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Affidabilità e velocità nei servizi digitali sono le caratteristiche di VG7

Da dieci anni al servizio delle aziende e sempre in continua evoluzione, da semplice studio di grafica VG7 si è evoluto in azienda dalle grande potenzialità e sempre al servizio dei clienti, che in lui vedono affidabilità e velocità nei servizi digitali.

Presenti in Viscom da diversi anni, il 2017 segna la consacrazione per quanto riguarda le soluzioni W2P dirette al mondo delle tipografie e dei centri stampa. Le sue piattaforme sono semplici, personalizzabili, intuitive e integrate con tutti i processi aziendali, poiché automatizzando una serie di funzioni riescono a offrire un output di alto livello, riducendone i costi.

I vantaggi per le centinaia di aziende che hanno adottato il sistema VG7 sono, tra gli altri:

  • aumento dei profitti con la vendita di prodotti e servizi online;
  • miglioramento dell’efficienza poiché si dimezzano i tempi per la preparazione dei preventivi di stampa;
  • pagamenti sicuri e anticipati;
  • ottimizzazione del lavoro grazie al controllo automatico dei file di stampa caricati dagli utenti;
  • automatizzazione dei flussi di lavoro grazie a organizzazione e gestione di tutte le fasi di lavorazione fino alla spedizione;
  • maggior controllo nel sistema costi e ricavi.

La chiave vincente di VG7 è nel fare delle necessità del cliente un must per poter sviluppare sempre meglio le sue tecnologie e i suoi servizi, infatti non solo print in Viscom ma verranno presentati anche rilevanti servizi di Web marketing. All’interno dello stand momenti di confronto con i consulenti per parlare di campagne marketing, siti online e piattaforme multiflusso, con la presentazione in anteprima del nuovo Editor3D, in programma per la primavera 2018.

Open Data ha installato una Weigang WL340 distribuita da REM

A sinistra Nello Petitti, amministratore di Open Data, con Ettore Maretti, titolare di REM.

Open Data può diversificare la propria offerta e guardare al mercato delle etichette di qualità grazie all’installazione della tecnologia Weigang, distribuita da REM.

di Massimiliano Luce

Da oltre trent’anni Open Data produce e assembla prezzatrici. A conferma di una vocazione di mercato internazionale e capillare, il nome dell’azienda si ispira al British Open, uno dei campionati più importanti dei tornei di golf e un sistema software molto popolare durante gli anni ‘90.

«Ad oggi riforniamo più di 80 Paesi al mondo e questo ci ha permesso di farci conoscere a livello internazionale esportando i nostri prodotti anche oltre oceano» spiega l’amministratore Nello Petitti. «La conoscenza della carta e della colla nei vari rotoloni delle prezzatrici ci ha consentito di approfondire meglio il mondo di etichette, facendo sì che oggi, in Open Data, sia presente un’altra divisione aziendale che pesa ormai il 50% del core business aziendale.»

Se il respiro è internazionale – grazie a una notorietà che va dall’Europa agli Stati Uniti, dall’Estremo Oriente ad alcuni paesi africani – le radici restano profondamente italiane. L’azienda ha sede ad Anagni, in provincia di Frosinone, un territorio che rappresenta uno dei poli industriali più importanti del Centro Italia, grazie alle centinaia di società attive. «Il polo industriale Anagni-Frosinone» racconta Petitti, «è sicuramente fra quelli più importanti del Centro Italia, ma sta attraversando un periodo difficile a causa della chiusura di alcune aziende storiche. Il nostro legame con il territorio ci ha portato a non dar seguito alle numerose proposte di delocalizzazione in Asia. Oggi, fra diretti e indotto, diamo occupazione a circa 200 persone.»

Fino al 2012, anno di incorporazione dell’etichettificio Data Label Group, il mercato di Open Data era per circa l’80% estero, con una clientela composta da distributori nazionali o regionali. «Al nostro core business, che rimane la produzione di etichettatrici, abbiamo affiancato la produzione di etichette: negli ultimi anni abbiamo investito moltissimo in questo settore, in macchine e strutture. Oggi, con l’etichettificio, la nostra quota export è di circa il 60% e alla nostra clientela storica si sono aggiunti clienti nell’industria e nella grande distribuzione organizzata. La nostra produzione di etichette è aumentata significativamente nei settori dell’automotive, della logistica, della farmacia, dell’industria alimentare e dei supermercati.»

«L’affidabilità dimostra da REM è per noi un punto fermo. Sapere che l’assistenza è a cura di tecnici italiani altamente qualificati ci garantisce il servizio post-vendita, vero tallone d’Achille di molte aziende europee ma, soprattutto, asiatiche.»

Verso nuovi mercati

l processo di diversificazione dell’offerta inaugurato da Open Data passa ora dall’installazione della macchina da stampa offset umido semirotativa Weigang WL 340, brand cinese distribuito in Italia da REM. Guidata da Ettore Maretti, quest’ultima da anni rappresenta per Open Data un valido e affidabile riferimento commerciale con cui consultarsi e confrontarsi. «Dopo l’acquisto della Weigang, lavorando in azienda con il loro staff, REM è diventata anche un riferimento tecnico, in quanto integra conoscenze di tecnologia europea a quella asiatica» spiega Petitti.

L’acquisto della Weigang WL 340 è stata spinta dalla necessità di alleggerire le macchine flexo delle medie e piccole tirature, oltre al fatto di produrre etichette di qualità superiore.

Servizi post-vendita decisivi

In effetti, proprio il supporto commerciale e tecnico è stato considerato da Open Data un punto di forza distintivo di REM, tanto da determinare l’acquisto della Weigang 340 WL. «Senza la loro assistenza difficilmente avremmo scelto una macchina cinese con l’impegno economico che comporta» rimarca Petitti. «Riteniamo che il numero di macchine che hanno installato in Italia dimostri la loro competenza; dal canto nostro, noi stessi abbiamo constatato direttamente la qualità dei tecnici e del loro servizio.»

«Chiaramente, senza avere alle spalle un partner come REM, non avremmo fatto un acquisto del genere» sottolinea l’amministratore di Open Data.

REM, infatti, è in grado di garantire un servizio post vendita preciso e puntuale, contando su un fornito magazzino ricambi e su tecnici sempre pronti a intervenire, qualora ciò si rendesse necessario, dalla meccanica al software stesso della macchina.

Di fatto, la nuova Weigang permette a Open Data di approcciare mercati fino a ora soltanto sfiorati, quali quelli del vino e delle etichette di qualità in genere. «Noi crediamo che la Weigang abbia ormai colmato il gap di qualità di stampa che aveva con le macchine giapponesi o europee» rimarca Petitti. «La macchina ha, inoltre, tutte le caratteristiche per poter usufruire dell’iper-ammortamento.»

Produzione cinese, tecnologia tedesca

«Con Open Data ci conosciamo da qualche tempo» conferma Ettore Maretti, amministratore di REM. «Il rapporto con l’azienda di Anagni, infatti, è cominciato con l’inserimento di un tavolo di controllo modulare di Prati, altra società di cui siamo agenti. Entrando nel merito dell’installazione della Weigang WL 340, possiamo affermare che l’offset è garanzia di qualità di stampa, mentre la richiesta di piccole e medie tiratura è soddisfatta dalla tecnologia semirotativa.»

La macchina adottata da Open Data, inoltre, è stata accessoriata con unità di lamina a caldo, serigrafia piano cilindrica e flexo semirotativa per finire e abbellire un’etichetta destinata non soltanto ai classici mercati industriali. «Può essere tranquillamente soddisfatta anche la necessità di stampare su supporti non lisci come le carte naturali» sottolinea Maretti.

