«La Federazione Carta e Grafica chiude un 2017 positivo, con risultati che ribadiscono la vitalità del settore e il suo peso rilevante nell’economia nazionale pari all’1,4% del PIL con circa 170 mila addetti diretti» commenta Pietro Lironi, presidente della Federazione Carta e Grafica.
Dai preconsuntivi, elaborati dal Centro Studi della Federazione, il fatturato complessivo a fine 2017 risulta di 24,1 miliardi di euro, in aumento dell’1,6% rispetto all’anno precedente. Sull’andamento favorevole hanno inciso principalmente le vendite interne, a quota 14,8 miliardi di euro e in progresso del 2,6% rispetto al 2016, con una sensibile accelerazione nella seconda parte dell’anno (+6,4 e +8%, rispettivamente nel terzo e quarto trimestre). Sostanzialmente stabili i valori dell’export (+0,1% nei 12 mesi), che consolidano i livelli già ragguardevoli del 2016. Sui dati complessivi di fatturato incide anche la lievitazione dei costi sostenuti dalle cartiere per l’approvvigionamento delle materie prime vergini e per le carte da riciclare di qualità.
«Le dinamiche dei diversi segmenti della filiera evidenziano il persistere della debolezza per il settore grafico» spiega Lironi «parzialmente compensata dalla ripresa della produzione di libri, mentre segna buoni risultati l’imballaggio, con progressi legati alla positiva intonazione della domanda dei settori a valle, anche attraverso lo sviluppo dell’e-commerce. In crescita anche il comparto cartotecnico e trasformatore».
«Da notare – aggiunge Lironi – l’incremento della vendita di macchine sul mercato interno (+6,9%) , che ben fotografa gli effetti delle misure legate al piano Industria 4.0 a supporto dell’innovazione. Il fatturato del comparto cartario cresce ben oltre il 5% soprattutto in seguito alla necessità di recuperare anche i costi di approvvigionamento della cellulosa. Ci aspettiamo che il 2018 prosegua in sintonia con i risultati del 2017 e coerentemente alle previsioni sul PIL che sono finalmente di una crescita abbastanza sostenuta anche per l’Italia».
«Quanto allo scenario politico, oggi quanto mai incerto dopo le elezioni, aggiungiamo la nostra voce a quella chiaramente espressa da Confindustria alle Assise di Verona, prima del voto: è fondamentale che il nuovo Governo, qualunque esso sarà, non smonti quanto di buono fatto in questi anni, a partire dal Jobs Act e dalle misure del Piano Nazionale Industria 4.0» sottolinea il Presidente della Federazione Carta e Grafica.
«Per quanto concerne i nostri settori, riteniamo che il sostegno alla lettura continui a rappresentare una priorità del Paese e auspichiamo che il bonus 18enni venga confermato e affiancato anche da una misura più universale possibile in termine di cittadini coinvolti, che preveda detrazioni fiscali per l’acquisto di libri e giornali. Sul fronte industriale, c’è invece l’esigenza ineludibile di completare la transizione verso un’economia circolare con l’ampliamento delle capacità di trattamento degli scarti del riciclo. La nostra filiera, infatti, vanta un alto tasso di circolarità: il 55% delle materie prime sono riciclate e nell’imballaggio il riciclo è all’80%1», spiega infine Lironi.
Queste tematiche saranno al centro dell’Assemblea della Federazione Carta e Grafica in programma a Milano il prossimo 30 maggio, nell’ambito della fiera internazionale Print4All, durante la quale verrà presentato anche uno specifico rapporto sull’innovazione Industria 4.0 nell’intera filiera, comprensivo di linee guida specifiche per i tre comparti che compongono la Federazione.
Federazione Carta e Grafica: fatturato oltre i 24 miliardi di euro
Misurare e gestire il proprio target
La tua impresa ha dei parametri chiari di misurazione di come, quanto e perché il tuo prodotto o servizio risponda alle esigenze dei clienti? Vediamo come e perché è necessario rispondere con precisione a questa domanda.
Cominciamo con il sottolineare come sui prodotti o servizi creati sia necessario stabilire una serie di parametri di misurazione della loro efficacia, come ad esempio il «tasso di acquisto» e il «tasso di riordino». Con il primo parametro misuriamo il grado di interesse definitivo del prodotto (in quanto il cliente target lo acquista poiché gli serve per uno scopo) e con il secondo misuriamo il tasso di soddisfazione del cliente (se il prodotto viene riacquistato è poiché il grado di soddisfazione è superiore alla soglia di positività).
Avere dei parametri di misurazione come quelli appena menzionati in questo esempio è molto importante: l’economista Peter Ferdinand Drucker in una sua celebre citazione sosteneva che: «se sai come misurare un processo, sai gestirlo».
È fondamentale comprendere quali sono e come cambiano i bisogni latenti del nostro target, integrare questi bisogni nei prodotti esistenti facendoli evolvere, creare tipologie di prodotti che rispondano alle nuove esigenze dei clienti
Il ciclo di vita del prodotto segue il ciclo di evoluzione del cliente?
In particolare ora ci accingiamo a focalizzarci su alcuni aspetti dati dalla trasformazione digitale nel nostro settore, ossia sulla capacità di comprendere come il ciclo di vita dei nostri prodotti sia aderente all’evoluzione dei nostri clienti. Ci riferiamo al fatto che i nostri prodotti operano in un mercato in cui vi è un ciclo di evoluzione tecnologica in crescita esponenziale che determina la nascita repentina di nuove tecnologie e il riposizionamento di imprese con la conseguente nascita o tramonto di concorrenti.
Tutto questo genera tre fenomeni: cambiano gli interessi delle persone in modo dinamico e continuativo, nascono nuovi prodotti che possono mettere a rischio il business, nascono nuove opportunità spesso derivate da questi cambiamenti.
Gli interessi delle persone cambiano poiché con il nascere di nuove tecnologie e prodotti, il cliente inevitabilmente muta le proprie esigenze ed emergono in lui nuovi interessi prima latenti. Naturalmente con il nascere di tecnologie, nascono competitor che determinano la necessità di fare dei cambiamenti dei prodotti o crearne di nuovi.
Un caso esemplare di questi tre fenomeni appena descritti, è mostrato dalla crisi di Blockbuster e dal suo fallimento che è stato determinato da come questo gigante mondiale dell’homevideo ha gestito (male) la nascita e la diffusione delle nuove tecnologie di streaming video, che in seguito ha determinato la concretizzazione di piattaforme competitor come Netflix. L’incapacità di Blockbuster di leggere il bisogno latente delle persone di potere visionare i film via app su smartphone e/o televisione e la sottovalutazione del potenziale dannoso del competitor Netflix, giudicato da Blockbuster come esterno e non pregiudicante il suo target, sono state le cause che hanno portato la catena mondiale a chiudere nel 2013.
