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Intelligenza o cultura artificiale?

Gli sviluppi della ormai famosa (o famigerata) AI, Artificial intelligence, potrebbero alterare gli equilibri e, in molti ambiti, lo stanno già facendo, con risultati tecnicamente eccellenti

«Avere una grande cultura non significa essere intelligente». Quando Eraclito disse queste parole di certo non poteva aver idea dello scenario in cui stiamo vivendo nell’ultimo secolo.

Se consideriamo l’oramai quotidiano accesso globalizzato a un numero incalcolabile di informazioni, iniziato con la nascita di internet, potremmo però riconoscerne una drammatica attualità, constatando quanto questo accesso illimitato non sembra stia migliorando l’intelligenza dei suoi utenti, cioè noi. Senza voler aprire dibattiti su cosa sia la nostra intelligenza e in cosa consista migliorarla (ai posteri…), partiamo dall’assunto che il cervello umano abbia potenzialità notevoli ma capacità limitate, per questo motivo l’uso dei computer e, più in generale, dell’ecosistema a essi collegato, ha permesso di unire il meglio di entrambe le parti:

1. qualcuno di geniale e intraprendente, seppur con grossi limiti e fluttuazioni prestazionali (l’uomo);

2. qualcosa di smisuratamente vasto ma intrinsecamente “stupido” (i computer e la rete dati mondiale).

È necessario distinguere questi due attori? Per il punto di vista che vi sto proponendo secondo me si.

Il soggetto al punto 2 è privo di una qualsiasi intraprendenza che non sia preventivamente indotta dal soggetto del punto 1, quindi qualcuno potrebbe obiettare che l’uomo ha da sempre cercato di dotarsi di mezzi che lo aiutassero nelle sue attività, di conseguenza il punto 2 sarebbe solo l’ennesimo esempio di un’ottima invenzione.

Tuttavia gli sviluppi della ormai famosa (e famigerata) AI, Artificial intelligence, potrebbero alterare gli equilibri e, in molti ambiti, lo stanno già facendo, con risultati tecnicamente eccellenti.

È intelligente e (non) si applica, potrebbe fare (molto) di più

Vi ricordate quando, circa quattro anni fa, avevo parlato su queste pagine dei primi utilizzi dell’AI in Photoshop?

Era il 2019 e, al tempo, ci si trovava di fronte ad alcune funzioni dal sapore vagamente innovativo che invitavano l’utente alla sperimentazione, in primis il migliorato algoritmo “sensibile al contenuto” presente nei riempimenti e negli strumenti di ricostruzione, la cui rivoluzione/innovazione era già iniziata nel 2001.

Naturalmente Adobe lavorava su queste “prime” applicazioni dell’intelligenza artificiale già da molto più tempo, del resto il concetto di Intelligenza Artificiale ha una sua degna identità da circa una settantina d’anni, e tutti i grandi player del mondo informatico ci stanno lavorando a vario titolo in quello che è diventato il più rivoluzionario settore R&D probabilmente di sempre (oltre che un prolifico filone narrativo/cinematografico che potremmo far partire già dal 1927 con Metropolis).

Quello che Adobe ha fatto inizialmente è stato rendere disponibili al grande pubblico le prime funzioni sufficientemente usabili, quel tanto che basta per avere riscontri su preferenze e usi degli utenti o, dal suo punto di vista, per aumentare i dati da analizzare e poter ottimizzare più rapidamente le sue tecnologie.

Da allora è successo praticamente di tutto, e quello che inizialmente sembrava (attenzione: sembrava) qualche tipico tentativo atto a sondare l’indice di gradimento di qualche feature “markettara” era invece parte di una condotta di sviluppo ben definita.

I filtri neurali attualmente presenti nella finestra dedicata, alcuni sono ancora in fase Beta, ossia sono ancora oggetto di ottimizzazione e continue revisioni. Dal punto di vista legale i risultati ottenuti con le funzionalità Beta non possono essere usati per scopi commerciali

Per valutare eventuali sviluppi su ulteriori filtri neurali vengono fatte delle proposte, visibili nella sezione “in arrivo”. Il riscontro dell’utenza su queste proposte determina l’accelerazione o persino lo stop temporaneo del loro sviluppo

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Per affinare ulteriormente la direzione di sviluppo, Adobe richiede ulteriori motivazioni che possono essere liberamente fornite dall’utente

I Neural Filters

Solo un anno dopo quell’articolo, nel 2020, uscivano dalla fase Beta privata i Neural Filters, sotto il cui nome accattivante venivano proposti in modalità Beta (ma disponibili per tutti) una serie di funzioni legate all’intelligenza artificiale Sensei.

La parolina “beta” ne indica usualmente la connotazione sperimentale e, se da una parte metteva al riparo da eventuali lamentele su risultati non propriamente “attesi”, dall’altra invogliava l’utente a giocarci e lo incoraggiava a dare feedback sul desiderata.

Non dedicherò righe preziose ad elencare i Neural Filters attuali, sposterò invece l’attenzione sulla risposta alla domanda “a cosa servono” dei filtri basati su intelligenza artificiale?

Il punto di partenza era, come al solito, la soluzione di un problema, la risposta costruttiva ad un’esigenza di editing di immagine che consentisse di far risparmiare tempo all’operatore, o di dare un risultato qualitativamente migliore, o, se possibile, entrambe le cose.

La loro modalità di funzionamento è tuttavia un po’ diversa da quella dei filtri tradizionali: anziché essere eseguiti integralmente sulla macchina locale con relativo carico su CPU e GPU locali, una buona parte viene elaborata in cloud, sfruttando una sorta di render farm globale.

E qui la strada si addentra nella nebbia, visto che nessun utente sa dove finiscano i suoi dati immagine (in questo caso) né se e dove vengano memorizzati e quale uso ulteriore ne venga fatto, oltre a quello richiesto dal filtro.

Una serie di clausole presenti nelle condizioni generali d’uso (che nessuno legge mai e che devono essere accettate altrimenti il software non si può usare) garantisce che le informazioni dell’utente siano gestite e conservate scrupolosamente da parte di Adobe (o chi per lei, vale anche per altri player e altri prodotti, come le app su mobile che fanno caricature, montaggi fantastici ecc…).

Cosa se ne fa Adobe delle nostre immagini e/o sperimentazioni grafiche? Una buona risposta è “tutto”.

Le Reti Generative Avversarie (GAN) tipiche del Machine Learning rendono velocissimi i tempi di apprendimento confrontando i risultati di macchine in cooperazione/confronto, ma per la verifica dei risultati l’ultima valutazione spetta all’uomo, pertanto il suo feedback costante e su più fronti diventa parte integrante del processo di apprendimento della macchina.

Ed è soprattutto in questi contesti che la nostra Intelligenza artificiale in erba accresce il suo bagaglio culturale personale, affinando i risultati proposti e prendendo coscienza (passatemi questa enorme iperbole) di cosa funziona e cosa non funziona.

E i diritti d’uso delle immagini usate dall’AI?

