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Agfa Graphics promuove l’integrazione della stampa nei processi produttivi

A InPrint 2016, che aprirà i battenti martedì prossimo, Agfa Graphics mostrerà un’ampia gamma di prodotti industriali stampati con tecnologia digitale. Gli inchiostri Agfa, siano essi UV o a base d’acqua, forniscono le caratteristiche necessarie per la realizzazione, per esempio, di pavimenti e di mobili su base melaminica. Verranno esposti prodotti personalizzati come: tubetti, lattine, scarpe, sedie, bottiglie e contenitori in PET.

inprint

L’introduzione della stampa digitale nei processi industriali contribuisce alla realizzazione di prodotti just-in-time e consente l’uso di contenuti personalizzati e dati variabili, nel rispetto dell’ambiente.

Agfa sviluppa un’ampia gamma di prodotti tra cui primer specifici, inchiostri inkjet e coating. Questi prodotti vengono utilizzati nella stampa di prodotti per packaging, interior decoration e molto altro. Un altro importante e pluripremiato esempio sono gli inchiostri a bassa migrazione (low-migration, LM), che offrono qualità dell’immagine e performance uniche per applicazioni quali: il packaging per alimenti o bevande e i prodotti farmaceutici, dove queste caratteristiche sono indispensabili.

Agfa Graphics offre anche una gamma completa di software all’avanguardia per supportare le esigenze produttive dell’industria quali la gestione dei dati variabili, il pre-flighting, l’elaborazione delle immagini, la gestione colore e soluzioni specifiche per l’anticontraffazione.

L’utilizzo della stampa inkjet nel settore industriale è in forte crescita in moltissimi settori. Queste applicazioni sono realizzate mediante l’utilizzo d’innovative soluzioni di stampa di grande formato o grazie all’impiego motori di stampa progettati su misura. Agfa Graphics collabora con diversi produttori di sistemi inkjet OEM, che progettano applicazioni personalizzate, con i suoi inchiostri inkjet studiati appositamente per ogni esigenza produttiva, sia per tecnologia single pass che multi pass.

Etigraph Italia si affida ancora a Gallus e compra la decima macchina

immagine-nuova-alta-risoluzione-ecs-340Installata quest’estate, la ECS 340 a 9 colori rappresenta il decimo sistema Gallus acquistato da Etigraph Italia. Azienda del Pordenonese con più di trent’anni di esperienza nella stampa di etichette – con un particolare orientamento al settore enologico con un alto valore aggiunto – Etigraph Italia impreziosisce lo stampato grazie a un know-how maturato in anni di ricerca e sviluppo, flessibilità produttiva e macchinari all’avanguardia.
La necessità dell’investimento si è manifestata in seguito alla continua crescita commerciale vissuta negli anni che, unita alla richiesta di etichette sempre più ricche nel settore beverage, rendeva complesso soddisfare tutti i clienti col parco macchine in dotazione. Etigraph Italia da anni ha fatto una scelta tecnologica che predilige la stampa offset per lavorazioni su carte strutturate, mentre per materiali sintetici e carte patinate la scelta varia a seconda dell’effetto desiderato. Questo perché l’offset risulta migliore per gli effetti sfumati, dove le alte luci sono riproducibili senza difficoltà, mentre la stampa flexo è da preferire quando i colori devono essere brillanti e con una densità elevata, senza rinunciare a retini ad alta lineatura.
Dopo attente valutazioni e test sul mercato, Etigraph ha scelto nuovamente Gallus, optando per un sistema flexo con stampa a tecnica mista: flexo, serigrafica e laminazione a freddo. Questa scelta non è stata determinata da un fattore economico ma dalla volontà di poter contare su una tecnologia di grande affidabilità e qualità.
Gallus ECS 340 è, infatti, l’unica macchina sul mercato ad avere l’unità serigrafica propria, progettata e costruita direttamente da Gallus e non di terze parti. Questa prerogativa dà modo di spostare l’unità serigrafica di stampa in più posizioni della macchina, permettendone il controllo tramite il pulpito principale. La flessibilità di posizionamento permette di stampare all’inizio un bianco serigrafico e nel lavoro successivo una vernice ad alto spessore (braille) oppure una vernice serigrafica glitterata per nobilitare lo stampato.
Anche la laminazione a freddo può essere disposta in qualsiasi punto della macchina, garantendo la possibilità di laminare selettivamente alcuni punti dell’etichetta e sovrastampare il foil per cambiarne colore o imprimere effetti metallescenti alla grafica. La laminazione può inoltre essere mixata con la stampa serigrafica per ottenere effetti lenticolari.
La Gallus ECS 340 installata in Etigraph è dotata del dispositivo che permette di stampare anche sulla colla dell’autoadesivo. Questa tipologia di lavorazione è in forte crescita nel settore alimentare, in quanto il mercato richiede che siano offerte sempre maggiori informazioni sul prodotto. Applicata su superfici trasparenti, questo tipo di stampa è perfettamente leggibile, aumenta l’appeal dell’etichetta e permette di desensibilizzare la colla in alcuni punti per facilitare.

