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Short run printing: come gestire le tirature brevi

Le richieste del mercato si stanno sempre più orientando verso la riduzione dei volumi delle tirature. Le short run sono sempre più caratterizzate da elementi di complessità come la stampa di copie singole, le personalizzazioni, le nobilitazioni sia analogiche sia digitali. Ecco come tutto ciò può diventare fonte di guadagno per lo stampatore.

Integrare la produzione di massa con le tirature di piccole dimensioni

L’argomento delle tirature brevi in stampa mi fornisce l’occasione di fare una premessa di carattere più generale rispetto al cambiamento delle modalità di fruizione della comunicazione, a cui stiamo assistendo ormai da parecchi anni, da quando cioè la rivoluzione digitale ha progressivamente modificato il paradigma stesso della comunicazione. La generazione del millennial unita alla grande crisi economica che ancora attanaglia la società occidentale ha profondamente mutato le abitudini all’acquisto da un lato e alla fruizione dell’informazione dall’altro. I giovani non leggono più, o meglio leggono solo frammenti che passano dai social, comprano on line e low cost. Non a caso le grandi agenzie di comunicazione mondiali stanno riconsiderando le proprie organizzazioni stringendo accordi con partner tecnologici allo scopo di sviluppare soluzioni in grado di massimizzare gli investimenti dei clienti, raggiungendo i target identificati con azioni sempre più precise. In quest’ottica – la personalizzazione spinta che si trasforma talvolta in individualizzazione del messaggio – anche il mercato della stampa viene naturalmente influenzato, sia nel campo dell’editoria, sia nel settore della comunicazione della brand identity e della stampa commerciale in genere per arrivare anche a interessare il packaging. I budget destinati alla stampa commerciale e pubblicitaria soffrono la concorrenza dei canali digitali per i motivi sopra citati e sempre più si afferma il concetto di just in time, non si pianificano le produzioni, si fa nel momento in cui si consuma. Evidentemente le cosiddette short runs ono sempre più richieste dal cliente dell’azienda di stampa e si affiancano alle produzioni di massa che fortunatamente ancora rappresentano uno zoccolo duro benché progressivamente rosicchiato dai nuovi scenari di marcato.

L’azienda di stampa si trova quindi dover pianificare flussi di lavoro a velocità variabili, facendo un grande esercizio di ottimizzazione di tempi e risorse.

Per questo motivo sempre più sono le soluzioni tecnologiche che dalla carta bianca permettono di giungere al prodotto finito senza soluzione di continuità del processo produttivo, senza l’intervento dell’operatore umano, ottimizzando quelli che sono i tempi di preparazione degli impianti, il raggiungimento degli standard qualitativi di produzione, il cambio di lavoro. L’industria 4.0, offrendo l’opportunità alle aziende di intraprendere un percorso verso l’automazione, l’integrazione dei processi e l’utilizzo pro attivo delle informazioni legate alle lavorazioni, può favorire un punto di incontro tra economia, margini operativi e richieste del mercato, sempre più orientato al consumatore 2.0.

Cosa significhi short run non è così scontato, o meglio, non si può definire con questo termine un insieme omogeneo di lavorazioni/prodotti. Un processo di stampa breve può essere costituito da elementi tecnologici differenti da applicazione a applicazione, a seconda del mercato di riferimento. Non è solo con i numeri che possiamo definire cosa sia una tiratura breve.

Short run: la definizione

Abbiamo posto una serie di domande a un paio aziende che affiancano alla produzione di massa realizzata fondamentalmente con il processo offset, tirature di piccole dimensioni, per cercare di capire come ognuna possa interpretare e organizzare questa particolare area produttiva.

Il Gruppo Rotolito copre questo segmento produttivo già da svariati anni, ed è parte integrante dell’offerta che l’azienda ha nel suo portfolio. Ci spiegano che con il termine short run, spesso, si intendono due concetti: print on demand e short run. Per print on demand si intendono ordini di stampati che per la maggior parte vengono effettuati tramite piattaforme di e-commerce e che consentono di ricevere in breve tempo la merce. I quantitativi vanno da una copia a poche decine di copie. Sono per lo più prodotti non particolarmente complessi e stampati su una scelta di carte limitate e in formati prestabiliti. La stampa short run è invece applicabile a una più vasta gamma di prodotti sia editoriali sia commerciale: dagli inviti ai prodotti del packaging di lusso. Le tirature sono ovviamente basse ma, se prendiamo ad esempio la clientela Nava Press, la qualità è molto elevata con lavorazioni complesse e finiture elaborate: cover in tessuto, uso di carte e supporti diversi, embossing, debossing, verniciature, finiture laser e fustelle che richiedono tempi più lunghi per la loro produzione.

Su questo aspetto anche Lazzati Industria Grafica ritiene che la tipologia di organizzazione interna e il portfolio clienti sia determinante nella definizione di short run; la strutturazione dei processi di preventivazione e vendita al cliente nonché la tipologia dello stesso, crea una differenziazione radicale nella gestione delle tirature brevi.

Va osservato che i principali player di stampa online, hanno ampliato enormemente il catalogo della propria offerta, sia in termini di tipologia di prodotto sia varietà di materiali; è indubbio peraltro che per gestire in tempi praticamente on the flyle commesse, l’omologazione e la standardizzazione devono farla da padrona. Formati di stampa e materiali in primis.

Emerge chiaro che l’organizzazione e l’integrazione dei processi interni è elemento sotto osservazione speciale delle aziende che si trovano a produrre una miriade di commesse il cui valore è spesso piccolo. L’obiettivo è quello di accorciare la filiera che dalla fase commerciale porta al prodotto finito, integrando i flussi tecnici digitale e tradizionale interfacciando i dati di commessa con quelli di produzione, di delivery e magazzino. Senza dimenticare che il valore del costo del clicè comunque un fattore imprescindibile nella definizione del break even tra offset e digitale, e di conseguenza è fattore determinante nella costruzione del margine.

Verso una gestione integrata

Parlando di short run, l’analisi dell’equilibrio economico tra processo digitale e tradizionale è un aspetto interessante perché le due tecnologie si stanno confrontando a colpi di tempi di avviamento sempre più performanti contro velocità sempre più alte, con qualità sempre più convergenti su standard comuni. Ciò che emerge dallo scambio con le aziende intervistate (Rotolito e Lazzati Industria Grafica) lascia intendere che questo trend benché pressoché stabile a livello numerico (numero di copie di break even) necessita di un approccio sempre più integrato. Paradossalmente il processo produttivo per alcune tipologie di prodotti, tende a diventare agnostico e solo alla fine si rivela in una tecnologia oppure in un’altra. Al cliente, fermo restando la qualità finale, materiali impiegati, tempi e costi, poco importa la tecnologia. Ritorna quindi pressante il tema della gestione integrata dei processi di pianificazione della produzione, controllo dei carichi delle macchine in tempo reale, controllo e indirizzamento dei file trasparente rispetto alle tecnologie.

Se le caratteristiche del prodotto da stampare sono chiaramente adatte a una tipologia di attrezzatura, il sistema di stampa che verrà utilizzato è ovviamente definito sempre prima, già in fase di preventivazione e il cliente è a conoscenza del sistema che verrà utilizzato. La maggior parte dei print buyer, in base alla tipologia del prodotto di cui hanno necessità, sanno quali sono tecnologie più adatte a stamparlo e di conseguenza a quale stampatore rivolgersi.

Come si possano gestire long run e short run è anche una questione di opportunità relative ai carichi di lavoro, come sottolinea Lazzati Grafiche, talvolta capita che si dirottino in digitale lavori che potrebbero essere svolti in tradizionale a causa dell’occupazione degli impianti con lavori di lunga durata.

Naturalmente, precisa Rotolito, customizzazione, personalizzazione, tempi di consegna e confezionamento, sono elementi che rendono la stampa digitale l’unica soluzione di stampa adatta a soddisfare queste esigenze. Personalizzazione e customizzazione sono richieste anche per cataloghi in alte tirature, ma con copertine customizzate con informazioni e immagini di diversi distributori per quanto riguarda i cataloghi di prodotti o di agenzie per i cataloghi di tour operator. Le macchine da stampa digitale inkjet di HP, collegate in linea a sistemi di confezionamento del blocco libro rendono il ciclo produttivo più veloce.