Questo aspetto è critico e sarà cruciale per molti anni a venire, ma tanto per farvi capire la pianificazione di Adobe in questo senso pensate a quando nel 2014 ha acquisito Fotolia e l’ha integrata nel suo image stock proprietario, ora conosciuto come Adobe Stock. Quell’acquisizione gli ha dato libertà di elaborazione immagini immense, senza rischi di infrangere la privacy di nessuno, e nel contempo gli ha consentito di monetizzare l’acquisizione vendendo le risorse multimediali come qualunque sito di image stock.

Un po’ diverso è l’interrogativo per le immagini di proprietà degli utenti, usate per le funzionalità ed i filtri in beta di cui sopra, ma la prima risposta data è anche la più definitiva: non è consentito alcun uso commerciale delle versioni Beta.

Se questa risposta tutela legalmente Adobe nei confronti di quasi tutto quello che un utente può fare o non fare con i suoi strumenti, non dice però un granché su come Adobe elabori i nostri contributi quando finiscono nella sua rete, per questo bisogna leggersi i termini di licenza ed uso, ossia quelli che non si leggono mai.

Personalmente non dedicherei molto tempo a leggere quelle righe, dal momento che se non me le facessi andare bene avrei come unica soluzione quella di non usare l’applicativo, ma è comunque utile dare un’occhiata alle “Linee guida utente per Adobe Generative”, molto più sintetiche di quelle generali quindi più digeribili, da cui si apprendono informazioni piuttosto utili (cfr. L’ultima sezione dell’articolo).

Come si può facilmente intuire comunque, la questione ha risvolti che esulano dalla semplice produzione visiva e, in molti casi, tocca anche questioni etiche che in questa occasione salteremo in blocco ed affronteremo nei prossimi numeri.

Si ma… e l’arte generativa?

Bravi, alle due esigenze più prettamente pratiche di cui sopra ne possiamo aggiungere una terza, di gran lunga più sfidante e meno stupida: quella creativa, a cui Adobe ha dato risposta con il suo sistema di intelligenza artificiale generativa basato su Sensei (sempre lui) e denominato Firefly. Fino a due settimane prima rispetto al momento in cui questo articolo viene scritto, Firefly era in beta pubblica, e lo è stato per più di un anno generando oltre 2 miliardi di immagini (!).

Qualche mese fa è stato dapprima implementato nella versione Beta di Photoshop, offrendo un prompt descrittivo direttamente nella UI e, una volta ottimizzata la localizzazione linguistica (oltre 100 lingue) per renderlo fruibile a tutti, è stato rilasciato ufficialmente in Photoshop CC2024.

Tra i tanti aspetti di cui non ho parlato in questo articolo ce n’è uno che ho lasciato volutamente per ultimo: quello dei costi.

L’arte generativa ha un costo, tutto il mondo dell’AI ha un costo, anzi, ne ha parecchi e sono tutti molto alti, in primis per il consumo energetico.

Finora tutte le offerte di servizi AI al pubblico erano o sono gratuite, o richiedono tuttalpiù delle sottoscrizioni mensili dal costo risibile.

Nel giro di poco però, cioè quando i servizi saranno affinati a sufficienza da poter essere proposti per utilizzi commerciali efficienti, verranno introdotti dei costi, e anche in questo Adobe Firefly non fa eccezione.

Dal 1 novembre ad esempio è stato previsto il cambio da crediti “generativi” illimitati a limitati, quindi a pagamento.

In soldoni: prima offro un servizio potenzialmente rivoluzionario, coltivo negli utenti l’esigenza di usarlo con regolarità affidandolo in base ai suoi riscontri, e quando inizia a diventare più che utile (magari indispensabile) monetizzo la soluzione.

Costerà tanto? Poco? Non si sa ancora, e sicuramente cifre e quantità saranno passibili di modifiche e revisioni continue, quello che è certo è che se ci siamo abituati ad usare un servizio che funziona, sarà difficile fare un passo indietro per farne a meno, e i risultati offerti dall’AI sono ormai di prim’ordine in molti campi.

Nei prossimi numeri prenderemo in esame gli ambiti operativi e i servizi che nel frattempo, saranno diventati a pagamento a tutti gli effetti.

Uniti per l’innovazione: Müller Martini e Hunkeler insieme verso il futuro

Dopo un’attenta valutazione, le famiglie proprietarie hanno deciso di unire il Gruppo Hunkeler con il Gruppo Müller Martini. Infatti, la Müller Martini Holding AG ha acquisito tutte le azioni del Gruppo Hunkeler.

Con questa transazione strategica, la famiglia Hunkeler e Crédit Mutuel Equity hanno ceduto tutte le loro quote a Müller Martini.

Hunkeler e Müller Martini sono protagonisti nel mercato globale delle soluzioni innovative per il post-stampa.

Unendo le forze, entrambe le aziende vedono grandi opportunità nel combinare le loro attività di innovazione per servire ancora meglio la vasta base clienti, attraverso un’offerta congiunta di vendita e assistenza.

Bruno Müller commenta: “L’industria delle arti grafiche è in costante evoluzione e richiede regolarmente nuove innovazioni. Combinando i pilastri delle due aziende, come il personale, le competenze e la tecnologia, saremo in grado di soddisfare ancora meglio le esigenze della nostra clientela globale con soluzioni innovative in futuro”.

Stefan e Michel Hunkeler aggiungono: “Esiste una lunga storia di collaborazione e scambio tra Hunkeler e Müller Martini. Attualmente, l’opportunità della fusione è altamente vantaggiosa per entrambi i partner e per i nostri clienti condivisi, portando notevoli benefici in un’azienda unita. Questo rappresenta anche un forte impegno per la regione di Zofingen”.

Newlab sceglie Durst per la terza volta

Il service di stampa bresciano fa tris con l’installazione della sublimatica P5 TEX iSUB.

Sono tre infatti le stampanti industriali Durst attualmente installate da Newlab presso lo stabilimento produttivo di Castegnato. Ultima arrivata, Durst P5 TEX iSUB, sinonimo di innovazione nella stampa sublimatica. Una novità che si affianca ai sistemi Durst già presenti nel parco macchine aziendale: P5 350 HS e Rho 512R LED. “Si tratta di tre soluzioni top di gamma con le quali siamo in grado di offrire ai nostri clienti il più completo ventaglio di possibilità applicative in ambito di stampa digitale di grande formato”, afferma Giuliano Goffi, titolare di Newlab.