Il digitale dà gli strumenti per leggere i bisogni dei clienti B2B e B2C
Blockbuster è un caso esemplare di studio di un’impresa che è fallita poiché nel 2008 molti degli strumenti e delle opportunità offerte dalla trasformazione digitale non erano ancora noti. E per questo motivo non ha potuto leggere correttamente i dati che emergevano dal mercato. Ma oggi, nel 2018, abbiamo molti strumenti aziendali a nostra disposizione (e addirittura alcuni gratuiti): è quindi necessario fare un cambiamento di mentalità organizzativa e integrare questi strumenti nel processo organizzativo che sta dietro al ciclo di vita ed evoluzione dei nostri prodotti. Tutto questo ci porterà tre benefit: comprendere quali sono e come si evolvono i bisogni latenti del nostro target, integrare questi bisogni nei prodotti esistenti facendoli evolvere, creare nuove tipologie di prodotti che rispondano ai bisogni dei consumatori.
Alcune tipologie di big data a disposizione: i search data e i social data
Vi sono alcune tipologie di dati (in questo caso big data) che sono già a disposizione della nostra impresa in grado di aiutarci a prendere delle decisioni più consapevoli (data-driven decision) sulle strategie da intraprendere. Questi dati – chiamati search data e social data – sono molto utili per le imprese di ogni tipologia e dimensioni, dalle PMI alle imprese più strutturate, poiché contengono indicazioni preziosissime sui comportamenti e sui bisogni latenti del target. Sebbene esistano diverse applicazioni a pagamento che ci consentono di analizzare tramite i search data i bisogni del nostro target, ve ne sono altre gratuite che – pur facendo delle analisi più generiche e non adattate alle specifiche esigenze di una impresa – ci possono dare comunque indicazioni molto approfondite sui bisogni del target.
Google Trends: applicazione gratuita di search data analysis
Una di queste applicazioni è sicuramente Google Trends un’applicazione gratuita di search data analyisis di Alphabet, la società proprietaria del motore di ricerca Google. Google Trends analizza in tempo reale tutte le ricerche che vengono effettuate a livello nazionale e su diverse nazioni del mondo su 5 motori di ricerca dell’ecosistema Google: Google Ricerca, Google Immagini, Google Shopping, Google News, YouTube. I risultati di ricerca sono suddivisi per nazione, lingua e intervallo di tempo. Google Trends è in grado di analizzare sia parole chiave sia argomenti e utilizza un sistema approfondito di intelligenza artificiale per restituire dati e indicazioni di valore per la nostra impresa.
Usare Google Trends come parametro (benchmark) delle performance della rete commerciale
Abbiamo analizzato in Google Trends l’argomento «stampa 3D» in lingua italiana, per la nazione Italia con un arco temporale degli ultimi 12 mesi.
Google Trends ci restituisce per ogni ricerca, la stagionalità ovvero i momenti dell’anno corrente in cui il termine è più cercato e i momenti in cui il termine è meno cercato. Questo dato anche se preso isolato è molto importante poiché possiamo comprendere la stagionalità dei prodotti o come il nostro target percepisce il loro bisogno nei mesi dell’anno. Ma se incrociamo questo parametro con il numero di ordini sui nostri prodotti, possiamo comprendere se le nostre strategie commerciali sono allineate o discostate con i trend di stagionalità. Dobbiamo, infatti, ricordarci che quando un utente usa il motore di ricerca fa un’operazione cognitiva che ha valore commerciale: un utente, infatti, cerca una risposta dal motore di ricerca a una sua domanda (non a caso si parla di query di ricerca) e quasi sempre questa risposta ha una conseguenza nel processo di acquisto. Google stima che oltre il 70% degli acquisti sia preceduto da almeno una ricerca. In alcuni casi Google Trends è in grado di rivelarci delle previsioni future rappresentate dalla linea tratteggiata. Per questo motivo se i risultati della nostra strategia commerciale riflettono i trend di ricerca (per esempio nel mese di marzo dove la curva cresce, aumentano le vendite) ciò significa che i nostri commerciali aderiscono ai bisogni latenti del loro mercato di riferimento. Ma se dovesse capitare che in un mese in cui le ricerche scendono, le vendite invece salgono con un andamento inverso, ciò significa che la nostra strategia commerciale è proattiva e conferma come la nostra rete di vendita riesca a rispondere positivamente a un trend potenzialmente negativo.
Usare Google Trends per localizzare gli interessi: ricerche geolocalizzate
Google Trends è inoltre in grado di rivelare le regioni e le città nelle quali gli interessi sull’argomento da noi ricercato sono più percepiti. Tramite Google Trends siamo così in grado di capire come è distribuito l’interesse nei luoghi geografici e possiamo in questo senso comprendere come strutturare meglio la nostra offerta sulla base di come è localizzata la domanda. Il dato interessante è che cliccando su una determinata regione, possiamo fare un’analisi di consumo per capoluogo di provincia oppure per città. Questi dati sono utili poiché siamo in grado di capire quali caratteristiche deve avere la nostra strategia di marketing a livello nazionale, regionale, provinciale o locale. Possiamo inoltre dare alla nostra rete di vendita locale indicazioni di dettaglio su quali chiavi agire per valorizzare il nostro prodotto o servizio e rispondere in questo senso in modo più adeguato al nostro target. Trends è inoltre efficace quando vogliamo esplorare mercati UE oppure mercati esteri in quanto ci consente di comprendere a livello geografico la distribuzione dell’interesse sulla chiave di ricerca da noi scelta per ogni singola nazione di Europa, Americhe e Oceania.
Usare Google Trends per capire i bisogni manifesti dell’utente
Google Trends ci rivela le query associate. Le query associate sono le ricerche in Google che vengono fatte contestualmente alla prima ricerca. Quando noi utenti cerchiamo qualcosa in Google, raramente ci limitiamo a fare una sola ricerca e a considerare i suoi risultati come definitivi e conclusivi. Gli utenti su Google usano metodi di ricerca che seguono l’approccio sperimentale. A ogni ricerca (che nel mondo digitale va sotto il termine di query) di un singolo utente, seguono generalmente altre ricerche correlate per meglio approfondire o verificare la query principale. Google Trends ci rivela quali sono le ricerche correlate all’argomento cercato. Questi dati sono importanti poiché ricaviamo due indicazioni strategiche per le nostre strategie di marketing e commerciali.
La prima indicazione è lo stile di ricerca di un utente, ovvero come gli utenti generano i loro dubbi o i loro quesiti. Questa indicazione è utile soprattutto per il team commerciale e di vendita poiché gli consente di anticipare i dubbi e le obiezioni mitigandone l’effetto ansiogeno e frustrante sull’utente. La seconda indicazione è che in alcuni casi le query correlate ci possono suggerire politiche di Up-Selling ovvero quando l’acquisto di un prodotto X può determinare una correlazione con l’acquisto di un prodotto Y. Potremmo individuare che nelle ricerche correlate su un prodotto X emerge l’esigenza di un prodotto Y che non abbiamo ancora creato oppure a cui non avevamo pensato.