Oltretutto, la Weigang WL 340 si è dimostrata appetibile per Open Data per essere sì Made in China, ma, comunque, basata su tecnologia europea, per la precisione firmata Bosch Rexroth. «Dagli azionamenti al Plc di controllo, dai cavi ai pannelli touch screen, la tecnologia è tutta tedesca» sottolinea Maretti. Qualità arricchita dalle caratteristiche del servizio offerto dalla stessa REM. «Anche se importate dalla Cina, tutte le macchine sono installate dai nostri tecnici, garantendo, come dimostra l’esperienza con la stessa Open Data, un apprezzato supporto post-vendita.»

 

Novità all’orizzonte

«Alla prossima Labelexpo valuteremo se introdurre la stampa digitale» anticipa Petitti. «Abbiamo notizie della presentazione di nuove tecnologie digitali combinate con stampa flexo; valuteremo sicuramente anche la presentazione della nuova macchina digitale distribuita dalla REM.»

Del resto, in virtù della sua continua crescita, Open Data è ormai abituata a porsi costantemente nuovi obiettivi: ai due rami attuali – etichettatrici ed etichette – se ne aggiunge infatti un terzo: «da qualche anno abbiamo sviluppato un nuovo ramo, quello del visual. Il nostro obiettivo è quello di consolidare nei prossimi anni tutti e tre i settori e affermare così ancora di più la nostra presenza a livello nazionale e internazionale.»

Vista da vicino

La Weigang WL 340 è una macchina combinata multiprocesso in grado di nobilitare la stampa offset utilizzando, in linea, unità di laminazione a caldo semirotativa, flexo semirotativa e serigrafia piano cilindrica.

«Il controllo remoto dei calamai consente avviamenti veloci e di facile gestione, mentre il sistema di raffreddamento degli oscillanti mantiene costante la temperatura della macinazione inchiostro per tutta la durata del processo produttivo» spiega Maretti. «Ha una struttura modulare che la rende estremamente versatile e adatta a supportare sia le piccole che le medie tirature; è altamente produttiva grazie allo startup semplice e veloce e al formato stampa 320×350 mm.»

Un’altra nota saliente riguarda il cambio lastre: può essere effettuato in meno di cinque minuti, grazie all’efficiente sistema di montaggio automatizzato.

Open Data ha installato la Weigang WL 340, con un formato stampa 320×350 mm distribuita da REM, è una macchina da stampa offset umido semirotativa.
Open Data ha installato la Weigang WL 340, con un formato stampa 320×350 mm distribuita da REM, è una macchina da stampa offset umido semirotativa.

 

Ingranare la quarta: come due grandi stampatori affrontano la sfida

Le tecnologie e le metodologie operative 4.0 si fanno strada con decisione presso gli stampatori garantendo loro un surplus di efficienza e qualità che si riflette positivamente anche sui servizi alla clientela, come dimostra l’esperienza di alcune protagoniste del settore.

Roberto Carminati

Nel panorama degli stampatori le aziende più oculate e attrezzate non hanno atteso che i temi della digitalizzazione, dell’automazione e dell’interconnessione di macchine e sistemi intelligenti diventassero argomento di dibattito comune presso le imprese e gli osservatori. Pertanto, il loro percorso verso la realizzazione di ambienti di lavoro interamente orientati alle logiche dell’Industria 4.0 ha preso il via molto prima che il modello inizialmente promosso dalle istituzioni tedesche potesse assurgere al rango di un’autentica tendenza. Adesso che quello dell’Industrie vier punkt null è un paradigma tecnologico e organizzativo perseguito da una gran parte della manifattura italiana – il volume d’affari legato alla sola automazione industriale è cresciuto del 4% nel 2016 – iniziano a raccogliere frutti importanti. Che le strategie di innovazione adottate si siano rivelate un successo lo testimonia la soddisfazione con cui le stamperie descrivono i cambiamenti introdotti nei rispettivi reparti e sui flussi di lavoro, che hanno portato con sé i benefici di una maggiore efficienza e qualità. Dai loro racconti emerge anche l’evidenza, forse persino più rilevante, che i miglioramenti sono stati immediatamente percepiti e salutati con favore dalla clientela, che ha potuto contare su una gamma di servizi vasta e sempre più rispondente alle sue effettive esigenze. Segno, questo, che tecnologie e policy allineate ai dettami della quarta rivoluzione industriale erano in realtà da tempo ben consolidate e accessibili, a disposizione però delle aziende fornite di una visione a 360 gradi sulle richieste dei mercati di riferimento. E naturalmente consapevoli delle azioni che era necessario mettere in moto per poter seguitare a competere.

Mediagraf: l’integrazione, innanzitutto

«Per quel che ci riguarda essere 4.0 significa in primo luogo godere di una organizzazione più efficace dei processi che è alla base della realizzazione di prodotti migliori e questo è dovuto in primo luogo all’uso più razionale delle informazioni, rilevate ed elaborate in tempo reale». Questo è per esempio quanto hanno riferito in materia Diego Carbonara e Fabio Fogarin, rispettivamente responsabile commerciale e direttore degli acquisti di Mediagraf, in una intervista concessa a Italia Grafica. Come si avrà modo di vedere fra breve, il rinnovato scenario è da considerarsi il culmine di un cammino che almeno per alcuni aspetti è stato intrapreso addirittura al principio dello scorso decennio. «Nell’ambito dei processi si è proceduto a una rigorosa distinzione di quelli di stampa da quelli di pre-stampa o inerenti la logistica. È stata quindi implementata una piattaforma Mes (Manufacturing execution system) per ottenere una puntuale e coerente acquisizione dei dati di macchina. Oggi Mediagraf è in grado di programmare, allineandosi alle richieste dei suoi clienti, sia l’attività delle macchine sia quella del personale; i tempi-ciclo delle lavorazioni; e infine i progetti di formazione». L’opera di raccolta dei dati e l’interfacciamento di questi ultimi con le intelligenze informatiche centrali sono stati studiati con il duplice obiettivo di incrementare il livello qualitativo delle produzioni e di gestire in maniera più flessibile i grandi come i piccoli lotti. Ma, appunto, la metamorfosi viene da molto lontano. «Già nel 2012», hanno ricordato Carbonara e Fogarin, «la transizione massiccia alla stampa digitale ha imposto la trasformazione della nostra dotazione di macchinari. Abbiamo puntato su tecnologie adatte alla stampa editoriale installando due linee di produzione a bobina per bianco e nero e colore e quattro di stampa a foglio digitali a toner. Il risultato è stato un netto perfezionamento delle finiture, che chiaramente si è tradotto in un vantaggio per i nostri tradizionali interlocutori».