L’interoperabilità dei processi

Un altro tema che vale la pena di indagare per approfondire riguarda come si approccia il tema della interoperabilità dei processi. È possibile praticamente avere processi allineati sugli stessi standard e ripetibiliin ogni momento? Da quello che emerge è necessario distinguere tra produzioni di qualità standard come potrebbero essere opere editoriali, come ci dice Rotolito, laddove per esigenze del cliente, la tiratura in offset richiede di essere ristampata in digitale. Dato che molti editori tendono a eliminare le giacenze per ridurre i costi di stoccaggio e di obsolescenza che incidono molto sul costo di ogni libro, vanno gestite scorte e giacenze con copie stampate in digitale.

Differente il caso di produzioni di qualità molto elevata, come sostiene Lazzati Industria Grafica, dove per raggiungere gli standard richiesti è necessario ricorrere a calibrazioni e caratterizzazioni specifiche sul singolo lavoro, manutenzioni puntuali e spesso anche a prove preliminari. Qui l’allineamento con i processi tradizionali, è attività più delicata, che non può essere ottenuta senza una cura particolare per manutenzione, verifiche e processi di calibrazione.

Ma ciò è in linea con un approccio più moderno che, piuttosto che ricercare standard che definiscano i requisiti del processo tecnico, definiscano i requisiti di qualitàche deve avere il prodotto, definendo classi che consentano di gestire in modo efficiente le produzioni a seconda del valore che queste rappresentano, indipendentemente dal processo impiegato. È quello che viene fissato anche in normative ISO come la serie 15339, che fissa i criteri per i quali è possibile giungere ai risultati prefissati, indipendentemente dalle tecnologie impiegate, agendo su tutti i parametri del processo che influenzano la qualità cromatica, con l’obiettivo di ottenere una certa classe di ripetibilità e qualità finale. Un approccio molto seguito Oltreoceano, in quel contesto ideale, che parte appunto dal presupposto che sempre più non è il processo tecnico di stampa al centro della produzione, ma è il risultato che vogliamo ottenere che guida le scelte. Naturalmente è possibile pensare a un’integrazione come sopra appena accennata (richiederebbe un deciso approfondimento tecnico per una presentazione più dettagliata) possedere alcuni requisiti di base: uno su tutto, che le macchine di produzione in questione possano risiedere entro uno stessa comune gamma tonale di colori riproducibili (gamut); o meglio che il processo digitale sia in grado di copiare il processo tradizionale, attraverso le opportune calibrazioni e caratterizzazioni.

La preparazione dei file

L’aspetto della preparazione del file per la stampa nelle brevi tirature è senz’altro uno dei tasti che può diventare dolente e che ha fatto saltare parecchi progetti di aziende di stampa digitale. In generale tutto ciò che precede la stampa di un lavoro breve, rischia di mandare alle ortiche il piccolo margine che la commessa riesce a fatica a mettere insieme. Gli stampatori online lo hanno capito bene e delegano sul cliente tutti i problemi e responsabilità rispetto alla corretta preparazione del file, salvo addebitare eventuali costi aggiuntivi per la manipolazione o assistenza alla preparazione del file. Ma evidentemente questo approccio, che funziona nel print-on-demand non è applicabile tal quale nelle relazioni B2B, dove l’interazione con il cliente è più strutturata, la consulenza una prerogativa imprescindibile ricercata. In aziende come Rotolito o Lazzati Industria Grafica il flusso di lavoro attraverso il quale, a seguito della positiva conclusione della fase commerciale, la commessa viene generata, deve necessariamente essere altamente automatizzato e abbracciare tutti i processi produttivi e commerciali e logistici che contribuiscono alla realizzazione. A maggior ragione considerando l’incremento delle piccole commesse digitali; l’impegno delle macchine, la gestione degli approvvigionamenti, la preventivazione/consuntivazione e rilevazione dei dati di produzione la logistica, devono produrre il flusso di dati che governa il sistema e permetta di valutarne i risultati tecnici ed economici. La soluzione che Rotolito ha pensato prevede l’integrazione ai sistemi di gestione del flusso di lavoro, con parti sviluppate in proprio. In particolare, per quanto riguarda la stampa digitale inkjet, i sistemi di connessione tra la macchina da stampa e la macchina di confezione in linea sono stati sviluppati in collaborazione con i partner e rappresentano, per entrambe le due linee di produzione HP T360 connessa a Muller Martini e la HP T480 connessa a Man Roland, le due prime linee  di questi brand messe in produzione in modalità in linea. Lazzati Industria Grafica attualmente usa un sistema informatico di Proxima: proto con preventivo commessa consuntivo raccolta dati magazzino contabilità ecc. Il sistema è performante e preciso, ma un po’ troppo laborioso per un flusso digitale, quindi l’azienda ha allo studio soluzioni per integrare con software di terze pari per migliorare le prestazioni nella la gestione delle commesse digitali, che sia più snello rispetto a quello offset.

Va precisato che questo è stato un problema che si è presentato sovente quando si è tentato di adattare gestionali studiati appositamente per la produzione offset a flussi di lavoro digitali: alcune logiche non sono trasferibili senza un radicale adattamento (si pensi solo alla costruzione dei costi orari delle macchine, quando nel digitale l’unità base è il clic).

Aziende di dimensioni come quelle qui analizzate sono esempi di applicazione di metodi che e concetti industriali virtuosi applicati a produzioni alle quali tradizionalmente non erano abituate, come del resto è accaduto per tutte le aziende di stampa offset, chi più chi meno. Un aspetto che emerge sicuramente è che la possibilità di fare utili dalle short run è proporzionale al livello di efficienza che l’azienda ha saputo mettere in atto. Questo significa non solo tecnologie di stampa performanti, ma integrazione tra le fasi, automazione dei processi di finishing. Macchine che parlano tra di loro, in grado di ridurre al minimo i tempi di attesa tra una commessa e la successiva, setup automatici dei dispositivi. Il concetto della stampa push to stop è proprio questo: il flusso di produzione non si arresta se non per l’intervento dell’operatore (al contrario della filosofia push to start). Ma questo è possibile se il governo delle informazioni e il flusso dei dati è gestito in maniera integrata. La relazione con il cliente, gestito attraverso l’area commerciale può svolgere un ruolo fondamentale? A mio avviso sì; solo se il cliente viene educato e correttamente informato/istruito sulle reali aspettative che deve avere rispetto agli aspetti qualitativi, alle tempistiche, alla corretta preparazione dei file (elemento fondamentale), le short run, che sempre più saranno caratterizzate da complessità quali stampa di copie singole, personalizzazioni, nobilitazioni sia analogiche sia digitali, potranno essere fonte di guadagno per lo stampatore.

Xeikon, soluzione digitale per buste stand-up

Xeikon annuncia il lancio della sua soluzione di stampa digitale per buste stand-up. Una recente innovazione che è stata sviluppata per i settori dei beni di consumo: alimentare, chimico e farmaceutico. Il processo digitale di stampa sulle buste risponde alle tendenze attuali, ovvero numeri elevati di SKU, tempi di commercializzazione più brevi e la diffusione sempre più capillare delle buste nei negozi. I proprietari dei marchi che desiderano ottenere un elevato impatto sugli scaffali con i loro prodotti sono attirati dalle buste flessibili per la loro capacità di restare verticali, il peso ridotto e la sostenibilità. Xeikon ha semplificato una parte essenziale del processo di produzione per fornire una soluzione per cambi lavoro rapidi e quindi più produttiva.

Filip Weymans, Xeikon VP marketing, afferma che «si tratta di un esempio di ciò che chiamiamo ‘innovazione guidata dai clienti’. Concentrandoci su questa applicazione stiamo rispondendo alle richieste dei nostri clienti e alle tendenze attuali delle preferenze dei consumatori. Questo sviluppo porta il nostro portafoglio di soluzioni digitali al livello successivo. Grazie al nostro know-how tecnologico, Xeikon si posiziona perfettamente per presentare processi digitali innovativi».

Le buste stand-up possono essere abbastanza complesse da produrre se si considera la natura flessibile dei vari strati che le compongono. Si tratta fondamentalmente di un sacchetto laminato ottenuto da diversi strati di materiale che richiedono diversi passaggi di produzione. Xeikon sta cercando di semplificare il processo per fornire una soluzione più produttiva. Procedendo inizialmente con la stampa digitale di testo e grafica su un materiale termico laminato, lo strato esterno della busta è pronto per i passaggi successivi. Vengono quindi creati diversi strati mediante la laminazione con una serie di barriere per la protezione prima che la busta venga infine assemblata nel corso del processo di produzione.