Usare Google Trends per ricavare i bisogni latenti dell’utente
Uno dei punti di forza di Google Trends sta nel permetterci di comprendere quali sono i bisogni latenti del target ovvero quei bisogni non necessariamente correlati all’oggetto delle sue ricerche. Questi bisogni ci consentono di ottenere indicazioni su come l’utente percepisce l’oggetto della nostra ricerca, di quali argomenti emergono dal mercato che possono o rappresentare una variabile di rischio (threath) per il nostro prodotto, oppure un’opportunità (market opportunity) dal mercato. Trends ci suggerisce degli argomenti correlati alla nostra ricerca. Di questi argomenti Trends ci dà due indicazioni preziose, una quantitativa e l’altra qualitativa. La prima indicazione è il filtro per occorrenza, cliccando su Top vedremo in ordine dal più grande al più piccolo gli argomenti correlati al nostro. Il secondo filtro è per incremento di ricerca, determinato dall’etichetta – come da immagine 4 – In aumento. In questo senso Google Trends ci dice, rispetto al periodo precedente quello in oggetto, quali sono gli argomenti correlati che sono più sentiti rispetto al periodo precedente e quanto essi stanno aumentando con un tasso in percentuale. Come si vede dall’immagine, per alcuni argomenti non vi è la percentuale ma vi è la parola «impennata»: questi sono gli argomenti che hanno un tasso di crescita del +300% rispetto al periodo precedente e quindi determinano un grado di interesse e un cambiamento paradigmatico di abitudini rispetto al periodo precedente.
Quale valore aggiunto per i nostri prodotti o servizi B2B?
Tramite questo strumento siamo in grado di comprendere non solo se e come stanno cambiando gli interessi relativamente ai nostri prodotti o servizi, ma possiamo anche anticipare i cambiamenti dei prodotti. In alcuni casi potremmo vedere negli argomenti correlati, prodotti o caratteristiche di prodotto che potrebbero rappresentare un rischio per il nostro prodotto o servizio e attuare una strategia di contenimento e di innovazione sul possibile threath. Il dato interessante è che Google Trends ci consente anche di fare ricerche comparative tra due ricerche differenti oppure di fare ricerche in mercati di diverse regioni mondiali. Tutto questo ci permette di analizzare nuovi mercati e prendere decisioni più consapevoli.
Come integrare Google Trends nel flusso organizzativo
Questo articolo parla di trasformazione digitale e la trasformazione digitale (che significa accogliere il digitale nel loro processo produttivo per quanto riguarda le imprese nate prima dell’avvento del digitale) rappresenta per le imprese sia un cambiamento di mentalità (mindset shifting) sia un cambiamento organizzativo (e quindi delle abitudini e prassi lavorative). Questi strumenti ci consentono di prendere delle decisioni guidate dai dati (si parla non a caso di data driven decision). Il cambiamento di mentalità che dobbiamo avere è proprio quello di seguire un approccio che dia risposte alle domande latenti degli utenti che – come abbiamo visto – non sono altro che l’espressione dei loro bisogni.
Il secondo aspetto, ovvero quello organizzativo, determina l’adozione di questi strumenti – che è bene ricordarlo fanno analisi in tempo reale – con cadenza come minimo mensile: il continuo utilizzo di essi, meglio se prima di ogni riunione settimanale di allineamento tra marketing e vendite ci consente di adottare tre direttrici strategiche: in primo luogo un quadro di comprensione dell’evoluzione del mercato, in secondo luogo la capacità di risposta di prodotto/servizio ai trend di mercato, in terzo luogo un migliore allineamento tra funzioni di marketing, ideazione di prodotto e vendite.
Albertin, ologrammi di sicurezza accessibili a tutti
Con un business che vale 6,9 miliardi di Euro (fonte: studio Censis – 2017), il mercato della contraffazione colpisce qualsiasi settore merceologico. In primis quello dell’abbigliamento, ma dalla cosmetica all’informatica, dall’alimentare all’oreficeria non esiste prodotto che non possa essere imitato e venduto come originale. Qualsiasi brand, grande o piccolo che sia, ha quindi la necessità di proteggersi, e uno dei metodi più utilizzati è l’apposizione di un ologramma di sicurezza sulle confezioni. Un piccolo quadrato creato con una grafica personalizzata, di difficile imitazione e di immediata identificazione, è sinonimo di autenticità. Per crearlo il modo maggiormente utilizzato e conosciuto fino ad ora è stato quello dei foil tridimensionali. La produzione di un master e le lunghe tirature di vendita, però, hanno limitato l’utilizzo di questa protezione a numerose realtà, restringendone l’adozione solo da parte dei grandi nomi.
Albertin, produttore di riferimento di cliché e lastre flessografiche per la stampa, permette anche alle PMI e ai piccoli artigiani di tutelare i propri prodotti con ologrammi di sicurezza totalmente personalizzati.
In particolare, i cliché microincisi di Albertin offrono grandi potenzialità. Realizzati in magnesio o in ottone, questo tipo di cliché presenta una trama finissima a disegni casuali o ripetuti, interamente personalizzati. Loghi, scritte o grafica: non c’è alcun limite per creare effetti di rifrazione ottica che cambiano a seconda dell’angolo di osservazione.
«Per apporre il proprio sigillo oggi basta un cliché», afferma Ferruccio Albertin, CEO di Albertin. «La microincisione apre nuovi scenari e permette di realizzare effetti olografici bidimensionali utilizzando un foil tradizionale. Un grande vantaggio non solo in termini di costi, ma anche di tempi. Incidere un cliché è molto più rapido che produrre un foil personalizzato, e noi promettiamo tempi di consegna di sole 24 ore a partire dalla messa a punto del file di stampa».
A seconda della tiratura di stampa e dell’effetto desiderato (più brillante o più dettagliato), è possibile scegliere di realizzare cliché in magnesio con spessore da 1 a 7 mm o in ottone, microincisi con laser, con spessore da 3 a 7 mm. Qualunque sia il substrato scelto, non cambierà l’effetto finale: un ologramma dai riflessi cangianti da apporre su flaconi, packaging, cartellini ed etichette, alla portata di tutti.
Carte e inchiostri nella stampa digitale
Le materie prime nel processo di stampa digitale sono un tema di rilievo e, per certi aspetti, «scottante» nel panorama dei processi grafici. Dalla stampa a foglio a quella a bobina e al wide format, analizziamo come funziona l’approvvigionamento.
Per un motivo banalmente anagrafico, il processo di stampa digitale è quello più nuovo, in forte sviluppo e per tanto soggetto a modificazioni continue, a evoluzione sia sotto il profilo quantitativo (velocità di produzione, numero di proposte e declinazione delle stesse in varianti) sia qualitativo, nuove tecnologie, nuovi materiali e sistemi di trattamento dell’inchiostro, nuovi ambiti produttivi da esplorare. Se si pone per un attimo lo sguardo all’indietro e si considera negli ultimi 10 anni come è cambiato il mondo della stampa digitale, il confronto con le altre tecnologie di stampa convenzionali è sconcertante. Se dal lato dei processi tradizionali l’evoluzione si è mossa sostanzialmente sul versante delle prestazioni e automazione dei processi, il settore della stampa digitale ha visto un esponenziale sviluppo di tecnologie nuove, materiali stampabili del tutto innovativi, con i conseguenti nuovi «carrier» dell’immagine, inchiostri, primer, trattamenti, sistemi di essiccazione. Una vera rivoluzione che ben lungi dall’essere giunta a destinazione, offre oggi un ventaglio di offerta veramente variegata. Di conseguenza riveste importanza capitale come le aziende approcciano la gestione delle materie prime per la stampa, come queste impattano sul conto economico del prodotto e quali strategie possono essere messe in campo per evitare di essere sopraffatti dalla complessità dell’offerta.