Passato e futuro

Gli stampatori non sono alieni a quelle problematiche di integrazione delle architetture nuove con quelle preesistenti che caratterizzano il passaggio agli ecosistemi digitalizzati tipici dell’Industria 4.0. Nel dettaglio, per Mediagraf la sfida era rappresentata dall’attivazione di un dialogo fra i gestionali precedentemente utilizzati e le risorse di più recente acquisizione. «La soluzione Erp (Enterprise resource planning: pianificazione delle risorse aziendali) in dotazione a Mediagraf è Sap», hanno detto Carbonara e Fogarin, «ed essa sovrintende anche all’organizzazione delle commesse. Abbiamo tuttavia aggiunto un sistema parallelo connesso al software tedesco, cui abbiamo demandato una parte più ampia delle operazioni di stock. Senza dubbio», hanno proseguito, «l’interfacciamento fra i diversi sistemi è fra gli aspetti più interessanti di questa evoluzione. A partire dal 2002 siamo riusciti a inserire funzionalità sempre diverse, fra business object e applicazioni Crm per le relazioni con la clientela; in seguito sono arrivati i Mes dipartimentali per la preventivazione e il commercio elettronico». L’essenziale non sono però le dotazioni tecnologiche in sé, bensì l’utilizzo che un’azienda ne fa. Anche da questo punto di vista il caso di Mediagraf è illuminante. «Di volta in volta abbiamo cercato di integrare le informazioni in arrivo da ciascun dipartimento», hanno detto Diego Carbonara e Fabio Fogarin, «ragionando su come rispondere alle esigenze del momento. Guardare alle grandi moli di dati e metterle a frutto seguendo una visione di insieme, mirando a un costante miglioramento, è a nostro avviso l’autentico valore del 4.0». Entrare a pieno titolo nei meccanismi della quarta rivoluzione industriale significa altresì apprendere continuamente dagli eventuali errori commessi, correggendoli, e in casa Mediagraf questo approccio è stato sposato in toto. È sfociato col tempo in una riduzione degli scarti e in un tangibile progresso della gestione dei rapporti coi clienti, dei servizi e della logistica. «Quest’ultimo è un nodo cruciale», è l’opinione degli intervistati, «per chi come noi produce grandi volumi, poi spediti a destinazioni sempre differenti. Ora possiamo contare su dati di consegna – si pensi solo al totale dei pallet – dettagliatissimi e affidabili».

All’interno e all’esterno

L’Industria 4.0 non fa leva però sulla pura ridefinizione dei processi interni a un fornitore bensì pure se non soprattutto sulla visibilità totale del ciclo di vita dei prodotti. Per questo, le anticipazioni di Carbonara e Fogarin circa i possibili sviluppi a venire del restyling in corso assumono ulteriore importanza. «Le informazioni di natura logistica», hanno ipotizzato, «risiedono su un portale che in futuro potrebbe essere reso accessibile agli stessi clienti, non solamente per tenere traccia dello status delle consegne ma per verificare le occasionali contestazioni di non-conformità mettendoci al riparo da qualsiasi obiezione. Al contempo però il confronto fra gli ambienti reali e quelli virtuali è una garanzia a vantaggio della clientela, pure ai fini del mero calcolo delle copie inviate. È un’arma commerciale preziosa». Tornando ai processi, i due responsabili di Mediagraf hanno evidenziato come l’innovazione snellisca le tempistiche relative allo scambio d’informazioni fra reparti perché l’accesso ai dati critici è trasversale a tutte le funzioni aziendali. «Il fattore umano resta la chiave di volta», hanno commentato Fogarin e Carbonara, «ma perché i nostri addetti potessero beneficiare delle inedite metodologie di scambio dei dati la formazione è stata decisiva. E ha riguardato tutti gli addetti, dagli stampatori ai commerciali. I sistemi si sono rivelati semplici e intuitivi per tutti, con qualche complicazione in più per le vendite, poiché gestire i vari formati e grammature non è sempre un procedimento immediato. Analogamente, non è facile interfacciare i nostri sistemi con quelli dei fornitori, data l’eterogeneità dei linguaggi. Infine, per quanto possa sembrare strano, il rilevamento-dati è più agevole quando i sensori sono applicati alle macchine tradizionali piuttosto che a quelle digitali. L’obiettivo è però quello di investire ancora per far sì che anche queste ultime possano comunicare in modo efficace».

Grafica Veneta: Aumenta l’efficienza, cresce la soddisfazione dei clienti

Anche per un altro stampatore di spicco quale Grafica Veneta è il crescente peso del dato, se interpretato in maniera corretta, a determinare il valore aggiunto delle metodologie 4.0, che si diffonde a cascata dai fornitori ai clienti in un’ottica win-win per entrambe le controparti. L’obiettivo finale, cioè la soddisfazione degli acquirenti, giustifica quindi di per sé gli inevitabili sforzi tesi a superare le difficoltà dell’integrazione e dell’innovazione. «Dal nostro punto di vista», ha detto a Italia Grafica il consigliere delegato e responsabile dell’area commerciale di Grafica Veneta Mauro Fontanari, «l’Industria 4.0 implica la ricerca di una migliore modalità di comunicazione e un flusso ininterrotto di dati che viaggia per il tramite degli automatismi tipici dell’informatica anziché attraverso meccanismi di tipo più tradizionale. Un approccio che interessa l’organizzazione interna delle stamperie e la loro relazione esterna coi clienti». Nel caso di Grafica Veneta quest’ultimo elemento è stato necessariamente oggetto di attenzioni particolari, perché particolare è la natura medesima del business societario. «Il nostro portfolio è molto vasto», ha riferito Fontanari, «ma pressoché ogni cliente utilizza piattaforme proprie che non sempre sono facili da interfacciare coi sistemi di Grafica Veneta. È utile allora impegnarsi per integrarli quando il quantitativo medio degli ordini è molto consistente, meno quando è esiguo. A questo punto, è inevitabile compiere scelte precise». Fontanari si è riferito qui alla possibilità che il fornitore si faccia carico delle operazioni di integrazione tra i diversi sistemi informativi per evitare il doppio data-entry: questa prospettiva può esser considerata accettabile laddove esistano le prospettive per edificare un rapporto solido e di lungo periodo. Nel frattempo, l’accento va sull’impegno dedicato all’aggiornamento dei sistemi, tanto sul versante dell’amministrazione quanto su quello degli ordinativi, compiuto dal marchio. «Per chi come noi non opera in una logica mono-prodotto», ha detto Fontanari, «le difficoltà si accrescono. Certo è che soprattutto negli ultimi anni il salto di qualità che abbiamo effettuato, specie in termini di aumento della capacità produttiva, qualità e servizio, è facilmente percepibile, a maggior ragione se si guarda alle metodologie di pianificazione, gestione e di rilevamento delle informazioni».

A volte ritornano. Anzi, quasi sempre

I processi dell’azienda sono monitorati e pianificati in tempo reale e per una società che lavora di fatto a ciclo continuo su tre turni questo offre la possibilità di «rispondere molto più puntualmente alle richieste di un mercato dalle tempistiche sempre più strette». I risultati sono inequivocabilmente descritti dalle cifre. «Credo che l’adozione delle tecnologie digitali e soprattutto di una nuova filosofia del lavoro», ha calcolato Fontanari, «ci abbiano consentito di aumentare la complessiva efficienza del 10-15% almeno. Ancor più importante però è che l’indice di soddisfazione della clientela sia aumentato di ben 40 punti percentuali». Ancora: «Il volume d’affari di Grafica Veneta è cresciuto a sua volta», ha sottolineato il responsabile commerciale, «del 10% circa. E questo è in primo luogo riconducibile, a mio avviso, al fatto che la clientela si è fidelizzata e ha voluto allocare un maggior numero di commesse presso di noi».

