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A Labelexpo Konica Minolta presenta in anteprima AccurioLabel 230

La stampa digitale a toner targata Konica Minolta promette di portare ulteriori benefit agli stampatori, in termini di produttività, flessibilità e stabilità. E Konica Minolta ha scelto Labelexpo per dare dimostrazione concreta delle potenzialità di AccurioLabel 230: dalla sua semplicità di utilizzo, alla flessibilità, fino alla capacità di far fronte alle richieste crescenti del mercato di tirature ridotte e maggiore personalizzazione. AccurioLabel 230 è la nuova versione del sistema di stampa di etichette digitale AccurioLabel 190, che ha già ottenuto ottimi risultati, consentendo agli stampatori di offrire ai propri clienti vantaggi in termini di produttività, flessibilità e stabilità. Gli stampatori che hanno scelto AccurioLabel 190 sono inoltre riusciti ad ampliare la propria presenza nell’ambito della stampa di etichette digitali.  Sebbene esteticamente il modello sembri identico al suo predecessore, il nuovo quattro colori AccurioLabel 230 si è evoluto in molti aspetti. Tra questi, l’aumento significativo della velocità, l’incremento della produttività, l’introduzione dell’opzione di sovrastampa, l’eliminazione del tempo di riscaldamento, la riduzione degli sprechi e il registro di stampa più accurato.

Come già avvenuto in precedenza per AccurioLabel190, anche lo sviluppo di AccurioLabel230 è frutto della collaborazione con l’innovativa società danese Grafisk Maskinfabrik (GM). AccurioLabel230 è stata realizzata con la tecnologia del motore AccurioPress di Konica Minolta ed è già disponibile per il mercato italiano.

La nuova soluzione di stampa si rivolge ai segmenti di fascia medio-piccola ed è ideale per etichettifici, stampatori commerciali e aziende di imballaggio. È stata sviluppata partendo proprio dalle esigenze dei clienti. AccurioLabel230 è infatti la soluzione per i fornitori di stampa professionale che desiderano spostare i volumi dalle macchine da stampa convenzionali a quelle digitali o sono alla ricerca di una soluzione complementare per bilanciare i lavori di altre macchine da stampa digitali. È la risposta alla riduzione delle tirature, alla riduzione dei tempi di consegna, alla personalizzazione e al versioning.

«Gli addetti ai lavori che si stanno muovendo verso la produzione digitale hanno accolto favorevolmente il lancio della nuova soluzione e sono rimasti colpiti dalla produttività, stabilità e nuove funzionalità che contribuiscono a creare nuove opportunità di business. Ad esempio, ora AccurioLabel 230 impiega circa la metà del tempo per stampare quattro lavori da 300 m/l. Sappiamo che i piccoli/medi etichettifici hanno finalmente scoperto che fino al 60% dei lavori esistenti potrebbero essere eseguiti digitalmente, liberando così le attrezzature di stampa convenzionali per lunghe tirature» spiega Fabio Saini, product manager Industrial Printing Konica Minolta Business Solutions Italia.

Per una filiera colta

La scritta bianca è posta in sovrastampa (A) e per questo non visibile. Con i software di controllo è possibile intercettare il problema e porvi rimedio cambiando l’attributo da sovrastampa a foratura (B). Alcuni software come ad esempio InDesign impediscono di attribuire la sovrastampa a un elemento testo con riempimento e/o traccia di colore bianco.

Gestione dei file: gli operatori devono imparare a tenere in considerazione tutto il processo di lavoro.

La gestione dei file è il punto iniziale dei flussi di lavoro di ogni azienda di stampa e riveste un’importanza notevole poiché ogni rallentamento o errore si ripercuote a catena su tutte le fasi successive, generando rallentamenti produttivi e rifacimenti.

Sono tanti gli elementi che avrebbero dovuto portare beneficio al settore rendendo più fluido lo scambio dei file; tra questi la diffusione di comandi interni ai software in grado di eseguire i controlli sui file, l’evoluzione continua dei workflow di prestampa che si sono arricchiti nel corso degli anni di funzioni sempre più sofisticate e l’incessante lavoro delle associazioni tecniche impegnate a diffondere cultura tecnica. Tuttavia, così non è stato, e lo constatiamo con dispiacere.

È sempre più evidente che insieme a un deciso miglioramento in termini di strumenti software non c’è stata una crescita culturale da parte di chi i file li crea e li invia alle aziende di stampa.

Dalle nostre interviste con operatori del settore è emerso in modo chiaro come i problemi che caratterizzano i file forniti allo stampatore siano sempre gli stessi di 10 anni fa e dimostrano come sia ancora scarsa l’attenzione prestata a una delle fasi più importanti del flusso di produzione dello stampato. Per chi vive immerso nel mondo della prestampa questa situazione ha dell’incredibile; perché è evidente che ogni problema tecnico presente in un file può generare un serie di inefficienze che causano danni economici alle volte molto rilevanti.

Alcune precisazioni importanti

Quando si parla di problemi dei file bisogna sempre stare attenti a fare una distinzione tra problemi tecnici presenti nel file e in grado di compromettere il risultato in stampa e problemi legati alla capacità elaborativa dei RIP a cui è demandata l’interpretazione finale del file prima dell’invio alla macchina da stampa. Mentre la prima categoria di problemi è responsabilità di chi crea il file, la seconda è di pertinenza dello stampatore che, in alcuni casi, potrebbe avere difficoltà a gestire file corretti tecnicamente per la presenza di particolari effetti grafici, come la trasparenza, che possono generare risultati errati dopo la loro completa interpretazione. Oltre a questo, c’è un’altra variabile che aumenta la difficoltà nella gestione corretta dei file. Sono i software che normalmente vengono usati per vedere a video i file. Poiché il formato più diffuso per lo scambio dei file tra clienti e stampatore è il PDF, i programmi più utilizzati sono Acrobat e altri visualizzatori come ad esempio in ambito Mac, Anteprima. Se non opportunamente impostati a livello di preferenze, i programmi visualizzano a monitor risultati diversi a fronte dello stesso file. Questo avviene ad esempio per gli elementi posti in sovrastampa, attributo che può essere assegnato a ogni elemento presente in un file, e che per essere reso in modo corretto a video deve essere elaborato dal programma.