La nascita del supporto
Per raccogliere e confrontare i punti di vista ci siamo confrontati con due responsabili di aziende operanti in due diversi ambiti e con tecnologie digitali differenti, ma che, come si potrà capire, condividono numerosi punti di vista rispetto alle strategie aziendali e rispetto alla gestione delle materie prime. È importante una piccola introduzione di carattere tecnico, ma anche commerciale prima di entrare nel vivo delle questioni. I supporti di stampa cartacei, che ancora rappresentano numericamente la maggioranza dei substrati di stampa (forse) anche in riferimento a quelli stampati in digitale, sono nati, e si sono sviluppati in termini di ricerca, per i processi di stampa convenzionali. Nei quali si utilizzano principalmente inchiostri che poco hanno a che vedere con quelli usati nei processi digitali. Se si pensa al toner impiegato nei processi di stampa elettrofotografico (laser) o all’inchiostro a base acquosa inkjet, si capisce che poco c’entrano con l’inchiostro a base grassa o solvente più o meno fluido impiegato nei sistemi offset, rotocalco, flexografico. Per contro, la varietà dei supporti di stampa che negli anni si è resa disponibile, è stata per la gran parte pensata per essere impiegata con processi tradizionali. Questo per dire che i processi digitali hanno dovuto gioco-forza adattarsi a rendere utilizzabile la più ampia gamma di supporti per la stampa, per lo più pensati e sviluppati per processi del tutto differenti, in termini di pressioni di stampa, velocità di stampa, tipologia di inchiostri e metodi di essiccazione. A partire da ciò prende corpo il discorso attorno alle carte speciali pensate appositamente per la stampa digitale che più avanti verrà affrontato. Fa eccezione a questa logica, l’area della stampa di grande formato, dove, di fatto, le tecnologie di stampa non hanno equivalenti nel mondo convenzionale e quindi la ricerca e lo sviluppo dei materiali di supporto si è focalizzata esclusivamente sui processi digitali.
Stampa a foglio e stampa ibrida
Entrando maggiormente in dettaglio rispetto alle logiche aziendali con le quali viene gestita la fase di approvvigionamento delle materie prime, utilizziamo gli spunti ricevuti da Marco Tortia presidente di PRT Group (Poligrafico Roggero & Tortia Spa) per affrontare alcune tematiche. PRT Group è una realtà storica piemontese specializzata nella stampa tradizionale e digitale, orientata al mercato del transazionale, trans-promo e direct marketing che supporta con tecnologie di stampa tradizionale, digitale laser e inkjet in bianco e nero e a colori. Un settore della stampa digitale che possiamo porre tra quelli a più alto impatto quantitativo in termini di volumi prodotti e conseguentemente di materie prime.
Parlando di stampa digitale in bianco e nero o a colori a foglio, un’alternativa da sempre dibattuta è se acquistare la carta per digitale, già in formato per la macchina da stampa, oppure comprare carta in formato più grande, in pacchi o bancali e poi trasformarla all’interno nei formati desiderati, carta che probabilmente è venduta per il processo convenzionale offset. Un tema che le aziende elaborano con risposte diverse, principalmente in funzione dei quantitativi consumati e della tipologie di lavori realizzati. PRT Group, ad esempio, predilige la soluzione di acquisto di carta già in formato finale per la stampa, nelle applicazioni da stampare con tecnologia laser a foglio. La motivazione di questo risiede in due fattori: la sicurezza del prodotto relativamente alla macchinabilità, (determinata dalla qualità dello stoccaggio e del taglio) e alla coerenza con i processi e la logistica interni, rispetto a tempi e spazi di approntamento della commessa. Va detto che la differenza tra lo stesso prodotto cartaceo, venduto in pacchi o bancali per offset rispetto a quello fornito in risme confezionate per il digitale, in termini pratici risiede solo nell’umidità relativa lasciata nella carta e nell’imballo. Le carte vendute per digitale hanno un’umidità relativa minore rispetto allo standard per offset, per sopperire allo stress termico che subiscono durante il processo di stampa laser. Alcuni produttori producono altresì carte studiate apposta per subire un processo ibrido di stampa, tipico anche di PRT Group, cioè stampa in offset e successiva personalizzazione in digitale, come nel direct marketing, transpromo e prodotti simili. Dovere tagliare la carta in casa propria, con il rischio di avere tagli non perfetti che possono causare inceppature in macchina, lasciare la carta non protetta dalle variazioni di umidità se l’ambiente di stampa non è controllato, sono tutti elementi potenzialmente causa di maggiori fermi macchina. Per contro la carta già in formato, rappresenta un costo di acquisto più alto. Evidentemente gioca un ruolo determinante nella strada da seguire, i volumi di acquisto e il conseguente potere contrattuale, la varietà di supporti che si devono stampare, la gestione delle rimanenze (più ampia è la gamma e più basse sono le tirature, maggiori rimanenze vi saranno). In questi termini dover stoccare pacchi in formati grandi o bancali già iniziati, dal punto di vista della logistica impatta maggiormente rispetto alla carta già in formato. Sui supporti standard e sul processo di stampa laser l’approvvigionamento di carta è un processo consolidato che non riveste particolari rischi neanche sotto il profilo della risposta in macchina sia in termini di affidabilità sia di qualità. L’esperienza di anni di stampa digitale ha permesso di selezionare le tipologie e i fornitori in grado di rispondere ai requisiti di efficienza del processo. La gestione del catalogo carte che ogni sistema di stampa elettrofotografico, indipendentemente dal vendor permette di gestire, assicura che le condizioni di macchina siano le migliori per la tipologia di supporto selezionato, in termini di correnti di carica e di trasferimento, temperature, infeed e così via.
Per le carte particolari, il cui acquisto è pilotato dal cliente, laddove manca l’esperienza diretta di utilizzo e nel database del catalogo carte, non esiste una referenza utilizzabile, per l’azienda si pone invece il problema di testare il supporto in macchina. Come ci spiega Marco Tortia, in funzione della tipologia di lavoro, della sua importanza in termini economici, fare test è fondamentale. Soprattutto sulle carte che hanno una struttura superficiale non particolarmente idonea a ricevere il toner.
L’ambito della stampa inkjet su carta con macchine da alta produzione (webpress) richiede altro tipo di approccio rispetto alla selezione dei supporti di stampa e alla loro gestione. L’inkjet è un sistema di stampa sicuramente non nuovo ovviamente, ma nelle applicazioni industriali di stampa che sfruttano la tecnologia a test multiple ad alta velocità, l’esperienza non ha quel consolidato tipico della stampa elettrofotografica. Viaggiare a più di 100 metri al minuto con un inchiostro a base acquosa, dovendo garantire l’ancoraggio del colorante sul supporto e la sua essiccazione, non è cosa scontata. Per l’azienda che usa queste tecnologie la scelta dei supporti richiede certamene un’analisi. Nelle carte naturali così come in quelle patinate il mercato contrappone le carte standard a quelle trattate appositamente per questa tipologia di stampa, dove lo strato superficiale del supporto ha una struttura più chiusa idonea a trattenere. Ovviamente a livello di costi l’equazione da calcolare per identificare l’opzione più conveniente deve tenere in considerazione anche il consumo degli inchiostri e il conseguente livello di qualità ottenibile. Infatti, se il costo delle carte speciali è senza dubbio più alto, consente in genere un consumo minore di inchiostro e un livello qualitativo più alto. Come fa notare Marco Tortia, gli stampatori sono un po’ alla finestra ad aspettare novità che dovrebbero giungere dal mercato dei produttori di carta. Scenario che già qualche anno fa i vendor di macchine prospettavano per incentivare l’acquisto degli impianti di stampa, riferendo di investimenti in ricerca che i cartai stavano attuando per fornire prodotti con caratteristiche tali da colmare il gap rispetto ai processi convenzionali di stampa sia sotto il profilo della varietà di prodotti sia del costo per tonnellata di prodotto.
