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Omet collabora con ICI, Printability and Graphic Communication Institute in Canada

Smart packaging, prodotti connessi e interattivi, merce rintracciabile, elementi anticontraffazione: in questo momento vengono compiuti numerosissimi sforzi da parte di distributori e proprietari di marchi per migliorare, tra gli altri, l’immagine di un brand, la data di scadenza e il monitoraggio dei prodotti, l’esperienza del consumatore e in definitiva ridurre lo spreco di cibo. I miliardi di merci che transitano nei mercati sono l’obiettivo di questa rivoluzione smart che forse cambierà drasticamente il nostro stile di consumo. A questo scopo, le funzionalità intelligenti (smart) integrano ad esempio sensori o dispositivi comunicanti inseriti nel prodotto o nel packaging stesso al fine di monitorare, archiviare e trasmettere informazioni specifiche quali la registrazione della temperatura, lo stato di apertura, la localizzazione, contenuti di marketing aggiuntivi, ecc..
Fino ad ora, queste caratteristiche intelligenti (es: illuminazione, tag di comunicazione, sensori di temperatura, sistemi antimanomissione, ecc.) sono state sviluppate e commercializzate, ma sono per lo più utilizzate per prodotti di lusso, beni ad alto valore aggiunto e serie limitate. Perché? Perché i loro costi di produzione e di integrazione rimangono troppo alti per diventare economici per miliardi di merci e pacchetti monouso. Le tecnologie di stampa hanno un grande potenziale per la produzione di queste caratteristiche smart su substrati flessibili, in grandi serie e a basso costo. Ma rimangono delle limitazioni tecnologiche che hanno ritardato la vera industrializzazione di queste applicazioni.

Per questo, l’istituto canadese Printability and Graphic Communication (ICI) ha condotto i suoi sforzi nella ricerca e nello sviluppo per aiutare il settore della stampa a superare queste sfide tecnologiche, sviluppare un know-how specifico e industrializzare la produzione di applicazioni stampate intelligenti e funzionali.
In questo contesto, 4 anni fa l’ICI ha investito su una macchina da stampa ibrida Omet Varyflex VF430 con il sostegno finanziario del FCI (Canadian Foundation for Innovation) e del CNR (National Research Council Canada). Omet ha mostrato anche grande interesse a sostenere l’ICI in questo investimento e ha collaborato con l’Istituto per apportare alcune modifiche sulla macchina da stampa per adattarsi alle esigenze della “stampa funzionale”. Questa macchina a nastro stretto polivalente e multi-processo mira, infatti, a sostenere la ricerca e lo sviluppo di prototipi e potenziare nuovi materiali e applicazioni sviluppate in laboratori accademici, privati o aziende. Negli ultimi anni, l’ICI ha stampato con successo sulla Varyflex materiali conduttivi e modelli per sensori intelligenti e dispositivi di comunicazione. Uno dei suoi più grandi risultati è l’industrializzazione di una batteria flessibile completamente stampata da 1,5 V o 3V utilizzando flessografia, serigrafia e processi di laminazione. Grazie al lavoro collaborativo tra il team di ICI e i partner industriali del settore della stampa canadese, questa batteria a basso costo ha attratto l’interesse dei grandi protagonisti dell’elettronica flessibile e del mercato degli imballaggi smart, alla ricerca di una fonte a basso costo di energia per alimentare milioni di applicazioni smart. I risultati ottenuti dalle prove sulla Omet Varyflex possono essere direttamente sfruttati e trasferiti ai partner industriali che si stanno ora concentrando sull’investimento in una nuova linea di stampa per la produzione e commercializzazione della batteria.

Grazie a una maggiore esperienza nella prototipazione e nella stampa funzionale, ICI ha sviluppato importanti canali di collaborazione con le Università di tutto il Canada. È per esempio coinvolto nel progetto U-fame con il Politecnico di Montréal, che si concentra sullo sviluppo, sulla produzione e sull’analisi di nuovi dispositivi di comunicazione stampata utilizzando la tecnologia a radiofrequenza.
L’ICI fa anche parte della NSERC Green Electronics Network dall’estate 2018. In questa rete pan-canadese, 13 università, 1 college, 20 ricercatori e più di 20 aziende collaboreranno per sviluppare una nuova generazione di applicazioni elettroniche stampate con materiali più sostenibili e processi produttivi. Con il sostegno delle sue infrastrutture, l’ICI svolgerà un ruolo centrale per assistere e formare ricercatori e studenti a elaborare nuovi materiali ecologici stampabili per avviarli su attrezzature roll-to-roll su larga scala.
Seguendo questo trend, l’ICI continuerà a sfruttare e ad accrescere le potenzialità della Varyflex con la collaborazione della Omet. Entro la fine del 2018, verranno aggiunte ulteriori unità di stampa e asciugatura. Altre tecnologie, lontane dalle apparecchiature di stampa convenzionali (cioè sinterizzazione, robotica, ecc.) potrebbero essere valutate anche per aumentarne la versatilità ai fini della produzione di elettronica ibrida.

 

Guandong invita alla scoperta di WOW Print Lab

In occasione della Design Week 2019, Guandong invita a scoprire un nuovo stimolante progetto rivolto a designer, stampatori digitali, fotografi, creativi, grafici, tipografi, imprenditori e innovatori. Si tratta di WOW Print Lab, uno spazio di incontro permanente dove i professionisti della comunicazione potranno confrontarsi e condividere competenze, ispirazioni e conoscere nuove tecnologie.

All’interno del laboratorio, organizzato come un vero e proprio experience centre, troveranno spazio le più moderne attrezzature per la realizzazione di progetti di “comunicazione spaziale” che guideranno i visitatori alla scoperta di come dall’idea creativa si arriva all’oggetto stampato, nobilitato e sagomato. Obiettivo: generare nuovo valore per una comunicazione efficace e conquistare nuovi spazi nella mente e nell’ambiente fisico del Cliente.

Il progetto WOW Print Lab nasce dalla collaborazione tra PRIMA (tecnologie post stampa), CANON (stampanti digitali), PICO (software Adobe e tavolette grafiche Wacom) e GUANDONG, specializzata nella fornitura di supporti innovativi per la stampa digitale che possono essere personalizzati e riposizionati infinite volte per creare e cambiare il messaggio comunicazionale in 1 minuto.

Durante l’evento verrà creato un vero e proprio flusso produttivo che, partendo dall’idea, eseguirà live tutti i passaggi per arrivare al prodotto finito. La filiera sarà costituita da una postazione Eizo con tavolette Wacom, si passerà poi alla stampante Canon per arrivare alle finiture realizzate con plastificatrici e nobilitatrici fino al taglio e alla cordonatura. Il tutto utilizzando diversi supporti di stampa firmati Guandong.