Gli errori più comuni

Fatta chiarezza sui vari elementi che potrebbero compromettere un output corretto dei file, passiamo ad analizzare gli errori più comuni che ancora oggi affliggono il settore grafico.

Come evidenziato dai sondaggi che ciclicamente le associazioni tecniche e le software house eseguono intervistando gli stampatori si può notare, confrontando i risultati con quelli degli anni passati, come la situazione non sia cambiata. A distanza di 10 anni la classifica presenta ancora gli stessi errori, con l’aggravante che nel frattempo i programmi sono migliorati mettendo a disposizione una serie di strumenti specifici per intercettare e prevenire gli errori, strumenti che in genere sono semplici da usare e dal costo accessibile.

Analizzando in modo più preciso l’elenco degli errori

•  Immagini in bassa risoluzione

•  Elementi RGB senza profilo ICC 

•  Abbondanza mancante o errata

•  Profili ICC errati

•  Errori di sovrastampa (bianchi)

•  Presenza di tinte piatte non previste 

•  Colore registro (nero fatto con CMYK) usato in modo errato

•  Copertura inchiostro elevata 

•  Font corrotte 

•  Font non incorporati

si rileva come alcuni di essi siano imputabili essenzialmente a una mancanza di cultura grafica. Non definire l’abbondanza in un file, usare il colore di registro per i testi o porre i bianchi in sovrastampa su fondini colorati sono errori che un tecnico non dovrebbe mai commettere. Inoltre, mentre alcuni errori i software di controllo (preflight) sono in grado di eseguire delle correzioni, come ad esempio cambiare l’attributo dei testi bianchi da sovrastampa a foratura oppure cambiare il colore registro in K=100, altri come l’abbondanza mancante richiedono quasi sempre importanti interventi manuali se non addirittura il rinvio del file da parte del cliente.

Anche sul fronte della gestione del colore persistono diverse problematiche soprattutto legate alla presenza di immagini RGB. C’è da dire che ormai tutti i workflow di prestampa sono in grado di gestire in modo adeguato le conversioni colore da RGB a CMYK, ma questo richiede che gli elementi che saranno da convertire abbiamo associato un profilo ICC. Ed è proprio questo a rappresentare l’anello debole della catena: la mancanza di informazioni coloreche, come affermano tutte le note tecniche, devono sempre essere presenti al fine di rendere possibile conversioni colore consistenti con l’output previsto. A complicare la situazione ci sono i nuovi standard FOGRA51 e FOGRA52, nuovi per modo di dire visto che sono stati rilasciati nel 2015, che dovrebbero sostituire rispettivamente i vecchi FOGRA39 e FOGRA47. È vero che i programmi dell’Adobe Creative Cloud non hanno ancora adottato i nuovi profili, ma in alcuni Paesi, come quelli del Nord Europa e la Germania, sono comunque diffusi e per questo può succedere di ricevere file impostati secondo gli standard più recenti. Per uno stampatore diventa quindi fondamentale intercettare preventivamente queste informazioni per evitare di andare in stampa su una macchina calibrata in FOGRA39 con un file realizzato in FOGRA51, senza aver prima attuato un passaggio in un programma di repurposing adeguato.

Una nota positiva, riguarda invece i font. È noto che in un file PDF i font debbano essere incorporati; questo per anni è stata una spina nel fianco degli stampatori. Oggi, pur rimanendo ancora un problema, soprattutto per quanto riguarda alcune categorie di file come quelli delle pubblicità che affollano le riviste, la situazione è migliorata. Alcuni software, come ad esempio InDesign, non consentono di generare PDF senza font incorporate e questo ha contribuito a ridurre la percentuale di errori riconducibile a questa categoria.

Quali rimedi si possono adottare?

Le armi che le aziende di stampa hanno a disposizione per prevenire la fornitura di file contaminati da problemi sono molteplici e comprendono sia strumenti didattici sia software adeguati allo scopo. Per strumenti didattici intendiamo sia i documenti tecnici, anche chiamati Capitolati di fornitura, messi a disposizione dei clienti in cui sono descritti i requisiti che i file devono soddisfare, che i cosiddetti whitepaper che in modo più ampio illustrano come impostare correttamente i programmi. Anche dei brevi video, resi disponibili sul sito dello stampatore, che affrontino in varie puntate argomenti teorici sono un valido strumento didattico a cui si possono affiancare anche i webinar che stanno riscuotendo un buon successo, poiché di semplice fruizione anche in modalità differita.

Quando invece si parla di soluzioni software ci riferiamo al preflight, insieme di comandi che consentono l’analisi dettagliata e puntuale di tutti gli elementi di un file sulla base di un insieme personalizzabile di impostazioni. Il preflight può essere eseguito all’interno dei programmi mediante l’installazione di appositi plug-in oppure è reso disponibile come insieme di comandi all’interno di software. Mentre una volta questa cruciale fase del flusso produttivo era eseguita solo sui file PDF, da qualche anno è possibile attivarla anche all’interno di alcuni programmi. InDesign, ad esempio, mette a disposizione la Verifica Preliminare che consente di intercettare già in fase di creazione del file tutti i problemi più comuni già citati. Certo è fondamentale sapere come impostare i parametri e capire i messaggi che il programma restituisce ma non è un compito molto difficile.