Gli stampatori al momento sono alla finestra ad aspettare novità che dovrebbero giungere dal mercato dei produttori di carta
La vivacità del grande formato
Passando a un altro ambito produttivo dove la stampa digitale la fa da padrona da sempre, è possibile incontrare in parte gli stessi approcci e strategie così come diversità. Parliamo della stampa digitale wide format come genericamente possiamo definire il variegato settore della stampa digitale roll-to-roll, stampa diretta, stampa si supporti rigidi e speciali eccetera. L’occasione è data dall’incontro con Manuela Sisler business direct manager di Printerest, una società che eredita il marchio Pentacolor, entrata di recente a far parte del gruppo Trocart, da 25 anni nel settore della cartotecnica e della stampa digitale. Anche a Manuela Sisler abbiamo chiesto di illustrare come l’azienda approccia l’approvvigionamento delle materie prime. Ed emergono similitudini, ma anche punti di vista differenti, ovviamente trattandosi di mercati decisamente diversificati e regolati da esigenze peculiari. Innanzitutto, il mercato del wide format è caratterizzato da una vivacità estrema. La ricchezza di supporti di stampa è pari alla ricerca di materiali innovativi su cui stampare, supportata dall’innovazione tecnologica che interessa i produttori di plotter per la stampa di grande formato. Le tecnologie di stampa che oggi si confrontano e sono più utilizzate nella stampa sono fondamentalmente: il solvente (in calo), l’ecosolvente, il Latex e l’UV. Se si osservano i cataloghi di materiali per stampa con queste tecnologie, si nota che la compatibilità di questi è piuttosto ampia, il che significa flessibilità nella gestione dei materiali. Questo agevola lo stampatore nell’approvvigionamento evitando di dover moltiplicare il magazzino in presenza di tecnologie diverse di stampa. Il panorama dei fornitori e produttori di supporti, affianca ai brand top player del mercato, fornitori di materiali compatibili che si posizionano su una fascia di prezzo più appetibile. L’azienda deve valutare attentamente l’opportunità di utilizzo di questi materiali, soprattutto sulle prestazioni di resistenza dello strato stampato alle sollecitazioni meccaniche e alle prestazioni sul fissaggio del residuo secco colorante. In questo caso la fase di test dei materiali è obbligatoria per definire le condizioni di utilizzo, i parametri di stampa e i limiti d’impiego del materiale. Rispetto alla qualità e alla gestione di detti parametri, come noto il processo di stampa inkjet wide format prevede la linearizzazione del profilo di inchiostrazione, di velocità di stampa (con il numero dei passaggi) al fine di ottimizzare la resa qualitativa e il consumo di inchiostro. Questa pratica è standard ogni qualvolta un nuovo materiale viene adottato in produzione o semplicemente per poter testare lo stesso e definirne la possibilità di impiego. I commercianti di materiali offrono supporto in questo fornendo per lo più indicazioni derivanti dalle specifiche del produttore. Altro capitolo importante per l’azienda è l’ottimizzazione della qualità e del consumo di inchiostro. Per questo il workflow di stampa che Printerest adotta prevede la caratterizzazione di ogni materiale usando un software di linearizzazione, caratterizzazione e ottimizzazione del consumo di inchiostro basato sulla profilazione del materiale e l’applicazione degli algoritmi di repurposing tipici dei color server, che tendono a minimizzare il consumo e preventivare quindi l’impatto sul costo finale del prodotto. Altro aspetto singolare che vale la pena citare riguarda le modalità di presentazione dei cataloghi dei supporti. La vastità della gamma di materiali, e il moltiplicarsi delle aziende che operano nel settore del wide format, sta producendo un nuovo approccio. Storicamente i commercianti hanno sempre fornito agli stampatori le mazzette colore che riportano le campionature nelle diverse declinazioni di colore, grammatura, eccetera. Esattamente come i commercianti di carta fanno con le tipografie. Oggi alcuni fornitori propongono in alternativa, cataloghi stampati che riproducono i materiali in fotografia. Certamente non è la stessa cosa in termini di efficacia, soprattutto se si deve valutare la consistenza e il tatto del materiale. Questo produce un notevole risparmio di costi per il distributore, che ha da un lato la necessità di soddisfare una molteplicità di stampatori, dall’altro la maggiore concorrenza in termini di numero di player sul mercato. Dato che i produttori di materiali non sono in numero elevato, non consentendo pertanto l’instaurazione di un mercato più aperto per quel che riguarda i prezzi di acquisto delle materie prime, i distributori stanno identificando quelle strategie di contenimento dei costi che meglio possono posizionarli nella preferenza da parte dell’utilizzatore finale.
Come per gli altri settori della stampa, oggi la tendenza è quella di non fare magazzino, come riporta Manuela Sisler di Pinterest, anche perché lo stoccaggio delle bobine e dei materiali rigidi (che vanno controllati come temperatura) occupa molto spazio. Anche in considerazione del fatto che il distributore risponde quasi in tempo reale con le consegne avendo nei propri magazzini i materiali maggiormente richiesti. Grosse forniture direttamente spedite dal produttore vengono comunque gestite dal distributore. Come in ambito editoriale, capita che alcuni clienti preferiscano acquistare in proprio i supporti di stampa e li diano in conto lavorazione allo stampatore. Questa pratica viene un pochino subita dall’azienda di stampa che deve gestire un magazzino non proprio, le rimanenze e gli scarti, possibile fonte di discussioni, non essendo sempre perfettamente quantificabili.