WOW Print Lab fa parte delle iniziative della Repubblica del Design, il nuovo district presentato in occasione del Salone del Mobile 2019. Un’associazione culturale nata con l’intento di integrare Design e Territorio con il patrocinio di PoliMI e Comune di Milano, in collaborazione con Enea, GSE e ADI.

La stampa 4.0 protagonista alla Print4All Conference

Il settore della stampa, la cui filiera vale in Italia oltre 24 miliardi di euro, è al centro di una profonda evoluzione e nell’era del web si conferma fondamentale per creare un legame duraturo tra prodotto e consumatore.

Il consumatore è cambiato: sempre più avido di esperienze da postare sui social, vuole entrare in relazione emozionale anche con i prodotti che acquista. In questo contesto, il packaging esplora nuove soluzioni per diventare un mezzo sempre più interattivo: così, attraverso un codice stampato sulla confezione, le barrette energetiche possono trasmettere sul nostro smartphone la playlist per fare fitness, l’etichetta sulla bottiglia di birra attiva un test digitale che verifica se abbiamo bevuto troppo, il farmaco ha impresso sul blister un sistema connesso per permetterci di comunicare direttamente via web alla casa farmaceutica eventuali problemi riscontrati.

Principale fautore di questo progresso è la stampa 4.0, l’evoluzione che sta cambiando uno dei settori più antichi. All’interno della quarta rivoluzione industriale, che sta modificando profondamente processi industriali e abitudini di consumo grazie alle prospettive offerte dal 5G, dall’Intelligenza Artificiale e dall’Industry 4.0, anche l’invenzione di Gutenberg del XV secolo diventa artefice di innovazione: si calcola che nel mondo ci siano oltre 900 startup dedicate al printing, che nell’ultimo anno hanno raccolto circa 1 miliardo di dollari.

Le potenzialità innovative e a tratti rivoluzionarie di questo settore, la cui filiera vale in Italia 24 miliardi di Euro (fonte Acimga e Argi), sono state oggetto della Print4All Conference, appuntamento organizzato a Fiera Milano il 21 e 22 marzo scorsi nell’ambito del cammino di avvicinamento a Print4All, la manifestazione dedicata al settore che tornerà a Fiera Milano dal 4 al 7 maggio 2021.

La stampa è complice della conquista del nuovo consumatore, che non si accontenta più di avere ciò che hanno anche gli altri, ma chiede di essere parte attiva nella creazione del prodotto che acquisterà. Secondo recenti ricerche, più del 50% dei consumatori è interessato ad acquistare prodotti su misura, 1 su 5 sarebbe disposto a pagare un prodotto personalizzato il 20% in più e si stima che il valore del mercato dei prodotti personalizzati nel 2021 arriverà a 31 miliardi di dollari, in crescita del 55% rispetto al 2016 (Fonte: Deloitte Consumer Review 2015).

Tra i Millennials, che sfuggono da anni a ogni indagine di mercato, e la misteriosa Generazione Z, che li sta rapidamente sostituendo, i brand hanno, così, individuato proprio nella mass customization, la personalizzazione di massa, una soluzione per essere competitivi e incontrare le esigenze del consumatore.

La personalizzazione è, così, una delle principali direttrici delle strategie di marketing di oggi per soddisfare il cliente, perché in grado di rendere unici anche gli oggetti seriali, spesso proprio grazie all’uso di tecniche di stampa sempre più evolute. Ma non basta. L’attenzione sempre più alta da parte del consumatore al tema ambientale e le stringenti leggi nazionali ed europee che coinvolgono il mondo dei materiali da imballo – carta, plastica, vetro, legno, tra gli altri – fa crescere la propensione per le scelte di economia circolare.

Grazie a tecnologie in grado di ridurre dimensione e peso del packaging, a inchiostri ad acqua e a colle non inquinanti fatte di amido, cresce la percentuale di materiali da imballo riciclabili – in alcuni casi, come la carta e il cartone ondulato anche oltre l’80%. Si garantisce un impatto ambientale sempre minore, con la garanzia di poter avere prodotti sicuri anche nell’era dell’e-commerce che ha dato un forte impulso agli imballi secondari (le scatole dei corrieri, inviate a casa nostra dagli e-shop di ogni tipo). Anche in questo caso la stampa è al centro dell’evoluzione e se ne fa garante, sia dal punto di vista tecnico, con soluzioni a basso impatto, sia mediante strategie di comunicazione che la vedono principale veicolo del messaggio “green” lanciato dal prodotto.

Il packaging per il settore alimentare

La richiesta di cibi pronti con ingredienti personalizzati, la riduzione dell’impatto ambientale degli imballaggi, la riorganizzazione della logistica imposta dalla globalizzazione e dalla diffusione dell’e-commerce guidano la progettazione del food packaging.

Con il cambiamento degli stili di vita e l’aumento degli acquisti online anche gli imballaggi per alimenti si rinnovano.

I nuovi contenitori devono essere versatili, funzionali e attraenti sia per la pubblicità e la distribuzione convenzionali, sia per la comunicazione e gli acquisti in Rete.

Personalizzazione del packaging e dell’alimento si intrecciano e trovano nuove vie per superare il problema degli extracosti e della minor produttività che tali scelte impongono al confezionamento industriale. Tra queste l’idea di frazionare le diverse fasi del processo. Accade per esempio con le confezioni multiscomparto delle insalate di IV gamma. Alla vaschetta base che contiene un’insalata indifferenziata, si sovrappone un vassoio plurialveolato al quale, su linee satelliti presso la medesima azienda di produzione, in centri di distribuzione attrezzati o nel punto vendita, sono aggiunti gli ingredienti e i condimenti caratterizzanti. Lo yogurt segue un percorso similare, l’aromatizzazione della base bianca passa dal caseificio al punto vendita dotato di una o più confezionatrici rotative che riempiono i vasetti con ingredienti scelti dall’acquirente. Il vantaggio è duplice: personalizzazione del prodotti e garanzia di freschezza/funzionalità degli ingredienti aggiunti. Progettare un vasetto per questa filiera breve è molto diverso dal progettare un vasetto per la distribuzione classica. Il web favorisce una personalizzazione ancor più spinta. È il caso dell’azienda scozzese Andrews of Bothwell Ltd che, tramite il sito www.whiskyblender.com, invita i clienti a creare un proprio blend. Il cliente, poi chiamato a dare il nome al prodotto e disegnarne l’etichetta, diventa il comaker di una bottiglia unica, da conservare, riutilizzare, collezionare.

Tra vintage ed edizioni limitate

Quando troppa tecnologia o troppo minimalismo non si addicono al marchio, le aziende alimentari si affidano a un packaging vintage: confezioni dall’aspetto familiare, talvolta nostalgico, riedizioni di grafiche storiche a sottolineare la longevità della marca, sinonimo di garanzia di qualità del prodotto. Il packaging vintage rende rassicurante anche un marchio relativamente nuovo.