L’importanza della cultura

Da quanto detto fino a qui emerge quanto sia difficile per i reparti di prestampa delle aziende grafiche gestire i file dei clienti riuscendo, allo stesso tempo, a soddisfare le esigenze produttive che sono sempre finalizzate a saturare la capacità di stampa delle macchine. È di conforto sapere di poter contare su strumenti software adeguati, che abbiamo visto essere numerosi e diffusi, mentre emerge molto chiaramente un problema di natura culturale. Finché non sarà chiaro a tutti gli operatori della filiera grafica che per lavorare bene è indispensabile che ogni attore svolga il proprio lavoro tenendo in considerazione anche le fasi successive, non ci sono tante speranze di miglioramento. Stupisce alle volte sentire alcuni creativi affermare che è compito dei tecnici mettere a posto i file qualora questi contengano degli errori; in parte siamo d’accordo anche noi, ma è indispensabile che anche i creativi siano a conoscenza di tutto il processo che dovrà subire il lavoro in modo da evitare inutili e dispendiosi avanti e indietro di file. Lavorare a compartimenti stagni, senza sentirsi parte di una filiera non aiuta nessuno e non contribuisce far crescere la cultura del settore.

IL REPARTO PRESTAMPA: COME LAVORA

«La nostra azienda ha un respiro internazionale – ha detto Stefano Oggioni responsabile dell’area prepress di Pozzoli– e opera in vari mercati tra cui quello della cosmesi, del food&beverage oltre a quello storico dell’intrattenimento. Riceviamo dai nostri clienti principalmente file PDF, raramente file nativi prodotti con Illustrator e InDesign, siamo comunque in grado di gestire ogni tipo di dato digitale. Il nostro flusso di lavoro in prestampa prevede che i file prima di essere immessi in lavorazione vengano controllati dal punto di vista della correttezza tecnica e di “struttura”, quest’ultima strettamente legata al tipo di prodotto che deve essere stampato. Per correttezza tecnica intendo tutti quegli elementi che riguardano il contenuto del file, come la risoluzione delle immagini, la presenza di elementi in RGB o con profili ICC non consistenti con l’output richiesto, mentre con “struttura” identifico i controlli che vengono fatti sull’abbondanza, sui pendant, cioè l’accostamento delle aree che si estendono su più elementi che comporranno il packaging finale, sulle dimensioni fisiche “reali” del progetto rispetto a quelle che sono dichiarate in commessa di lavoro e sui livelli che contengono i grafismi delle nobilitazioni da realizzare.

Stefano Oggioni responsabile dell’area prepress di Pozzoli.

Il programma che utilizziamo per finalizzare i file ricevuti è ArtPro; ogni file che riceviamo dai nostri clienti viene importato all’interno del software e, dopo l’esecuzione dei controlli, vengono fatte tutte le lavorazioni utili a preparare il file per la sua immissione nel workflow Prinergy della Kodak.

Notiamo alcune differenze, alle volte notevoli, nei file rispetto all’area geografica di provenienza. La cosa più evidente è la gestione del colore; in Italia e in Francia i file sono ancora preparati per un output Fogra39, mentre l’area della Germania e, più in generale tutti i Paesi del Nord Europa forniscono file già finalizzati per il Fogra51. Per noi questo non costituisce un problema in quanto siamo attrezzato con delle soluzioni software in grado di fare il repurposing sui file in modo da ottenere conversioni corrette rispetto all’output richiesto. Certo è che questa differenza la dice lunga sul grado di adozione delle norme ISO in alcuni Paesi che hanno tempi più lunghi di aggiornamento rispetto ad altri.

Rispetto agli anni passati devo riconoscere, a malincuore, che non c’è stato un miglioramento nella fornitura dei file soprattutto quando provengono da alcune aree geografiche specifiche. Continuiamo a ricevere file con basse risoluzioni e elementi RGB privi di profilo ICC, oppure rileviamo profili ICC completamente inconsistenti rispetto all’output richiesto. Quello che però colpisce di più sono gli errori che prima ho definito di struttura, quelli che mostrano chiaramente una mancanza di cultura grafica di base.

Alle volte sembra che il lavoro sia stato eseguito da grafici non professionisti e che mancando di nozioni tecniche adeguate, riescono a produrre file impossibili da stampare.

La vocazione della nostra azienda è quella di dare un servizio completo al cliente, per cui al nostro interno lavorano operatori qualificati in grado di risolvere i problemi, questo è un valore aggiunto che di contro oltre a costituire un aggravio in termini economici, comporta spesso dei rallentamenti nel flusso di lavoro.

Da ultimo vorrei sottolineare il fatto che noi forniamo sempre ai nostri clienti delle specifiche di fornitura dei file; che costituiscono più che altro un insieme di regole da seguire nel salvataggio del dato digitale. Specificano quindi i formati file e le versioni accettate, le risoluzioni consigliate per le immagini, i profili ICC ammessi e la dimensione dell’abbondanza. Mentre per i clienti che ce ne fanno richiesta, forniamo un supporto tecnico telefonico e una guida dettagliata che aiuta il grafico nell’esecuzione dei principali interventi da eseguire sui file durante tutto l’iter lavorativo».

Robert Stabler a capo della joint venture Durst e Koenig & Bauer per la stampa digitale di packaging

Durst e Koenig & Bauer hanno nominato Robert Stabler amministratore delegato della nuova joint venture operativa a partire dal 1° agosto. Koenig & Bauer Durst GmbH è stata istituita ufficialmente all’inizio di maggio dopo aver ottenuto l’autorizzazione antitrust dalle autorità competenti.