I Sig.ri Cesselli e Zucchet, titolari di Etigraph Italia.
I Sig.ri Cesselli e Zucchet, titolari di Etigraph Italia.

ACM SpA investe nell’automazione di Q.I. Press Controls

La rotativa KBA Compacta 618 per qui Qipc ha fornito il nuovo sistema di automazione.
La rotativa KBA Compacta 618 per qui Qipc ha fornito il nuovo sistema di automazione.
La rotativa KBA Compacta 618 per qui Qipc ha fornito il nuovo sistema di automazione.
La rotativa KBA Compacta 618 per qui Qipc ha fornito il nuovo sistema di automazione.

ACM SpA, un’azienda grafica italiana, ha deciso di investire nel sistema IDS-3D per il controllo della densità d’inchiostro e nel sistema mRC-3D per il controllo del registro colore e di taglio. Le due aziende sono entrate in contatto a drupa.

La società, con sede a Torre del Greco ai piedi del Vesuvio, desiderava dotarsi di un nuovo sistema di automazione per la propria rotativa KBA Compacta 618 di recente acquisizione. «Prima di drupa i contatti tra le nostre aziende erano pressoché inesistenti. Ci ha presentati KBA in occasione di questo importante appuntamento a Düsseldorf», ha spiegato Jaco Bleijenberg, Direttore Vendite internazionali e Marketing di Qipc, QI Press Controls. «Inizialmente, ACM SpA era interessata solo al controllo completamente automatico del colore, ma siamo riusciti a convincerla dei vantaggi offerti da un pacchetto nuovo completo, con anche il controllo automatico dei registri colore e di taglio».

Giuseppe Gentile, General Manager di ACM SpA, spiega per quale motivo la sua azienda è stata attratta così fortemente in questi sistemi. «Avevamo bisogno dei sistemi di Qipc perché, lavorando con la nostra nuova macchina da stampa, questi ci avrebbero aiutato ad accedere a nuovi mercati. Con questi sistemi siamo in grado di fornire ai nostri clienti un prodotto finito di qualità migliore.»

L’azienda italiana a conduzione familiare punta inoltre a sviluppare una partnership con una società leader nel settore dell’automazione per l’industria della stampa. «Penso che siamo una combinazione vincente», commenta Giuseppe Gentile. «Qipc è conosciuta in tutto il mondo per i propri sistemi, che sono stati scelti da molte grandi aziende. In generale, la nostra esperienza con i fornitori olandesi dimostra che sono partner scrupolosi e premurosi per quanto riguarda i loro rapporti commerciali».

Tutti questi fattori hanno portato ACM SpA a optare per Qipc. «Abbiamo riflettuto a lungo e intensamente», continua Giuseppe Gentile. «Da ultimo, abbiamo visto in Qipc una società giovane e dinamica, con una mentalità proiettata al futuro, come la nostra. Guardando al futuro, siamo convinti di aver fatto un investimento fantastico che forma la base solida per una forte partnership strategica».

Saranno installate complessivamente cinque telecamere mRC-3D per il registro colore e il controllo del registro di taglio e due telecamere IDS-3D per il controllo della densità d’inchiostro.