Trasmette autenticità, affidabilità e immediata riconoscibilità. Lo stratagemma grafico più utilizzato è un font che riproduca la scrittura manuale. Conferisce alla confezione un’immagine calda, autentica, artigianale atta a ricordare che dietro a quel prodotto ci sono delle persone. Altrettanto efficaci sono le edizioni limitate che trasformano il packaging in un oggetto da collezione.

Si pensi per esempio alle reiterate campagne declinate da Nutella Ferrero, dapprima etichette con i nomi propri, a seguire i messaggi positivi per augurare una buona giornata rafforzati dalle campagne web The Message Deliverye Messaggi in Barattolo e dal temporary eshop dove gli utenti personalizzano e acquistano online il proprio barattolo. È stata poi la volta delle Dialettichette decorate con 135 diverse frasi dialettali, di Nutella Lampada dove la decorazione trasformava il barattolo in un diffusore colorato e di Nutella Unica, dove ogni etichetta aveva una grafica diversa attestata da un codice di autenticazione.

In tutti questi casi la confezione sarà conservata ben oltre il termine della shelf life del prodotto, di qui la necessità di un materiale e di una stampa che durino nel tempo.

La multisensorialità

Quando si coinvolgono più sensi si ha un effetto iper additivo sulle cellule nervose. La vista è colpita dal colore e dagli effetti ottici trasmessi dal packaging e ha ancor più importanza oggi, con lo shopping online, dove la confezione deve poter essere valutata in maniera mediata dallo schermo di un dispositivo elettronico. Ci sono poi le sensazioni tattili. Liscio, ruvido, morbido, setoso, freddo, caldo sono solo alcune delle sensazioni ricavabili con il tatto. Ma il tatto è utilizzato anche per veicolare importanti informazioni atte a evitare sprechi. Ne è un esempio il Bump Marksviluppato dalla designer Solveiga Pakastaite. Si tratta di una piccola etichetta multistrato contenente della gelatina bioattiva, la cui formula è calibrata in funzione della shelf life del prodotto che riporterà l’etichetta stessa. Dall’esterno verso l’interno è composta da: un film plastico stampabile, uno strato di gelatina bioattiva, uno strato di plastica rigido con protuberanze e dove gli spazi vuoti sono colmati dalla gelatina in modo che l’etichetta si presenti piana e per finire da un film plastico che andrà a contatto con la confezione. L’etichetta è inizialmente liscia al tatto, con il passare del tempo la gelatina si liquefa evidenziando le protuberanze. Toccando l’etichetta il consumatore sa che il prodotto ha superato la shelf life e non può più essere ingerito.

Personalizzato, compostabile, edibile: le ultime tendenze degli imballaggi per il food.

La stampa 3D

Nella progettazione packaging alimentare, la stampa 3D è utilizzata soprattutto per ridurre i tempi di prototipazione e per correggerne gli errori. I software per la stampa 3D permettono di creare tracciati vettoriali su misura, visualizzare il modello completo di grafica personalizzata e stampare l’imballaggio senza dover investire in attrezzature, fustelle e software dedicati.

Un’altra interessante evoluzione è la possibilità di rendere un tutt’uno packaging e prodotto. Lo ha fatto Smart Cups, azienda che produce bicchieri in biopolimero, biodegadabilie. Sul fondo interno del bicchiere sono stampate in 3D delle microcapsule solubili in acqua contenenti coloranti, aromi, vitamine e sali minerali. Il bicchiere è venduto tal quale in confezioni da 5, 10 o 20 pezzi. È sufficiente riempirlo con 266 ml di acqua per ottenere una bevanda funzionale, pronta da gustare. I bicchieri sono impilabili e ogni fila da 10 pezzi occupa lo stesso spazio in altezza di una bottiglia da 250 ml con notevoli riduzioni dei costi logistici, in termini di spazio di stoccaggio ed ottimizzazione dei trasporti. Un autoarticolato carico di Smart Cups trasporta oltre 10 volte le stesse bevande confezionate in bottiglie tradizionali e il peso del carico è decisamente inferiore.

Ambiente

L’uso di imballaggi biodegradabili, compostabili, riciclabili o riutilizzabili è importante per le aziende perché è importante per i consumatori. Da tempo si citano i biopolimericome un’area di possibile evoluzione del food packaging, in quanto utili dal punto di vista delle materie prime di partenza, del recupero dell’imballaggio a fine vita, e per sganciarsi dal mutevole andamento di disponibilità e di prezzi dei prodotti petroliferi.

La biodegradabilità è la caratteristica che accomuna le sostanze naturali che, essendo assimilate dai microrganismi, possono essere reimmesse nel ciclo biologico. Il processo avviene in due fasi: la frammentazione del materiale favorita da umidità, calore, enzimi, raggi UV e la biodegradazione vera e propria a opera di microrganismi, che utilizzano i suddetti frammenti come fonte alimentare e di energia trasformandoli in CO2 e acqua in tempi accettabili. La compostabilità è la capacità di un materiale di trasformarsi in compost mediante compostaggio. I materiali compostabili devono essere biodegradabili, disintegrabili, non devono incidere negativamente sulla qualità del compost. La biodegradabilità è valutata misurando la conversione metabolica del materiale compostabile in anidride carbonica. La valutazione quantitativa e temporale è effettuata con un metodo di prova standard.

La disintegrabilità è la frammentazione e perdita di visibilità del materiale nel compost finale. È misurata con una prova di compostaggio su scala pilota. Il materiale è biodegradato con dei rifiuti organici per 3 mesi, il compost ottenuto è vagliato con un setaccio di 2 mm di luce. I residui del materiale di prova aventi dimensioni superiori a 2 mm non devono ammontare a più del 10% della massa iniziale. L’assenza di effetti negativi sul processo di compostaggio e sulla qualità del compost sono verificate rispettivamente con una prova di compostaggio su scala pilota e con una prova di crescita di piante eseguita su campioni di compost ottenuto dal materiale di prova. Non si devono esserci differenze rispetto ad un compost di controllo.

Particolarmente originali in tal senso sono le scatole in fibra cellulosica da materiale riciclato, riciclabile, compostabile, biodegradabile nella cui struttura sono inseriti semi ricavati da piante coltivate rispettando gli obblighi imposti dalla normativa sulla agricoltura biologica. Terminato il prodotto, il consumatore immerge il contenitore in acqua per un minuto circa e lo sotterra. Dopo qualche settimana nasceranno piante di erbe medicinali e aromatiche.