Installata all’indomani di Viscom e resa pienamente operativa in soli tre giorni, P5 TEX iSUB è già stata impiegata da Newlab nella realizzazione di alcune importanti commesse per il settore retail e per il mondo degli allestimenti fieristici, rivelandosi immediatamente una scelta vincente. “È il sistema giusto al momento giusto, perché apre le porte a nuove opportunità di business in un settore, quello dell’interior decoration, su cui puntiamo particolarmente”, spiega Goffi. La stampa su tessuto, infatti, rappresenta ad oggi il 30% del business di Newlab, con un focus specifico su proposte di piccolo formato, tra cui carta da parati, tende e pannelli fonoassorbenti. D’ora in avanti, grazie alla tecnologia a sublimazione in linea integrata di P5 TEX iSUB, l’azienda è in grado di stampare direttamente su tessuti in poliestere con luce fino a 3,20 metri, realizzando applicazioni soft signage subito pronte per la finitura, senza necessità di ulteriori trattamenti o passaggi in calandra. Un plus determinante nella scelta di investire in questo sistema di stampa, come conferma lo stesso Goffi. “La possibilità di ottenere immediatamente il prodotto finito, unito all’elevato livello di automatizzazione che caratterizza questa stampante e alla qualità garantita dal marchio Durst, ci ha portato da subito a non prendere in considerazione altre alternative”. Inoltre, P5 TEX iSUB, con i suoi inchiostri base acqua certificati Eco Passport by Oeko-Tex, si sposa perfettamente con la filosofia green di Newlab, particolarmente attenta a ridurre l’impatto ecologico delle proprie lavorazioni.

L’acquisto di P5 TEX iSUB rappresenta, inoltre, un nuovo tassello nella lunga storia che da oltre 25 anni lega Durst e Newlab. Risale, infatti, al 1998 l’installazione del primo sistema Durst Lambda, che ha segnato ufficialmente l’ingresso dell’azienda, nata a metà degli anni Ottanta come fotolaboratorio, nel mondo della stampa digitale. Da allora l’evoluzione di Newlab è proseguita all’insegna dell’avanguardia tecnologica: una crescita nella quale il brand altoatesino ha sempre rivestito un ruolo di rilievo in qualità di partner tecnologico. “Abbiamo sempre dato molta importanza all’eccellenza qualitativa”, dichiara Goffi. “Un risultato che si ottiene solo utilizzando attrezzature di alto livello; e in questo i sistemi Durst rappresentano il massimo, anche in termini di affidabilità”.

Negli anni il rapporto tra Durst e Newlab si è trasformato in una vera e propria partnership, basata su collaborazione e fiducia reciproche. Non è un caso, infatti, che due anni fa Durst abbia scelto proprio Newlab per il field test della nuova P5 350 HS, sfociato poi in una delle prime installazioni mondiali del sistema messa a segno proprio dal service bresciano. “Il fatto che Durst ci consideri una sorta di laboratorio pilota per le proprie tecnologie rappresenta un ulteriore riconoscimento della nostra capacità di lavorare ad altissimi livelli”, conclude Goffi.

Roto4All Autumn Edition, rotocalco e digitale si incontrano a tutta velocità

In occasione dell’evento Roto4All Autumn Edition, Bobst ha messo sotto i riflettori il potenziale della macchina rotocalco RS 6003 dalle alte prestazioni, anche per basse tirature.

Nella stampa di livello industriale, per il mondo del rotocalco in particolare, adattarsi alle evoluzioni del mercato non è sempre facile. Anche dove si è disposti a mettere in campo un grande impegno in ricerca e sviluppo, priorità come adattarsi alla domanda di tirature ridotte, variabilità nei processi e riproducibilità nel tempo senza impatti significativi sui costi produttivi restano una sfida impegnativa. Anche a questi livelli però, l’apporto del digitale riesce a portare benefici, a condizione di affrontare la questione senza preconcetti e soprattutto dedicando tutte le risorse del caso.

È il tema affrontato da Bobst in occasione del recente Roto4All Autumn Edition. Opportunità di incontro per addetti ai lavori presso la sede di San Giorgio Monferrato, ha permesso di valutare sul campo i vari aspetti del settore. Partendo certamente dalle ultime evoluzioni delle proprie tecnologie, ma prestandosi anche per sempre utili confronti e un quadro generale della situazione.

«Il nostro obiettivo da ormai oltre 130 anni è rimanere protagonisti nella catena produttiva per il mondo degli imballaggi – esordisce Davide Garavaglia, general manager di Bobst -. Con le nostre tecnologie certamente, ma anche essere parte della filiera. Vale a dire, dialogare con i partner sia a monte sia a valle».

Da una parte il riferimento è ai clienti diretti, converter o produttori, con i quali è attivo con confronto costante, prezioso per inquadrarne le esigenze e orientare la ricerca. Dall’altra, i produttori dei materiali, punto di partenza fondamentale per sviluppare nuove tecnologie. «In questo periodo in particolare, è un’attività molto delicata – prosegue Garavaglia -. Aspetti come le più recenti e restrittive normative europee sugli imballaggi, rendono cruciale la ricerca sui supporti».

Da queste considerazioni, è nata l’idea di chiamare a raccolta il settore, anche solo per dimostrare di essere capaci come pochi altri nel trasformare in soluzioni indicazioni e osservazioni di fornitori e utenti. Non a caso, un appuntamento organizzato in squadra. «Lavoriamo in un settore dove è importante valorizzare i materiali, ma anche la stampa – conferma Enrico Barboglio, general manager di Acimga -. Il nostro lavoro è dare valore a cosa venga stampato sul packaging, e in un momento di tante innovazioni vogliamo ridare valore a un settore dove servono tanto dialogo e ascolto».

Lunga vita alla rotocalco

Protagonisti di appuntamenti del genere, devono però essere le tecnologie. Occasioni non comuni di vederle all’opera dal vivo, considerate dimensioni e competenze richieste, permettono di toccare con mano un potenziale sicuramente interessante e i relativi progressi. Nel caso particolare, Roto4All Autumn Edition ha visto nel ruolo di protagonista il sistema per rotocalco Master RS 6003 ad alte prestazioni, affiancato dalla decisamente più compatta soluzione per laminazione Nova Laminator SX 500.

«Tra le diverse soluzioni interessanti della RS 6003 – spiega Jonathan Giubilato, PL director gravure di Bobst, secondo noi la capacità di essere competitiva anche sulle piccole tirature. Per esempio, il carrello non deve restare in macchina durante la produzione, ma anche interventi sul sistema di inchiostrazione e altri accorgimenti».

In particolare, si parla di un sistema definito “a ore 4”, dalla posizione del rullino motorizzato rispetto al cilindro di stampa. Una soluzione all’insegna della versatilità rispetto al tipo di lavoro effettuato. Se in Paesi come l’Italia si tende a lavorare infatti con diversi sistemi di inchiostrazione, in aree molto importanti dal punto di vista commerciale, prima tra tutti l’Asia, la richiesta va invece più in direzione di una stampa continua e consistente.

Al riguardo, torna utile anche la velocità massima di 600 metri al minuto della RS 6003, con tempi di fermo macchina in caso di cambio lavoro garantiti (con stampa in ECG) entro i venti minuti, come peraltro dimostrato dal vivo, grazie alla scelta felice di rendere l’operazione visibile a tutti attraverso immagini riprese dal vivo delle operazioni e trasmesse su un monitor gigante a poca distanza, alternate ai dati sui consumi istantanei, garantendo il coinvolgimento ed evitando assembramenti. Tra gli accorgimenti adottati, anche gancio e sgancio automatico del rullino, così da agevolare sostituzione e manutenzione. Inoltre, parametri come pressione e qualità possono essere memorizzati, per essere recuperati successivamente senza dove ripetere operazioni di configurazione.