La stampa digitale con la tecnologia a toner secco di Xeikon presenta alcuni vantaggi: qualità di stampa elevata su supporti flessibili, riduzione nei costi di avviamento e nessun costo per i cambi lavoro. La macchina è in grado di stampare informazioni di dati variabili con un solo colore o in quadricromia. Per lavori molto impegnativi, con volumi elevati e molto complessi, per i quali è necessario valutare quali processi e tecnologie possono garantire un vantaggio commerciale, il break-even point tra processo flessografico e digitale è di almeno 4.000 metri lineari.

Il museo tipografico dinamico

La Tipografia Pliniana è una moderna azienda grafica in grado di stampare in offset e in digitale. Ma è anche un luogo dove rivivere le antiche tecniche tipografiche grazie all’allestimento di un museo storico che contiene, funzionanti, tutte le attrezzature e i caratteri accumulati nel corso del 106 anni della sua storia e mai disperse perché l’azienda umbra non ha mai cambiato sede e dismesso nulla.

Nella frazione di Selci di San Giustino, un comune di poco più di 11.000 abitanti in provincia di Perugia, è da sempre attivo quello che può essere considerato ancora oggi, dopo 106 anni dalla sua fondazione, un prezioso tassello della storia italiana delle arti grafiche: lo stabilimento tipografico Pliniana. È una realtà che vale la pena di scoprire. Non tanto e non solo perché è oggi un’attiva azienda grafica (500 mila euro di fatturato, otto dipendenti) che stampa in digitale e in offset e che è anche casa editrice, ma perché all’interno dei suoi locali ha allestito un vero e proprio museo dinamico, uno spazio nel quale sono conservate e mantenute in perfetta efficienza tutte le attrezzature tipografiche che sono state dismesse negli anni 90, quando è passata a tecniche di stampa offset e digitali. Un patrimonio che comprende tutto quanto fa parte della storia e dell’attività di una tipografia, dai caratteri mobili allo statuto fondativo, e che non si è disperso un po’ per il fatto che l’azienda non ha mai cambiato sede, un po’ forse per la pigrizia di passate gestioni nello smaltire tutto quello che poteva essere definito impropriamente “vecchiume”, un po’ per la lungimiranza della nuova proprietà che ha conservato tutto anche quando è subentrata negli anni 90. Quando poi ha deciso di effettuare una ristrutturazione completa dell’azienda, tra il 2010 e il 2012, ha scelto non solo di preservare macchine e dotazioni, ma di farne un museo aperto a tutti.

La storia

La Pliniana nasce nel 1913, con la denominazione di Società Anonima Cooperativa Tipografica Plinianasu iniziativa del parroco Don Roggero Fiordelli, figura eclettica e arguta, appassionato studioso e lettore. All’inizio era, di fatto, un distaccamento della tipografia Leonardo da Vinci di Città di Castello che, in un fiorente periodo di commesse in eccedenza, affidava alla Pliniana il lavoro che non riusciva a smaltire. Il fondamento di questa attività era costituito dai suoi lavoratori, selezionati tra gli abitanti del luogo e iniziati all’arte della stampa. Le competenze, che, nonostante la scarsa alfabetizzazione, crescevano con l’esperienza, permettevano loro di realizzare opere di elevato spessore e in breve tempo lo stabilimento cominciò a stampare per numerose case editrici. Nel 1923 la società cooperativa viene trasformata in società anonima per facilitare eventuali aumenti di capitale e poter acquistare così nuovi macchinari e caratteri. Nel 1940, l’avvocato e imprenditore di origine sarda, Luigi Pillitu, acquisisce in proprio lo stabilimento, diventandone proprietario e direttore, ma l’esperienza dura poco tempo a causa delle difficoltà di mercato e di gestione. Seguono gli anni plumbei della Seconda Guerra Mondiale, resi complessi dalla difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, dai licenziamenti, dal personale maschile in guerra. Cambi di proprietà traghettano la Pliniana dai prosperi e felici anni Cinquanta fino ai momenti di crisi degli anni Settanta, caratterizzati da scioperi, rivendicazioni sindacali, proteste dei lavoratori ed esigenze aziendali difficili da conciliare. La società esce dagli anni Ottanta ormai in liquidazione ed è nel 1989 che un gruppo di dipendenti decide di costituirsi in cooperativa, rilevando l’attività e lo stabilimento dalla precedente proprietà Nardi: nasce così lo Stabilimento Tipografico Pliniana Società Cooperativa. I soci investono quasi tutti i loro trattamenti di fine rapporto nella società e nei primi anni Novanta sono protagonisti di una svolta epocale: grazie a un notevole investimento in macchinari si assiste all’abbandono del piombo per passare alla fotocomposizione e alla stampa offset, migliorandone la competitività sul mercato.

Giorgio Zangarelli, attuale presidente della Pliniana e presidente della sezione grafica cartotecnica di Confindustria Umbra, è uno dei lavoratori di quell’azienda che ha avuto il coraggio di investire la sua liquidazione e di rilevare l’attività. «Non avevamo scelta – ci spiega – altrimenti la società sarebbe stata liquidata e noi avremmo perso il lavoro». Zangarelli racconta con orgoglio di quando nella Pliniana  era un tipocompositore, con tanto di diploma, e ci fa vedere con immutata passione un po’ della storia della sua azienda, a partire dallo statuto fondativo del 1913, nel quale si leggono frasi del tipo “può essere espulso dalla società chi ha commesso azioni disonoranti” e obblighi quali “sorvegliare e controllare l’andamento dello stabilimento tipografico e del commercio librario in modo che l’attività sociale non si svolga in modo contrario alla morale, alle religioni e alle istituzioni dello Stato”. Non solo, nello statuto si avverte che “per garantire la moralità della produzione libraria e la moralità degli operai, il consiglio di amministrazione, d’accordo con l’autorità ecclesiastica, eleggerà una commissione di vigilanza alla quale spetterà il diritto di impedire la pubblicazione di opere contrarie alla religione e al buon gusto”. Anche questo ha il sapore e il fascino del passato, come il piombo dei caratteri a stampa.

Il museo

Come dicevamo, le tante proprietà che la Pliniana ha avuto nel corso di oltre un secolo di storia hanno avuto in comune la bella idea di non trasferire mai la sede e di non disfarsi mai di nulla. Ed ecco quindi all’interno della sua sede in Viale Francesco Nardi 12 l’allestimento del Museo Storico Pliniana. un vero e proprio museo cristallizzato negli anni 90, quando la tipografia ha interrotto la produzione a piombo per introdurre sistemi di stampa più moderni. Ci sono ancora le bellissime cassettiere in legno piene di caratteri in piombo, tutti ancora divisi per tipologia e dimensione e gli attrezzi che servivano per la manutenzione delle macchine, dall’ampolla dell’olio al cacciavite, dal martello ai bulloni. Ci sono le scatole con le matrici che venivano ordinate in Inghilterra, tutti i manuali con le istruzioni per il corretto funzionamento dei macchinari. I cliché in zinco sono posizionati in ordine sul tavolo e alcuni sono appesi alla parete: raffigurano piantine di città, ritratti fotografici, frontespizi di libri, i loghi delle istituzioni che per lungo tempo hanno commissionato alla tipografia innumerevoli pubblicazioni. E soprattutto ci sono le attrezzature, rimaste nel loro posto originale e tutte perfettamente funzionanti: dalla macchina da stampa piano-cilindrica Super Unigraf alla piegatrice Leonis, dalla linotype alla monotype. Sono pronte per essere messe in funzione, e ogni tanto succede. Quando arriva una scolaresca, un anziano le accende, fa sciogliere il piombo, forma le lettere e consegna ai ragazzi il loro nome e cognome a carattere di stampa. Ma non soltanto per le scuole: Tipografia Pliniana è disponibile a rimettere il passato in funzione anche quando un cliente particolarmente attento alla storia delle arti grafiche chiede un lavoro fatto con le antiche tecniche. Un museo che dal 2011 ha aderito al Sistema Museale dell’Umbriae dal 2013 fa parte dell’Aimsc – Associazione Italiana Musei della Stampa e della Carta. «Peccato che non ci siamo molti fondi a disposizione per questo genere di attività – afferma dispiaciuto Zangarelli – per cui noi non riceviamo alcuna sovvenzione per quello che facciamo. Per fortuna non dobbiamo affrontare costi elevati, perché il museo è nei locali della Pliniana e le macchine vengono mantenute in ordine e messe in funzione da un ex dipendente in pensione che non vede l’ora che arrivi una scolaresca per dare loro vita e stupire gli studenti con le vecchie tecniche di stampa».