I biopolimeri

Attualmente, nel settore degli imballaggi si impiegano soprattutto polimeri ottenuti da derivati del petrolio. Sottoposte a cracking le catene idrocarburiche si rompono e si ottengono le molecole utilizzabili per la produzione della plastica. Fin dagli anni ’80 del secolo scorso si sono cercati nuovi sistemi per produrre polimeri di origine non petrolchimica, sia biodegradabili, sia non biodegradabili. L’adozione su larga scala di questi materiali è stata finora rallentata dal prezzo superiore a quello dei polimeri tradizionali, da performance non sempre accettabili, da difficoltà di produzione su impianti tradizionalmente impiegati nel comparto plastica. Quanto finora utilizzato in ambito food packaging può essere suddiviso in tre grandi categorie.

La prima è costituita da polimeri estratti come tali dalle biomasse, tra questi i più utilizzati sono i polisaccaridi di origine vegetale (cellulosa, amido, pectine, gomma arabica); i polisaccaridi di origine marina (carragenani e agar dalle Rodoficee, alginati dalle Feoficee); i polisaccaridi di origine microbica (gellano, destrano, xantano, scleroglucano); i polisaccaridi di origine animale (chitosano e glicogeno).

La seconda categoria è costituita dai polimeri sintetici, primo fra tutti il PLA (acido polilattico) ottenuto dalla fermentazione dall’amido di mais.

La terza categoria è costituita da polimeri prodotti da microrganismi, per esempio il PHA (poliidrossialcanoati) e derivati. L’amido è un polisaccaride molto diffuso in natura, è miscelato ad altri polimeri per ottenere materiali processabili.

Dai suddetti blend si ricavano materiali plastici flessibili o rigidi.

Alcuni anni fa la quota di biopolimeri da amido era molto elevata, oggi il mercato guarda con maggior favore ai biopolimeri ricavati da biomonomeri. L’ applicazione più diffusa è la produzione di vaschette in espanso per prodotti ortofrutticoli. Sono disponibili in vari spessori, forme e formati, sono igieniche e idonee al contatto con gli alimenti, attutiscono gli urti proteggendo il contenuto da ammaccature e altri danni. Il PLA è versatile, riciclabile con tecniche meccaniche o chimiche, compostabile, ma è relativamente fragile, non resiste alle alte temperature, non è utilizzabile per il riscaldamento al microonde e per il contatto con prodotti caldi.

È utilizzato principalmente come adesivo per laminazione di film nel settore dell’imballaggio, come film sottile o per imballaggi rigidi non barriera (vassoi per gastronomia, stoviglie per il catering). L’utilizzo delle bioplastiche riduce l’impatto ambientale, ma non risolve il problema. Sono pertanto allo studio sistemi che consentano di evitare la produzione di rifiuti correlati al cibo in termini di sprechi alimentari e di imballaggi da smaltire. Di qui il grande impulso alla ricerca di polimeri edibili da utilizzare come coating direttamente sul prodotto o per produrre imballaggi edibili, meglio se termoformabili come gli attuali contenitori di plastica.

Mangiare o sgranocchiare anche il contenitore

Le perplessità sugli imballaggi edibili vanno dei pari passo con quelle sull’uso degli insetti in cucina. Eppure mangiamo imballaggi ogni giorno, si pensi per esempio alla buccia di frutta e verdura, alla parigina del gelato, alla pasta e alle coperture di cioccolato che racchiudono un ripieno.

L’obiezione è sempre la stessa, ingerire un imballaggio non è igienico, ma rispetto agli imballaggi tradizionali il packaging edibile avrebbe alcuni considerevoli vantaggi: non grava sulla filiera dei rifiuti, se abbandonato nell’ambiente degrada in breve tempo; permette un rilascio controllato dei conservanti o degli antimicrobici eventualmente incorporati nella sua struttura o spalmati sulla sua superficie; se addizionato di aromi, coloranti, edulcoranti migliora le caratteristiche organolettiche dell’alimento confezionato; può apportare nutrienti, si pensi per esempio a imballaggi edibili a base proteica; può separare gli strati di alimenti multicomponenti; è l’ideale per le monoporzioni o per alimenti difficilmente dosabili; può fungere da separatore in alimenti multistrato; può fungere da strato a diretto contatto con l’alimento in caso di materiali complessi.

La base degli imballaggi edibili è costituita da tre componenti: un biopolimero ad alto peso molecolare, che determina la rigidità, la flessibilità e la fragilità del materiale finito; un plasticizzante per ridurre la fragilità e aumentare la flessibilità del materiale; un solvente.

Possono inoltre essere aggiunti antimicrobici, antiossidanti, aromi e altre sostanze impiegate per aumentare la funzionalità specifica del materiale. Il primo passo per rendere accettabili questi materiali è stato utilizzarli per produrre stoviglie edibilida impiegare negli eventi ad alto afflusso (fiere, concerti, manifestazioni sportive) e nei fast food.

Da tempo esistono in commercio cannucce e bicchieri edibili a base agar. I problemi di igiene sono stati risolti avvolgendo questi oggetti con una pellicola protettiva biodegradabile rimovibile, che protegge il contenitore da insudiciamenti durante il trasporto e l’uso ripetuto. Ora la ricerca si è spostata sugli imballaggi per snack e monoporzioni di pronto consumo.

Intanto, un’azienda indonesiana produce e vende su larga scala imballaggi edibili ottenuti da biopolimeri estratti da alghe. La confezione si scioglie in acqua tiepida, è ricca di fibre e vitamine contribuendo ad aumentare il loro apporto con la dieta, è personalizzabile in termini di aromatizzazioni, colori di base, è stampabile, è saldabile a caldo, ha due anni di shelf life, è certificata Halal, la sua produzione rispetta la normativa sulla sicurezza igienica degli alimenti e qualora non fosse ingerita può essere usata come fertilizzante.

Associazione Culturale Studi Grafici: bando Calendario 2020, Premio Massimo Dradi

L’Associazione Culturale Studi Grafici (ACSG) bandisce la prima edizione del Premio Massimo Dradi. Il concorso grafico nazionale giunge alla diciannovesima edizione e ha come obiettivo la promozione della cultura grafica negli istituti superiori a indirizzo grafico o di comunicazione.

Il concorso è intitolato alla memoria di Massimo Dradi. Progettista grafico, insegnante di progettazione grafica presso il liceo artistico Toschi di Parma e poi presso la Villa Reale di Monza, Massimo era figlio d’arte.

“Favole al telefono” è il titolo del concorso. Gianni Rodari (Omegna, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980) è stato un giornalista, un pedagogista ed uno scrittore specializzato in letteratura per l’infanzia, famoso per la sua fantasia ed originalità. Attraverso racconti, filastrocche e poesie, diventati dei veri e propri classici, ha rinnovato profondamente la letteratura per ragazzi. Nel 2020 ricorre il centenario della nascita ed è stata perciò scelta una delle opere più famose di Gianni Rodari come tema del concorso.