«Inoltre, vorrei sottolineare dettagli come l’asciugatura su entrambi i lati del supporto – riprende Giubilato -, utile per garantire uniformità lungo tutta la larghezza del nastro. In termini di qualità, significa ridurre l’effetto pelle e permette di tenere il supporto a una temperatura inferiore, aumentando quindi la varietà di materiali termosensibili utilizzabili».

A questo si aggiunge un altro aspetto molto interessante, sia sul fronte della qualità sia su quello dei costi di produzione. Una combinazione importante di fronte alla necessità di mantenere la competitività di soluzioni di questa portata anche di fronte al calo delle singole tirature. «La migliore difesa per il rotocalco di fronte all’avanzata delle altre tecnologie sono sostenibilità e competitività, mantenendo la qualità – precisa Giubilato -. La nostra risposta passa per automazione, digitalizzazione, connettività e in particolare la possibilità di estendere il Gamut».

La nuova visuale sulla gestione del colore

Si tratta di oneEGC, una modalità di stampa in eptacromia, grazie alla quale Bobst in stampa rotocalco è riuscita a ottenere con un massimo di sette inchiostri una copertura del 95% dello spettro. La necessità eventuale di riempire lo spazio restante può comunque contare sulla possibilità di utilizzare sempre i Pantone.

Grazie a questo, diventa possibile mantenere la qualità elevata dalla semplice combinazione della quadricromia, alla quale aggiungere all’occorrenza arancione, verde e viola, ottimizzando le lavorazioni sia dal punto di vista degli inchiostri necessari sia per quanto riguarda l’operatività. «I colori spot non devono essere realizzati da un colorista con rifinitura manuale in macchina. Ogni tinta spot, anche Pantone, può essere digitalizzata e tradotta in una combinazione di colori fissi».

Oltre a una fase di preparazione meno complessa, ne scaturisce una serie di vantaggi come meno esigenza di controllo durante una produzione, ma anche tempi di cambio lavorazioni ridotti. I colori infatti, restano in macchina mentre si procede solo al cambio dei cilindri. Di conseguenza, meno pericoli di contaminazione e risparmio su tempi e costi dei lavaggi, con relativo solvente. A tutto vantaggio anche di consistenza e ripetibilità.

Dove necessario, aggiungendo la possibilità di combinare diversi lavori sullo stesso cilindro, in favore delle tirature inferiori e contribuendo a una riduzione nei costi di produzione anche sul fronte del fabbisogno energetico.

Un interessante passo avanti sul fronte dell’innovazione. Aspetto ancora più importante, non necessariamente legato a un cambio di macchinario. «Abbiamo pensato anche a OneECG Retrofit, la possibilità di applicare la soluzione a un impianto già operativo – assicura Viviana Ferrari, retrofit & upgrades technology manager di Bobst -. Ci sono diverse configurazioni macchina idonee, dove è sufficiente cambiare alcuni elementi. Serve tenere sotto controllo alcune variabili di processo, come registri temperatura o viscosità degli inchiostri, ai quali poter affiancare una manutenzione regolare e proattiva».

Tutti aspetti dei quali l’azienda italiana con HQ a Losanna può occuparsi in prima persona. Dopo una indispensabile verifica sul posto, vengono individuati eventuali interventi di aggiornamento e valutate le relative potenzialità, per arrivare a un progetto personalizzato. In caso si decida di procedere, l’affiancamento prosegue anche per tutta la parte di messa a punto.

In ogni caso, con la certezza di poter contare su contatto in ogni momento. «Bobst Connect è il legante di tutte le fasi di vita dei nostri prodotti – spiega Emanuele Cao, technology services director di Bobst -. Una soluzione digitale pensata per rispondere alle esigenze dei clienti anche nel post vendita».

Costruita sulla piattaforma software Office 365 e con la condivisione dei dati in cloud, non si limita a monitoraggio remoto o semplice condivisione dei dati. Si spinge infatti alle attività di analisi, estese all’intera filiera. «Tra le diverse funzioni, permette una visuale diretta sullo stato delle macchine – aggiunge Cao -. Inoltre, offre cruscotti personalizzati dove riportare tendenze sulla produttività per capire come intervenire ed effettua diagnosi da remoto». Anche in questo caso, opzioni in prospettiva da estendere al parco macchine già installato.

In sede di bilancio, sono state settantacinque le presenze conteggiate a Roto4All Autumn Edition, tutte sodisfatte della giornata, sia per le tecnologie proposte sia per l’impostazione dell’evento. «In particolare è stato apprezzato il bilanciamento tra le presentazioni e il tempo passato tra la visita all’azienda e le dimostrazioni – conclude Davide Garavaglia -. Inoltre, l’apprezzamento per i contenuti ha portato alla richiesta di ripetere eventi del genere con un pubblico ancora più vasto, così da allargare la possibilità di confronto».

Metalvac, le nuove carte funzionali Lecta

Lecta ha sviluppato nuove carte metallizzate con funzionalità specificamente orientate agli imballaggi flessibili. Una gamma di prodotti riciclabili volti a sostituire alcuni dei materiali attualmente in uso che contengono plastica.

Le nuove carte Metalvac Seal e Metalvac Barrier WV sono il risultato di un lavoro innovativo basato sull’esperienza di Lecta nella metallizzazione diretta, nell’applicazione di coating e nella ricerca dei componenti appropriati per ottenere le funzionalità desiderate. I due prodotti che presentiamo hanno caratteristiche adatte a specifiche applicazioni di imballaggio flessibile, ed in entrambi i casi, sono riciclabili e quindi più sostenibili.

Metalvac Seal: carta metallizzata funzionale con proprietà termosaldabili sul retro. Adatta per applicazioni grafiche e di imballaggio flessibile (come flowpack, bustine, buste, o involucri) per prodotti non alimentari (giocattoli, campioncini per hotel, ecc.) e prodotti alimentari che non richiedono una barriera specifica. Il lato metallizzato e lucido è adatto per la stampa offset (convenzionale) flessografia (solvente, e a base acqua) e rotocalco.

Metalvac Barrier WV: carta metallizzata funzionale termosaldabile e con barriera al vapore acqueo ed alla luce. Adatta per applicazioni di imballaggio flessibile (come flowpack, bustine, involucri, coperchi, ecc.) per prodotti non alimentari e alimentari (come dolciumi, caffè, tè, prodotti in polvere, ecc.). Termosaldabile sul lato interno metallizzato. Stampabile sul lato esterno in rotocalco, flessografia e offset.