LA TIPOGRAFIA

La tipografia Pliniana è una delle più antiche e conosciute tipografie dell’Italia centrale. Dotata di macchinari per la stampa offset e per la stampa digitale è in grado di soddisfare un’ampia varietà di esigenze: dalla produzione libraria di pregio alla realizzazione di qualsiasi tipo di materiale pubblicitario. In particolare, è specializzata nella stampa di volumi di alta qualità e di difficile realizzazione tecnica, libri rivolti a un pubblico qualificato ed esigente, per la cui realizzazione non si può improvvisare. Oggi, come in passato, collabora con prestigiose istituzioni civili e religiose, committenti pubblici e privati. All’interno il personale qualificato è in grado di fornire il supporto tecnico necessario in tutte le fasi di lavorazione: dalla prestampa alla stampa e confezione.

LA CASA EDITRICE

La Pliniana, con la denominazione di Editrice Pliniana, è anche casa editrice. Per i suoi primi cento anni, festeggiati nel 2013, ha editato un volume sulla propria storia utilizzando tre tecniche di stampa: in copertina la parola Pliniana è ripetuta due volte, al dritto, in stampa tipografica a piombo, in rosso (serie Diocleziano corpo 48) e, subito sotto, in forma speculare, la stessa parola a rovescio in nero, come prima di essere inchiostrata. Il tutto in offset, mentre le pagine interne sono state realizzate in digitale. «È racchiusa tutta in questa scelta grafica e di stampa la filosofia dello storico Stabilimento Tipografico di Selci Lama, ovvero guardare al futuro con fiducia sostenuto e sospinto da un passato fatto di lavoro, sacrifici, ma anche da tante soddisfazioni» afferma il presidente della Pliniana Giorgio Zangarelli.

STAMParte: l’installazione di MCA Digital tra tecnologia, arte e sostenibilità

In occasione della Milano Design Week 2019, MCA Digital inaugura STAMParte, un progetto che coniuga arte e sostenibilità presentando un allestimento di grande fascino ed emozione. L’installazione, che sarà ospitata dall’8 aprile al 10 maggio presso Decor Lab – laboratorio di soluzioni e prodotti per decorazione e architettura d’interni, vede MCA capofila di un team di aziende che hanno lavorato sinergicamente per valorizzare le opere dell’artista Grey Est utilizzando i sistemi HP Latex R. L’obiettivo di STAMParte è rimuovere il confine tra tecnologia, design e cultura d’impresa. Le aziende che hanno preso parte a questa poliedrica collaborazione sono state scelte da MCA per la propensione a lavorare su progetti articolati con un approccio green. MCA insieme a Colorzenith, Win Sport, New Lab, LF Printing hanno tradotto le opere di Grey Est in decori applicati su una gamma di superfici e materiali variegati: rivestimenti murali, pavimentazioni, arredi, complementi, car wrapping, lightbox, controsoffitti e vetrine. Il risultato è un ambiente particolare, che crea un connubio tra la creatività artistica e le elevate prestazioni delle stampanti HP Latex in termini di qualità, sostenibilità e flessibilità di utilizzo. Una tecnologia che dimostra ancora una volta di ampliare gli orizzonti progettuali, rendendo possibili proposte innovative, personalizzate e a basso impatto ambientale.

«A chi si occupa di interior design, contract, fashion, sempre più frequentemente viene richiesto di valorizzare uno spazio o un prodotto con modalità che esaltino l’identità che il cliente vuole trasmettere» commenta Cristina Del Guasta, socio di MCA Digital. «Le aziende che abbiamo coinvolto in questa inedita installazione si distinguono per la capacità di parlare con i propri clienti non solo di prodotti, ma di soluzioni che soddisfano la crescente richiesta di lavorare in modo sostenibile».

Le creazioni di Grey Est, caratterizzate da pennellate di grande intensità, sono state riprodotte utilizzando la tecnologia HP Latex R su diversi supporti per riprodurre motivi decorativi di grande impatto visivo. Le sue opere, infatti, esprimono un mix unico di emozione, colore e realtà, raccontando storie in cui la vita quotidiana si mescola a fantasie senza limiti.

«Con STAMParte desideriamo incuriosire e coinvolgere i visitatori di Decor Lab, architetti, designer, art director, aziende di produzione e stampatori, che saranno invitati a guardare non solo le singole applicazioni, ma potranno vivere un’esperienza» spiega Del Guasta. «Un progetto articolato che dimostra concretamente il valore del networking, coinvolgendo oltre ai quattro clienti, anche partner tecnici quali Punto Piuma, Guandong Italia, Arlon e Massivit 3D».

MCA, infatti, si distingue sul mercato grazie a un approccio fortemente votato all’innovazione orientata allo sviluppo di nuove idee e soluzioni inedite e alla volontà di usare il business come forza positiva con l’obiettivo di diffondere un paradigma di impresa più evoluto.

Omet collabora con ICI, Printability and Graphic Communication Institute in Canada

Smart packaging, prodotti connessi e interattivi, merce rintracciabile, elementi anticontraffazione: in questo momento vengono compiuti numerosissimi sforzi da parte di distributori e proprietari di marchi per migliorare, tra gli altri, l’immagine di un brand, la data di scadenza e il monitoraggio dei prodotti, l’esperienza del consumatore e in definitiva ridurre lo spreco di cibo. I miliardi di merci che transitano nei mercati sono l’obiettivo di questa rivoluzione smart che forse cambierà drasticamente il nostro stile di consumo. A questo scopo, le funzionalità intelligenti (smart) integrano ad esempio sensori o dispositivi comunicanti inseriti nel prodotto o nel packaging stesso al fine di monitorare, archiviare e trasmettere informazioni specifiche quali la registrazione della temperatura, lo stato di apertura, la localizzazione, contenuti di marketing aggiuntivi, ecc..
Fino ad ora, queste caratteristiche intelligenti (es: illuminazione, tag di comunicazione, sensori di temperatura, sistemi antimanomissione, ecc.) sono state sviluppate e commercializzate, ma sono per lo più utilizzate per prodotti di lusso, beni ad alto valore aggiunto e serie limitate. Perché? Perché i loro costi di produzione e di integrazione rimangono troppo alti per diventare economici per miliardi di merci e pacchetti monouso. Le tecnologie di stampa hanno un grande potenziale per la produzione di queste caratteristiche smart su substrati flessibili, in grandi serie e a basso costo. Ma rimangono delle limitazioni tecnologiche che hanno ritardato la vera industrializzazione di queste applicazioni.

Per questo, l’istituto canadese Printability and Graphic Communication (ICI) ha condotto i suoi sforzi nella ricerca e nello sviluppo per aiutare il settore della stampa a superare queste sfide tecnologiche, sviluppare un know-how specifico e industrializzare la produzione di applicazioni stampate intelligenti e funzionali.
In questo contesto, 4 anni fa l’ICI ha investito su una macchina da stampa ibrida Omet Varyflex VF430 con il sostegno finanziario del FCI (Canadian Foundation for Innovation) e del CNR (National Research Council Canada). Omet ha mostrato anche grande interesse a sostenere l’ICI in questo investimento e ha collaborato con l’Istituto per apportare alcune modifiche sulla macchina da stampa per adattarsi alle esigenze della “stampa funzionale”. Questa macchina a nastro stretto polivalente e multi-processo mira, infatti, a sostenere la ricerca e lo sviluppo di prototipi e potenziare nuovi materiali e applicazioni sviluppate in laboratori accademici, privati o aziende. Negli ultimi anni, l’ICI ha stampato con successo sulla Varyflex materiali conduttivi e modelli per sensori intelligenti e dispositivi di comunicazione. Uno dei suoi più grandi risultati è l’industrializzazione di una batteria flessibile completamente stampata da 1,5 V o 3V utilizzando flessografia, serigrafia e processi di laminazione. Grazie al lavoro collaborativo tra il team di ICI e i partner industriali del settore della stampa canadese, questa batteria a basso costo ha attratto l’interesse dei grandi protagonisti dell’elettronica flessibile e del mercato degli imballaggi smart, alla ricerca di una fonte a basso costo di energia per alimentare milioni di applicazioni smart. I risultati ottenuti dalle prove sulla Omet Varyflex possono essere direttamente sfruttati e trasferiti ai partner industriali che si stanno ora concentrando sull’investimento in una nuova linea di stampa per la produzione e commercializzazione della batteria.