Robert Stabler, cresciuto nel Regno Unito, ha maturato un’esperienza globale nell’ambito di aziende tecnologiche attive nel settore delle arti grafiche e dei sistemi di gestione dei documenti. Prima di entrare a far parte di Koenig & Bauer Durst, è stato senior vice president dell’unità Continuous Feed dell’azienda Xerox a Rochester, NY, negli Stati Uniti. Precedentemente ha rivestito cariche esecutive anche in HP e Agfa.

Attualmente sono in corso le operazioni aziendali per sviluppare e commercializzare congiuntamente i sistemi di stampa digitale single pass per l’industria del cartone pieghevole e del cartone ondulato. Koenig & Bauer Durst avrà la sua sede legale a Würzburg, in Baviera, Germania, e collaborerà strettamente con la rete globale di entrambe le società madri. Inizialmente, il portafoglio della joint venture comprenderà la Koenig & Bauer CorruJET 170 e la Durst SPC 130, inclusi tutti i servizi associati e il business degli inchiostri nonché lo sviluppo della VariJET 106.

«Sono veramente entusiasta di affrontare questa nuova sfida nei mercati del cartone pieghevole e dei materiali ondulati per il packaging», ha dichiarato Stabler. «Entrambi sono maturi per la trasformazione digitale con una riduzione delle tirature in entrambi i segmenti e i marchi che richiedono a gran voce soluzioni di alta qualità, economiche, a breve termine e con un servizio di versioning. Combineremo tutte le competenze di Durst e Koenig & Bauer per fornire le migliori soluzioni in assoluto. Durst con la sua competenza nell’imaging digitale, nei sistemi di produzione, negli inchiostri e nell’integrazione di software, Koenig & Bauer con tutto il suo know-how in ambito meccanico, i processi con cicli ad alto rendimento, la progettazione e le capacità di trasporto della carta, a cui si aggiunge ovviamente la straordinaria competenza di entrambi i team nel lancio di nuovi prodotti sul mercato».

Christoph Gamper, CEO di Durst Group, ha dichiarato: «Diamo il benvenuto a Robert Stabler che vanta un curriculum notevole, è un leader stimolante e possiede una grande esperienza nella gestione proattiva dei cambiamenti e nello sviluppo di nuovi mercati. Il team che creeremo per questa joint venture fornirà le soluzioni necessarie in mercati in cui le linee di produzione digitali offrono enormi opportunità ai settori del cartone pieghevole e del cartone ondulato».

Claus Bolza-Schünemann, CEO di Koenig & Bauer AG, ha commentato: «È l’inizio di qualcosa di veramente speciale nell’industria della stampa e del packaging. Siamo incredibilmente emozionati all’idea delle opportunità che ci attendono e siamo certi che daremo vita a un team eccellente capitanato da Robert Stabler. Combineremo le nostre tecnologie e competenze di mercato diversificate per offrire ai nostri clienti prodotti all’avanguardia e soluzioni ottimizzate con un impeccabile servizio di assistenza».

 

Cassa integrazione per Arti Grafiche Boccia

Dal 3 giugno al primo settembre 2019 Arti Grafiche Boccia, l’azienda del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, è in cassa integrazione ordinaria. L’accordo, firmato a metà del maggio scorso con le sezioni territoriali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom, Cisal e Ugl Grafici, ha previsto una riduzione temporanea dell’attività lavorativa per un totale di 50 lavoratori. Gli ammortizzatori sociali si sono resi necessari per un pit stop aziendale dovuto essenzialmente a un recupero di produttività e quindi alla relativa gestione delle risorse umane. Tuttavia, l’azienda di Salerno può sempre contare su un robusto parco clienti ed è attiva in differenti settori della stampa. «Le 13 settimane consecutive di Cig Ordinaria sono iniziate nel giugno scorso» spiega a Italia Grafica Daniele Lamberti, direttore generale di Arti Grafiche Boccia, «e la procedura è stata aperta per un massimale di 50 persone, anche se di fatto ha coinvolto tra i nove e gli undici lavoratori, ovvero neanche il 10% dei 186 dipendenti totali. Il ricorso agli ammortizzatori sociali va inquadrato in un contesto più ampio per capire che cosa davvero sta succedendo all’azienda. Da oltre un anno e mezzo abbiamo avviato un percorso di formazione lean production per l’assunzione del metodo Toyota e, a fine 2018, sono entrati giovani ingegneri con esperienza del settore per razionalizzare una serie di reparti e di processi interni. Questi efficientamenti ci hanno portato a decidere di aprire la cassa integrazione, come strumento per gestire questo periodo limitato e per completare il percorso di formazione e di integrazione di ogni persona».

Focus su nuovi progetti

«Nel 2018» continua Lamberti «Arti Grafiche Boccia ha lanciato la sua area digitale con tre piattaforme e-commerce. È iniziato poi un percorso di formazione del personale con il programma tute rosse, ovvero l’upgrade di alcuni macchinisti e operatori interni che sono appunto contraddistinti da una tuta rossa. In parallelo al nuovo sito web, l’azienda sta ridefinendo il proprio posizionamento. L’obiettivo è diventare una vera e propria boutique dell’industria grafica europea.

Abbiamo progressivamente abbandonato le produzioni di massa per puntare invece sulle lavorazioni di qualità e ai dettagli del prodotto: realizziamo per esempio copertine con stampa oro a caldo, un processo che non tutti gli stampatori possono permettersi e che trova largo riscontro presso i clienti del fashion. A partire dal mese di aprile scorso abbiamo assunto inoltre un nuovo dirigente per il potenziamento dell’area cartotecnica, che negli anni è diventata per l’azienda sempre più strategica, affiancandosi alle aree storiche roto e foglio».