L’impressione, in casa Grafica Veneta, è quella di avere conquistato ulteriori quote di mercato e ancor più di avere risparmiato grazie all’ottimizzazione dei processi e all’acquisita visibilità gestione e controllo della totalità delle operazioni. Se da più parti però si paventa un’affermazione dell’automazione a scapito dello human factor, nel contesto delle logiche 4.0, l’esperienza dell’azienda sembra costruita allo scopo di fugare i timori. «L’accento sulle tecnologie hardware e software è stato chiaramente molto marcato», ha commentato Fontanari, «ma gli strumenti non sarebbero di per sé sufficientemente incisivi se a guidarli non fosse un personale preparato e disposto in parte ad agire in base a una mentalità rinnovata. Si pensi solo alle procedure di inserimento dati: sono più complesse oggi di quanto non lo fossero in passato, ma generano esiti migliori. E così, per i capicommessa le moli d’informazioni da gestire sono aumentate, ma arrivano davvero a tutti i dipartimenti e viaggiano più velocemente oltre a essere più complete. La fortuna è stata anche quella di poter contare su una forza lavoro tutto sommato giovane e aperta al cambiamento. La parte più difficile del lavoro», ha concluso Fontanari, «è stata forse rappresentata dall’integrazione dei vecchi coi nuovi sistemi e dalla gestione del rapporto fra meccanica, elettronica e information technology. In autunno verranno installate due nuove rotative ink jet digitali a bobina, dopo che a fine anno scorso avevamo fatto il primo investimento su una macchina a foglio ink jet ad alta qualità formato 54×74».  

PDF 2.0 un percorso lungo otto anni: ora l’output intent è definibile anche a livello di pagina

L’evoluzione della specifica PDF/X delinea i contenuti della norma PDF/X-6 in fase di studio da parte di ISO. La penultima riga della tabella fa riferimento ai metadati; nel PDF 2.0 è stata introdotta una struttura denominata DPart che aveva trovato applicazione nel PDF/VT. Mediante la struttura DPart sarà possibile inserire informazioni aggiuntive (metadati) allo scopo di segnalare pagine o gruppi di pagine che dovranno subire particolari elaborazioni. Da notare che le questioni inerenti la struttura dei metadati per i file PDF è oggetto di studio di un recente working group che entro il 2017 dovrebbe rilasciare la norma ISO 21812 Graphic technology – Digital data exchange – Common document metadata for PDF file. I metadati sono rappresentati in XMP e fanno riferimento alla norma ISO 16684-1:2012 Preview Graphic technology -- Extensible metadata platform (XMP) specification. Figura tratta dalla presentazione fatta durante il convegno PDF Days Europe 2017 da Dov Isaacs Principal Scientist, Adobe Systems Incorporated, Chair, TC130 WG2 / TF2 Co-chair, TC130 WG2/TF3. La registrazione dell’intera presentazione si trova al seguente indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=J-UnrTVhie8. Figura 2. PDF Association promuove l’adozione e l’implementazione di standard internazionali per la tecnologia PDF. Le attività dell’Associazione PDF comprendono l’educazione e la promozione della norma ISO-32000 (standard internazionale per PDF) e degli standard PDF/E, PDF/UA, PDF/VT e PDF/ X. Collabora strettamente con ISO e AIIM sullo sviluppo di futuri standard PDF. https://www.pdfa.org
L’evoluzione della specifica PDF/X delinea i contenuti della norma PDF/X-6 in fase di studio da parte di ISO. La penultima riga della tabella fa riferimento ai metadati; nel PDF 2.0 è stata introdotta una struttura denominata DPart che aveva trovato applicazione nel PDF/VT. Mediante la struttura DPart sarà possibile inserire informazioni aggiuntive (metadati) allo scopo di segnalare pagine o gruppi di pagine che dovranno subire particolari elaborazioni. Da notare che le questioni inerenti la struttura dei metadati per i file PDF è oggetto di studio di un recente working group che entro il 2017 dovrebbe rilasciare la norma ISO 21812 Graphic technology – Digital data exchange – Common document metadata for PDF file. I metadati sono rappresentati in XMP e fanno riferimento alla norma ISO 16684-1:2012 Preview Graphic technology -- Extensible metadata platform (XMP) specification. Figura tratta dalla presentazione fatta durante il convegno PDF Days Europe 2017 da Dov Isaacs Principal Scientist, Adobe Systems Incorporated, Chair, TC130 WG2 / TF2 Co-chair, TC130 WG2/TF3. La registrazione dell’intera presentazione si trova al seguente indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=J-UnrTVhie8. Figura 2. PDF Association promuove l’adozione e l’implementazione di standard internazionali per la tecnologia PDF. Le attività dell’Associazione PDF comprendono l’educazione e la promozione della norma ISO-32000 (standard internazionale per PDF) e degli standard PDF/E, PDF/UA, PDF/VT e PDF/ X. Collabora strettamente con ISO e AIIM sullo sviluppo di futuri standard PDF. https://www.pdfa.org

I fattori che hanno reso lungo lo studio e rimandato per anni il rilascio della nuova norma ISO 32000-2 sono tanti e derivano proprio dalla versatilità del formato PDF che è utilizzato per molti scopi e in diversi settori industriali: è adatto alla stampa e alla consultazione digitale, può essere letto dentro a un browser e su qualsiasi visore, può essere protetto, firmato digitalmente e tanto altro ancora.

Come è noto a tutti il PDF è nato dagli studi della software Adobe che nel 1993 ha rilasciato la prima versione di Acrobat. Le caratteristiche del formato furono notate da ISO che dalla fine degli anni ‘90 iniziò a proporre standard basati su di esso, tra cui il più noto per il settore grafico è il PDF/X (ISO 15930). Ma la reale svolta si è avuta nel 2008 con il rilascio della prima versione della norma ISO 32000-1 che ha portato in casa ISO le specifiche tecniche del formato. Di fatto nel 2008 è iniziata l’era post-Adobe del PDF. Questo cruciale passaggio non ha portato subito dei vantaggi al mercato poiché la prima versione della norma ISO 32000-1 di fatto si limitava a riprendere il documento di specifica della versione 1.7, documento redatto da Adobe secondo i propri «usi e consuetudini», al fine di renderlo aderente allo stile ISO.

Era quindi necessario iniziare subito a lavorare a una nuova versione ma lo scenario che si offriva al comitato ISO nel 2008 era quanto mai complesso; tante varianti di PDF normate in funzione del mercato di riferimento (PDF/X, PDF/A, PDF/E, PDF/VT, PDF/UA), molti intrecci da scogliere con altre norme che stavano prendendo luce (CxF, BPC, XMP ecc.), una specifica rilasciata molto velocemente (ISO 32000-1) da rivedere per togliere ambiguità e sciogliere dubbi di interpretazione e soddisfare le molte richieste che provenivano dagli utilizzatori e dagli sviluppatori di soluzioni. Tutto quanto appena detto rende plausibile il fatto che ci siano voluti ben otto anni per avere una nuova versione di quasi 1.000 pagine.

Gli scopi della nuova norma

La responsabilità dello sviluppo della norma all’interno di ISO è del TC171 SC2/ WG8 che ha lavorato alla nuova versione tenendo presente alcuni elementi fondamentali:

  • i principi che hanno sempre costituito la base del formato PDF sono stati mantenuti. Il PDF 2.0 è un’evoluzione non una rivoluzione per cui è stata salvaguardata la continuità per i milioni di utenti esistenti e per gli strumenti PDF già utilizzati;
  • il PDF 2.0 è un formato che va bene per innumerevoli scopi. Non è focalizzato su un particolare mercato; costituisce la base comune su cui costruire i vari sub-set. In questo senso vanno visti i diversi «accorpamenti» nella nuova norma di elementi in precedenza presenti solo nelle specifiche PDF/VT o PDF/X;
  • la nuova norma descrive PDF statici e PDF interattivi cioè PDF orientati alla stampa come pure quelli pensati per una consultazione digitale;
  • la specifica è stata completamente rivista nell’ottica di eliminare ogni ambiguità o incertezza interpretativa. Ora il testo è più chiaro e coerente in termini di descrizione delle varie caratteristiche e requisiti e per questo costituisce un vantaggio per gli sviluppatori;
  • ove possibile sono stati inseriti riferimenti a norme esistenti e a formati open-source (come per esempio per gli elementi video inseriti nel PDF). Nel PDF 2.0 sono contenuti ben 91 riferimenti ad altre norme ISO;
  • qualsiasi software che dichiari di saper gestire PDF 2.0 non deve necessariamente implementare tutte le caratteristiche previste dalla norma ma quelle che sono state scelte devono essere conformi alla norma.