Grazie a una maggiore esperienza nella prototipazione e nella stampa funzionale, ICI ha sviluppato importanti canali di collaborazione con le Università di tutto il Canada. È per esempio coinvolto nel progetto U-fame con il Politecnico di Montréal, che si concentra sullo sviluppo, sulla produzione e sull’analisi di nuovi dispositivi di comunicazione stampata utilizzando la tecnologia a radiofrequenza.
L’ICI fa anche parte della NSERC Green Electronics Network dall’estate 2018. In questa rete pan-canadese, 13 università, 1 college, 20 ricercatori e più di 20 aziende collaboreranno per sviluppare una nuova generazione di applicazioni elettroniche stampate con materiali più sostenibili e processi produttivi. Con il sostegno delle sue infrastrutture, l’ICI svolgerà un ruolo centrale per assistere e formare ricercatori e studenti a elaborare nuovi materiali ecologici stampabili per avviarli su attrezzature roll-to-roll su larga scala.
Seguendo questo trend, l’ICI continuerà a sfruttare e ad accrescere le potenzialità della Varyflex con la collaborazione della Omet. Entro la fine del 2018, verranno aggiunte ulteriori unità di stampa e asciugatura. Altre tecnologie, lontane dalle apparecchiature di stampa convenzionali (cioè sinterizzazione, robotica, ecc.) potrebbero essere valutate anche per aumentarne la versatilità ai fini della produzione di elettronica ibrida.

 

Guandong invita alla scoperta di WOW Print Lab

In occasione della Design Week 2019, Guandong invita a scoprire un nuovo stimolante progetto rivolto a designer, stampatori digitali, fotografi, creativi, grafici, tipografi, imprenditori e innovatori. Si tratta di WOW Print Lab, uno spazio di incontro permanente dove i professionisti della comunicazione potranno confrontarsi e condividere competenze, ispirazioni e conoscere nuove tecnologie.

All’interno del laboratorio, organizzato come un vero e proprio experience centre, troveranno spazio le più moderne attrezzature per la realizzazione di progetti di “comunicazione spaziale” che guideranno i visitatori alla scoperta di come dall’idea creativa si arriva all’oggetto stampato, nobilitato e sagomato. Obiettivo: generare nuovo valore per una comunicazione efficace e conquistare nuovi spazi nella mente e nell’ambiente fisico del Cliente.

Il progetto WOW Print Lab nasce dalla collaborazione tra PRIMA (tecnologie post stampa), CANON (stampanti digitali), PICO (software Adobe e tavolette grafiche Wacom) e GUANDONG, specializzata nella fornitura di supporti innovativi per la stampa digitale che possono essere personalizzati e riposizionati infinite volte per creare e cambiare il messaggio comunicazionale in 1 minuto.

Durante l’evento verrà creato un vero e proprio flusso produttivo che, partendo dall’idea, eseguirà live tutti i passaggi per arrivare al prodotto finito. La filiera sarà costituita da una postazione Eizo con tavolette Wacom, si passerà poi alla stampante Canon per arrivare alle finiture realizzate con plastificatrici e nobilitatrici fino al taglio e alla cordonatura. Il tutto utilizzando diversi supporti di stampa firmati Guandong.

WOW Print Lab fa parte delle iniziative della Repubblica del Design, il nuovo district presentato in occasione del Salone del Mobile 2019. Un’associazione culturale nata con l’intento di integrare Design e Territorio con il patrocinio di PoliMI e Comune di Milano, in collaborazione con Enea, GSE e ADI.

La stampa 4.0 protagonista alla Print4All Conference

Il settore della stampa, la cui filiera vale in Italia oltre 24 miliardi di euro, è al centro di una profonda evoluzione e nell’era del web si conferma fondamentale per creare un legame duraturo tra prodotto e consumatore.

Il consumatore è cambiato: sempre più avido di esperienze da postare sui social, vuole entrare in relazione emozionale anche con i prodotti che acquista. In questo contesto, il packaging esplora nuove soluzioni per diventare un mezzo sempre più interattivo: così, attraverso un codice stampato sulla confezione, le barrette energetiche possono trasmettere sul nostro smartphone la playlist per fare fitness, l’etichetta sulla bottiglia di birra attiva un test digitale che verifica se abbiamo bevuto troppo, il farmaco ha impresso sul blister un sistema connesso per permetterci di comunicare direttamente via web alla casa farmaceutica eventuali problemi riscontrati.

Principale fautore di questo progresso è la stampa 4.0, l’evoluzione che sta cambiando uno dei settori più antichi. All’interno della quarta rivoluzione industriale, che sta modificando profondamente processi industriali e abitudini di consumo grazie alle prospettive offerte dal 5G, dall’Intelligenza Artificiale e dall’Industry 4.0, anche l’invenzione di Gutenberg del XV secolo diventa artefice di innovazione: si calcola che nel mondo ci siano oltre 900 startup dedicate al printing, che nell’ultimo anno hanno raccolto circa 1 miliardo di dollari.

Le potenzialità innovative e a tratti rivoluzionarie di questo settore, la cui filiera vale in Italia 24 miliardi di Euro (fonte Acimga e Argi), sono state oggetto della Print4All Conference, appuntamento organizzato a Fiera Milano il 21 e 22 marzo scorsi nell’ambito del cammino di avvicinamento a Print4All, la manifestazione dedicata al settore che tornerà a Fiera Milano dal 4 al 7 maggio 2021.

La stampa è complice della conquista del nuovo consumatore, che non si accontenta più di avere ciò che hanno anche gli altri, ma chiede di essere parte attiva nella creazione del prodotto che acquisterà. Secondo recenti ricerche, più del 50% dei consumatori è interessato ad acquistare prodotti su misura, 1 su 5 sarebbe disposto a pagare un prodotto personalizzato il 20% in più e si stima che il valore del mercato dei prodotti personalizzati nel 2021 arriverà a 31 miliardi di dollari, in crescita del 55% rispetto al 2016 (Fonte: Deloitte Consumer Review 2015).

Tra i Millennials, che sfuggono da anni a ogni indagine di mercato, e la misteriosa Generazione Z, che li sta rapidamente sostituendo, i brand hanno, così, individuato proprio nella mass customization, la personalizzazione di massa, una soluzione per essere competitivi e incontrare le esigenze del consumatore.

La personalizzazione è, così, una delle principali direttrici delle strategie di marketing di oggi per soddisfare il cliente, perché in grado di rendere unici anche gli oggetti seriali, spesso proprio grazie all’uso di tecniche di stampa sempre più evolute. Ma non basta. L’attenzione sempre più alta da parte del consumatore al tema ambientale e le stringenti leggi nazionali ed europee che coinvolgono il mondo dei materiali da imballo – carta, plastica, vetro, legno, tra gli altri – fa crescere la propensione per le scelte di economia circolare.

Grazie a tecnologie in grado di ridurre dimensione e peso del packaging, a inchiostri ad acqua e a colle non inquinanti fatte di amido, cresce la percentuale di materiali da imballo riciclabili – in alcuni casi, come la carta e il cartone ondulato anche oltre l’80%. Si garantisce un impatto ambientale sempre minore, con la garanzia di poter avere prodotti sicuri anche nell’era dell’e-commerce che ha dato un forte impulso agli imballi secondari (le scatole dei corrieri, inviate a casa nostra dagli e-shop di ogni tipo). Anche in questo caso la stampa è al centro dell’evoluzione e se ne fa garante, sia dal punto di vista tecnico, con soluzioni a basso impatto, sia mediante strategie di comunicazione che la vedono principale veicolo del messaggio “green” lanciato dal prodotto.

Il packaging per il settore alimentare

La richiesta di cibi pronti con ingredienti personalizzati, la riduzione dell’impatto ambientale degli imballaggi, la riorganizzazione della logistica imposta dalla globalizzazione e dalla diffusione dell’e-commerce guidano la progettazione del food packaging.

Con il cambiamento degli stili di vita e l’aumento degli acquisti online anche gli imballaggi per alimenti si rinnovano.

I nuovi contenitori devono essere versatili, funzionali e attraenti sia per la pubblicità e la distribuzione convenzionali, sia per la comunicazione e gli acquisti in Rete.