Proposta di formazione tecnica: il 28 novembre si terrà “good manufacturing practice nell’industria cartotecnica”

L’Unione Industriali Grafici e Cartotecnici di Milano, sotto l’egida della Fondazione Istituto Tecnico Superiore Angelo Rizzoli per le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, ripropone nel 2016 l’iniziativa di formazione su temi di attualità tecnica, organizzativa e gestionale con la consueta formula dei seminari della durata di mezza giornata dalle ore 14.45 alle 18.00.
Il prossimo incontro si terrà il 28 novembre 2016 sul tema: “Good manufacturing practice nell’industria cartotecnica”.
Le Aziende interessate a qualsiasi informazione logistica, sul programma ed eventuali iscrizioni, potranno contattare l’Ufficio Ambiente Ecologia e Sicurezza – Formazione dell’Unione (tel. 02-72022570 – fax 02-72020006 – email gct@gct.mi.it).

La nuova tecnologia HDNA (High Definition Nozzle Architecture) di HP installata sulla T410 Inkjet Page Wide Press di Rotolito Lombarda

Rotolito Lombarda è stata tra le prime aziende a livello mondiale a dotarsi di tecnologia di stampa digitale Inkjet di Hewlett-Packard. Oggi sono due le macchine HP inkjet a bobina installate nel reparto di stampa digitale di Rotolito a Pioltello, una T360 e una T410. Entrambe le macchine nel corso degli anni sono state oggetto di modifiche strutturali da parte del costruttore, modifiche per lo più finalizzate a migliorarne affidabilità e produttività.

Negli anni la tecnologia digitale HP Inkjet ha fatto notevoli passi in avanti e le nuove macchine HP Page Wide Web Press sono dotate di teste di stampa con tecnologia HDNA.

Questa tecnologia a partire dal 2016, è stata resa disponibile da HP come upgrade anche ai clienti esistenti. In queste settimane l’upgrade è stato completato su una delle due macchine di Rotolito, la T410 installata nel 2013.

La testine di stampa HDNA hanno una densità di 2.400 ugelli per pollice; ogni testina ne contiene 21.120 distribuiti in due camere separate. La tecnologia Dual Drop degli ugelli consente di ottenere una migliore gestione del colore e le immagini appaiono più brillanti e i mezzi toni sono più lisci e uniformi.

Quattro settimane di intenso lavoro per effettuare tutte le modifiche hardware e software hanno portato la T410 alla versione T480; il risultato finale è un ulteriore incremento di produttività ma soprattutto il miglioramento della qualità di stampa e una gamma di supporti stampabili più ampia.

«Questo nuovo upgrade» afferma Emanuele Bandecchi, direttore marketing di Rotolito «migliora la qualità di stampa di quei prodotti, editoriali e commerciali, che per le loro caratteristiche già stampiamo sulle macchine HP Inkjet; inoltre ora con la T480 possiamo produrre lavori di medie tirature con un maggior contenuto di immagini e una maggiore coprenza».

Graf Art Officine Grafiche Artistiche installa una seconda Heidelberg Speedmaster XL 106

