interna non ha avuto influenza sull’indagine e sui suoi risultati. A dire il vero, dice, «mi è parso che questo progetto rappresentasse anche un ottimo banco di prova per la tenuta e il coordinamento dentro la Federazione. L’allineamento è stato sempre molto alto. Bisogna darne merito alle persone che dirigono operativamente le tre associazioni, che hanno lavorato con me perché non ci fossero intoppi e pretese da primadonna, mai».

Pronte alla rivoluzione

Le premesse del progetto, dunque, sono state buone, ma ciò che conta sono i risultati e cosa sia emerso, in sostanza, dall’indagine svolta. Il primo dato eclatante riguarda proprio le aziende e la loro comprensione di cosa sia la cosiddetta rivoluzione 4.0 ed è stata decisamente una «buona notizia» come la definisce il nostro interlocutore. «Le aziende che hanno risposto hanno capito abbastanza cosa è Industria 4.0 e tecnologicamente sono pronte. Mediando tra i diversi settori, possiamo dire che il 70% ha le condizioni fisico-tecniche per il salto di qualità» (Figura 2). Certamente non mancano aspetti su cui occorre lavorare, le aziende intervistate hanno dimostrato che vi sono ambiti sui quali devono migliorarsi e svilupparsi in chiave 4.0. In primo luogo, «devono migliorare tutte sul fronte dell’adozione di processi più collaborativi di filiera e di nuovi profili di competenze». Quando a Baglieri chiediamo quale sia il dato più eclatante e quale il più interessante emersi dall’indagine, ci spiega innanzitutto come non si possa parlare di un dato, bensì di una tendenza: «nella matrice adottata» dice «le aziende virtuose sono anche quelle che meglio si sono attrezzate dal punto di vista organizzativo. Possiamo dire, quindi, che investire in tecnologia impone poi una revisione organizzativa e dei processi. La differenza è data dalla velocità di questa revisione. L’80% delle aziende osservate non ha ancora avviato con decisione il ripensamento di molti processi e l’inserimento di nuove figure professionali».

La propensione dei tre comparti della Federazione all’investimento in tecnologie Industria 4.0 abilitanti

Singoli bisogni, fini comuni

La Federazione si compone di aziende che appartengono a comparti che comunque si differenziano e che possono avere problematiche ed esigenze simili, ma non uguali – del resto gli stessi processi produttivi e lavorativi differiscono necessariamente. Anche nell’approccio al tema della digitalizzazione e, in genere, a quelli dell’Industria 4.0 ci sono quindi delle differenze che non consentono, come spiega il professore, di effettuare comparazioni. Se ne possono valutare però le peculiarità emerse proprio dall’indagine: «diciamo che i produttori di carta danno molta enfasi all’efficienza e alla produttività che le nuove tecnologie possono assicurare, i produttori di macchine si concentrano sui servizi pre e post vendita abilitati dalle nuove tecnologie, e le aziende della grafica e della cartotecnica puntano invece sull’innovazione di prodotto e servizio» (Figura 3).

Gli obiettivi della filiera nel medio termine

A fronte di tutto ciò resta fondamentale il ruolo della Federazione e di ciò che farà nei prossimi mesi per supportare le proprie aziende in questa evoluzione. «Ritengo che servano due azioni essenziali» conclude Baglieri «la prima di supporto tecnico: la digitalizzazione della produzione non si affronta con le stesse metodologie adottate sinora. La seconda di formazione: la trasformazione 4.0 richiede consapevolezza e nuove competenze».

Canon a Viscom 2018: dalla stampa digitale cambiamento e innovazione

Presente come consuetudine alla kermesse milanese l’obiettivo di Canon a Viscom 2018 (Fiera Milano Rho, 18-20 ottobre) vuole essere quello d’ispirare il cambiamento e stimolare la creatività dei propri clienti.

Protagonista indiscussa sarà Océ Colorado 1640, la prima stampante roll-to-roll da 64″ per il settore del grande formato. Una soluzione basata sulla tecnologia green UVGel di Canon che ha rivoluzionato il mercato della stampa digitale per le applicazioni grafiche e industriali. Si tratta di un sistema versatile che vanta un basso costo operativo e elevato ritorno sull’investimento grazie alla riduzione fino al 40% del consumo di inchiostro e un risparmio sul costo della manodopera di circa il 30%.

Océ Colorado 1640 garantisce un equilibrio tra qualità, produttività, automazione, versatilità nelle applicazioni e costi operativi. Questa innovativa tecnologia ridefinisce i limiti della stampa roll-to-roll e consente a coloro che operano nel mercato grafico di evolvere, ampliando le proprie capacità e perseguendo nuove opportunità di guadagno.

3D Venice: la nuova divisione di Litostampa Veneta

Il Gruppo Centro Servizi Editoriali/Litostampa ha deciso di investire nella stampa 3D con l’acquisto della Massivit 1800, dando vita a una nuova divisione aziendale, la 3D Venice, specializzata nella stampa tridimensionale di grandi formati. Questa è la prima macchina 3D per dimensioni e tipologia a essere installata presso un centro stampa nel Nord Est d’Italia. Ad oggi sono ben 4 le installazioni in Italia della Massivit 1800.