Il filo rosso dell’inchiostro
Veniamo, infine, a un capitolo che è trasversale a entrambe le esperienze di stampa con la tecnologia inkjet, seppur diverse come campo di applicazione: gli inchiostri. È risaputo da chi opera con queste tecnologie, come questa voce di costo impatta notevolmente sul conto economico di stampa. Differentemente dalla tecnologia elettrofotografica, dove nel costo fisso del clic che si paga al fornitore è compreso il toner (indipendentemente dal consumo reale), l’inchiostro inkjet si acquista come materiale di consumo, normalmente dalla casa produttrice dell’impianto di stampa. Questo è il vincolo che per lo più i vendor di macchine impongono per mantenere vive garanzie e assistenze tecniche. È altrettanto vero che il consumo di inchiostro impatta in modo decisivo sulla qualità finale del prodotto e spesso il preventivo della lavorazione è il risultato di un’equazione tra costi di materie prime e requisiti di qualità di non facile soluzione. La forbice di prezzo che si crea, dovuta al consumo di inchiostro impatta molto di più rispetto alle altre tecnologie, che non è sempre facile giustificare e far accettare al cliente. Si fa strada quindi l’idea, come nella stampa convenzionale, di poter utilizzare inchiostri di terze parti, compatibili con gli originali, ma che tendenzialmente possono essere acquistati a prezzi più vantaggiosi. E possano quindi ridurre l’impatto del costo dell’inchiostro nella formazione del prezzo di vendita del prodotto. È un tema molto caldo e sentito da parte del mercato degli stampatori, che richiede un ragionamento approfondito da parte di tutti gli attori coinvolti. Forse la crescente diffusione degli impianti di stampa digitali con tecnologia inkjet, unitamente alla maturazione delle tecnologie con la conseguente riduzione dell’incidenza della ricerca e sviluppo, favoriranno un riequilibrio economico, ma non è scontato. Anche nel settore della stampa a toner i prezzi dei clic progressivamente si sono abbassati rispetto agli esordi della tecnologia, man mano che questa ha guadagnato quote di mercato. Sicuramente oggi gli stampatori si sentono presi nella morsa tra cliente e fornitore di inchiostri, senza poter in alcun modo agire sulla leva della concorrenza che, invece, è tipica della stampa convenzionale.
La comunicazione è nella Rete
Il 2017 è stato l’anno dell’Industria 4.0, delle agevolazioni agli investimenti tecnologici, dell’automazione, dei processi che garantiscono precisione e risparmio nella produzione degli stampati. In un contesto dove il prezzo più basso fa il mercato, l’industria grafica ha dirottato risorse ed energie nell’ottimizzare il lavoro e nel contenere le spese. Ma basta questo per guardare al futuro con ottimismo?
Sebbene i benefici di una politica di questo genere siano evidenti, non è abbastanza per dormire sonni tranquilli. Produrre uno stampato di qualità al «giusto prezzo» è il primo passo: tuttavia anche il prodotto migliore può portare a magri risultati se non è supportato da una politica di comunicazione adatta. Non è inusuale trovare, anche tra i top player della stampa, aziende che, nonostante la loro forza produttiva e la politica commerciale, spesso trascurano la comunicazione o, per essere più precisi, non curano l’aspetto legato alla loro presenza digitale.
Il web, sempre più veicolo d’informazioni, è uno strumento dalle infinite possibilità di business: ha applicazioni vincenti in tutti i campi, ma non trova ancora il giusto spazio tra le aziende delle arti grafiche.
Digital advertising, brand identity e on line reputation non devono essere recepiti come inglesismi comprensibili solo da pochi: esiste un’ampia letteratura a riguardo e di case history eccellenti ne troviamo in tutti i settori merceologici.
Indagine nel web
Quanti stampatori hanno un sito di ultima generazione? Quanti un portale multilingua, magari responsive e ottimizzato per i dispositivi mobili? Quanti, ancora, investono in SEO o utilizzano i social media per la promozione della propria azienda? E, se volessimo andare sullo specifico, quanti hanno un budget anche minimo destinato alle inserzioni digitali?
Tralasciando quelle che sviluppano il proprio business proprio con questi strumenti (stampa on line, w2p e simili) e tutte le imprese che non sono direttamente collegate alla stampa vera e propria (escludendo, ad esempio, produttori di supporti, nicchie di mercato o multinazionali impegnate su più mercati) abbiamo selezionato un campione di 100 aziende, scelte tra le prime 500 in Italia per fatturato. Per avere un target più preciso, abbiamo diviso il campione in due macro categorie che occupano le posizioni da 1 a 50 e da 450 a 500 della classifica sopracitata: sono perlopiù aziende grafiche, legatorie, cartotecniche e stampatori di ogni genere con fatturati superiori ai 10 milioni di euro. Su queste, partendo da un’analisi di base sui loro siti, abbiamo verificato l’esistenza di una relazione tra strategia di comunicazione on line (quando presente) e fatturato dichiarato nell’anno 2016. E i risultati sono stati a dir poco interessanti.
Website: siamo ancora negli anni ’90?
Il sito per un’azienda è il bigliettino da visita elettronico. Utilizzando la rete, i clienti cercano molteplici informazioni non solo per aver conferma sulla qualità dello stampato o sulla tipologia dei prodotti. Diventa quindi necessario avere una vetrina che dia il miglior benvenuto possibile al visitatore. Le prime considerazioni generali sono sulla tipologia di sito e sulle caratteristiche tecniche di base. Pochi siti hanno un dominio https e questa non è una grossa sorpresa: Google ha iniziato a premiare i siti con questo protocollo solo da inizio 2017 e ancora in pochi hanno recepito la direttiva. Per quanti vogliano investire nella vendita on line, questo è un protocollo imprescindibile.
Buone notizie sull’impiego di CMS: almeno la metà sono dei siti sono progettati utilizzando WordPress (nel mondo, WordPress è la piattaforma più diffusa per la realizzazione di siti web) e, di questi, buona parte sono responsive e hanno funzionalità dedicate ai dispositivi mobili. Il merito va dato sia alla miriade di template disponibili sia alle community degli sviluppatori sempre molto attive, che hanno creato estensioni specifiche anche per le aziende grafiche (sapete che esistono plugin per il W2P costruiti completamente per WordPress?). Le noti dolenti arrivano dalla metà che non utilizza una piattaforma evoluta: spesso sono ancora presenti vecchie funzionalità in flash, ormai obsoleto per molti browser e mai accettato dai dispositivi mobili Apple. Su 100 aziende, in tre casi il sito risulta in costruzione e ben sei aziende non hanno nemmeno un dominio accessibile. Il 98% dei siti che non utilizzano un CMS non sono ottimizzati per i dispositivi mobili e non permettono una navigazione agevole. E in un’epoca dove il 75,8% degli italiani – 36,4 milioni – dichiara di accedere a internet da telefono cellulare (nel 2016 un bel +11,5% rispetto all’anno precedente) questo non è assolutamente accettabile.
Che lingua parla il tuo cliente?
La presenza di un sito in multilingua è determinante se si punta a un target estero. Nel campione selezionato, l’italiano è ovviamente la lingua predominante; tuttavia alcune aziende hanno scelto di comunicare i propri contenuti solo in inglese, che rappresenta anche la seconda scelta in almeno della metà del campione. Francese (14,7%), tedesco (8,8%) e spagnolo (4,4%) sono tra i più presenti, seguiti da portoghese, russo, turco, olandese e polacco. Stupisce l’assenza di lingue arabe e asiatiche, probabilmente dovuto anche alla difficoltà nella gestione di caratteri speciali.
Social media non solo per svago
Analizzando i link diretti dal sito verso i social media, i dati rilevati sono tutt’altro che scontati: se l’onnipresente Facebook rappresenta lo strumento più utilizzato (il 34%), Linkedin segue con il 28%: un chiaro segnale di quanto si cerchino strumenti che poco hanno a che fare con la comunicazione, ma che piuttosto siano d’aiuto nella crescita della rete di contatti professionali. Youtube e i contenuti video sono presenti nel 22% dei casi e, se escludiamo Twitter presente nel 20% dei siti, tutti gli altri social sono impiegati solo marginalmente. L’impressione è che l’utilizzo dei social media sia un’attività di serie B, a cui non si dedicano risorse e, nei pochi casi in cui troviamo corrispondenza, spesso non è chiara la linea editoriale dei contenuti pubblicati.