 

Tecnoplex, business in crescita grazie a HP Latex R1000

La società Tecnoplex è impegnata da più di 30 anni nella realizzazione di espositori durevoli per punti vendita e materiale pubblicitario per brand e aziende. Con una copertura in oltre 15 Paesi, ha lavorato per più di 17.500 punti vendita, realizzando oltre 8.750 progetti tailor-made. Partendo dall’installazione del primo sistema di taglio laser industriale di plexiglass in Italia, grazie all’investimento tecnologico, all’attenzione per i propri clienti e al know-how maturato, Tecnoplex è riuscita a espandersi anche in altri settori, fino a produrre espositori POP per il comparto ottico, cosmetico e farmaceutico, gioielleria, interior design, food & beverage, moda, sport, tech, oggettistica e promozionale, diventando un partner affidabile per importanti brand della moda e del lusso Made in Italy.

Tecnoplex ha introdotto la tecnologia di HP Latex R1000 nel suo sistema produttivo nel febbraio del 2023, all’interno della sede di Padova, al fine di ampliare la propria rete di clienti e collaboratori, esplorando nuovi mercati e apportando soluzioni sostenibili e ad elevato contenuto tecnologico. Da sempre l’obiettivo dell’azienda è quello di comprendere e soddisfare i bisogni dei propri clienti, offrendo loro prodotti personalizzati che sappiano coniugare creatività, velocità e libertà. Grazie a questa tecnologia Tecnoplex è stata in grado di proporsi come partner di riferimento di aziende e brand, fornendo un servizio affidabile, un’assistenza rapida e il supporto per un’economia circolare.

La stampante HP Latex R1000 è infatti progettata per consentire ai print service provider di beneficiare di nuovi livelli di performance, con la possibilità di stampare praticamente su qualsiasi substrato, garantendo tempi di consegna estremamente rapidi, mantenendo qualità e uniformità. Grazie al sistema di polimerizzazione ad alta efficienza, le stampe sono asciutte fin da subito e pronte all’uso. Inoltre, la tecnologia HP offre benefici ambientali e sanitari sia per i clienti sia per i fornitori, quali soprattutto la possibilità di utilizzare inchiostri HP Latex inodori e ideali per gli interni, ma anche non combustibili o infiammabili, e senza inquinanti atmosferici pericolosi, così come quella di basare la propria produzione sul concetto di efficienza energetica.

“Avvalendoci della tecnologia HP, abbiamo raggiunto un livello di produttività tale da riuscire a proporre ai nostri clienti una maggiore frequenza nell’ambito della produzione di decorazioni, finiture, pattern a supporto dei progetti. Il raggiungimento di un livello superiore di efficienza, in termini di costo e tempo, unito alla possibilità di incrementare la creatività, sempre in un’ottica sostenibile ha determinato una maggiore soddisfazione anche dei nostri clienti e partner.” ha dichiarato Ermes Pretato, titolare di Tecnoplex.

L’attenzione alla sostenibilità – aspetto fondamentale per Tecnoplex – viene confermata dall’aver scelto HP come partner: la tecnologia di stampa di HP Latex R1000 non solo permette di mantenere i propri principi e trasmetterli ai clienti, ma anche di ottenere le certificazioni per testimoniare questo impegno. La collaborazione con HP introduce numerosi vantaggi come ad esempio i programmi HP EcoSolutions che consentono di essere sempre più efficaci e informati in materia, dalla fase di progettazione, ai processi produttivi e logistici, fino allo smaltimento dei rifiuti. Articolato su svariati temi legati alla sostenibilità (circolarità, processi, gestione dei colori, riciclo materiali) HP EcoSolutions è un programma specificamente studiato per il mondo della stampa di grande formato. L’obiettivo di questa certificazione, caratterizzata da un livello base e uno avanzato e focalizzato sulle macchine industriali, è quello di formare i clienti con conoscenze e suggerimenti per fare in modo che possano a loro volta proporre materiali e soluzioni più eco-friendly ai propri end user.

Grazie infine all’applicazione HP PrintOS – strumento fondamentale per l’azienda – Tecnoplex può accedere in modo facile e intuitivo ai corsi e manuali, così come monitorare ogni singola lavorazione grazie alla sezione “print beat”, con un valore aggiunto garantito per ogni progetto.

Oro della Stampa, il meglio del settore

Ancora una vota, grande partecipazione all’edizione numero 32 degli Oro della stampa. Preceduta da un interessante convegno, la serata ha premiato le migliori aziende del settore.

Arrivato alla trentaduesima edizione, anche quest’anno l’appuntamento con  i premi Oro della stampa non ha mancato di raccogliere ampi consensi. La serata organizzata da Unione GCT Milano e Stratego Group è stata aperta da un breve convegno sulle tematiche del settore. Dall’analisi del mercato proposta da Stefano Portolani, senior analyst del Centro Studi Printing di Stratego Group, all’altrettanto interessante intervento di Sara Monti, senior sustainability consultant di Ayming sul tema molto delicato e attuale della sostenibilità. Per finire, spazio all’imminente rivoluzione dell’intelligenza artificiale, il cui potenziale sul settore è stato analizzato dalla digital media strategist Mafe De Baggis.

I veri protagonisti della serata organizzata presso le Officine del Volo a Milano sono stati però i premiati nel corso della cena iniziata subito dopo. Per tutti loro, distintisi nel corso del 2023 come eccellenze nel mondo della stampa industriale e del converting, l’emozione del premio e la certezza di aver affrontato al meglio un periodo particolarmente impegnativo.

«È sempre un grande onore organizzare questo importante evento – dichiara Tiziano Galuppo, presidente unione GCT Milano -. Un momento di celebrazione al quale si aggiunge un’occasione sempre utile momento di approfondimento e analisi dedicato all’industria italiana della stampa».

Queste le aziende premiate: Flamini, Sales, Valtenna, Fustelgrafica, Esanastri, Simeoni Arti Grafiche, Masterpack, Varigrafica Alto Lazio, Zetacarton, Gold Print, PRT Group, Lito Terrazzi e Tecnostampa.

Premio Speciale “Imprenditrice dell’Anno” assegnato a Elisabetta Brambilla, presidente di Eurolabel.

Drupa Global Trends: avanti con fiducia

Stanchi di outlook preoccupati sul futuro della stampa, gli operatori del settore possono ora tirare un respiro di sollievo nel leggere il Drupa Global Trends Report appena presentato al grande pubblico. Il rapporto sulle tendenze globali dell’industria della stampa redatto da Drupa è infatti una delle fonti più autorevoli a livello globale per interpretare le nuove dinamiche economiche del settore per i mesi futuri. E quel che viene restituito in questa nona edizione del report è davvero positivo.
In estrema sintesi, il mercato sta affrontando le notevoli difficoltà congiunturali dell’ultimo anno con crescente fiducia, mentre il calmieramento dei prezzi e l’accettazione del digitale sono in progressivo aumento, così come gli investimenti. Insomma, dopo le turbolenze degli ultimi tre anni ci sono segnali che la tempesta si sta attenuando e che il peggio è ormai alle spalle. Un buon viatico, dunque, per avvicinarsi con maggiore ottimismo al 2024.