Tutti questi principi, per essere onorati, hanno richiesto innumerevoli riunioni e hanno prodotto due versione (bozze) all’anno che hanno dovuto passare, ogni volta, il vaglio di tutti i membri TC171 SC2/WG8. Un lavoro notevole che alla fine ha portato all’eliminazione di molte delle «zone d’ombra» che hanno afflitto per anni la gestione di alcuni PDF.

Leggi l’articolo sulla rivista, a pagina 18, per conoscere tutte le novità per il settore grafico!

La prudenza è d’obbligo

Appare evidente che il PDF 2.0 sia un passo avanti notevole per tutti i settori e inoltre il nuovo formato sarà la base su cui saranno costruiti altri standard sui cui stanno già lavorando i vari sotto-comitati ISO. Per esempio il PDF/X-6 (che si chiamerà ISO 15930-9) è già in versione draft ma, a detta degli addetti ai lavori, non vedrà la luce prima del 2019; inoltre sono già in fase avanzata gli studi per rendere pienamente applicabile il PDF al settore del packaging mentre il PDF/VT, di cui sono state assorbire molte parti nel PDF 2.0, è in fase di revisione.

Insomma molte cose si stanno muovendo ma, per chi vive il mercato dalla parte della produzione, la prudenza è d’obbligo. Innanzitutto prima di vedere qualche soluzione compatibile con il PDF 2.0 dovrà passare almeno tutto il 2018 e poi non è detto che tutti i fornitori decidano di implementare le varie funzioni. I miglioramenti sul fronte del color management (output intent multipli, utilizzo del BPC, dati spettrali per rappresentare i colori spot) e della trasparenza, sono notevoli ma implicheranno pesanti aggiornamenti soprattutto nei flussi di lavoro di prestampa.

A tutti, aziende di stampa e ai grafici creativi, compete l’obbligo di rimanere aggiornati e aperti alle novità che presto dovremo capire e utilizzare. Il fatto che il PDF 2.0 si intrecci con molte altre norme è un dato estremamente positivo che alle volte incute timore perché all’apparenza complesso; niente di più falso! Ma certamente affrontare lo studio degli standard richiede tempo e impegno… ma questo è il compito di ogni tecnico.

Glossario

TC171 SC2/ WG8. Il significato della sigla è, ISO Technical Committee 171, è focalizzato sui temi inerenti Document Management Applications. Sub-Committee 2 si occupa di Document file format, Edms systems and authenticity of information. Working Group 8 si occupa di PDF Specification.

Output intent è il metodo per abbinare le caratteristiche di colore di un documento PDF a quelle di un dispositivo di output di destinazione. In pratica è il riferimento a un profilo ICC.

BPC (Black PoiPointtn Compensation): approfondimenti nell’articolo di Tiziano Fruet.

CxF: formato che definisce un colore spot indicando le sue caratteristiche spettrali.

Render: software generico che analizza il PDF, comprende le struttura e realizza l’output (digitale o stampato).

Italia Grafica di ottobre è online!

In questo numero abbiamo intervistato due grandi stampatori sulla tematica dell’Industria 4.0.

Poi abbiamo dato ampio spazio alla Prestampa con tre articoli:

  • PDF 2.0: cosa c’è di nuovo per lo stampatore
  • La Compensazione del Punto Nero (Black Point Compensation)
  • ArtPro+, la nuova versione del software di casa Esko

E in un articolo a cura di Alessandro Mambretti abbiamo cercato di definire e capire i costi di un investimento in un sistema di stampa digitale.

Da non perdere l’articolo sulla gestione della proprietà intellettuale nel packaging a cura di Alessandro Battaglia Parodi che ha intervistato due avvocati esperti in materia.

Leggi Italia Grafica!

L’evoluzione del linguaggio e la varietà dei canali culturali, un convegno di Aimsc

Quando: sabato 14 ottobre 2017 ore 14

Dove: sala conferenze della Biblioteca “Giovanni Arpino”, via Guala 45 – Bra (CN)

L’evoluzione del linguaggio e la varietà dei canali culturali. Il giornalista, testimone dei cambiamenti.

La Biblioteca “Arpino” sarà l’elegante cornice per il corso di aggiornamento per giornalisti, ma aperto al pubblico, con relatori di fama come l’artista Ugo Nespolo, il criminologo e giallista Biagio Carillo, l’antropologo Piercarlo Grimaldi, già Rettore dell’Università di
Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Maurizio Vivarelli, docente di Bibliografia del Dipartimento di Studi storici dell’Università di Torino, Fabio Bailo,
assessore Cultura città di Bra, moderatore, Tommaso Lo Russo coordinatore “Il Bosco Stregato” e Gianfranco Carosso referente Biblioteca.

Il programma

  • Tra libro ed e-book: le metamorfosi del libro e della lettura in ambiente digitale.

Maurizio Vivarelli: docente di Bibliografia e biblioteconomia, Dipartimento di Studi storici, Università di Torino

  • Il Libro d’Artista, opere d’arte alla misura di libro

Ugo Nespolo: Artista e Comunicatore

  • L’indizio si fa giallo

Biagio Carillo: criminalista e Scrittore

  • Dal racconto orale alla scrittura: un dibattito in corso

Piercarlo Grimaldi: antropologo, già Rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo

  • Il Libro Privato, Ex Libris come segno di proprietà

Tommaso Lo Russo: coordinatore di Solstizio d’Estate Onlus
Gianfranco Carosso: referente Biblioteca “Giovanni Arpino”

Durante il Convegno si terrà la cerimonia di premiazione per l’edizione 2017 del concorso internazionale di Ex Libris Il Bosco Stregato dedicato al Libro della giungla e al Mondo Disney.

Oltre ai consueti Premi Il Bosco Stregato destinato agli artisti vincitori del concorso, quest’anno è previsto uno speciale riconoscimento dell’Associazione dei Musei della Stampa e della Carta che ha inteso risaltare l’incisione realizzata su carta con tecniche tradizionali usate da sole o in combinazioni diverse, in accordo con le regole di originalità.

Il Convegno è aperto al pubblico ma per i giornalisti la partecipazione, con la contestuale registrazione sul sito della Sigef, da diritto a 4 crediti formativi per cui l’Ordine dei Giornalisti rileverà le firme all’entrata e all’uscita.

I soci Aimsc che intendono partecipare all’evento sono invitati a segnalarlo alla Segreteria e al socio Tommaso lo Russo: info@boscostregato.com.

«Collaborare per crescere insieme» è il motto della Fenix Community

La swissQprint Nyala LED.
La swissQprint Nyala LED.

Fenix Digital Group sarà presente a Viscom 2017 con un concept totalmente inedito e innovativo: la Fenix Community. L’area principale (stand G02/G08, pad. 8) è dedicata alle arti grafiche: saranno protagoniste le tecnologie dei due partner swissQprint e HP. La seconda area espositiva è invece tutta tessile con l’innovazione Shima Seiki (stand B10, pad. 8).

Fenix Community è un concept rivoluzionario che premia la collaborazione, è una community di operatori che collaborano per crescere insieme.

  • Condividendo esperienze e competenze
  • Sfruttando la referenza positiva tra persone e aziende che condividono gli stessi valori
  • Ricevendo ritorni economici concreti

Questo concept rivoluzionario premia gli affiliati in più modi: con strumenti concreti per migliorare il proprio business, incontri formativi e di networking e concreti ritorni di valore.