Personalizzazione del packaging e dell’alimento si intrecciano e trovano nuove vie per superare il problema degli extracosti e della minor produttività che tali scelte impongono al confezionamento industriale. Tra queste l’idea di frazionare le diverse fasi del processo. Accade per esempio con le confezioni multiscomparto delle insalate di IV gamma. Alla vaschetta base che contiene un’insalata indifferenziata, si sovrappone un vassoio plurialveolato al quale, su linee satelliti presso la medesima azienda di produzione, in centri di distribuzione attrezzati o nel punto vendita, sono aggiunti gli ingredienti e i condimenti caratterizzanti. Lo yogurt segue un percorso similare, l’aromatizzazione della base bianca passa dal caseificio al punto vendita dotato di una o più confezionatrici rotative che riempiono i vasetti con ingredienti scelti dall’acquirente. Il vantaggio è duplice: personalizzazione del prodotti e garanzia di freschezza/funzionalità degli ingredienti aggiunti. Progettare un vasetto per questa filiera breve è molto diverso dal progettare un vasetto per la distribuzione classica. Il web favorisce una personalizzazione ancor più spinta. È il caso dell’azienda scozzese Andrews of Bothwell Ltd che, tramite il sito www.whiskyblender.com, invita i clienti a creare un proprio blend. Il cliente, poi chiamato a dare il nome al prodotto e disegnarne l’etichetta, diventa il comaker di una bottiglia unica, da conservare, riutilizzare, collezionare.

Tra vintage ed edizioni limitate

Quando troppa tecnologia o troppo minimalismo non si addicono al marchio, le aziende alimentari si affidano a un packaging vintage: confezioni dall’aspetto familiare, talvolta nostalgico, riedizioni di grafiche storiche a sottolineare la longevità della marca, sinonimo di garanzia di qualità del prodotto. Il packaging vintage rende rassicurante anche un marchio relativamente nuovo.

Trasmette autenticità, affidabilità e immediata riconoscibilità. Lo stratagemma grafico più utilizzato è un font che riproduca la scrittura manuale. Conferisce alla confezione un’immagine calda, autentica, artigianale atta a ricordare che dietro a quel prodotto ci sono delle persone. Altrettanto efficaci sono le edizioni limitate che trasformano il packaging in un oggetto da collezione.

Si pensi per esempio alle reiterate campagne declinate da Nutella Ferrero, dapprima etichette con i nomi propri, a seguire i messaggi positivi per augurare una buona giornata rafforzati dalle campagne web The Message Deliverye Messaggi in Barattolo e dal temporary eshop dove gli utenti personalizzano e acquistano online il proprio barattolo. È stata poi la volta delle Dialettichette decorate con 135 diverse frasi dialettali, di Nutella Lampada dove la decorazione trasformava il barattolo in un diffusore colorato e di Nutella Unica, dove ogni etichetta aveva una grafica diversa attestata da un codice di autenticazione.

In tutti questi casi la confezione sarà conservata ben oltre il termine della shelf life del prodotto, di qui la necessità di un materiale e di una stampa che durino nel tempo.

La multisensorialità

Quando si coinvolgono più sensi si ha un effetto iper additivo sulle cellule nervose. La vista è colpita dal colore e dagli effetti ottici trasmessi dal packaging e ha ancor più importanza oggi, con lo shopping online, dove la confezione deve poter essere valutata in maniera mediata dallo schermo di un dispositivo elettronico. Ci sono poi le sensazioni tattili. Liscio, ruvido, morbido, setoso, freddo, caldo sono solo alcune delle sensazioni ricavabili con il tatto. Ma il tatto è utilizzato anche per veicolare importanti informazioni atte a evitare sprechi. Ne è un esempio il Bump Marksviluppato dalla designer Solveiga Pakastaite. Si tratta di una piccola etichetta multistrato contenente della gelatina bioattiva, la cui formula è calibrata in funzione della shelf life del prodotto che riporterà l’etichetta stessa. Dall’esterno verso l’interno è composta da: un film plastico stampabile, uno strato di gelatina bioattiva, uno strato di plastica rigido con protuberanze e dove gli spazi vuoti sono colmati dalla gelatina in modo che l’etichetta si presenti piana e per finire da un film plastico che andrà a contatto con la confezione. L’etichetta è inizialmente liscia al tatto, con il passare del tempo la gelatina si liquefa evidenziando le protuberanze. Toccando l’etichetta il consumatore sa che il prodotto ha superato la shelf life e non può più essere ingerito.

Personalizzato, compostabile, edibile: le ultime tendenze degli imballaggi per il food.

La stampa 3D

Nella progettazione packaging alimentare, la stampa 3D è utilizzata soprattutto per ridurre i tempi di prototipazione e per correggerne gli errori. I software per la stampa 3D permettono di creare tracciati vettoriali su misura, visualizzare il modello completo di grafica personalizzata e stampare l’imballaggio senza dover investire in attrezzature, fustelle e software dedicati.

Un’altra interessante evoluzione è la possibilità di rendere un tutt’uno packaging e prodotto. Lo ha fatto Smart Cups, azienda che produce bicchieri in biopolimero, biodegadabilie. Sul fondo interno del bicchiere sono stampate in 3D delle microcapsule solubili in acqua contenenti coloranti, aromi, vitamine e sali minerali. Il bicchiere è venduto tal quale in confezioni da 5, 10 o 20 pezzi. È sufficiente riempirlo con 266 ml di acqua per ottenere una bevanda funzionale, pronta da gustare. I bicchieri sono impilabili e ogni fila da 10 pezzi occupa lo stesso spazio in altezza di una bottiglia da 250 ml con notevoli riduzioni dei costi logistici, in termini di spazio di stoccaggio ed ottimizzazione dei trasporti. Un autoarticolato carico di Smart Cups trasporta oltre 10 volte le stesse bevande confezionate in bottiglie tradizionali e il peso del carico è decisamente inferiore.

Ambiente

L’uso di imballaggi biodegradabili, compostabili, riciclabili o riutilizzabili è importante per le aziende perché è importante per i consumatori. Da tempo si citano i biopolimericome un’area di possibile evoluzione del food packaging, in quanto utili dal punto di vista delle materie prime di partenza, del recupero dell’imballaggio a fine vita, e per sganciarsi dal mutevole andamento di disponibilità e di prezzi dei prodotti petroliferi.

La biodegradabilità è la caratteristica che accomuna le sostanze naturali che, essendo assimilate dai microrganismi, possono essere reimmesse nel ciclo biologico. Il processo avviene in due fasi: la frammentazione del materiale favorita da umidità, calore, enzimi, raggi UV e la biodegradazione vera e propria a opera di microrganismi, che utilizzano i suddetti frammenti come fonte alimentare e di energia trasformandoli in CO2 e acqua in tempi accettabili. La compostabilità è la capacità di un materiale di trasformarsi in compost mediante compostaggio. I materiali compostabili devono essere biodegradabili, disintegrabili, non devono incidere negativamente sulla qualità del compost. La biodegradabilità è valutata misurando la conversione metabolica del materiale compostabile in anidride carbonica. La valutazione quantitativa e temporale è effettuata con un metodo di prova standard.

La disintegrabilità è la frammentazione e perdita di visibilità del materiale nel compost finale. È misurata con una prova di compostaggio su scala pilota. Il materiale è biodegradato con dei rifiuti organici per 3 mesi, il compost ottenuto è vagliato con un setaccio di 2 mm di luce. I residui del materiale di prova aventi dimensioni superiori a 2 mm non devono ammontare a più del 10% della massa iniziale. L’assenza di effetti negativi sul processo di compostaggio e sulla qualità del compost sono verificate rispettivamente con una prova di compostaggio su scala pilota e con una prova di crescita di piante eseguita su campioni di compost ottenuto dal materiale di prova. Non si devono esserci differenze rispetto ad un compost di controllo.

Particolarmente originali in tal senso sono le scatole in fibra cellulosica da materiale riciclato, riciclabile, compostabile, biodegradabile nella cui struttura sono inseriti semi ricavati da piante coltivate rispettando gli obblighi imposti dalla normativa sulla agricoltura biologica. Terminato il prodotto, il consumatore immerge il contenitore in acqua per un minuto circa e lo sotterra. Dopo qualche settimana nasceranno piante di erbe medicinali e aromatiche.

I biopolimeri

Attualmente, nel settore degli imballaggi si impiegano soprattutto polimeri ottenuti da derivati del petrolio. Sottoposte a cracking le catene idrocarburiche si rompono e si ottengono le molecole utilizzabili per la produzione della plastica. Fin dagli anni ’80 del secolo scorso si sono cercati nuovi sistemi per produrre polimeri di origine non petrolchimica, sia biodegradabili, sia non biodegradabili. L’adozione su larga scala di questi materiali è stata finora rallentata dal prezzo superiore a quello dei polimeri tradizionali, da performance non sempre accettabili, da difficoltà di produzione su impianti tradizionalmente impiegati nel comparto plastica. Quanto finora utilizzato in ambito food packaging può essere suddiviso in tre grandi categorie.