Due target per capire meglio le attese
La ricerca è stata condotta su un campione di oltre 600 operatori e ha consentito la somministrazione di due differenti questionari rivolti al pubblico degli stampatori e a quello dei fornitori tra maggio e giugno di quest’anno. Le survey condividevano molte domande ma garantivano l’approfondimento di alcune tematiche di interesse specifico per i due distinti target. In entrambi i casi è stato riscontrato che i livelli di fiducia sono in crescita in tutti i mercati e in quasi tutte le regioni, nonostante le difficili condizioni economiche di questi mesi. Occorre sottolineare come quello attuale sia un report ben diverso da quello dello scorso anno, il primo condotto subito dopo la pandemia e quindi straordinariamente positivo grazie alla ripresa del settore della stampa, che aveva registrato una condizione complessiva ancora più favorevole rispetto al 2019, ovvero l’anno che precedette il Covid-19.

La fiducia cresce a livello globale
Ma andiamo subito ai dati emergenti in questo strano 2023 partendo dalle considerazioni più emotive e generiche, vale a dire il “sentiment”, fornite dai due target a livello globale. Ben il 44% del campione ha dichiarato che la situazione economica della propria azienda era “buona”, contro il 12% che l’ha definita “scarsa” e il restante 44% che l’ha qualificata come “soddisfacente”. Il saldo positivo è quindi di ben 14 punti percentuali rispetto allo scorso anno.
Ma non ci sono soltanto buone notizie: guardando alle performance Paese per Pese, si registra un calo della fiducia per la Germania, ferma al 12%, la stessa percentuale del 2022, mentre il resto dell’Europa è in media intorno al +34%. Il sentiment medio del Nord America è invece sceso al 50% rispetto al picco registrato lo scorso anno. Tuttavia l’America Meridionale e Centrale (+24%), l’Africa (+34%), il Medio Oriente (+52%) e l’Australia/Oceania (+56%) hanno recuperato bene rispetto ai dati precedenti. Guardando al futuro, tutte le regioni a eccezione di Australia/Oceania, si aspettano prestazioni migliori nel 2024, mentre in Europa solo la Germania, con appena +4% di “confidence”, si mostra più cauta nelle previsioni.
Osservando i diversi mercati, si registra una sorprendente ripresa della fiducia tra gli stampatori commerciali ed editoriali in tutto il mondo, mentre il settore del packaging continua a essere fiducioso.

Stampa digitale e diversificazione delle tecnologie
Per quanto riguarda l’impiego delle tecnologie di stampa, l’offset a foglio rimane la prima scelta a livello globale (29%), continuando a rimanere con costanza la tecnologia più diffusa sin dal primo rapporto Drupa Global Trends avvenuto nel 2014. Le macchine da stampa digitali occupano i due posti successivi in termini di diffusione, con il toner digitale a foglio singolo al 20% e l’inkjet per il wide format al 19%. Solo nella stampa commerciale il digitale supera l’offset con la tecnologia inkjet per il wide format (33%) e il toner digitale per la stampa su foglio singolo (31%).
A livello globale il tasso di adozione del digitale sta crescendo lentamente, dal 26% del 2014 al 29% del 2023. A prima vista sembrerebbe una crescita piuttosto modesta, tuttavia i volumi sono aumentati in modo significativo dalla prima rilevazione del 2014 anche se l’adozione del digitale appare ancora incerta e a macchia di leopardo. Il 25% del panel totale di stampatori nel 2014 aveva riferito di avere fatto installazioni web-to-print. Ebbene quella percentuale nel 2023 è ancora del 25%. Alcune regioni hanno meno e-commerce per ragioni culturali, tecniche e di altro tipo, ma la cifra è stabile quasi ovunque. Coloro che operano dal web-to-print hanno goduto di un’impennata della domanda da quella fonte durante il periodo Covid-19, ma quest’anno la domanda è scesa quasi ai livelli pre Covid-19. L’eccezione è il packaging, dove la buona crescita avvenuta nel 2022 è stata ampiamente mantenuta anche nel 2023.

Il “new normal” è ormai qui
Nell’era post Covid-19 si è tornati a porsi domande specifiche sul mercato per la prima volta dal 2019. Per i mercati commerciali il punto chiave è quello relativo ai vantaggi della diversificazione dei prodotti e dei servizi offerti. La quota di stampatori editoriali nel campione si è infatti dimezzata dal 2014, passando dal 30% del 2014 al 15% del 2023. E anche il mix di mercati serviti è cambiato, con meno operatori nei mercati di giornali, riviste e cataloghi, ma un numero più alto di operatori che offrono diverse opzioni di stampa di libri. Anche gli stampatori di imballaggi segnalano una crescente domanda di imballaggi a valore aggiunto, come ad esempio nella stampa interattiva. E la ricerca di alternative più sostenibili agli imballaggi in plastica rappresenta un target molto importante per gli stampatori di imballaggi flessibili. Infine, anche se il campione del panel relativa agli stampatori “funzionali” è ancora piccolo, il passaggio dalla serigrafia e dal toner alla stampa a getto d’inchiostro è sempre più chiaro.

Conclusioni ottimistiche ma pur sempre provvisorie
Con il rallentamento della crescita economica globale, il calo dell’inflazione dei prezzi energetici e alimentari e l’inasprimento della politica monetaria da parte della maggior parte delle principali banche centrali, si prevede che l’inflazione dei prezzi al consumo si modererà. Si prevede anche che l’inflazione complessiva diminuirà nel 2024 in quasi tutte le economie del G20, anche se l’inflazione annuale rimarrà ben al di sopra del target.
Mentre i Paesi combattono la congiuntura sfavorevole su più fronti, è fondamentale non trascurare la sfida a lungo termine di migliorare la loro resilienza agli shock futuri al fine di raggiungere obiettivi di crescita sostenibili. Uno dei maggiori shock futuri arriverà probabilmente dal cambiamento climatico, che impone grandi costi economici e sociali e ogni Paese deve pianificare per le sfide future.
È interessante notare che durante questi anni di difficoltà molte aziende si sono rifocalizzate e si sono adattate alle nuove condizioni del mercato, alcune hanno anche prosperato. Queste aziende sono ora più forti, più resilienti, più efficienti e meglio attrezzate per crescere in futuro. Alcune settori di mercato subiranno cambiamenti strutturali, ma il cambiamento costante, la capacità di pensare al futuro e una migliore gestione del rischio diverranno le caratteristiche tipiche delle aziende di successo. D’altronde l’industria della stampa ha subito enormi cambiamenti negli ultimi vent’anni con la migrazione alla stampa digitale e ai servizi multimediali digitali, il che dimostra la sua resilienza e capacità di adattarsi alle fluttuanti richieste di un mercato in continua evoluzione.

Le tecnologie per il color management

Il colore è sempre un evergreen nei temi tecnici legati alla stampa e alla riproduzione. Se ne parla molto ma si scopre sempre qualcosa di nuovo o in qualche modo sorprendente, anche perché vi sono molti approcci differenti nel gestirlo all’interno dei flussi di lavoro. Ecco un’utile guida per non sbagliare.