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Graf Art Officine Grafiche Artistiche è una fra le più importanti e longeve industrie tipografiche piemontesi. L’azienda è specializzata nella stampa a foglio di medio formato. Dalla sua fondazione a oggi, ha vissuto uno sviluppo costante.
Dopo aver installato a luglio 2016 una Heidelberg Speedmaster XL 106 a 4 colori più vernice IR, Graf Art ha deciso di raddoppiare l’investimento e ha acquistato una seconda Heidelberg Speedmaster XL 106, questa volta in configurazione a 5 colori più vernice IR.
Grazie a questo nuovo investimento, l’azienda si garantisce un’eccellente flessibilità produttiva, che va ad aggiungersi alla velocità e reattività che le sono caratteristiche.
L’introduzione delle due Heidelberg Speedmaster XL 106 permetterà inoltre la profilazione online dell’intero sistema aziendale di gestione delle commesse di produzione. In questo modo ogni operatore lungo la catena di lavorazione avrà sotto controllo, in tempo reale, lo stato di progressione di ciascuno stampato. I dati raccolti verranno poi conservati ed elaborati per affinare strategie aziendali e commerciali.
Graf Art  prosegue con successo crescente il cammino di sviluppo intrapreso all’inizio del nuovo secolo grazie anche all’impulso dato dagli importanti risultati fatti segnare negli ultimi anni sui mercati esteri. Un momento di ulteriore, importante trasformazione per guardare al futuro con nuovo slancio in attesa di far fronte agli investimenti già pianificati per il 2017.
«Graf Art  è una azienda moderna, efficiente e orientata al mercato», commenta Mauro Antonini, Product Management Sheetfed Postpress Packaging di Heidelberg Italia. «Il doppio investimento appena compiuto conferma questa filosofia. Le due Speedmaster XL 106, ovvero quanto di più moderno può offrire Heidelberg, daranno a Graf Art la possibilità di sviluppare una capacità di stampa eccezionale sotto ogni punto di vista, pienamente armonizzata con il flusso di prestampa. Heidelberg Italia è orgogliosa di essere un partner di questa eccellente azienda.»

I test di Italia Grafica: iC3D di Creative Edge Software, il mock-up, da reale a virtuale

Uno dei settori che oggi riveste un importante ruolo è quello inerente la creazione di prototipi virtuali. Con alcuni software, partendo dalla grafica, è possibile «vestire» la confezione, di qualsiasi natura essa sia, creando così un mock-up virtuale su cui il committente può prendere facilmente e velocemente tutte le decisioni di modifica per poi arrivare alla definitiva approvazione. I vantaggi rispetto al classico flusso che prevede la realizzazione di un mock-up reale, stampato e allestito, sono subito evidenti: risparmi economici e di tempo, maggiore possibilità di generare molteplici versioni del packaging permettendo così ai reparti marketing una maggiore flessibilità nella scelta della versione più consona.

L’adozione di questi programmi può avvenire in diverse realtà tra cui l’agenzia, lo stampatore di packaging, i grandi brand che hanno all’interno il reparto grafico.

Esempio di pack con applicato un effetto oro e una texture di sfondo. C’è un effetto 3D sui grafismi e anche un effetto riflesso. Con i comandi presenti nella finestra si può girare il pack per vederlo da tutte le angolazioni. Gli effetti di luce e di ombra sono offerte dal programma, l’operatore non deve costruire nulla ma intervenire sui parametri per arrivare all’effetto desiderato. Con le nuove release del programma si possono aggiungere dei punti luce per ottenere degli effetti combinati.
Esempio di pack con applicato un effetto oro e una texture di sfondo. C’è un effetto 3D sui grafismi e anche un effetto riflesso. Con i comandi presenti nella finestra si può girare il pack per vederlo da tutte le angolazioni. Gli effetti di luce e di ombra sono offerte dal programma, l’operatore non deve costruire nulla ma intervenire sui parametri per arrivare all’effetto desiderato. Con le nuove release del programma si possono aggiungere dei punti luce per ottenere degli effetti combinati.

IC3D è una soluzione, a nostro avviso, molto interessante, che era presente anche a drupa presso lo stand di Creative Edge Software: è un’azienda relativamente giovane ma gli sviluppatori vantano una grande esperienza nel settore grafico e questo dà garanzie di continuità. La crescente importanza del packaging ha ampliato le richieste del mercato rendendo preziose soluzioni relativamente semplici e dal costo contenuto. La presenza di librerie di materiali, l’apertura verso i più diffusi formati di file per la grafica, il servizio nel cloud per la condivisione di mock-up e la capacità di funzionare su computer Mac e Windows senza onerosissime configurazione hardware fa di IC3D una soluzione da valutare per tutte le realtà, dalle agenzie ai service, che vogliono offrire servizi legati al mondo del packaging.

Noi di Italia Grafica abbiamo scelto di andare a intervistare un’azienda grafica che di recente si è dotata di uno di questi software per sentire l’opinione di un utilizzatore. Ecco il parere di Antonio Mombelli, tecnico di Actualtype e principale utilizzatore di IC3D, e di Maurizio Villa, il cotitolare.