In conclusione
I dati riportati si prestano a diverse riflessioni, soprattutto se rapportate al fatturato annuale: sarebbe scontato dire che le aziende con i maggiori incassi sono anche quelle che hanno un sito meglio progettato e dei link evidenti ai social media; tuttavia tante vetrine non sono il linea con gli standard tecnologici che il mercato propone e, se consideriamo che il campione comprendeva imprese con fatturato oltre i 10 milioni di euro, queste mancanze non possono essere giustificate solo da risorse limitate. Ci si aspetterebbe, almeno tra questi grandi colossi, una comunicazione digitale ben progettata, in linea con il ruolo che ricoprono nel mercato italiano.
Naturalmente essere presenti in rete non significa utilizzare questi strumenti in maniera efficace: per il cliente sarà molto probabile trovare inserzioni o annunci pubblicitari delle grosse stamperie on line piuttosto che della tipografia a pochi chilometri da casa. Tuttavia, visto il ritorno che hanno molte le imprese da questo genere di investimenti, quella della comunicazione digitale rappresenta un treno in partenza (ma sarebbe meglio dire che è già partito) che non va perso. E tutte le aziende scettiche sul reale ritorno, potrebbero presto trovarsi su un binario morto.
Heidelberg presente a Print4All 2018
Heidelberg ha confermato al sua presenza a Print4All, dove presenterà soluzioni innovative che coprono l’intera gamma di tecnologie di stampa, comprese quelle flexo e digitale. L’azienda è consapevole delle trasformazioni e delle sfide che il settore sta affrontando. Per poter consentire alle aziende grafiche di “governare” questi cambiamenti, saranno presentate soluzioni suddivise in due macro-aree: da un lato quelle per l’automatizzazione del processo di stampa, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata; dall’altro quelle che permettono agli stampatori di aprirsi al mondo esterno e alla rete. Una filosofia condensata nello slogan Simply Smart, che può essere tradotto con Semplicemente Geniale. Una filosofia che ha il suo cuore in Prinect (parola nata dalla crasi di Print e Connect), vasta famiglia di software che spaziano dall’area di produzione al gestionale fino ad arrivare al web2print e ai collegamenti in rete.
Heidelberg si presenta a Print4All con uno spazio in cui i visitatori possano riconoscersi e abbiano la possibilità di toccare con mano le novità tecnologiche. Per questo, saranno rappresentate tutte le tecnologie offerte – offset, digitale, flexo – e non mancheranno novità nell’ambito di sistemi e attrezzature, da sempre la principale attrazione per i visitatori. Una particolare attenzione sarà dedicata alla fase di dopostampa, sia a livello funzionale sia di valorizzazione dello stampato.
Non mancherà poi l’area di presentazione dei Prodotti di Consumo, con grande evidenza del marchio Saphira. A seguito della recente acquisizione delle fabbriche europee di Fujifilm di vernici, solventi e additivi, Heidelberg è diventato non solo distributore, ma anche produttore di una vasta gamma di prodotti per la sala stampa: il brand Saphira, che raccoglie tali prodotti, sarà il protagonista dell’area dedicato ai prodotti di consumo. L’offerta della azienda è completata da lastre offset e flexo Flint, inchiostri, tessuti gommati e rulli.
The Innovation Alliance: dal progetto alla realizzazione
Con 2656 espositori complessivi da 54 Paesi e 126.585 mq totali già confermati a tre mesi dall’appuntamento, cresce l’attesa per The Innovation Alliance, il nuovo progetto espositivo, in programma dal 29 maggio al 1 giugno 2018 a Fiera Milano, che vede svolgersi insieme per la prima volta cinque manifestazioni unite da una forte logica di filiera: Plast, manifestazione di riferimento per l’industria delle materie plastiche e della gomma; Ipack-Ima per le tecnologie per il processing e il packaging; Meat-tech specializzata nel processing e packaging per l’industria della carne; Print4All, nuovo format dedicato al mondo della stampa commerciale e industriale e Intralogistica Italia la sola manifestazione sul territorio nazionale dedicata a soluzioni e sistemi integrati di movimentazione industriale, gestione del magazzino, stoccaggio dei materiali e picking.
In particolare, The Innovation Alliance mette al centro la trasversalità di una filiera innovativa che sempre più guarda a nuove prospettive di integrazione, anche grazie alla crescente diffusione dell’Industry 4.0, ma al contempo offre una vetrina dedicata e con una precisa identità a comparti industriali di punta, che fanno del nostro Paese il secondo produttore mondiale nel campo della meccanica strumentale.
La manifestazione occuperà 17 padiglioni, praticamente quasi l’intera area del quartiere espositivo di Fiera Milano, affermandosi come la manifestazione dedicata alla meccanica strumentale più ampia in Italia e uno degli eventi più grandi in Europa. Uno spaccato tecnologico di mercati ad alta innovazione e di eccellenza, che insieme valgono 23,7 miliardi di € di fatturato, occupano 70.000 addetti (preconsuntivo 2017 da fonti aggregate Acimga, Amaplast, Anima, Argi, Ucima) e nella gran parte dei casi hanno un livello di export vicino al 70%, offrendo un esempio concreto del grande apprezzamento della produzione italiana nel mondo.
Protagonista del momento espositivo, l’offerta specializzata dei cinque eventi, ma non mancheranno occasioni per riflessioni trasversali su nuovi materiali, nuove tecnologie e opportunità di ricerca&sviluppo indispensabili per continuare a essere competitivi a livello globale.
«Le manifestazioni fieristiche hanno come compito quello di anticipare lo sviluppo del mercato – dichiara Lorenzo Caprio, presidente di Fiera Milano – ed è per questo che abbiamo condiviso questo progetto, voluto con forza dagli organizzatori di tutti gli eventi coinvolti. Oggi ci avviciniamo a un evento caratterizzato da contenuti interessanti e dotato di un fortissimo potenziale internazionale. L’azione di promozione delle singole manifestazioni e delle associazioni coinvolte, il lavoro di Fiera Milano e quello dell’Agenzia ICE posizionano, infatti, l’appuntamento di The Innovation Alliance tra i maggiori eventi europei, di forte interesse per gli operatori di tutto il mondo».
L’offerta, per ampiezza e trasversalità, rappresenta un unicum in Europa, un plus di sicura attrattiva in particolare per gli operatori esteri, che potranno fruire della specificità dell’offerta delle singole manifestazioni, ma che troveranno nella formula di filiera un interessante valore aggiunto, che garantirà una riflessione più ampia in una logica di sistema, ormai indispensabile in un mondo in cui tutto è connesso.
Canon lancia nuove funzionalità della serie imagePRESS C850
Canon arricchisce le funzionalità della serie imagePRESS C850 con l’aggiunta di un alimentatore automatico fronte/retro per il formato banner, ottimizzando al tempo stesso la gestione dei flussi di lavoro.