L’estero chiama

«Nel 2018» prosegue il manager «il nostro fatturato si è attestato sui 33/35 milioni di euro, un risultato che prevediamo di migliorare per via della crescita su tre fronti principali. L’estero innanzitutto: in Francia lavoriamo da anni e lì realizziamo il 25% del nostro fatturato, mentre nel 2014 ci siamo aperti ai Paesi scandinavi e l’anno successivo abbiamo inaugurato un ufficio a Londra. A livello europeo quindi stiamo crescendo e la nostra strategia, oltre ai progetti di formazione interna e di branding, punta sempre ai mercati internazionali. Inoltre, dobbiamo sfruttare al massimo la nostra posizione centrale nel Mediterraneo: siamo a poche ore di distanza dal Nord Italia, ma allo stesso tempo possiamo servire tutta l’area del Nord Africa dove tutte le grandi catene hanno dislocato tutti i loro punti vendita e hanno bisogno di un hub di stampa affidabile. Infine, la stampa di riviste di qualità. Tra i nostri clienti contiamo grandi editori come Mondadori, Cairo, Editoriale Domus e Panini: tutti nomi di altissimo livello che richiedono produzioni di qualità».

«Stiamo orientando le nostre produzioni su prodotti di più alto valore aggiunto, con una notevole intensità di produttività» conclude Lamberti. «L’accordo sindacale di cui siamo orgogliosi ha fatto sì che i nostri lavoratori non perdessero nulla di quanto è stato oggetto del periodo di cassa integrazione. Inoltre, non c’è stato alcun esubero; più che altro la cassa integrazione è stata uno strumento determinante per l’attuazione di una strategia dell’azienda che tra due anni celebrerà i suoi primi sessant’anni di storia, guardando sempre al futuro».

La gestione della commessa nell’era del 4.0

Interconnessione, automatizzazione, Cloud, sicurezza dei dati: la quarta rivoluzione industriale ha portato nuove sfide nella gestione della commessa. Ne parliamo con Gabriele Montanari di Edigit International.

Sono trascorsi quasi tre anni da quando è stato presentato il Piano nazionale Industria 4.0. Da allora il tasso di innovazione delle aziende italiane è costantemente cresciuto. Le opportunità poste in essere dagli incentivi e dalle agevolazioni rese disponibili dal legislatore continuano a essere raccolte anche dal mondo delle arti grafiche. «Il 2019, infatti, è partito così come era terminato il 2018, in termini di implementazione di sistemi collegati a Industria 4.0», spiega Gabriele Montanari, direttore generale di Edigit International. «Sicuramente, il fatto che gli incentivi per l’acquisto di macchine, attrezzature e software tutti collegati tra loro siano stati nuovamente prolungati rappresenta un segnale positivo per il mercato».

Le stesse soluzioni software fornite da Edigit usufruiscono del super ammortamento. «Una condizione per usufruire dell’iperammortamento per l’acquisto di attrezzature e di macchine è il fatto che queste siano interconnesse al sistema gestionale dell’azienda. Il software», sottolinea Montanari, «diventa la condizione sine qua nonper ottenere tale incentivo».

Per Edigit si è così aperto uno scenario estremamente positivo. «Di fatto, abbiamo avuto l’opportunità di aiutare le aziende nell’interconnessione delle macchine. A loro volta, i clienti hanno conseguito un beneficio non solo in termini fiscali ed economici, ma anche organizzativi. Infatti, ora dispongono della possibilità di rilevare i tempi delle attrezzature, analizzandole attraverso i Big Data per capire quali siano le più performanti. Al tempo stesso, si possono individuare quali siano i prodotti che offrono maggiore marginalità. Non ultimo, grazie a queste informazioni, diventa più semplice prendere decisioni strategiche per la propria azienda».

In virtù di tali premesse, il paradigma di Industria 4.0 per Edigit non è solo un’opzione, ma un vero e proprio orizzonte strategico, ormai. «Il tema dell’interconnessione con le macchine ha fatto sì che sviluppassimo una buona parte dei nostri strumenti con l’obiettivo di collegarci alle attrezzature e ai workflow attualmente in commercio. Praticamente, abbiamo realizzato interconnessioni con macchine dotate di qualsiasi tecnologia di stampa, sia tradizionale che digitale».

La commessa vola sulla nuvola

Un impegno, questo, che ha alimentato in casa Edigit lo sviluppo di nuove competenze. «In molti casi, questo percorso ci ha spinto ad analizzare una serie di attrezzature che i nostri tecnici conoscevano meno, per riuscire a interconnetterle nel nostro sistema. A livello di sviluppo abbiamo indubbiamente alzato l’asticella: infatti, il nostro centro di sviluppo, composto da otto persone, ha lavorato molto a livello di crescita del software e di interconnessione di macchina».

Per rimodernizzare i software, il centro di sviluppo di Edigit sta lavorando con particolare attenzione sulle applicazioni web e .Net. «L’obiettivo è di offrire ai clienti strumenti sempre più all’avanguardia, che siano al tempo stesso innovativi e semplici da utilizzare. I nostri software sono proiettati anche per un utilizzo sul Cloud. Entro un paio di anni dovremmo riuscire ad avere una piattaforma completa basata su tecnologia .Net».

Il tema del Cloud porta alla ribalta la questione della sicurezza dei dati. «Si tratta di un tema molto delicato e importante», conferma Montanari. «Internamente abbiamo seguito un percorso preciso per essere in regola con la normativa GDPR; del resto a maggio sono iniziati i controlli sulla parte della privacy. Sicuramente, il discorso dell’adeguamento del nostro software a tale normativa è un altro tema delicato che abbiamo affrontato. Avere applicazioni in Cloud e strumenti hardware remoti per contenere i database o per l’utilizzo del software fa sì che il tema della sicurezza sia demandato a una società terza: l’appoggiarsi a una struttura esterna che faccia da Cloud per i servizi di sicurezza, backup e ripristino rappresenta un beneficio, dal momento che i dati sono più sicuri in una piattaforma sulla nuvola che internamente all’azienda, se non investendo in grosse infrastrutture sistemistiche».