«Questo tipo di servizio è molto apprezzato dai nostri clienti ma, indubbiamente, ha dei costi per cui il ricorso al mock-up virtuale, tramite il render 3D, è sempre stato una valida alternativa che abbiamo cercato di soddisfare con vari programmi. Quando abbiamo assistito alla demo di IC3D abbiamo percepito subito tre caratteristiche uniche: le notevoli potenzialità per quanto riguarda la realizzazione di mock-up virtuali 3D, il prezzo veramente accessibile e, da ultimo, la completezza del software che integra tutte le funzioni necessarie già nella configurazione base. Poiché già conoscevamo altri programmi per fare queste lavorazioni è stato facile fare confronti su diversi aspetti. Ci ha molto impressionato la relativa semplicità di utilizzo e la presenza di librerie di materiali e modelli 3D in dotazione standard al programma. Vedendo i tipi di lavorazione che si potevano realizzare, tra cui l’ambientazione nel punto vendita, abbiamo pensato che IC3D fosse la soluzione ideale per ampliare i servizi che già offrivamo ai clienti» spiega Antonio Mombelli.

IG: Pur essendo semplice all’uso, i software di mock-up presentano alcune difficoltà. È per questo importante poter contare su un’assistenza tecnica adeguata e sufficiente sollecita nelle risposte. Cosa ci può dire rispetto a questo punto?

«L’assistenza che ci viene fornita dal distributore di IC3D è adeguata e anche la disponibilità a rispondere ai nostri quesiti e ai nostri desiderata ci ha sempre soddisfatto. Inoltre sono a disposizione su Web molti video di autoistruzione che, pur essendo in inglese, sono di facile comprensione.»

IG: Una caratteristica importante che già avevamo avuto modo di vedere a drupa 2016 è la ricchezza di librerie di oggetti da cui l’operatore può scegliere quella necessaria a realizzare il mock-up. Nel caso la forma desiderata non sia già presente nelle librerie il programma consente di creare nuovi oggetti. Come giudicate questa funzione?

«È stata una delle ragioni per cui abbiamo deciso di acquistare il software. Con pochi passaggi direi intuitivi anche per chi non è un grande esperto di prodotti 3D, si può arrivare all’obiettivo desiderato. L’oggetto creato viene poi vestito con la grafica e nel caso di sleeve il programma ha già incorporato al proprio interno il modulo di gestione della distorsione grafica. I passaggi di modellazione del 3D e distorsione della grafica sono integrati e, in seguito, si possono applicare altri effetti come l’oro, la trasparenza e il metallizzato operando sempre su un unico file.»

Configurazione del software

Il programma è disponibile anche in Italiano e funziona in ambiente Mac e Pc.
È consigliato un Mac Pro di ultima generazione mentre per l’ambiente Windows è necessario avere un PC con scheda video professionale con almeno 2 Giga di RAM.
Il programma funziona con tutti i sistemi operativi più recenti sia su Mac che su PC.
Per tutti i computer la RAM consigliata è di 8 Giga.
Il software è disponibile in più versioni:
-IC3D: comprende il modulo di rendering, la libreria di modelli predefiniti, il modellatore 3D per costruire modelli di nuovi oggetti;
-IC3D carton fold: è un sottoinsieme di IC3D e lavora su tutto quanto è costruito in cartone. Può importare qualsiasi tracciato fustella;
-IC3D automate: è un IC3D concepito per essere pilotato a linea di comandi per operare in modo automatico su alcuni progetti che prevedono la generazione di più variantature dello stesso soggetto. Ad esempio dopo avere creato un modello posso creare il render di più soggetti andando ad associare ripetutamente etichette differenti. Questo lavoro può essere realizzato in automatico mediante l’impostazione di una serie di parametri.
Con qualsiasi versione del software viene fornito un anno di abbonamento a Opsis cloud share che mette a disposizione un’area cloud dove caricare fino a 100 rendering.
Il software a livello europeo è distribuito da FourPees; in Italia la formazione e assistenza è seguita da 4tablet.
I prezzi sono:
IC3D: €11.700 compreso il primo anno di manutenzione.
IC3D carton fold: €3.149 compreso il primo anno di manutenzione.
Il passaggio dal disegno tecnico al rendering 3D è gestito da IC3D che applica i parametri rilevati dalla libreria dei materiali.
Il passaggio dal disegno tecnico al rendering 3D è gestito da IC3D che applica i parametri rilevati dalla libreria dei materiali.