L’imballaggio flessibile è un terreno molto prolifico in termini di applicazioni, sperimentazioni e innovazioni, perché in quest’ambito le esigenze di riproduzione delle tinte di deve coniugare con la varietà di supporti diversi che vengono impiegati, i diversi procedimenti di stampa, tradizionali e digitali.

Proverò quindi a fare un sorvolo su quelle che sono le tecnologie per il color management in questo settore e magari alcune peculiarità che possono essere considerate tipiche della stampa degli imballaggi flessibili.

L’imballaggio in generale è il terreno di elezione per la stampa con i colori spot. Colori spot significa preparati come tinte a sé stanti e messe in macchina tal quali, invece di essere riprodotte con i colori di processo, come normalmente avviene nella stampa in quadricromia (o con altre combinazioni con più tinte). Da sempre tecnica privilegiata per la stampa degli imballaggi è la soluzione che a tutt’oggi riveste la normalità della riproduzione dei colori quando vi sono esigenze di accuratezza nella riproduzione, stabilità nella ripetizione, semplicità nella gestione in macchina degli equilibri di stampa. Tenere sotto controllo un singolo colore è senz’altro più agevole che tenerne in equilibrio quattro o più che lavorarono assieme per riprodurre le tonalità, questo è abbastanza scontato. È anche vero però che la tecnologia non si ferma, che le macchine da stampa sono sempre più performanti, che la prestampa e la preparazione delle matrici per la stampa è sempre più accurata.

I colori spot, come comunicarli

Come comunicare i colori spot tra gli attori della filiera produttiva? I colori sono un’entità eterea che porta con sé una componente soggettiva difficilmente prescindibile. Nel corso dei secoli i tentativi per standardizzare e codificare il colore hanno prodotto metodi efficaci senza i quali non sarebbe possibile oggi creare un dialogo tra chi concepisce il colore, chi lo riproduce in un dispositivo digitale e chi lo fissa su un supporto di stampa. Nonostante la grande tecnologia a disposizione per queste attività, per comunicare il colore sono ancora molto utilizzati sistemi empirici o basati su protocolli improvvisati o storicamente consolidati. Come tutti ben sappiamo, ciò che ha sempre in qualche modo funzionato si tende a consolidarlo, per ragioni di pigrizia, paura, o mancanza di competenze. E si è restii a sperimentare. È il caso della tecnologia CxF, che ormai rilasciata da molti anni e libera da brevetti (x-rite la rilasciò parecchi anni or sono), normata come norma ISO (serie 17972) è ancora lontana da diventare uno standard d’uso diffuso. Lo abbiamo constatato anche nell’ultimo TAGAday a febbraio scorso, dove un sondaggio senza troppe pretese ma in qualche modo significativo ha messo in luce quanto poco conosciuto sia questo strumento. Ma la cosa ancora più strana è che anche i player che operano sul mercato vendendo software per la gestione del colore, non fanno la dovuta evangelizzazione per incentivarne l’uso (forse tranne un brand). Il CxF è un protocollo di comunicazione basato su XML che consente di immagazzinare in un file tutta una serie di dati relativi a un colore e consentirne quindi tutte le elaborazioni del caso. È talmente semplice da risultare complesso! È la carta di identità, o meglio “il profilo colore” di un singolo colore. Raccoglie tutte le informazioni necessarie affinché il passaggio dei dati sia il più sicuro ma anche il più completo possibile. Contrariamente a ciò che solitamente in molti casi avviene: il brand-owner decide insieme al designer il colore da utilizzare e questi lo comunicano in qualche modo allo stampatore che lo riceve in forma fisica o digitale, per poi commissionarlo all’inchiostraio o al proprio laboratorio interno di cucina colore, che a partire dal campione (o da un valore Lab) formula l’inchiostro, lo corregge e lo stampa. Le informazioni così gestite contengono in sé molti aspetti indeterminati, molte “mancanze” che invece sarebbero utili. Nel CxF vengono immagazzinati tutti gli aspetti della misurazione del colore effettuata per codificarlo. La distribuzione spettrale del colore, le condizioni di misura (geometria, apertura, illuminante tipo di supporto), lo strumento impiegato. Quindi molto di più che un semplice Lab. E a seconda delle versioni del CxF, possono essere contenute anche tutte le misure spettrali del colore nelle gradazioni tonali da 0 a solido 100% (CxF/X-4), su fondo bianco e su fondo nero, per il calcolo della trasparenza, fondamentale in fase di proofing e formulazione della tinta.

Quindi, a chi è utile questa tecnologia? A tutti gli attori che a vario titolo entrano in gioco nella definizione e riproduzione del colore nel processo di produzione: per chi possiede uno strumento di misurazione (spettrofotometro), perché può importare i dati per effettuare le misurazioni e i controlli. A chi si occupa di controllo qualità per avere corretti riferimenti (target) e tolleranze. Per chi formula gli inchiostri, ovviamente, per avere esattamente il riferimento da copiare, con il corretto substrato, per arrivare a una ricetta più accurata in minor tempo. Per chi esegue il proofing, per poter impostare correttamente il target da raggiungere, il substrato, la gestione delle sovrapposizioni delle tinte. A fronte di un impiego ancora limitato di questa modalità, va detto che grossi brand in tutto il mondo lo hanno adottato e, a detta loro, con grande beneficio, soprattutto considerando scenari di mercati globali in cui la perfetta comunicazione del colore è requisito imprescindibile. Non ultimo, va sottolineato che il CxF è anche il metodo per comunicare il colore che i nuovi standard e protocolli di scambio dati tra brand-owner e stampatore sono in procinto di adottare (sono standard ISO): il PQX (Print Quality eXchange) e PRX (Print Requirements eXchange).

Stampare i colori. Tinte spot o di processo?