In particolare, la capacità di stampare sul formato banner è una caratteristica da sempre molto apprezzata della serie Canon imagePRESS C850. L’aggiunta di un alimentatore automatico fronte/retro per fogli lunghi amplia il potenziale commerciale di questa soluzione, consentendo ai print service provider di promuovere i vantaggi di questo formato e di differenziare la propria offerta.
Il nuovo alimentatore per fogli lunghi POD Deck Lite XL-A1 consente l’alimentazione automatica fronte/retro di 1.000 fogli banner (fino a 762 mm). Questo permette ai fornitori di servizi di stampa e ai centri stampa aziendali di produrre elevanti volumi di documenti, libri e prodotti grafici di alta qualità che richiedono l’impiego di un formato carta più lungo, come per esempio: pieghevoli in formato A4 orizzontale, copertine per libri, brochure a tre ante, cartoline lunghe, direct mail e così via. imagePRESS C850 è progettata per garantire versatilità nella gestione dei supporti, un vantaggio fondamentale per gli ambienti di produzione multi-applicazione, con elevati carichi di lavoro. Grazie al vassoio di caricamento frontale, gli operatori possono passare senza alcuna difficoltà dai formati standard ai fogli lunghi, e viceversa.
Inoltre, la nuova versione 6.0 del controller Canon PRISMASync è pensata per tutti coloro che desiderano ottenere coerenza cromatica per le loro applicazioni grafiche. Questo aggiornamento infatti triplica la velocità di calibrazione del colore utilizzando un mezzo tono anziché tre e automatizzando al tempo stesso i test di convalida del colore, come Fogra e IDEAlliance. Il nuovo controller si collega anche a flussi di lavoro JDF/JMF di terze parti per incrementare l’efficienza produttiva.
Infine, per incrementare l’efficienza di stampa e offrire una soluzione più versatile, Efi ha lanciato il Digital Front End (DFE) integrato Efi G200 e ha presentato ulteriori aggiornamenti software con il nuovo DFE esterno EFI H300. Entrambi i sistemi supportano l’alimentatore per fogli lunghi. Queste nuove soluzioni potenziano le prestazioni della serie imagePRESS C850 per le applicazioni a colori di alta qualità, migliorano la gestione della carta, riducono i tempi di fermo e incrementano la produttività.
Teresa Esposito, marketing & sales excellence director business group di Canon Italia, ha commentato: «Qualità, produttività e versatilità applicativa sono le parole d’ordine per lo sviluppo continuo delle nostre soluzioni di stampa digitale. Gli ultimi aggiornamenti apportati al sistema di trasporto dei supporti e al flusso di lavoro sono pensati per consentire ai fornitori di servizi di stampa di cogliere le possibilità di diversificare la loro offerta con nuovi prodotti, migliorando al tempo stesso la coerenza cromatica, la produttività e l’efficienza operativa».
Favini fa nascere gioielli dagli scarti della carta
Favini partecipa al Mese del riciclo di carta e cartone, promosso da Comieco – Consorzio Nazionale per il Recupero e Riciclo degli Imballaggi Cellulosici, in collaborazione con la Federazione della Filiera della carta e della grafica, Assocarta e Assografici, Unirima e il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Si tratta della prima edizione di una campagna nazionale ricca di iniziative culturali, appuntamenti educativi e incontri informativi per spiegare agli Italiani, con il coinvolgimento dei cittadini, operatori del settore e artisti, il valore e le potenzialità di carta e cartone e del loro riciclo. Il mese di marzo sarà l’occasione per spiegare le qualità di questo materiale e della filiera cartaria, perfetto esempio di economia circolare.
Favini ha raccolto l’invito di Comieco a partecipare all’iniziativa, scegliendo di sponsorizzare il workshop Gioielli di carta+carta filata di Cartalana, che si svolgerà il prossimo 10 marzo presso il centro di riuso creativo dei materiali di scarto aziendale ReMida a Bologna. Le carte Favini saranno a disposizione dei partecipanti al workshop e utilizzate come materia prima per creare gioielli sul tema dell’up-cycling. Si tratterà di carte “imperfette”, ma non per questo meno utili allo scopo per il quale saranno utilizzate: per realizzare le proprie opere, gli artisti utilizzeranno infatti i refili provenienti dal taglio della carta, sottili striscioline che nascono nel momento in cui i fogli devono essere pareggiati. Si tratta quindi di uno scarto, denominato pre-consumo, dell’industria cartaria e che potrà essere riutilizzato in modo creativo e produttivo, come prevede la filosofia dell’upcycling.
Favini parteciperà, inoltre, a Riciclo Aperto, l’iniziativa di Comieco, in collaborazione con la Federazione della Filiera della Carta e della Grafica, Assocarta, Assografici che apre le porte degli impianti della filiera del riciclo di carta e cartone a scuole, cittadini, istituzioni e media. L’azienda ospiterà un gruppo di studenti, mostrando loro l’intero ciclo produttivo della carta, contribuendo ad educare e a sensibilizzare i più giovani a un uso consapevole delle risorse, nonché a far conoscere le professionalità e le tecnologie del comparto.
Infine, sarà realizzato all’interno del blog aziendale un post dedicato alla storia dell’upcycling in Favini, da Alga Carta a Remake, per raccontare come i concetti di upcycling e riuso creativo siano parte fondante del percorso storico di Favini. Contestualmente, ci sarà il lancio, all’interno del profilo Steller di Favini, del visual book “Up-cycling”, dedicato a Remake, l’innovativa carta che contiene il 25% di residui di lavorazione del cuoio e della pelletteria in sostituzione di cellulosa di albero.
«Abbiamo raccolto con piacere l’invito di Comieco a partecipare all’iniziativa, perché perfettamente in linea con la nostra filosofia aziendale. Favini ha infatti nel proprio DNA l’idea che i principi dell’economia circolare e l’upcycling rappresentino un comportamento virtuoso e imprescindibile: quello di trasformare sottoprodotti in nuovi prodotti, con un risvolto positivo anche per l’ambiente», dichiara Eugenio Eger, AD di Favini. «La lotta allo spreco e la ricerca di soluzioni che consentano il riutilizzo di materiali di scarto apparentemente di scarso valore o destinati al macero, ma che invece possono avere una seconda vita – spesso anche più interessante della prima – è la sfida quotidiana dell’economia circolare».
Nuovo sito per Taga Italia
Taga Italia esordisce in questi primi mesi dell’anno con un’importante novità: un nuovo sito dalla veste grafica completamente rinnovata.
In particolare, Taga Italia con questa novità dimostra di voler investire in uno strumento efficace e sempre in linea con le esigenze dell’associazione. Associazione che sarà presente non solo sul sito ufficiale appunto, ma su tutti i principali social network.
La grafica aggiornata, i link diretti ai documenti (alcuni dei quali disponibili gratuitamente per i non soci) e una comunicazione periodica con estratti dei Taga Doc sono alcuni dei punti del nuovo programma di comunicazione dell’associazione.
Per Taga Italia si preannuncia un anno intenso, ricco di novità e collaborazioni prestigiose, per continuare a essere un punto di riferimento per gli operatori delle arti grafiche.