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Giflex continua la sua lotta allo spreco alimentare

Lo spreco alimentare ha numeri impressionanti. Secondo i dati Fao – l’Organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura – nel mondo un alimento su tre viene regolarmente sprecato, e ogni anno finisce per essere gettato nella spazzatura senza essere consumato il 30% del pesce, il 20% della carne, il 45% di frutta e verdura e il 30% dei cereali. Dati già di per sé preoccupanti che allarmano ancor di più se si analizza l’impatto ambientale che ne deriva e che ogni anno, a livello mondiale, equivale a 250mila miliardi di litri di acqua, 1,4 miliardi di ettari di terreno e 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra emessi.

Spesso a decretare le sorti di questi prodotti incidono considerazioni meramente economiche, in sostanza il cibo perde la propria natura non tanto di alimento quanto di merce, non è più considerato come tale e, per questo, viene scartato.

Ma perché si butta tanto cibo? Quali siano le cause prova a spiegarlo Luca Falasconi, ricercatore di Economia ed estimo rurale dell’Università di Bologna, intervenuto sul tema durante il 31° Congresso d’autunno di Giflex, tenutosi a Bologna il 20 e 21 ottobre.

In primo luogo vi è una perdita della percezione che le persone hanno del valore del cibo, accompagnata a una straordinaria abbondanza e a un’estrema facilità di reperimento. Ma non solo, occorre anche considerare l’assenza di consapevolezza sulle sorti di quegli alimenti che per qualche ragione, indipendente dalla loro qualità o validità, non sono scelti dal consumatore e che non ci si rende conto finiranno inevitabilmente nel cassonetto dei rifiuti. Senza dimenticare quella che Falasconi indica come la “sindrome della buona madre” ovvero la tendenza a comprare ben più del necessario, si stima che ognuno di noi acquisti in media il 30% di cibo in più di quanto in realtà gli occorra.

A causa di questi comportamenti è stato calcolato che ogni anno il 20% del cibo prodotto in Europa viene buttato via, soprattutto a livello domestico, da dove proviene il 50% di quello spreco che, solo in Italia, si traduce in ben 8 miliardi di euro.

Il ruolo dell’imballaggio, in particolare di quello flessibile, diventa assolutamente di primo piano, in quanto è uno degli strumenti più efficaci per ridurre questi numeri. Ha la funzione importantissima di proteggere l’alimento nel suo percorso lungo tutta la filiera e di preservarne le proprietà nutrizionali. Attraverso la riduzione dello spreco si ottengono poi vantaggi secondari, come la riduzione delle risorse utilizzate per produrre il cibo, in primis l’energia; a questo proposito si pensi che il packaging richiede solo il 10% dell’energia necessaria lungo tutta la filiera che dal coltivatore porta le derrate alimentari sulle nostre tavole.

Ci si scontra però con un’informazione a volte distorta e con una serie di pregiudizi che il settore si sta impegnando a scardinare. Per tali ragioni le aziende di Giflex sono attive su più fronti. Innanzitutto, spiega Alberto Palaveri, coordinatore del neonato Comitato sostenibilità, nel continuare a progettare nuovi imballi, che utilizzino poco materiale – già ora in media gli imballaggi flessibili corrispondono al 17% circa del peso totale degli imballaggi delle merci, c’è stata infatti una progressiva riduzione del materiale utilizzato – nel sostenere il riciclo del packaging e il recupero delle altre risorse annesse, come l’energia, e nel lavorare affinché si effettui un corretto smaltimento grazie alla raccolta differenziata.