Far parte della Fenix Community è semplice e darà accesso a speciali benefit. Tutte le informazioni operative saranno disponibili durante la fiera, negli stand Fenix DG a Viscom.

Sarà in produzione costante la nuovissima flatbed swissQprint Nyala LED. Accanto ci sarà Impala 2 con swissQprint ROB, il nuovo braccio robotizzato (premiato con EDP Award) in grado di gestire in completa autonomia la produzione di pannelli rigidi su un intero turno di lavoro.

Non solo flatbed e UV: sullo stand Fenix DG ampio spazio è dedicato alle versatili roll-to-roll. HP Latex 570 stampa fino a 1,625 m di luce e ha un’autonomia di lavoro in notturna senza presidio, mentre HP Latex 1500 è la soluzione superwide format capace gestire su 3,2 m di luce una o due bobine affiancate.

Per la produzione di manifesti, poster e non solo, sullo stand sarà costantemente in produzione anche HP PageWide XL 8000 con impilatore ad alta capacità. Parliamo della soluzione di stampa a getto d’inchiostro più veloce sul mercato e capace di produrre fino a 100 manifesti 70×100 cm a colori in meno di 3 minuti di lavoro.

Scopri di più sulla nuova serie swissQprint LED

Scopri di più su HP Latex 570

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Scopri di più su HP PageWide XL 8000

HP Latex 115, un dispositivo entry-level per la stampa wide

HP ha annunciato la nuova stampante HP Latex 115, un dispositivo entry-level che consente di accedere, a costi contenuti, ai servizi di stampa di cartellonistica e insegne grazie alla tecnologia di alta qualità e a base acqua di HP Latex. Il modello HP Latex 115 è disponibile anche nella serie Print and Cut, che offre una soluzione end-to-end per la stampa e il taglio.

Inoltre, le stampanti sono completamente integrate con HP Signage Suite e HP WallArt, due soluzioni online disponibili gratuitamente in HP Applications Center che consentono di eseguire con facilità e direttamente dal Web la progettazione e l’ordinazione di stampe di grande formato 24 ore su 24, sette giorni su sette.

La nuova stampante HP Latex 115 offre:

  • Stampe asciutte, inodore e pronte per la rifinitura e la consegna in giornata grazie alla tecnologia HP Latex.
  • Produzione di alta qualità con stampe ad alta risoluzione fino a 1200 dpi nativi per un’ampia gamma di applicazioni.
  • Stampa a sei colori per immagini di alta qualità e transizioni graduali.

La soluzione HP Latex 115 Print and Cut è dotata di caratteristiche aggiuntive:

  • Taglierina HP Latex Basic con codice a barre HP e OPOS (Optical Positioning System) per un riconoscimento rapido e un taglio affidabile.
  • Esclusivo elaboratore delle immagini raster (RIP) HP FlexiPrint and Cut per una gestione ottimizzata dei flussi di lavoro da un’unica posizione con l’integrazione dei codici a barre.

Disponibilità: le stampanti HP 115 e le soluzioni HP 115 Print and Cut non sono disponibili in tutte le aree geografiche. Verranno rese disponibili a ottobre in determinati paesi in America, nell’area Emea e in Australia. Per ulteriori informazioni, visitare i siti Web HP locali.

Portafoglio HP Latex

Le stampanti HP Latex garantiscono un livello elevato di qualità delle immagini, produttività e durevolezza, oltre a vantaggi per l’ambiente e certificazioni di settore. Permettono a un’ampia varietà di clienti, dalle piccole copisterie ai fornitori di servizi di stampa di grandi dimensioni, di realizzare a costi contenuti numerose applicazioni senza tempi di asciugatura, per la massima velocità di lavorazione e installazione. La gamma completa include:

  • Stampanti HP Latex serie 300: le stampanti HP Latex 315, 335 e 365 garantiscono un livello elevato di qualità delle immagini, produttività e durevolezza ad alta velocità per la consegna in giornata.
  • Le soluzioni HP Latex 315 e 335 Print and Cut forniscono funzionalità di stampa e taglio ad alta capacità.
  • Le stampanti HP Latex 560 e 570 consentono ai clienti di gestire un’ampia gamma di processi di stampa di alta qualità e picchi di produzione last-minute con un investimento iniziale minimo.
  • La stampante HP Latex 1500 offre un’importante soluzione, a costi contenuti, per le applicazioni wide format ad alta qualità per interni ed esterni.
  • Le stampanti HP Latex 3200 e 3600 sono ideali per la produzione di applicazioni con volumi elevati e di alta qualità e consentono un funzionamento in autonomia che permette a un singolo operatore di gestire fino a quattro stampanti contemporaneamente.

Avere chiara visione dei traguardi strategici da cogliere: anche questo è Industria 4.0

Il concetto di Industria 4.0 non implica solamente l’accesso a condizioni particolarmente favorevoli per l’acquisto di nuove dotazioni hardware e software ma necessita in partenza, da parte delle aziende fornitrici e utenti, di una chiara visione dei traguardi strategici da cogliere.

di Roberto Carminati

Anche nel settore della grafica e fra gli stampatori l’ecosistema automatizzato e digitalizzato dell’Industria 4.0 comincia non solo a prendere piede ma anche a offrire risultati importanti in termini di incremento della produttività e tempi di risposta al mercato. La stessa Italia Grafica ha avuto modo di occuparsene e rendersene conto a più riprese grazie alle interviste effettuate ad alcuni fra i nomi di spicco dell’industria, in Italia e non solo. Questi hanno contribuito a mettere in luce aspetti della quarta rivoluzione industriale che rischiano talora di passare in secondo piano, oscurati dalla ghiotta opportunità degli iper e super-ammortamenti. Presupposto essenziale per godere appieno degli sgravi e soprattutto di quel surplus di efficienza che il modello garantisce è che le imprese posseggano già in partenza una visione chiara e a 360 gradi degli obiettivi che nel tempo intendono raggiungere. E di conseguenza, di quali dotazioni tecnologiche siano realmente necessarie a risolvere le loro problematiche e a soddisfare nel concreto i loro bisogni. Non solo. Se il dato diventa lo strumento intelligente per il tramite del quale i processi possono essere oggetto di un costante miglioramento, anche un diverso utilizzo delle informazioni deve essere tenuto nella massima considerazione. Quindi, deve essere studiato e analizzato nel dettaglio, prima ancora di procedere all’acquisto di macchine e software. Infine, ma non meno rilevante, l’imperativo è verificare preliminarmente se quel che si ha intenzione di installare sia a tutti gli effetti conforme a quanto previsto dal legislatore, per essere certi di potere accedere agli incentivi istituzionali. Mettendo a fuoco poi i requisiti specifici da osservare in materia di protezione degli addetti.

L’esperienza insegna

Titolare insieme al padre Renato della società milanese Dedo Risorse, l’ingegner Claudio Delaini si occupa di consulenza alle imprese e di sicurezza industriale e la transizione al paradigma 4.0 lo sta costringendo per certi versi a un autentico super-lavoro. Perché, ingolosite dal Piano Calenda, le società utilizzatrici di macchinari e sistemi rischiano di agire in maniera superficiale e incauta. E d’altra parte i fornitori approfittano talvolta del clima favorevole alle vendite per incrementarle con consegne non del tutto allineate agli standard e, non da ultimo, poco rispettose delle concrete esigenze di innovazione della clientela. Casi di studio relativi al settore hanno trovato spazio sulle pagine dello house organ di Dedo, con la descrizione di acquisti incauti che sono sfociati nel più classico dei bagni di sangue. Ma lo studio lombardo ha avuto altresì modo di confrontarsi con veri e propri protagonisti della grafica e della stampa tricolore, esaminandone da vicino il percorso di cambiamento per attestarne i numerosi pregi e intervenire in corso d’opera sugli eventuali difetti.