Il protagonista di “Favole al telefono” è il ragionier Bianchi di Varese, rappresentante farmaceutico sempre in giro per lavoro, che ogni sera alle nove in punto racconta una favola al telefono alla figlia che non riesce a dormire. Le favole del libro sono settanta.

Il calendario, nelle sue tavole, deve rappresentare in forma grafica una diversa favola per ogni mese. La scelta delle favole da rappresentare è lasciata allo studente, tenendo conto che lo scopo finale dell’elaborato deve essere quello di contribuire a delineare la poliedricità e fantasia di Gianni Rodari, mantenendo nel contempo una coerenza grafica d’insieme.

Ogni tavola deve contenere il titolo della favola che rappresenta.

I partecipanti dovranno inviare entro e non oltre il 25 ottobre 2019 un progetto grafico costituito da 14 tavole — copertina, 12 mesi e colophon — che rispettino le indicazioni di stile e le regole previste dal bando.

Caratteristiche di iscrizione: il concorso è riservato ai giovani regolarmente iscritti a una scuola secondaria di secondo grado a indirizzo grafico o di comunicazione; ogni elaborato deve essere realizzato da massimo due partecipanti; ogni partecipante può presentare un solo progetto.

Per ulteriori informazioni: www.acsg.it.

Marketing Conversazionale, l’importanza del dialogo

Un tema di grande interesse e attualità: il Marketing Conversazionale è uno dei fenomeni evolutivi che più si fortificheranno nel corso dell’anno. Sfruttando l’intelligenza artificiale è ora possibile alle aziende raggiungere direttamente il target di riferimento, stabilendo relazioni più umane con i potenziali clienti.

Data l’importanza del tema l’interesse suscitato, torniamo a parlare di Marketing Conversazionale (Conversational Marketing). Vorrei subito mettere in evidenza il fatto che quando si parla di Marketing Conversazionale, non si parla tanto di un trend, di una moda o di una tendenza temporanea, quanto di un cambiamento paradigmatico nel modo di concepire il marketing digitale: non si cambiano infatti gli strumenti, ma il modo in cui questi strumenti vengono utilizzati nell’interagirecon il target.

Si intende per marketing conversazionale l’utilizzo di tutte le tecnologie (Sistemi di Chat, Facebook & Instagram Stories, Streaming Video, Audio e Integrazioni con CRM Aziendali) in grado di creare una esperienza di acquisto in forma dialogica con l’utente.

Esso ha uno scopo ben preciso: accorciare e rendere più snello il ciclo di vendita di una impresa tramite una esperienza d’uso più umana, basata su una conversazionecon il singolo utente in grado di incrementarne il livello di fiduciae di comprensione delle esigenze del target. Tramite il Marketing Conversazionale siamo, infatti, in grado di generare delle conversazioni uno-a-uno parlando con il singolo utente e rivolgendoci spesso in prima persona con lui: il tutto connotato da forme di conversazione “calde” (nel senso di dotate di empatia) e caratterizzate da un’alta forma di personificazione.

Il dialogo uno-a-uno con migliaia di clienti

Il Marketing Conversazionale riconcepisce gli strumenti spesso già in essere e adottati dalle imprese (come ad esempio le pagine social o le chat presenti sul sito web) aggiungendo a essi strumenti di innovazione tecnologica basati sull’intelligenza artificiale. Agisce per questo motivo in vari livelli del nostro sito web, e dei canali social aziendali riuscendo spesso a interconnetterli tra loro.

Facciamo alcuni esempi partendo dai numerosi sistemi di chat online sempre più presenti sui siti web: il Marketing Conversazionale agisce sulle online chat presenti sul sito aziendale potenziandole e rendendole in grado di rispondere in tempo reale a migliaia di conversazioni 24 ore su 24. Tutto questo è possibile grazie all’intelligenza artificiale e al natural language processing, ovvero quelle tecnologie in grado di leggere e processare automaticamente il linguaggio naturale. Per questo motivo questi strumenti dotati di intelligenza artificiale sono in grado di rispondere alle domande più frequenti – le classiche F.A.Q. Frequently Asked Questions– in modo automatico e 24 ore su 24. Queste nuove forme di online chat sono in grado di presentarsi all’utente parlando direttamente con lui, in modo naturale e connotato da forme di dialogo evolute. Sono infatti in grado di ascoltare e comprendere le domande e i bisogni dell’utente e di rispondergli automaticamente con dei contenuti coerenti.

Il dato interessante è che – tramite questi sistemi di intelligenza artificiale – la percezione da parte dell’utente è quella di stare dialogando via chat con un essere umano in un’esperienza dialogante: spesso non ci rendiamo conto di essere assistiti da un robot. Questi sistemi di chatbotnon sono tuttavia del tutto automatici, ma hanno bisogno di un operatore umano: nel momento in cui l’intelligenza artificiale non può entrare nel dettaglio, subentra l’operatore umano. Ma ciò che è interessante è dato dal fatto che il passaggio tra sistema di intelligenza artificiale in chat e operatore umano è del tutto trasparente all’utente.

Per questo motivo queste nuove tipologie di chat che vanno sotto il nome di chatbot, consentono di avere una forma di relazione diretta (uno ad uno), dialogica, e umana con l’utente nel senso che c’è sempre un essere umano a gestire la comunicazione.

La semi-automazione data dall’intelligenza artificiale ci consente di rispondere in tempo reale e contemporaneamente a migliaia di conversazioni in modo automatico e di fare intervenire l’operatore umano solo nel momento in cui è necessario un alto grado di personalizzazione sulle domande dirette e specifiche dell’utente.

Marketing conversazionale: un cambiamento paradigmatico nel modo di concepire il marketing digitale.

 

Personalizzare e definire funnel di risposta

Nell’adottare sistemi di chat, dobbiamo porre un alto grado di attenzione nel preparare il sistema di chat a gestire in modo semi-autonomo le conversazioni. Questo significa avere chiaramente in mente quali sono le domandeche il cliente farà per rispondere ai propri bisogni (preparazione degli argomenti della chat) e come organizzare la risposta automatica a questi quesiti. In questo senso dobbiamo preparare un percorso (funnel) per ottenere un flusso di risposta in grado di connotare la nostra chat di identità e valori coerenti rispetto al nostro target. Questo è un aspetto decisamente importante in quanto dobbiamo – tramite il Marketing Conversazionale – personalizzare la chat dandole in alcuni casi un volto e una identità coerenti con i valori del target.

Diverse imprese B2B adottano, infatti, forme molto avanzate di identità nelle loro chat connesse a figure professionali esistenti e spesso key account manager. Nel senso che la chat non ha un nome generico, ma è dotata di un vero e proprio avatar (ad esempio Maria o Mario Rossi) che è riconducibile a una identità all’interno del gruppo: Mario o Maria Rossi che saranno i Key Account che seguiranno il cliente.