L’esperienza di questi anni, caratterizzati dall’introduzione del paradigma 4.0, sta mostrando a Edigit che i clienti sono molto attenti a quanto di nuovo arriva dai fornitori di strumenti e tecnologie. «Posso dire che in tutto questo periodo di Industria 4.0», prosegue Montanari, «ho conosciuto diverse aziende che, per merito delle opportunità aperte dal Piano nazionale, hanno effettuato degli investimenti che non pensavano di fare, modernizzando le attrezzature e ampliando il parco macchine. Altre aziende ancora, poi, essendo già Industria 4.0 e acquistando macchine interconnesse, hanno usufruito dell’iperammortamento come conseguenza di una riorganizzazione aziendale».

A sua volta, per essere competitiva nello scenario 4.0, Edigit è molto attenta al tema della formazione interna, «sempre legata al nostro sistema e ai processi interni dell’azienda cliente, per ottenere, attraverso la business intelligence, quelle informazioni che servono in maniera strategica agli imprenditori per prendere le decisioni».

Parola d’ordine: automatizzare

Alla luce del paradigma di Industria 4.0, il tema della gestione della commessa, per quanto riguarda la stampa tradizionale, vede emergere alcuni temi particolarmente caldi. «Per la gestione della commessa si tende a volere il più possibile una procedura automatizzatae a far girare meno carta possibile», spiega Montanari. «La possibilità di consultare la commessa in tempo reale all’interno del software in più reparti contemporaneamente, soprattutto in quelli dedicati alla prestampa e alla stampa, rappresenta un vantaggio molto apprezzato dagli utenti. Si pensi anche alla possibilità di monitorare e controllare la commessa in tutte le fasi di lavorazione grazie ad un pannello di avanzamento, tra l’altro non solo le fasi operative, ma anche quelle legate al controllo qualità».

Cosa cambia, invece, per le aziende grafiche impegnate ad affrontare le molteplici richieste di piccole tirature? «Dal nostro punto di vista», sottolinea Montanari, «la stampa digitale deve essere automatizzata per quello che riguarda tutta l’impiantistica, nel senso che uno o più ordini di basse tirature vanno ottimizzati innanzitutto come messa in macchina, ragione per cui il software deve aiutare nella programmazione e nella scritturazione dei lavori».

Non mancano, inoltre, diversi esempi di aziende di stampa digitale che si sono ampliate o diventate web-to-print puri. «In questa ottica, proponiamo un prodotto web-to-print che è anche un e-commerce: gli utenti finali hanno la possibilità di fare ordini e i nostri clienti di aprire le commesse inserendo direttamente i dati di produzione. Tuttavia, consideriamo il web-to-print e soprattutto l’e-commerce più utili per fidelizzare i clienti che già si hanno, anziché come strumenti per ricercarne di nuovi, dal momento che in questo ambito ci sono dei player importanti con cui diventa molto difficile misurarsi. Semmai, vediamo meglio il web-to-print e l’e-commerce come strumenti utili per i propri commerciali, per fare girare gli ordini dei clienti direttamente su un portale web automatizzandone la raccolta».

Il packaging prende il largo

Il fronte che attualmente vede maggiormente impegnata Edigit, tuttavia, è in realtà il packaging. «Ultimamente le nostre vendite, circa otto su dieci, sono maggiormente in ambito packaging e stampa etichette», sottolinea Montanari. Un dato che riflette una evidente tendenza del mercato. «Molte aziende di stampa tradizionale si sono spostate sul packaging rigido-flessibile, quindi sulla stampa sia di etichette sia di prodotti cartotecnici, perché si tratta del mercato che ha sentito meno la crisi e il calo di prodotti stampati. Per questo motivo, le aziende che si sono portate verso le soluzioni di packaging sono cresciute molto in termini di fatturato. Questo ha fatto sì che anche noi, per quanto riguarda il software, abbiamo sviluppato tutta quella parte che serve per la gestione del packaging».

Tendenzialmente, le aziende che operano nel packaging hanno un background tradizionale e si sono spostate in questo settore dopo avere rinnovato i propri processi interni o avere acquisito un’azienda, spiega lo stesso Montanari. «I nostri software sono sviluppati per gestire entrambi gli ambiti, non solo quello tradizionale: ad esempio, per quanto riguarda il packaging, abbiamo gestito in maniera molto più razionale l’archivio fustelle e abbiamo creato delle schede legate ai prodotti di etichette, tutte parti integrate nel nostro sistema. Anche nella schedulazione, naturalmente, teniamo conto del fatto che ci possono essere fustelle e colori pantone molto più specifici per quanto riguarda la stampa del packaging, tutte iniziative che ci hanno portato a fare delle modifiche sostanziali all’interno del software».

Il futuro in tre parole

Industria 4.0, automatizzazione e Cloud sono i tre pilastri della commessa del futuro. «Probabilmente», analizza Montanari, «l’utilizzo dei software sarà sempre più in Cloud e saranno sempre più acquisiti con contratti a noleggio. Si utilizzeranno sempre più strumenti come l’acquisto del software in SaaS, ovvero più come servizio, sostanzialmente per non avere il sistema in casa. Anche l’utilizzo della commessa sarà in remoto, dato che, avendo la piattaforma in Cloud, essa è usufuibile ovunque ci si trovi».

Per quanto riguarda, invece, il futuro “personale” di Edigit, gli obiettivi sono presto detti. «Per quanto riguarda gli sviluppi», conclude Montanari, «l’obiettivo è quello di completare, nel minore tempo possibile, quelli in corso sulle piattaforme web e .Net. Inoltre, più avanti, guarderemo ai mercati esteri. La presenza a drupa ci permetterà di capire se sia già il caso di cercare delle partnership per la rivendita dei nostri sistemi al di fuori dei confini nazionali».