L’obiettivo è di ampliare la propria offerta e aprirsi al futuro, spiega Andrea Comin, titolare del Centro Servizi Editoriali: «Nell’ultimo periodo, per differenziare la nostra offerta, abbiamo condotto un’analisi attenta del mercato e optato per la stampa 3D. La nostra ricerca si è indirizzata su un sistema che non fosse estremamente specialistico, ma che per la sua versatilità potesse abbracciare un target ampio. Abbiamo scelto la stampante Massivit 1800, installata da pochi giorni nel nostro stabilimento di Venezia – Mestre, con l’obiettivo di trasformare la tipografia artigiana in una tipografia 4.0. Inoltre, in un’ottica di integrazione con il resto del Gruppo, offriremo un servizio completo, dalla progettazione virtuale alla stampa, fino alla finitura e alla decorazione. Dai primi approcci commerciali con i nostri clienti storici, abbiamo notato che c’è un forte interesse verso questa tecnologia, in particolare tra i settori creativi dell’arte, dell’interior design e dell’architettura. In questo senso, la nostra posizione di vicinanza a una città d’arte come Venezia ci avvantaggia notevolmente».

Il principale motivo che ha convinto l’azienda a scegliere Massivit 1800 è stato la versatilità del sistema, in particolare la sua capacità di poter servire un vasto target di settori, che va dall’interior design alla comunicazione sul punto vendita, dagli eventi fino al recupero artistico, grazie alla stampa di oggetti tridimensionali di grandi dimensioni. Operare in ambiti così differenti e vari è una sfida per il settore della stampa e della grafica, che ha così la possibilità di ampliare il proprio mercato di riferimento.

L’acquisto della Massivit è avvenuto tramite NTG. «Per noi NTG è un fornitore storico nell’ambito dei quotidiani – continua Comin -. L’approccio mostrato in questo nuovo settore genera grande entusiasmo, lo stesso che riescono a trasmettere alla loro clientela. Da loro abbiamo ricevuto un supporto a 360° anche in termini di informazioni e comunicazione, e sono riusciti a fornirci una visione molto più ampia sulle potenzialità della macchina» conclude il titolare.

 

 

Un italiano a capo delle vendite e alla vicepresidenza di Kodak

Kodak ha annunciato la nomina di Giuliano Bianchet a general manager worldwide sales PSD e vice president Eastman Kodak Company. L’incarico decorre dal 1° ottobre 2018. Bianchet ha in precedenza ricoperto il ruolo di cluster business manager per l’area Sud Europa comprendendo anche Regno Unito, Irlanda e Francia ottenendo risultati di business molto importanti ad esempio nelle vendite delle lastre Kodak Sonora. Negli anni Bianchet, in Kodak dal 1989, ha dimostrato capacità manageriali sia nell’area B2B che B2C che progressivamente lo hanno portato a espandere le proprie responsabilità dall’ambito locale a quello più internazionale.

Già negli anni Novanta ha ricoperto ruoli di coordinamento e gestione a livello europeo nel settore dell’industria grafica e proprio l’esperienza maturata a Londra ha contribuito in modo decisivo alla formazione di un executive abituato a confrontarsi con mercati, modelli di business e culture profondamente dissimili tra loro.

Altra tappa importante, questa volta in ambito consumer, l’assegnazione del ruolo di coordinamento dei mercati di Italia e Spagna, esteso poi ai Paesi del Benelux e nordici. La capacità di raccogliere le sfide trasformandole in opportunità di crescita per l’azienda e per le persone che in essa lavorano completano il profilo.

BLI premia le soluzioni Ricoh per la stampa di produzione

BLI, organizzazione indipendente che valuta le soluzioni hardware e software per il document imaging, ha premiato due sistemi Ricoh per la stampa di produzione. In particolare, Ricoh Pro C9200 è stata premiata come outstanding high-volume colour production device, mentre la serie Ricoh Pro C7200x ha ricevuto il riconoscimento outstanding mid-volume colour production device. Le valutazioni sono state fatte sulla base di analisi approfondite relative alle caratteristiche tecniche.

Eef De Ridder, vice president commercial printing, commercial and industrial printing group, Ricoh Europe, commenta: «con Ricoh Pro C9200 e Ricoh Pro C7200x proseguiamo il successo iniziato con le precedenti soluzioni, a riconferma di come le evoluzioni tecnologiche proposte siano in grado di supportare i fornitori di servizi di stampa ad affrontare le nuove sfide del mercato. Gli esperti che hanno valutato i sistemi di stampa hanno messo in evidenza le performance elevate e la maggiore produttività rese possibili dalle nuove funzionalità e dai miglioramenti introdotti».

«Ricoh Pro C9200 – commenta George Mikolay, Keypoint Intelligence’s associate director per copiers/production – è una soluzione ideale per i commercial printer, offrendo qualità e consistenza dell’output, come dimostrato durante tutti i test». Per quanto riguarda Ricoh Pro C7210, Mikolay aggiunge: «Elemento differenziante è senza dubbio la quinta stazione colore che permette la stampa non solo del bianco in un solo passaggio, ma anche di invisible red, trasparente, giallo neon e rosa neon».

Grazie a Ricoh Pro C7200X i fornitori di servizi di stampa possono differenziarsi creando applicazioni di grande impatto visivo. Maggiore stabilità cromatica, grazie all’autocalibrazione effettuata dai sensori in linea, e una migliore messa a registro, mediante la funzione di autoregolazione, sono alcune delle ottimizzazioni introdotte rispetto alla serie precedente. Inoltre, la quinta stazione colore amplia la possibilità di realizzare applicazioni a valore aggiunto, grazie alla nuova funzionalità per la stampa del bianco e del CMYK in un singolo passaggio che offre ottimi risultati ad esempio su supporti colorati.