Oltre alla umanizzazione, il carattere di cross channel

Altra caratteristica importante del Marketing Conversazionale è il carattere tipicamente cross channel e cross platform. I sistemi di chatbot possono tranquillamente essere integrati – oltre che nel sito web – in diversi dispositivi, ed essere quindi transmediali, nel senso che seguono il cliente su diversi canali e media aziendali.

Uno dei casi più efficaci è rappresentato da Facebook Messenger: Messenger è il terzo social network per diffusione al mondo secondo il più recente report sui media digitali nell’anno 2018 da parte di Hootsuite/We Are Social. È il primo servizio di social chat a consentire di programmare dei flussi di comunicazione in modo tale da automatizzare le conversazioni con il target tramite intelligenza artificiale (chatbot). Messenger rende quindi possibili le azioni che abbiamo precedentemente visto sul nostro sito web aziendale, anche sulle pagine di Facebook, consentendo forme di comunicazione diretta e assistita anche sui canali social aziendali.

Perché il Marketing Conversazionale è importante

Gli utenti sia B2B sia B2C sentono il Marketing Conversazionale come una esigenza poiché uno dei compiti che essi ascrivono ai brand/impresa è quello di risolvere i loro problemi, e/o di accrescere le loro opportunità: il tutto in un clima basato sulla fiducia e sulla relazione personale. La vendita si sposta quindi da un piano di persuasione a un piano di capacità di ascoltare i bisogni e di proporre una soluzione valida ed efficace. Valori come empatia e fiducia diventano quindi fondamentali nella strategia di vendita. Non serve più di tanto affermare che il prodotto X è leader nella sua categoria, quanto accompagnare il cliente all’ascolto e all’analisi del suo problema fino alla soluzione di esso. Questo cambiamento non è ascrivibile a questo ultimo decennio, ma al contrario trova i germi della sua nascita nella fase conclusiva del XX secolo e precisamente nell’anno 1999. Era, infatti, parte fondante e prima tesi del Cluetrain Manifesto. Il Cluetrain Manifesto viene spesso identificato come il manifesto fondativo del Marketing Digitale. Nato nell’anno 1999, ha definito tramite 95 tesi i capisaldi dell’evoluzione di internet come strumento di marketing in questi ultimi 20 anni.

Proprio la prima tesi del Cluetrain Manifesto – Tesi n°1, i mercati sono conversazioni– ha determinato nella sua progressiva adozione un cambiamento paradigmatico dei linguaggi e la nascita del Marketing Convesazionale: perde, infatti, sempre più peso la comunicazione basata su slogan, e viene sempre più sentita da parte delle persone l’esigenza di una relazione emozionale con i brand e con le figure operanti al proprio interno. I motivi per cui il Marketing Conversazionale si sta sviluppando esponenzialmente sono dati dal superamento di diversi vincoli tecnologici, primo tra tutti la impossibilità di gestire tramite operatore umano in tempo reale alti flussi di conversazione, cosa che è ora possibile grazie al ruolo dell’intelligenza artificiale.

L’adozione di forme di comunicazione relazionali con un alta componente di dialogo (one-to-one) stanno sviluppando negli utenti di internet dinamiche refrattarie verso le forme di comunicazione precedenti connotate da un alto grado di anonimità, spersonalizzazione e freddezza poiché basate su dati demografici.

Parlare ai propri clienti e non alle demografiche

Questa frase è affascinante, ma non deve indurci in un errore: la frase parla ai tuoi clienti e non alle demografiche, non significa delegittimare i valori dei dati ritenendo che i dati e le demografiche non contino nulla. Al contrario il basare la propria strategia sull’essere Data Driven è un asset fondamentale per comprendere e spesso anticipare i bisogni del nostro target. Le demografiche e più in generale i dati sui consumer behaviour devono infatti essere il punto di partenza di una strategia di comunicazione e Marketing Conversazionale e non il punto di arrivo. I brand – adottando il Marketing Conversazionale – si possono per questi motivi riformare e diventare conversantipoiché le persone sentono il bisogno parlare e comunicare con loro.

Disponibile il Toolbox per la stampa flessografica

L’e-book tecnico rivolto ai professionisti della stampa flessografica è disponibile su Apple iBook Store. Si tratta di Flexo Best Practice Toolbox, lo strumento didattico pensato per gli operatori della stampa flessografica, che permette loro di reperire tutte le informazioni necessarie sui processi di stampa utilizzando video, immagini e animazioni, al fine di ottenere risultati di alta qualità e rispettosi dell’ambiente. Il formato e-book delle Linee guida è stato appositamente scelto per permetterne un costante aggiornamento, anche in linea con l’evolversi delle pratiche e delle tecnologie.

Il Toolbox è stato realizzato dalle federazioni associate a FTA Europe in collaborazione con le società Asahi Photoproducts, AV Flexologic-Tech Sleeves, ColorConsulting, Esko, I&C-Gama, Kodak, Lohmann, Praxair, RKPrint, Rossini e Uteco.

«Una forza lavoro qualificata è parte cruciale di un’azienda di stampa flessografica e Toolbox darà un buon contributo all’apprendimento permanente dei nostri dipendenti» ha dichiarato Sante Conselvan, presidente di FTA Europe.

L’intelligenza non basta

Figura 3. L’immagine “rifinita” utilizzando i nuovi parametri della zona 2, massimizzando l’Adattamento colore, sfruttando l’Adattamento rotazione che da manuale qui non dovrebbe avere chissà quale utilità (migliora l’inserimento di texture con strutture rotatorie) e l’opzione Scala (utile per migliorare l’integrazione di texture con variazioni prospettiche).

L’intelligenza artificiale si è ritagliata anche in Photoshop uno spazio tutt’altro che trascurabile. Vediamo Adobe Sensei, un complesso framework di analisi e dati in cui sofisticati algoritmi di apprendimento offrono opportunità di image editing un tempo impensabili.

Sono passati circa 8 anni da quando Adobe inserì con il riempimento Sensibile al contenuto (Content Aware Fill) i primi elementi di intelligenza artificiale specifica per l’image editing, anni che diventano poco più di una decina se consideriamo il periodo di beta testing in cui le versioni di Photoshop con questa funzione circolavano all’interno di gruppi chiusi autorizzati. Non ho un’idea precisa di quando questa funzione possa aver iniziato a girare per i corridoi di Adobe, prima come possibile feature e poi nelle versioni alfa, ma già in questo intervallo di anni a me noto l’intelligenza artificiale si è ritagliata anche in Photoshop uno spazio tutt’altro che trascurabile.

Sì, sensei!