Tornando alla macchina da stampa, come si possono riprodurre le tinte presenti nel layout con gli impianti da stampa? Fondamentalmente esistono due strade: quella storica, consolidata e anche più diffusamente impiegata, che prevede la composizione delle tinte fuori macchina e l’impiego del colore solido come tinta spot, oppure da diversi anni ormai, la tecnologia denominata Extended Color Gamut (ECG) che prevede la stampa di tutte le tinte dell’artwork usando sette colori di processo, Cyan Magenta Giallo nero più Arancio Verde e Viola. L’intento è evidente: aumentare il gamut di stampa rispetto alla quadricromia standard, per coprire il massimo spettro di tinte riproducibili con delta E accettabili, come avviene per i sistemi di prova colore che puntano a riprodurre il catalogo dei colori Pantone. I benefici in stampa rispetto al tradizionale CMK sono evidenti e non serve sottolinearli, ma rispetto al processo basato su tinte spot? Ridurre i tempi di avviamento in primis, perché non bisogna lavare e pulire gli elementi e i circuiti a ogni cambio di colore. Questo si traduce anche in risparmio di inchiostro e riduzione di spreco, con conseguente minore impatto ambientale. Questi di fatto son i plus più significativi, sostenuti anche da una crescita significativa delle soluzioni di prestampa (software, sistemi di retinatura e lastre). La fortuna dell’Extended Color Gamut ha avuto fasi alterne e ancora oggi non è chiaro se sarà la tecnologia del futuro del packaging. Inizialmente ben accolta soprattutto negli USA, ma poi in parte rifiutata di fronte a certe promesse che sono state disattese, ora nuovamente ben instradata, come ho potuto osservare ad esempi nel nord Europa (Svezia ad esempio), grazie anche allo sfruttamento dei benefici derivanti dall’incremento di qualità per quanto riguarda lastre e retini. Dov’è il tasto dolente: lo stampatore sa bene che controllare più inchiostri che stampano in sovrapposizione è estremamente più difficile che controllarne uno al 100%. Basta un fuori registro per fare virare il colore; basta una variazione nelle condizioni di uno degli inchiostri (pulizia dell’anilox, viscosità ecc.) e la tonalità risultante può cambiare. Mentre su un colore spot la variazione può essere prevalentemente solo sulla densità di stampa, quindi sulla Luminosità in primis, nel caso dei colori di processo la variazione può riguardare tutte le coordinate cromatiche. E poi c’è il tema del retino, che nei colori di processo è comunque visibile e in certe combinazioni particolarmente. Il brand-owner non sempre è disponibile ad accettare questo compromesso. Va detto che soprattutto in flessografia, sulla lineatura di retino si sono fatti passi in avanti enormi grazie alle nuove lastre e processi di preparazione, riducendo parecchio il gap con rotocalco e offset.

I riferimenti: caratterizzare o linearizzare?

Una delle problematiche costanti nel mondo dell’imballaggio flessibile, che rappresenta un tema aperto anche in altri segmenti di mercato e che da sempre è oggetto di riflessione da parte delle aziende che operano nella prestampa e stampa, è rappresentato dalla necessità di dare al cliente un elemento di prova del colore che sia affidabile rispetto al risultato in macchina. Il che significa qualcosa che simuli al meglio i colori di stampa (spot) e le cadute delle mezzetinte (qualora esistano) nonché le sovrapposizioni tra inchiostri speciali. Quest’ultimo punto è tra i più ostici da prevedere, senza ricorrere a prove di stampa vere e proprie, anche se le tecnologie viste sopra basate su CxF/X-4 danno risposte in tal senso applicabili efficacemente alle prove digitali. Per creare un flusso di lavoro prevedibile e quindi correttamente simulabile con una prova colore digitale è necessario tenere la macchina da stampa linearizzata, cioè configurarla per dare una risposta coerente con uno standard preso come riferimento. Questo ha particolare rilevanza nella stampa di processo (immagini e sovrapposizioni di fondi colorati). Quindi significa creare la condizione per cui le curve tonali di stampa (TVI) sono stabili e riproducibili. Viene in aiuto in questo la formula di calcolo delle curve TVI appositamente studiata per le tinte speciali (spot color) e denominata CTV (Color Tone Value) presente in tutti gli strumenti e software per il controllo qualità. Il processo di stampa, linearizzato attraverso questo standard (ISO 20654:2917), garantisce la possibilità di essere simulato in fase di prova colore oltre che garantire la ripetibilità nel tempo. Questa formula va ricordato, è quella che è stata definita come la migliore per il calcolo delle tonalità retinate delle tinte speciale (ma anche del CMYK a questo punto!) al termine di uno studio durato un paio di anni in ambito ISO, al quale anche Taga Italia e la scuola grafica di Saronno (Fondazione Daimon) hanno dato un contributo. Lo scoglio principale che separa la teoria dall’applicabilità pratica è realizzare il test di stampa per linearizzare il singolo colore spot e la conseguente gestione sul RIP di prestampa delle compensazioni. Sicuramente fattibile per lavori ripetitivi, più difficile da adottare come standard per tutti i lavori. Questo fatto potrebbe essere un motivo in più per passare all’Extended Color Gamut? Staremo a vedere.

Guandong, Guida pratica agli allestimenti temporanei per la stagione sciistica 2023/2024

La stagione sciistica è alle porte e le località montane si stanno vestendo a nuovo per accogliere i turisti provenienti da tutto il mondo. Impianti di risalita, strutture ricettive, noleggi e scuole di sci devono allestire i propri spazi per comunicare in maniera immediata, efficace e sicura, con l’obiettivo di offrire a grandi e piccini un’esperienza indimenticabile sulle piste innevate. A questo scopo Guandong, lo specialista dei supporti per la stampa, ha realizzato l’esclusiva “Guida pratica ai materiali per gli allestimenti temporanei per la stagione sciistica”. Si tratta di un’inedita raccolta di idee, suggestioni e informazioni tecniche destinata a stampatori allestitori, architetti e designer alla ricerca delle soluzioni più performanti per applicazioni indoor e outdoor.

Pettorine per scuole sci, segnaletica calpestabile, adesivi per il car advertising, decorazioni vedo non vedo per cabinovie, sono solo alcune delle possibili personalizzazioni realizzabili con i materiali proposti nella Guida firmata Guandong. Progetti temporanei ma anche funzionali, in grado di integrarsi nell’ambiente senza stravolgerlo, resistenti al freddo e alle intemperie, sicuri e veloci da installare e rimuovere grazie all’assenza di colla. Il tutto con un occhio di riguardo anche al tema della sostenibilità ambientale, perché in gran parte realizzati con materiali riciclabili e riciclati, senza rinunciare alla qualità delle prestazioni tecniche.

Resistenza, sicurezza, temporaneità ed ecosostenibilità sono dunque i criteri definiti da Guandong nella selezione dei supporti proposti per la stagione sciistica 2023/2024, che nella Guida vengono presentati suddivisi per destinazione d’uso. Per i vetri delle funivie, ad esempio, lo Specialista delle specialità propone i vinili perforati della gamma One Way Vision: adesivi stampabili da applicare alle cabine, ma visibili solo dall’esterno, preservando così il piacere del panorama montano. E ancora, tenacia e sicurezza sono le caratteristiche chiave di Mak Floor, il materiale ad altissima tenuta perfetto per personalizzare scale e pavimenti, creando un wayfinding antiscivolo fondamentale per chi cammina con scarponi e doposci. Caratterizzata da estrema resistenza e da performance ottimali anche a temperature estreme, lapellicola multistrato TRIO è ideale per realizzare Ski Pass e tessere noleggio personalizzate. In sostituzione dei classici pettorali utilizzati dalle scuole sci, Guandong propone TAP, l’innovativo tessuto adesivo 100% poliestere perfetto da applicare sulle giacche senza lasciare traccia. E per le navette? La soluzione è Nano-TaCar, la pellicola con nano tecnologia che permette un’applicazione e rimozione facilissima, immediata e priva di colla, senza lasciare residui sulla carrozzeria.

La “Guida pratica ai materiali per gli allestimenti temporanei per la stagione sciistica” è la seconda monografica tematica ideata da Guandong dopo il grande successo riscosso dalla “Guida pratica per gli allestimenti temporanei” diffusa tra gli operatori la scorsa primavera in occasione della Milano Design Week 2023.