«Alcuni nostri interlocutori del comparto», ha detto Claudio Delaini a Italia Grafica, «hanno per esempio installato una nuova linea integrata con la quale è possibile gestire direttamente dall’ufficio tecnico i flussi di stampa dei libri, partendo dalle risme di carta. La linea dà modo di controllare per intero lo stato di avanzamento della produzione e la qualità del prodotto finito, ma anche l’ammontare degli scarti e lo svolgimento delle operazioni di tipo logistico». Tutto questo è risultato in un interfacciamento totale fra i sistemi di controllo delle linee di produzione e i personal computer degli stessi uffici tecnici, che genera «un flusso d’informazioni non solo ingente ma prezioso e tale da permettere un continuo miglioramento». Il passaggio decisivo è però rappresentato dalle metodologie di utilizzo delle informazioni. «Il segreto», ha proseguito Delaini, «sta nell’idea del learning by doing, ovvero di un ininterrotto apprendimento guidato dall’analisi dei dati e tale da promuovere una sempre maggiore efficienza delle attività. L’opera di un consulente è essenziale per stabilire se le tecnologie si adeguino o meno ai diktat del 4.0, in base alla documentazione tecnica e alle evidenze oggettive. Alla base dei mutamenti c’è però sempre l’approccio di ordine culturale».

Questione di filosofia

Nessun consulente potrebbe aiutare davvero le imprese che non sono disposte a investire in una inedita filosofia: chi ci ha creduto, invece, ha scoperto benefici impensati. «L’analisi dei flussi di dati», ha detto l’intervistato, «aiuta a correggere gli errori e a sbagliare sempre meno, come la nostra esperienza sul campo, fra le stamperie evolute, ci ha insegnato. Anche perché negli ambienti 4.0 le informazioni sono disponibili trasversalmente a una molteplicità di funzioni. Anche se spesso l’accento viene posto sui benefici che l’automazione assicura dal punto di vista della velocità di esecuzione, quest’ultima non può essere il solo scopo della rivoluzione. Perché i clienti finali sono forse maggiormente interessati alla qualità dei lavori e i casi affrontati ne danno la prova. La fedeltà a quanto richiesto è lo x-factor del successo». Allo stesso tempo, il monitoraggio remoto degli apparati e dei processi di produzione dà modo di intervenire preventivamente sui possibili guasti e malfunzionamenti. Il che limita la necessità di intervento da parte del personale tecnico, ma non la esclude affatto. E anzi, impone agli stessi manutentori il salto culturale di cui sopra. «Automatizzare le operazioni», ha spiegato Delaini, «vuol dire, secondo quel che abbiamo appreso dalla relazione coi clienti, ridurre i rischi naturalmente correlati a vari tipi di lavorazione. Non bisogna però dimenticare che la manutenzione è una delle attività più critiche e pericolose che possano effettuarsi. Anche nello scenario 4.0 le macchine debbono essere aggiustate, impostate, pulite. E soprattutto controllate, a evitare fra gli altri eventi come un loro inatteso avvio da remoto».

Il passaggio generazionale

Cioè a dire che se ci sono operazioni delicate in corso, l’attivazione di una macchina o di una linea da lontano non deve essere possibile. Un’apparente banalità, responsabile però in circostanze delle quali Delaini è stato diretto testimone, «di incidenti dagli esiti gravissimi». Sovente, la missione dei manutentori si complica quando, ed è un accadimento tipico dei settori della stampa e della grafica, ma anche della carta, ci si trova a usare macchinari già datati, ma soggetti con il passare degli anni a riadattamenti e restyling. E a maggior ragione quando a doversene fare carico è una sola persona, per esperta che sia. «Avverrà sempre più spesso», ha osservato Claudio Delaini, «perché la digitalizzazione fa sì che un solo operaio possa occuparsi di quel che in passato era tipicamente gestito da un team, o che un giovane, data facilità d’uso dei sistemi moderni, compia mansioni un tempo svolte dai più anziani. Tele-service e manutenzione predittiva sono entrambi presenti nel bagaglio dell’Industria 4.0 ma non credo che per il momento stiano guadagnando terreno. È ancora un fatto di cultura». Certamente, però, a paragone con le precedenti rivoluzioni o evoluzioni industriali, il plus è dato dalla più agevole accessibilità delle informazioni critiche per l’impostazione o setup delle macchine sulla scorta dei bisogni di ogni impresa. «Tutto è registrato e la componente più prettamente artigianale del lavoro perde di importanza», permettendo di ipotizzare che l’operaio-manutentore futuro debba essere più abile nella lettura dei dati che non con le mani. Ancora una volta è necessario evidenziare che i primi passi della trasformazione in senso 4.0 sono altresì i più importanti per il buon andamento a venire del business degli stampatori. «Le aziende che frequentiamo», ha concluso Claudio Delaini, «vogliono cambiare, vogliono evolversi ma incontrano sul loro cammino difficoltà molteplici. Forse, la parte più complessa è la scelta di fornitori credibili e affidabili che possano supportarle, in un momento in cui si diffonde una certa improvvisazione e molti si stanno presentando impropriamente come delle autorità nell’ambito dell’Industria 4.0. E questo anche perché gli ammortamenti fanno gola e c’è chi prova a inserirsi nella logica della legge senza averne i requisiti, come spesso accade».

Per avere un quadro completo della situazione e confrontarsi, su solide basi, coi consulenti, risorse mirate sono sul sito del Mise.

Integrare il digitale nelle logiche d’impresa: come e perché

Hand holding mobile phone with icons. Concept of communication in the network.

Nel settore della grafica stanno nascendo forme inedite di commistione tra carta e digitale come per esempio gli Smart Writing Set di Moleskine, prodotti che creano un ponte tra gli appunti presi su un normale foglio carta che diventano in modo automatico e in tempo reale collegati e sincronizzati ad applicazioni digitali come Microsoft Office. Oppure le nuove forme di SmartPackage basati sulla Internet delle Cose (Internet of Things) che – tramite etichette intelligenti basate sui ricevitori Rfid – consentono ai consumatori di avere maggiori informazioni sui prodotti e ai produttori di avere informazioni importanti sulle abitudini di utilizzo e più in generale su come i prodotti rispondono ai bisogni delle persone nel momento in cui vengono utilizzati.

Ma come nascono questi prodotti? Sono figli dell’innovazione tecnologica oppure nascono da idee che creano innovazione tecnologica?

La nascita di prodotti così di rottura con il passato sono il segno evidente che il digitale è diventato parte integrante della nostra vita quotidiana.

Ed è importante notare come la nascita di questi prodotti sia la conseguenza del fatto che il digitale rappresenta la IV rivoluzione industriale ed è quindi un aspetto fondante della nostra vita. Tutto ciò implica una trasformazione delle abitudini delle persone: provate a farci caso, nel momento in cui state leggendo questo articolo avrete sicuramente a portata di mano il vostro smartphone, acceso e quasi certamente carico, segno che lo smartphone ha trasformato le tue e nostre abitudini integrandosi prepotentemente nella nostra vita.

Nel momento in cui le abitudini delle persone sono modificate dal digitale accade che anche i modelli organizzativi delle imprese (che sono fondate da persone e vendono prodotti utili alle persone) subiscano delle modifiche e delle conseguenze.