La disciplina dell’Intelligenza Artificiale di per sé ha più di sessant’anni, ma quella che interessa a noi in questo breve articolo si trova sotto il grande cappello di Adobe Sensei, un complesso framework di analisi e dati in cui sofisticati algoritmi di apprendimento per il machine learning, unitamente alle odierne capacità di calcolo e la velocità di accesso alle informazioni globali, offrono anche opportunità di image editing un tempo impensabili.

Non mi dilungherò a presentare i vari aspetti di questa tecnologia, i campi di applicazione sono variegati e Adobe ha appositamente creato un mini-sito per darne un quadro sintetico, per quel che riguarda l’oggetto di questo breve articolo ci concentreremo solo su quanto Photoshop ne abbia tratto giovamento.

Le funzioni “intelligenti” di Photoshop

I primi strumenti con intenti adattivi furono il pennello correttivo e la toppa, introdotti nel lontano 2001 con Photoshop 7, e riscossero fin da subito un notevole successo andando a semplificare tutta una serie di operazioni di clonazione fino a quel momento unico appannaggio del timbro clone.

Per arrivare al primo vero salto in avanti in termini di applicazioni contestuali all’immagine si deve però attendere le versioni CS4/CS5, con l’introduzione dell’algoritmo “sensibile al contenuto” (content aware), che coinvolse Scala in base al contenuto, il Pennello Correttivo, la Toppa, lo strumento Sposta in base al contenuto e il Pennello Correttivo al volo.

Figura 1. Un esempio di applicazione di intelligenza artificiale con il comando Scala in base al contenuto, di certo non nuovo né particolarmente complesso a livello di algoritmi (se paragonato allo stato attuale del panorama AI).

Da quel momento le ottimizzazioni sono state frequenti, grazie anche ai continui riscontri da parte degli utenti e al costante aumento dei dati da poter analizzare, estendendosi infine anche agli algoritmi di interpolazione usati nei processi di ridimensionamento delle immagini (ad esempio Mantieni Dettagli 2.0).

Il riempimento sensibile al contenuto secondo CC2019

L’ultimo significativo passo in avanti è storia abbastanza recente e coinvolge direttamente il Riempimento sensibile al contenuto, aggiornato con una mini area di lavoro dedicata per meglio controllare il risultato proposto dalla macchina.

Partendo dal presupposto che la quasi totalità degli utilizzatori di Photoshop sappiano quantomeno dell’esistenza del Riempimento sensibile al contenuto mi limiterò ad evidenziare quali problematiche cerca di risolvere questo aggiornamento rispetto al risultato ottenibile con la versione tradizionale.

Figura 2. La nuova area di lavoro supplementare del Riempimento sensibile al contenuto, in cui sono visibili gli strumenti di intervento manuale, l’anteprima del file prima e dopo con le evidenze delle regioni interessate, e le impostazioni di riempimento per l’ottimizzazione delle situazioni più complesse.

Per attivare la modalità per così dire “avanzata” bisogna richiamarla con il comando Modifica>Riempimento in base al contenuto… anziché dal menu Modifica>Riempi (quest’ultima modalità agisce esclusivamente nel modo consueto).

All’apertura della sotto-area di lavoro troviamo a sinistra i due strumenti chiave (zona 1 dell’immagine 2): il Pennello Campionamento che serve per indicare le aree da cui dovranno essere calcolati i dati utili per il riempimento (ma soprattutto per escludere le aree non utili in tal senso), e il Lazo, con funzionamento analogo a quello tradizionale che in questa sede serve a rifinire ulteriormente i contorni sulla base del risultato in anteprima.

Nelle due aree di anteprima troviamo a sinistra l’immagine originale, con l’area selezionata prima dell’attivazione del comando, e la sovrimpressione in verde semitrasparente per indicare le aree che Photoshop userà per riempire le zone selezionate.

L’immagine a destra, qui ingrandita per esigenze didattiche, fornisce l’anteprima del risultato, e ovviamente può essere gestita indipendentemente dalla precedente sia in termini di posizione sia di zoom.

Proprio nell’immagine 2 abbiamo il risultato standard, molto simile a quello che potremmo ottenere richiamando il comando nel solito modo tradizionale, l’unica variazione riguarda una evidenziazione (in verde) delle aree che vengono usate per il riempimento, cosa non possibile altrimenti.

Le impostazioni nell’area 2 usano l’Adattamento colore Predefinito e mantengono disattivato l’adattamento rotazione, così come le due opzioni Scala e Speculare.

Il risultato è stato appositamente ingrandito per sottolineare una delle difficoltà maggiori di questo comando: la riproduzione di texture con molto microdettaglio e prive di struttura; dove l’algoritmo non trova una soluzione soddisfacente crea un’area sfumata, in questo caso non molto adatta.

Figura 3.
L’immagine “rifinita” utilizzando i nuovi parametri della zona 2, massimizzando l’Adattamento colore, sfruttando l’Adattamento rotazione che da manuale qui non dovrebbe avere chissà quale utilità (migliora l’inserimento di texture con strutture rotatorie) e l’opzione Scala (utile per migliorare l’integrazione di texture con variazioni prospettiche).

Nella Figura 3 il risultato è sensibilmente migliore, grazie all’attivazione dei parametri nuovi, agevolmente incrociati tra loro sulla base dell’anteprima in tempo reale.

Quando abbiamo trovato la combinazione ottimale tra selezione, area utile per il calcolo e impostazioni di riempimento andremo a scegliere in che modo preferiamo ottenere l’output, ad esempio su un nuovo livello, separato dall’immagine di partenza (anche questo non era possibile nelle versioni precedenti) e, naturalmente, confermare con OK.

Dove stiamo andando?

Con il pretesto di trattare una comoda funzione di Photoshop appena potenziata, e di ripassare alcune funzioni/strumenti magari non utilizzate da tutti, volevo stuzzicare l’attenzione sull’intelligenza artificiale visto che caratterizzerà sempre di più una consistente varietà di settori.

Vi lascio di seguito un riferimento da ricercare sul solito Google, non vi anticipo niente, ma sono sicuro di quale sarà l’effetto: Style-Based Generator Architecture for Generative Adversarial Networks (sì, tutto insieme, fidatevi).

PressUP, la stampa digitale protagonista della Milano Design Week

La Capitale della moda è pronta a trasformarsi nel tempio dell’arredamento. Manca pochissimo alla Milano Design Week 2019 (9 – 12 aprile) con tutto l’indotto che questo evento unico a livello internazionale porta con sé. La scorsa edizione ha battuto ogni record, con 1.367 eventi organizzati al Fuorisalone e il coinvolgimento stimato di circa 2 milioni di utenti, 23mila aziende e 150mila addetti.