La prima è costituita da polimeri estratti come tali dalle biomasse, tra questi i più utilizzati sono i polisaccaridi di origine vegetale (cellulosa, amido, pectine, gomma arabica); i polisaccaridi di origine marina (carragenani e agar dalle Rodoficee, alginati dalle Feoficee); i polisaccaridi di origine microbica (gellano, destrano, xantano, scleroglucano); i polisaccaridi di origine animale (chitosano e glicogeno).

La seconda categoria è costituita dai polimeri sintetici, primo fra tutti il PLA (acido polilattico) ottenuto dalla fermentazione dall’amido di mais.

La terza categoria è costituita da polimeri prodotti da microrganismi, per esempio il PHA (poliidrossialcanoati) e derivati. L’amido è un polisaccaride molto diffuso in natura, è miscelato ad altri polimeri per ottenere materiali processabili.

Dai suddetti blend si ricavano materiali plastici flessibili o rigidi.

Alcuni anni fa la quota di biopolimeri da amido era molto elevata, oggi il mercato guarda con maggior favore ai biopolimeri ricavati da biomonomeri. L’ applicazione più diffusa è la produzione di vaschette in espanso per prodotti ortofrutticoli. Sono disponibili in vari spessori, forme e formati, sono igieniche e idonee al contatto con gli alimenti, attutiscono gli urti proteggendo il contenuto da ammaccature e altri danni. Il PLA è versatile, riciclabile con tecniche meccaniche o chimiche, compostabile, ma è relativamente fragile, non resiste alle alte temperature, non è utilizzabile per il riscaldamento al microonde e per il contatto con prodotti caldi.

È utilizzato principalmente come adesivo per laminazione di film nel settore dell’imballaggio, come film sottile o per imballaggi rigidi non barriera (vassoi per gastronomia, stoviglie per il catering). L’utilizzo delle bioplastiche riduce l’impatto ambientale, ma non risolve il problema. Sono pertanto allo studio sistemi che consentano di evitare la produzione di rifiuti correlati al cibo in termini di sprechi alimentari e di imballaggi da smaltire. Di qui il grande impulso alla ricerca di polimeri edibili da utilizzare come coating direttamente sul prodotto o per produrre imballaggi edibili, meglio se termoformabili come gli attuali contenitori di plastica.

Mangiare o sgranocchiare anche il contenitore

Le perplessità sugli imballaggi edibili vanno dei pari passo con quelle sull’uso degli insetti in cucina. Eppure mangiamo imballaggi ogni giorno, si pensi per esempio alla buccia di frutta e verdura, alla parigina del gelato, alla pasta e alle coperture di cioccolato che racchiudono un ripieno.

L’obiezione è sempre la stessa, ingerire un imballaggio non è igienico, ma rispetto agli imballaggi tradizionali il packaging edibile avrebbe alcuni considerevoli vantaggi: non grava sulla filiera dei rifiuti, se abbandonato nell’ambiente degrada in breve tempo; permette un rilascio controllato dei conservanti o degli antimicrobici eventualmente incorporati nella sua struttura o spalmati sulla sua superficie; se addizionato di aromi, coloranti, edulcoranti migliora le caratteristiche organolettiche dell’alimento confezionato; può apportare nutrienti, si pensi per esempio a imballaggi edibili a base proteica; può separare gli strati di alimenti multicomponenti; è l’ideale per le monoporzioni o per alimenti difficilmente dosabili; può fungere da separatore in alimenti multistrato; può fungere da strato a diretto contatto con l’alimento in caso di materiali complessi.

La base degli imballaggi edibili è costituita da tre componenti: un biopolimero ad alto peso molecolare, che determina la rigidità, la flessibilità e la fragilità del materiale finito; un plasticizzante per ridurre la fragilità e aumentare la flessibilità del materiale; un solvente.

Possono inoltre essere aggiunti antimicrobici, antiossidanti, aromi e altre sostanze impiegate per aumentare la funzionalità specifica del materiale. Il primo passo per rendere accettabili questi materiali è stato utilizzarli per produrre stoviglie edibilida impiegare negli eventi ad alto afflusso (fiere, concerti, manifestazioni sportive) e nei fast food.

Da tempo esistono in commercio cannucce e bicchieri edibili a base agar. I problemi di igiene sono stati risolti avvolgendo questi oggetti con una pellicola protettiva biodegradabile rimovibile, che protegge il contenitore da insudiciamenti durante il trasporto e l’uso ripetuto. Ora la ricerca si è spostata sugli imballaggi per snack e monoporzioni di pronto consumo.

Intanto, un’azienda indonesiana produce e vende su larga scala imballaggi edibili ottenuti da biopolimeri estratti da alghe. La confezione si scioglie in acqua tiepida, è ricca di fibre e vitamine contribuendo ad aumentare il loro apporto con la dieta, è personalizzabile in termini di aromatizzazioni, colori di base, è stampabile, è saldabile a caldo, ha due anni di shelf life, è certificata Halal, la sua produzione rispetta la normativa sulla sicurezza igienica degli alimenti e qualora non fosse ingerita può essere usata come fertilizzante.

Associazione Culturale Studi Grafici: bando Calendario 2020, Premio Massimo Dradi

L’Associazione Culturale Studi Grafici (ACSG) bandisce la prima edizione del Premio Massimo Dradi. Il concorso grafico nazionale giunge alla diciannovesima edizione e ha come obiettivo la promozione della cultura grafica negli istituti superiori a indirizzo grafico o di comunicazione.

Il concorso è intitolato alla memoria di Massimo Dradi. Progettista grafico, insegnante di progettazione grafica presso il liceo artistico Toschi di Parma e poi presso la Villa Reale di Monza, Massimo era figlio d’arte.

“Favole al telefono” è il titolo del concorso. Gianni Rodari (Omegna, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980) è stato un giornalista, un pedagogista ed uno scrittore specializzato in letteratura per l’infanzia, famoso per la sua fantasia ed originalità. Attraverso racconti, filastrocche e poesie, diventati dei veri e propri classici, ha rinnovato profondamente la letteratura per ragazzi. Nel 2020 ricorre il centenario della nascita ed è stata perciò scelta una delle opere più famose di Gianni Rodari come tema del concorso.

Il protagonista di “Favole al telefono” è il ragionier Bianchi di Varese, rappresentante farmaceutico sempre in giro per lavoro, che ogni sera alle nove in punto racconta una favola al telefono alla figlia che non riesce a dormire. Le favole del libro sono settanta.

Il calendario, nelle sue tavole, deve rappresentare in forma grafica una diversa favola per ogni mese. La scelta delle favole da rappresentare è lasciata allo studente, tenendo conto che lo scopo finale dell’elaborato deve essere quello di contribuire a delineare la poliedricità e fantasia di Gianni Rodari, mantenendo nel contempo una coerenza grafica d’insieme.

Ogni tavola deve contenere il titolo della favola che rappresenta.

I partecipanti dovranno inviare entro e non oltre il 25 ottobre 2019 un progetto grafico costituito da 14 tavole — copertina, 12 mesi e colophon — che rispettino le indicazioni di stile e le regole previste dal bando.

Caratteristiche di iscrizione: il concorso è riservato ai giovani regolarmente iscritti a una scuola secondaria di secondo grado a indirizzo grafico o di comunicazione; ogni elaborato deve essere realizzato da massimo due partecipanti; ogni partecipante può presentare un solo progetto.

Per ulteriori informazioni: www.acsg.it.

Marketing Conversazionale, l’importanza del dialogo

Un tema di grande interesse e attualità: il Marketing Conversazionale è uno dei fenomeni evolutivi che più si fortificheranno nel corso dell’anno. Sfruttando l’intelligenza artificiale è ora possibile alle aziende raggiungere direttamente il target di riferimento, stabilendo relazioni più umane con i potenziali clienti.

Data l’importanza del tema l’interesse suscitato, torniamo a parlare di Marketing Conversazionale (Conversational Marketing). Vorrei subito mettere in evidenza il fatto che quando si parla di Marketing Conversazionale, non si parla tanto di un trend, di una moda o di una tendenza temporanea, quanto di un cambiamento paradigmatico nel modo di concepire il marketing digitale: non si cambiano infatti gli strumenti, ma il modo in cui questi strumenti vengono utilizzati nell’interagirecon il target.

Si intende per marketing conversazionale l’utilizzo di tutte le tecnologie (Sistemi di Chat, Facebook & Instagram Stories, Streaming Video, Audio e Integrazioni con CRM Aziendali) in grado di creare una esperienza di acquisto in forma dialogica con l’utente.