IL CONFRONTO CON L’ESTERO

Attualmente, il grosso del parco clienti di Edigit è attivo in Italia, dove le installazioni sono oltre 1400 con 5670 utilizzatori dei sistemi dell’azienda bolognese. «All’estero», spiega Montanari, «abbiamo effettuato qualche vendita in seguito a una nostra partecipazione a drupa. Tuttavia, finora non ci siamo mai spinti oltre i confini nazionali cercando una struttura per rivendere i nostri prodotti, obiettivo che inseguiremo nei prossimi anni».

Per quanto riguarda il software, Edigit si confronta con l’estero partecipando alle fiere. «Quello che vediamo è che noi, come italiani, cerchiamo di soddisfare sempre le richieste dei clienti nelle loro problematiche. All’estero i software sono più rigidi ed è difficile che ci siano delle personalizzazioni legate al singolo cliente. La nostra forza, perciò, è la flessibilità per soddisfare le singole richieste dei clienti. Molto spesso sono proprio le procedure interne dell’azienda a portare alla richiesta di automatismi o di qualche processo aggiuntivo».

Ricoh ha acquisito DocuWare

David Mills, Corporate Senior Vice President, Ricoh Company Ltd.

Ricoh rafforza la propria offerta per il Digital Workplace acquisendo DocuWare, azienda che fornisce servizi per la gestione dei documenti e delle informazioni aziendali.

Con sedi principali in Germania e negli Stati Uniti, DocuWare fornisce soluzioni per il document e workflow management, in modalità cloud e on premise, a oltre 12.000 clienti in 90 Paesi del mondo avvalendosi di una rete di 600 partner.

David Mills, corporate senior vice president, Ricoh Company Ltd, commenta: «Il nostro obiettivo è rafforzare l’offerta dedicata alle aziende che vogliono realizzare ambienti di lavoro digitalizzati. C’è una forte richiesta da parte dei nostri clienti di massimizzare il valore dei documenti e dei contenuti aziendali per supportare la crescita del business. L’accordo con DocuWare, leader nel mercato dei content services basati sul cloud, rappresenta un passo molto significativo per riuscire a soddisfare sempre meglio queste esigenze. Ora siamo in grado di fornire ulteriori funzionalità agli attuali clienti e alle aziende che ci sceglieranno in futuro».

La partnership tra  le due aziende è di lunga data e Ricoh da tempo propone i software DocuWare ai propri clienti. David Mills aggiunge: «DocuWare consente alle aziende di ridurre i costi per la gestione dei processi e le tempistiche per il loro svolgimento. Inoltre, elimina gli errori dovuti ad interventi manuali e, aspetto ancora più importante, ottimizza l’efficienza aziendale. Ricoh aiuta le aziende a realizzare ambienti di lavoro digitali. Ciò significa collegare persone e informazioni in modo più rapido ed efficiente, migliorando la comunicazione e la creatività. La sinergia tra Ricoh e DocuWare va in questa direzione. DocuWare opererà come una sussidiaria di Ricoh, per cui ci impegniamo a mantenere ed espandere il programma di partnership già in essere e a investire nello sviluppo di nuovi prodotti. Mediante Ricoh Smart Integration, DocuWare si interfaccia con la nostra gamma di multifunzione intelligenti IM C offrendo alle aziende un modo semplice e sicuro per dematerializzare i documenti e integrarli in flussi di lavoro digitali».

Ricoh investe nei servizi per il Digital Workplace sia attraverso una crescita organica sia attraverso acquisizioni. L’acquisizione di DocuWare è in linea con la strategia di Ricoh volta a rafforzare l’offerta per la trasformazione degli ambienti di lavoro. L’acquisizione di DocuWare dovrebbe perfezionarsi nel corso dell’estate 2019, appena ottenuta l’autorizzazione delle autorità garanti della concorrenza di Germania e Austria e una volta completate le procedure previste.

Il packaging in farmacia è chiaro, sicuro, funzionale

Da sempre i prodotti farmaceutici necessitano di confezioni affidabili, capaci di tutelare la sicurezza e la qualità del contenuto. E oggi che i farmaci diventano biotecnologici, il packaging è interattivo, mentre per contrastare la contraffazione la normativa internazionale confida nella serializzazione.

Il settore farmaceutico presenta diverse sfaccettature: comprende dosaggi e consistenze differenti (solidi, polveri, sospensioni, gocce, liquidi), nonché categorie commerciali diverse (farmaci personalizzati salva-vita, farmaci etici acquistabili solo con ricetta, farmaci da banco SOP – senza obbligo di prescrizione – non pubblicizzabili, prodotti OTC – over the counter – pubblicizzabili, dispositivi medici e molto altro ancora).

Tale complessitàaumenterà con l’affermarsi di nuovi modelli di assistenza sanitaria personalizzata e con le nuove terapie biotecnologiche.

Nuovi intrecci tra logistica e packaging

I farmaci biotecnologiciagiscono su una specifica struttura della cellula (una proteina, un recettore, una sequenza di DNA), riducono gli effetti collaterali della cura e, essendo costruiti sulle necessità del paziente, aumentano l’efficacia della terapia. Sono sintetizzati attraverso procedure di DNA ricombinate, spesso partendo da proteine del fruitore modificate in laboratorio. Sono prodotti personalizzati e termosensibili: prevedono quindi una catena logistica che rispetti la tracciabilità del prodotto e che tenga sotto stretta sorveglianza la temperatura di stoccaggio e trasporto. La consegna deve avvenire con mezzi refrigerati, inserendo le confezioni in contenitori isotermici. Questi ultimi saranno gli imballaggi a rendere cui applicare le tecnologie GSP e IoT (internet delle cose) che permetteranno di tracciare costantemente il medicinale e la sua temperatura. Si tratta quindi di un packaging che non solo tutela il prodotto, ma diventa il mezzo per verificarne la conformità.