«Per chi ha avuto l’occasione di visitare la Design Week sarà stato impossibile non notare il ruolo versatile che la stampa digitale ha avuto nella vestizione di tutta la città: banner, striscioni, affissioni, bandiere, leaflet e give away brandizzati, e ancora stand preallestiti, roll up e arredi di cartone stampato. L’elenco potrebbe essere infinito, ma tutto ha un solo comun denominatore: la massima personalizzazione», commenta Vincenzo Cirimele, CEO di PressUP. La tech company, protagonista italiano nei servizi di stampa online, da settimane sta sfidando la capacità produttiva per far fronte agli ordini che arrivano dagli operatori della Design Week. «Non solo grafici e agenzie, ma anche tanti utenti finali, professionisti con Partita IVA che ordinano sul nostro e-shop tools di comunicazione anche in pochi pezzi, contando sul fatto che ne potranno ordinare altri con consegna in 24H anche durante la manifestazione», spiega Cirimele. I volumi crescono a fronte di un aumento del numero di ordini, anche se per quantitativi più oculati. E servizi come quello offerto da PressUP rispondono proprio a questa necessità di ottimizzazione degli investimenti e massima customizzazione. «Ordini ciò che ti serve, sapendo che potrai avere in pochissimo tempo altre copie, tanto più che i costi di spedizione sono gratuiti».

Sicuramente gli eventi del Fuorisalone esprimono non solo le tendenze del design, ma sono anche una cartina tornasole dei trend della comunicazione: quali stampati, quali formati, quali materiali.  «Ovviamente una gran parte degli ordini che stiamo ricevendo per la Design Week riguardano prodotti evergreencome volantini e brochure», conferma Cirimele. «Ma tra i nuovi trend, registriamo alcuni items che si stanno facendo notare». Il primo è la carta da parati che, secondo gli esperti di design, sta vivendo una seconda gioventù. Il wallcovering è sicuramente tra le nuove tendenze dell’interior decoration, anche grazie a materiali sempre più tecnici che rispondono alle esigenze applicative dei singoli spazi abitativi, ma anche grazie alla stampa digitale che permette la massima personalizzazione «Su PressUP, oltre a scegliere tra una rosa di pattern da noi proposti, è possibile stampare il wallcovering con una propria immagine, spesso usando gigantografie per ottenere pareti ad effetto trompe-l’oeil con scenari di fantasia, opere d’arte ma anche luoghi da sogno che diventano veri e propri complementi d’arredo capaci di conferire personalità all’ambiente».

Sempre secondo PressUP, la Design Week 2019 sarà un trionfo di shopper, dalle give away più economiche ma sempre personalizzate, ai sacchetti nobilitati che attribuiscono valore al brand. «Stiamo stampando shopper con finiture argento e oro o impreziosite con serigrafie spessorate che conferiscono alle grafiche effetti 3D»,aggiunge Cirimele. Tra le tendenze sempre più diffuse, l’uso variegato del tessuto (sia in versione naturale sia canvas – tessuto non tessuto) utilizzato per impieghi che spaziano dai rivestimenti degli arredi all’allestimento vero e proprio, grazie agli innumerevoli vantaggi di questo materiale. «È sicuramente uno degli attuali must del large format printing, con plus che vanno dalla facilità di trasporto all’anima green che noi in PressUP potenziamo con l’utilizzo della tecnologia HP Latex e dei relativi inchiostri ecologiciche rendono lo stampato inodore e quindi ideale anche per l’uso in ambienti interni».

 

 

Da Mimaki il nuovo software Simple POP

Simple POP è il nuovo software di design messo a punto da Mimaki Europe per il mercato retail. Disponibile in Italia dal prossimo aprile, Simple POP è stato progettato per dare nuovo impulso alla creatività nella comunicazione in-store, e permettere agli utilizzatori dei sistemi Mimaki di realizzare internamente una vasta gamma di materiali POP con il semplice utilizzo dei modelli predefiniti.

Nel mondo del retail, infatti, vengono impiegati un’ampia varietà di materiali pubblicitari, come ad esempio insegne per vetrine, poster, adesivi. Comunicazioni che spesso sono strettamente correlate a eventi stagionali, offerte limitate nel tempo e promozioni del giorno. Ciò comporta che per sostenere strategie commerciali dinamiche sia necessaria massima flessibilità nella produzione dei supporti di comunicazione. Il software proprietario Simple POP soddisfa tali esigenze, permettendo di ricorrere a processi intuitivi basati sull’utilizzo di modelli predefiniti. Fra i tanti template disponibili ci sono soluzioni POP accattivanti, pensate per trasmettere in modo impattante le informazioni chiave (espositori, cartellini prezzo, poster, banner), decorazioni in-store per ogni stagione ed evento (adesivi da parete, insegne per vetrine, fogli magnetici, carta da parati, ecc.), ma anche tools di piccole dimensioni come etichette e adesivi.

L’utilizzo di Simple POP è semplice e intuitivo, anche per chi non è un esperto di software di progettazione. Si procede scegliendo uno dei tanti modelli predefiniti e pensati appositamente per applicazioni specifiche offerti da Simple POP, che possono essere personalizzati modificando il testo e adattando immagini e simboli grafici. Inoltre, la suite può essere costantemente aggiornata e ampliata scaricando gratuitamente dal sito web di Mimaki nuovi template.

Per garantire vantaggi in termini di flessibilità e qualità, i modelli resi disponibili da Simple POP prevedono informazioni di taglio preinstallate che garantiscono un flusso efficiente utilizzando il software in combinazione con i sistemi Print & Cut Mimaki UCJV150 e UCJV300 con tecnologia di polimerizzazione UV LED che amplia anche il ventaglio di materiali stampabili. La funzione di taglio integrata automatizza il processo, evitando la necessità di lavorazioni manuali. Una delle numerose caratteristiche a valore aggiunto della serie UCJV300 è l’inchiostro bianco con elevata capacità coprente. Utilizzato come base per le stampe a colori su supporti trasparenti, metallici e a colori migliora la resa cromatica degli inchiostri, permette di riprodurre tinte naturali e brillanti, consentendo la realizzazione di articoli decorativi di impatto.

«Con l’utilizzo del nuovissimo Simple POP sarà ancora più semplice produrre internamente materiali pubblicitari e supporti per l’in-store promotion, ovviando quindi alla necessità di esternalizzare queste lavorazioni – ha spiegato la responsabile marketing senior EMEA, Danna Drion. – I vantaggi dell’abbinamento del software con i sistemi stampa & taglio della serie UCJV300 sono traducibili in efficienza ed economicità del processo produttivo, velocità di esecuzione, versatilità e massima flessibilità. Una nuova frontiera per gli operatori del mondo retail che hanno a disposizione un innovativo strumento che risponde alla necessità di una comunicazione in-store sempre più just in time».