Il consumatore, dal proprio canto, dichiara che è propenso a spendere di più per avere un imballaggio che sia capace di ridurre lo spreco di cibo e quindi dei propri costi. Dunque occorre  informarlo correttamente e usare lo stesso packaging per fornirgli tutte le indicazioni necessarie a una migliore gestione del cibo e al corretto recupero dell’imballaggio, che è una risorsa anche dopo la sua vita utile.

Su questo tema, sempre caldo, Giflex ha premiato una scuola di Merate (LC) che ha prodotto, per il concorso Youpack, un bel video, che pubblicheremo prossimamente.

La multinazionale spagnola Saica continua a crescere con l’acquisizione del Gruppo irlandese Americk Packaging

Questa operazione, che raddoppia il fatturato della Divisione Saicaflex in Europa, avrà un impatto positivo sulla già acquisita azienda italiana Centroplast.

La multinazionale spagnola Saica ha raggiunto un accordo per acquisire il 100% del Gruppo irlandese Americk Packaging, specializzato in prodotti per l’imballaggio flessibile, etichette e imballaggi di cartoncino teso. Con questo nuovo traguardo raggiunto Saica fa un passo avanti nella diversificazione e nella crescita, continuando ad ampliarsi nel mercato, in modo da offrire una sempre più vasta gamma di servizi e prodotti.

Il Gruppo Americk Packaging, con sei stabilimenti tra il Regno Unito e l’Irlanda, 691 dipendenti e un fatturato 2015 pari a 128 milioni di euro, acquisisce attraverso questa operazione anche i marchi globali PP e Starfish Brand Solutions, presenti in modo indipendente nello stesso mercato.

«Questa operazione permette a Saica di entrare con vigore nel mercato dell’imballaggio flessibile nel Regno Unito e in Irlanda come attore di primo piano. Abbiamo siglato l’accordo nell’ottica di un investimento a lungo termine, vedendo il potenziale di sviluppo di questo settore», ha detto il presidente di Saica, Ramón Alejandro.

Per Saica, l’intermediazione finanziaria è stata condotta da Catalyst, con la consulenza legale di Squire Patton Boggs nel Regno Unito e, in Irlanda, di William Fry. L’audit è di EY. Da parte di Americk Packaging, invece, la consulenza finanziaria è stata effettuata da IBI Corporate Finance, la parte legale affidata a Whitney Moore in Irlanda e a Geldards LLP nel Regno Unito, mentre il supporto alle vendite è stato eseguito da PwC Dublino.

Questo accordo è soggetto all’approvazione dell’Agenzia della Concorrenza e della Tutela dei Consumatori in Irlanda.

Il packaging è più performante con le nanoparticelle

di Elisa Brunelli

I materiali che contengono nanoparticelle si stanno diffondendo sempre più rapidamente nel settore del packaging. Monitorare la sicurezza relativa all’impiego di questi materiali non è semplice, soprattutto a causa delle dimensioni nanometriche delle particelle che li costituiscono e che possono in qualche caso passare dalla confezione al prodotto.

Attualmente sono attivi diversi programmi di ricerca per sviluppare metodi di valutazione del rischio e soprattutto per rilevare la presenza di nanoparticelle in diverse matrici cosmetiche, ma anche alimentari. In modo da poter fornire gli strumenti più adeguati per garantire la sicurezza dei prodotti che vengono a contatto con questi materiali di nuova generazione.