Esso ha uno scopo ben preciso: accorciare e rendere più snello il ciclo di vendita di una impresa tramite una esperienza d’uso più umana, basata su una conversazionecon il singolo utente in grado di incrementarne il livello di fiduciae di comprensione delle esigenze del target. Tramite il Marketing Conversazionale siamo, infatti, in grado di generare delle conversazioni uno-a-uno parlando con il singolo utente e rivolgendoci spesso in prima persona con lui: il tutto connotato da forme di conversazione “calde” (nel senso di dotate di empatia) e caratterizzate da un’alta forma di personificazione.

Il dialogo uno-a-uno con migliaia di clienti

Il Marketing Conversazionale riconcepisce gli strumenti spesso già in essere e adottati dalle imprese (come ad esempio le pagine social o le chat presenti sul sito web) aggiungendo a essi strumenti di innovazione tecnologica basati sull’intelligenza artificiale. Agisce per questo motivo in vari livelli del nostro sito web, e dei canali social aziendali riuscendo spesso a interconnetterli tra loro.

Facciamo alcuni esempi partendo dai numerosi sistemi di chat online sempre più presenti sui siti web: il Marketing Conversazionale agisce sulle online chat presenti sul sito aziendale potenziandole e rendendole in grado di rispondere in tempo reale a migliaia di conversazioni 24 ore su 24. Tutto questo è possibile grazie all’intelligenza artificiale e al natural language processing, ovvero quelle tecnologie in grado di leggere e processare automaticamente il linguaggio naturale. Per questo motivo questi strumenti dotati di intelligenza artificiale sono in grado di rispondere alle domande più frequenti – le classiche F.A.Q. Frequently Asked Questions– in modo automatico e 24 ore su 24. Queste nuove forme di online chat sono in grado di presentarsi all’utente parlando direttamente con lui, in modo naturale e connotato da forme di dialogo evolute. Sono infatti in grado di ascoltare e comprendere le domande e i bisogni dell’utente e di rispondergli automaticamente con dei contenuti coerenti.

Il dato interessante è che – tramite questi sistemi di intelligenza artificiale – la percezione da parte dell’utente è quella di stare dialogando via chat con un essere umano in un’esperienza dialogante: spesso non ci rendiamo conto di essere assistiti da un robot. Questi sistemi di chatbotnon sono tuttavia del tutto automatici, ma hanno bisogno di un operatore umano: nel momento in cui l’intelligenza artificiale non può entrare nel dettaglio, subentra l’operatore umano. Ma ciò che è interessante è dato dal fatto che il passaggio tra sistema di intelligenza artificiale in chat e operatore umano è del tutto trasparente all’utente.

Per questo motivo queste nuove tipologie di chat che vanno sotto il nome di chatbot, consentono di avere una forma di relazione diretta (uno ad uno), dialogica, e umana con l’utente nel senso che c’è sempre un essere umano a gestire la comunicazione.

La semi-automazione data dall’intelligenza artificiale ci consente di rispondere in tempo reale e contemporaneamente a migliaia di conversazioni in modo automatico e di fare intervenire l’operatore umano solo nel momento in cui è necessario un alto grado di personalizzazione sulle domande dirette e specifiche dell’utente.

Marketing conversazionale: un cambiamento paradigmatico nel modo di concepire il marketing digitale.

 

Personalizzare e definire funnel di risposta

Nell’adottare sistemi di chat, dobbiamo porre un alto grado di attenzione nel preparare il sistema di chat a gestire in modo semi-autonomo le conversazioni. Questo significa avere chiaramente in mente quali sono le domandeche il cliente farà per rispondere ai propri bisogni (preparazione degli argomenti della chat) e come organizzare la risposta automatica a questi quesiti. In questo senso dobbiamo preparare un percorso (funnel) per ottenere un flusso di risposta in grado di connotare la nostra chat di identità e valori coerenti rispetto al nostro target. Questo è un aspetto decisamente importante in quanto dobbiamo – tramite il Marketing Conversazionale – personalizzare la chat dandole in alcuni casi un volto e una identità coerenti con i valori del target.

Diverse imprese B2B adottano, infatti, forme molto avanzate di identità nelle loro chat connesse a figure professionali esistenti e spesso key account manager. Nel senso che la chat non ha un nome generico, ma è dotata di un vero e proprio avatar (ad esempio Maria o Mario Rossi) che è riconducibile a una identità all’interno del gruppo: Mario o Maria Rossi che saranno i Key Account che seguiranno il cliente.

Oltre alla umanizzazione, il carattere di cross channel

Altra caratteristica importante del Marketing Conversazionale è il carattere tipicamente cross channel e cross platform. I sistemi di chatbot possono tranquillamente essere integrati – oltre che nel sito web – in diversi dispositivi, ed essere quindi transmediali, nel senso che seguono il cliente su diversi canali e media aziendali.

Uno dei casi più efficaci è rappresentato da Facebook Messenger: Messenger è il terzo social network per diffusione al mondo secondo il più recente report sui media digitali nell’anno 2018 da parte di Hootsuite/We Are Social. È il primo servizio di social chat a consentire di programmare dei flussi di comunicazione in modo tale da automatizzare le conversazioni con il target tramite intelligenza artificiale (chatbot). Messenger rende quindi possibili le azioni che abbiamo precedentemente visto sul nostro sito web aziendale, anche sulle pagine di Facebook, consentendo forme di comunicazione diretta e assistita anche sui canali social aziendali.

Perché il Marketing Conversazionale è importante

Gli utenti sia B2B sia B2C sentono il Marketing Conversazionale come una esigenza poiché uno dei compiti che essi ascrivono ai brand/impresa è quello di risolvere i loro problemi, e/o di accrescere le loro opportunità: il tutto in un clima basato sulla fiducia e sulla relazione personale. La vendita si sposta quindi da un piano di persuasione a un piano di capacità di ascoltare i bisogni e di proporre una soluzione valida ed efficace. Valori come empatia e fiducia diventano quindi fondamentali nella strategia di vendita. Non serve più di tanto affermare che il prodotto X è leader nella sua categoria, quanto accompagnare il cliente all’ascolto e all’analisi del suo problema fino alla soluzione di esso. Questo cambiamento non è ascrivibile a questo ultimo decennio, ma al contrario trova i germi della sua nascita nella fase conclusiva del XX secolo e precisamente nell’anno 1999. Era, infatti, parte fondante e prima tesi del Cluetrain Manifesto. Il Cluetrain Manifesto viene spesso identificato come il manifesto fondativo del Marketing Digitale. Nato nell’anno 1999, ha definito tramite 95 tesi i capisaldi dell’evoluzione di internet come strumento di marketing in questi ultimi 20 anni.

Proprio la prima tesi del Cluetrain Manifesto – Tesi n°1, i mercati sono conversazioni– ha determinato nella sua progressiva adozione un cambiamento paradigmatico dei linguaggi e la nascita del Marketing Convesazionale: perde, infatti, sempre più peso la comunicazione basata su slogan, e viene sempre più sentita da parte delle persone l’esigenza di una relazione emozionale con i brand e con le figure operanti al proprio interno. I motivi per cui il Marketing Conversazionale si sta sviluppando esponenzialmente sono dati dal superamento di diversi vincoli tecnologici, primo tra tutti la impossibilità di gestire tramite operatore umano in tempo reale alti flussi di conversazione, cosa che è ora possibile grazie al ruolo dell’intelligenza artificiale.

L’adozione di forme di comunicazione relazionali con un alta componente di dialogo (one-to-one) stanno sviluppando negli utenti di internet dinamiche refrattarie verso le forme di comunicazione precedenti connotate da un alto grado di anonimità, spersonalizzazione e freddezza poiché basate su dati demografici.

Parlare ai propri clienti e non alle demografiche

Questa frase è affascinante, ma non deve indurci in un errore: la frase parla ai tuoi clienti e non alle demografiche, non significa delegittimare i valori dei dati ritenendo che i dati e le demografiche non contino nulla. Al contrario il basare la propria strategia sull’essere Data Driven è un asset fondamentale per comprendere e spesso anticipare i bisogni del nostro target. Le demografiche e più in generale i dati sui consumer behaviour devono infatti essere il punto di partenza di una strategia di comunicazione e Marketing Conversazionale e non il punto di arrivo. I brand – adottando il Marketing Conversazionale – si possono per questi motivi riformare e diventare conversantipoiché le persone sentono il bisogno parlare e comunicare con loro.