Sempre più spesso capita che un cliente o un fornitore o un consulente, impossibilitato a visitarci fisicamente, ci chieda di fare un meeting o una consulenza tramite piattaforme di Conferencing.

Tutto questo impatta sulla nostra impresa che di fatto è digitale: noi infatti possiamo decidere, come impresa, semplicemente di accettare questo cambiamento che una volta si definiva innovazione e che ora si chiama digitale, oppure possiamo decidere che la nostra impresa diventi un’impresa integrata nel digitale, trasformando le proprie logiche.

Che cosa significa integrare il digitale nelle logiche della nostra impresa? Significa attuare una trasformazione globale che implica la modifica dei nostri processi di ideazione di nuovi prodotti, di mantenimento dei prodotti esistenti e di gestione della relazione con i nostri clienti, accogliendo il digitale nei nostri processi organizzativi.

Ovvero cambiare le nostre abitudini e prassi di impresa accogliendo il digitale così come lo abbiamo fatto nella nostra vita privata.

Che cos’è la trasformazione digitale

La trasformazione digitale è l’adozione di un nuovo approccio che tocca l’organizzazione di imprese nate prima nel digitale, per integrare (trasformazione) gli strumenti del digitale nell’organizzazione.

L’esperto e autore di diverse pubblicazioni sul management Peter Drueker ha coniato una frase, che ha una triplice lettura, molto celebre: Every company is a software Company.

Da un lato ci dice che un’impresa è ormai pervasa da strumenti digitali. Dall’altro ci rivela che un’impresa crea tramite il digitale dei prodotti.

All’interno di questa frase di Druker vi è contenuto un terzo concetto fondamentale: tramite il digitale siamo in grado di analizzare i bisogni del nostro target. E analizzando i bisogni del nostro target siamo in grado di creare prodotti che diano – come ha fatto Moleskine – delle risposte ai bisogni impliciti dei clienti.

Collegando i nostri prodotti a internet siamo in grado di creare degli oggetti intelligenti che dialogano con l’utente, come i package delle creme solari che misurano il grado di esposizione della cute tramite cerotti contenenti sensori Rfid e informano l’utente su come usare il prodotto tramite app (Italia Grafica, settembre 2017).

Ma questi strumenti del digitale sono accessibili a una PMI?

La risposta è certamente sì! Nel senso che hanno dei prezzi accessibili a ogni impresa e alcuni di essi – come Google Trends, Facebook Insights sul Pubblico e altri – sono addirittura gratuiti.

Dall’analisi dei dati di questi strumenti siamo in grado di leggere i bisogni inespressi (nel senso che non eravamo in grado di intercettarli prima di questi strumenti) del target a cui le imprese devono e possono dare una risposta con nuovi prodotti.

Per questo motivo per la nostra impresa è importante, anzi imprescindibile, abbracciare la trasformazione digitale.

Cosa non va sottovalutato

Ci sono dei punti fondamentali a cui prestare attenzione quando si decide di adottare la trasformazione digitale nelle logiche produttive e organizzative di un’impresa.

  1. La trasformazione digitale è contemporaneamente un processo tecnologico e un processo culturale.
  2. La trasformazione digitale è un processo che prevede l’adozione di tecnologie digitali, ma anche l’adozione di una cultura organizzativa e produttiva aperta e non ostile al digitale. L’aspetto culturale della trasformazione digitale è molto importante per un’impresa. Perché deve entrare nella cultura di quell’impresa. Se, per esempio, i dipendenti sono indifferenti, noncuranti o addirittura prevenuti e ostili nei confronti del digitale, purtroppo l’impresa potrà comprare fior di tecnologie digitali, fare master e workshop sul digitale, avvalersi di consulenti, docenti e altro, ma difficilmente riuscirà a integrare il digitale. È pertanto necessario che nelle logiche di assunzione di nuove figure professionali vengano inseriti come criterio di valutazione il rapporto che i futuri dipendenti avranno nei confronti del digitale. Creare un equilibrio tra sostenitori, indifferenti e detrattori del digitale è importante: in un’impresa possono (ed è giusto che sia così) coesistere figure restie e figure propense al cambiamento, ma l’eccesso nell’uno o nell’altro verso non fa bene alle dinamiche e ai processi organizzativi e produttivi.

Essere pronti alle evoluzioni del mercato

Siamo in un’epoca di evoluzione accelerata e molti prodotti che non si sono trasformati digitalmente sono scomparsi. Basti pensare a tecnologie in uso fino al 2010 come le cartine geografiche e gli orari dei treni che sono stati soppiantati da applicazioni digitali; oppure gli orologi come gli Swatch, che soffrono dello spostamento di un’azienda come Apple che fino al 2000 produceva computer e ora produce anche un orologio (Apple Watch) che è un acerrimo e temibile competitor dello Swatch.

Vedere i nostri prodotti di punta essere aggrediti da competitor o addirittura diventare obsoleti non è un rischio, è una certezza a cui possiamo fare fronte.

Un’impresa deve essere organizzata a un cambiamento repentino del mercato che rende obsoleto il proprio prodotto: è una logica che prende il nome di innovazione di scala.

L’esperto di trasformazione digitale Jez Humble sottolinea come un’impresa debba essere organizzata a un cambiamento repentino del mercato che rende obsoleto il proprio prodotto con una logica che nel suo libro Lean Enterprise1 spiega con il termine innovazione di scala.

Ogni impresa ha uno o più prodotti di punta che le permettono di esistere e di prosperare. Nel momento in cui il prodotto di punta assolve la sua funzione bisogna ideare parallelamente nuovi tipologie e prototipi di prodotti che subentreranno quando il prodotto di punta entrerà nel ciclo di invecchiamento. E i nuovi prodotti non è detto che siano aderenti alla tradizione dell’impresa, ma possono avere una logica di rottura così come è avvenuto per Moleskine nel creare un prodotto tra carta e digitale, per Apple (che fino agli anni 2000 – ricordiamolo – si chiamava Apple Computers e adesso produce e vende telefoni, orologi e dal Natale 2017 venderà anche apparecchi per riprodurre musica Hi-Fi.)

Creare forme di ascolto organizzato monitorando i bisogni dei consumatori prima, durante e dopo l’acquisto, aiuta a rispondere alle loro difficoltà.

La trasformazione digitale implica l’usare questi strumenti per ascoltare in modo organizzato e trarre valore da queste conversazioni – trasformando i bisogni degli utenti in opportunità.

Per questo motivo dobbiamo ascoltare le esigenze dei clienti in tre fasi: prima dell’acquisto, durante l’acquisto e dopo l’acquisto.

Ascoltando gli utenti prima dell’acquisto saremo in grado di migliorare i prodotti esistenti o creare nuovi prodotti che rispondano ai loro bisogni.

Ascoltando gli utenti durante l’acquisto ci consentirà di assistere meglio i clienti durante la fase di vendita.

Ascoltare gli utenti dopo l’acquisto ci consentirà di fare customer care proattivo e quindi di trasformare un utente che ha un disagio in un utente soddisfatto e fidelizzato.

Da un ascolto organizzato sono nate idee di rottura, come nel caso delle tende Quechua: sono partite dall’ascolto delle conversazioni degli appassionati di campeggio, dalle quali emergeva il desiderio di tende che si montassero in pochi minuti se non secondi. Da questo desiderio è nato un prodotto che – tramite una tecnologia antica come il metallo armonico (ovvero quel processo di fusione del metallo che gli imprime una «memoria» facendolo ritornare in caso di torsione alla propria forma primitiva) – permette alle tende Quechua di essere lanciate in aria e di montarsi automaticamente in tre minuti o addirittura in cinque secondi. Questa è un prodotto disruptive nato da un ascolto organizzato.