I materiali a base di nanoparticelle, conosciuti anche come materiali nanocompositi, hanno trovato un certo consenso nel settore del packaging grazie alle loro notevoli performance tecniche. Di materiali nanocompositi ne esistono una grande varietà, essi differiscono l’uno dall’altro in base alla matrice, ossia la componente presente in maggiore quantità, e in base alla natura delle nanoparticelle. La matrice è generalmente un polimero sintetico o un materiale naturale come la cellulosa, l’addizione di particelle di così piccole dimensioni (si parla infatti di diametro nell’ordine di 100 nanometri o meno) dove 1 nanometro è pari a 1 miliardesimo di metro, può cambiare in maniera significativa le sue proprietà. Le nanoparticelle possono migliorare diverse caratteristiche dei polimeri e di conseguenza dell’imballaggio: resistenza meccanica, resistenza termica nella plastica, inoltre, possono conferire olio o idrorepellenza ai materiali cellulosici. Questo poiché i materiali nanocomposti uniscono le caratteristiche tecniche della matrice con quelle proprie del materiale che costituisce le nanoparticelle. Così per esempio alla cellulosa potranno essere conferita alcune proprietà tipiche dei metalli senza snaturare il materiale stesso. Nelle plastiche le nanoparticelle possono migliorare le proprietà di barriera ai gas, in particolare all’ossigeno e al vapor acqueo, caratteristiche strategiche per esempio per gli imballaggi cosmetici che devono proteggere al meglio principi attivi e ingredienti delle formulazioni. Le nanoparticelle possono essere addizionate a diversi tipi di matrici plastiche come il PE o il PET. Le proprietà e le caratteristiche tecniche del materiale per il packaging ovviamente variano a seconda della matrice e delle caratteristiche delle nanoparticelle impiegate. Con le nanoparticelle è possibile inoltre creare dei coating che possono essere applicati al materiale da imballaggio incrementandone le proprietà, senza di fatto modificare il materiale stesso. Inoltre, sono impiegate anche nei processi di stampa, basti pensare agli inchiostri di nuova generazione, così come per le decorazioni.

Nanomateriali: chimica e struttura

I nanomateriali sono tecnicamente dei materiale compositi, ossia materiali in cui sono presenti due o più fasi distinte che hanno funzioni differenti e contribuiscono tutte alla prestazione globale del materiale finale. Le fasi sono chimicamente diverse e separate da un’interfaccia ben distinta.

Tipicamente una fase costituisce il legante (la matrice: un polimero nel caso dei compositi polimerici), mentre l’altra – o le altre – gli additivi, con ruolo di rinforzo meccanico o funzionale.

Un nanocomposito polimerico e un composito in cui un elemento all’interno del polimero ha almeno una dimensione nell’ordine dei nanometri (1-100 nm). Le nanoparticelle fino a ora utilizzate per migliorare le prestazioni dei materiali sono di natura metallica (come il nano-argento, nano titanio, ma anche nanoargille particelle ceramiche, carbon black). Nell’ordine dei nanometri per migliorare le performance tecniche sono stati impiegati anche nanotubi e nanofibre di carbonio, nanocristalli e nanofibre di cellulosa.

Il problema della sicurezza e delle nanoparicelle

I nanocompositi hanno dunque una diffusione su larga scala e la tendenza sembra in aumento, questo richiede una particolare attenzione alla sicurezza degli imballaggi a base di nanoparticelle, fossero solo presenti anche in dei semplici rivestimenti. Le informazioni sul comportamento di questi materiali non sono ancora del tutto note. Non vi è ancora un panorama chiaro sugli effetti che queste particelle possono avere sulla salute umana, e vi sono ancora poche informazioni sul comportamento delle nanoparticelle nel packaging, in particolare sui fenomeni di migrazione tra imballaggio e matrice. Per quanto riguarda l’aspetto sanitario delle nanoparticelle, al di là della loro provenienza, quindi indipendentemente dal fatto di essere presenti come ingredienti della formulazione o come migranti dall’imballaggio, lo Scenihr (Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks), il comitato europeo per la valutazione dei rischi per la salute umana ha ancora diversi dubbi circa la sicurezza per l’uomo e per l’ambiente dei nanomateriali. In base alle più recenti evidenze pubblicate in letteratura è difficile stabilire criteri generali per la valutazione della valutazione del rischio globale: ogni situazione necessita di un approccio caso per caso. Dal punto di vista della sicurezza per la salute mancano in letteratura dati sistematici, è però nota per alcuni tipi di nanoparticelle la capacità di penetrare attraverso le cellule, di generare radicali liberi, interferire con il DNA e con la sintesi proteica. Particolari sospetti destano i nanotubi in carbonio, per la somiglianza con le fibre di amianto; per le nanoparticelle persistenti si teme inoltre il bioaccumulo ai vertici della catena alimentare. Ma questa è un’altra storia.