Anche la personalizzazione del farmaco avrà un rilevante impatto sulla organizzazione della produzione, del confezionamento e della filiera logistica nazionale e internazionale. Oggi l’azienda farmaceutica produce o fa produrre grandi lotti di farmaci a dosaggio stabilito, gli imballaggi riportano i dati previsti dalla legge in vigore nel mercato di destinazione, il prodotto è spedito e stoccato in attesa di richieste da parte di distributori. L’andamento delle scorte è in balia della volatilità della domanda e la probabilità di una rottura di stock o che il farmaco superi la data di scadenza senza essere distribuito è relativamente alta.

In questo secondo caso il prodotto deve essere distrutto. Se tale attività non è sorvegliata cresce il rischio di furti, riconfezionamenti e di immissione del prodotto scaduto in circuiti illegali.

Alcune aziende ritengono che questo rischio/spreco possa essere gestito stoccando nei magazzini dei propri stabilimenti imballaggi primari (film plastici, foils) e secondari (etichette, astucci, bugiardini) neutri, da stampare, con le diciture previste dal mercato di riferimento, solo al momento dell’ordine. Il prodotto è confezionato e spedito al richiedente nelle quantità di volta in volta necessarie. La complessità del magazzino imballaggi e del magazzino prodotto finito si riduce, rendendo più difficili le attività illegali. Gli investimenti iniziali sono elevati, ma, a regime, migliora l’efficienza di filiera, si riducono costi, scarti, rilavorazioni e si soddisfa la richiesta di riduzione degli sprechi e di attenzione alla sostenibilità caldeggiate dal legislatore.

 

Una sostenibilità particolare

Il punto focale della filiera del farmaco è la salute del paziente. Qui, più che in altri settori, un imballaggio che non mantiene le promesse, ossia non protegge il prodotto dagli agenti esterni, pecca in sostenibilità, indipendentemente dal fatto di essere riciclabile o, nel caso degli imballaggi secondari o terziari, ottenuto da materiale riciclato.

Lo stesso dicasi per un intervento in chiave ecologica su un materiale (sgrammaturae utilizzo di imballaggi meno performanti) che possa pregiudicarne la sicurezza al punto da esporre per lunghi periodi gli operatori di linea al contatto con principi attivi potenzialmente pericolosi per la salute. È chiaro che, in queste circostanze, sostenibilità e savingdevono essere perseguiti con altri mezzi. Non essendo facile migliorare la sostenibilità di un packaging di prodotti che devono rispondere a elevati standard di efficacia, sterilità e sicurezza, ricercatori farmaceutici e progettisti di packaging hanno optato per soluzioni focalizzate sulle modalità di rilascio del principio attivo: forme farmaceutiche a rilascio modificato (ritardato, ripetuto, prolungato, controllato), cerotti a rilascio graduale, dispositivi impiantabili sottocute a rilascio controllato.

Lo spreco si evita anche progettando confezioni che facilitano l’aderenza al protocollo terapeutico, riportando, per esempio, un messaggio di promemoria e un timer che ricordano ai pazienti l’ora in cui prendere la pillola o, ancora, un codice QR, stampato sulla copertina interna della confezione, che consente di accedere via smartphoneal bugiardino in formato digitale o a informazioni aggiuntive sulle caratteristiche del prodotto. Il codice QR non è una novità, era finora stato usato più come strumento pubblicitario che come mezzo per informare di più e meglio il consumatore. Molte aziende l’hanno preferito alle App difficilmente gestibili dagli utenti meno abili nell’uso degli smartphone. L’evoluzione potrebbe presto essere uno smart packaging che ricorda al paziente di prendere il farmaco, monitora e registra i dosaggi assunti trasmettendoli direttamente al medico curante.

La personalizzazionedei farmaci avrà un impatto considerevole in produzione, imporrà frequenti fermo macchina per modificare il dosaggio dei principi attivi, il numero di compresse da inserire nei flaconi e altro ancora.

I tempi morti indurranno i produttori a riflettere sulla gestione della propria attività in termini di recupero di efficienza, risparmio di energia, acqua, aria, ottimizzazione nell’impiego delle utilities (riscaldamento, areazione forzata, condizionamento degli ambienti di lavoro e stoccaggio).

Grafica a prova di medication error

Il medication error è un difetto delle fasi del processo terapeutico che può provocare un danno potenziale o reale al paziente. Per processo terapeutico si intende la prescrizione di un farmaco, la compilazione di una ricetta o la trascrizione della terapia sulla cartella clinica in caso di una persona ospedalizzata o ospite di una struttura, la preparazione del prodotto se prevista, l’assunzione e il monitoraggio dei risultati della cura. La definizione non specifica i ruoli dell’azienda farmaceutica, del personale sanitario, del paziente o a chi spetta prevenire l’errore; dà per scontato che ogni soggetto coinvolto in questo processo debba adottare misure per evitarlo. Gli errori possono avvenire per difetto di conoscenza (somministrazione del farmaco a un soggetto allergico), per dimenticanza, per azioni sbagliate (si somministra un farmaco diverso da quello prescritto perché i nomi o le confezioni sono molto simili). Un packaging correttamente progettato contribuisce a prevenire gli erroriche coinvolgono i cosiddetti farmaci LASA (look/alike and sound/alike), vale a dire prodotti che possono essere scambiati gli uni per gli altri per via della somiglianza fonetica e/o grafica del nome, delle etichette o della confezione.

Non esistono statistiche ufficiali sull’incidenza di tali errori, ma gli eventi reperibili in letteratura testimoniano gravi danni ai pazienti. Uno dei presupposti della progettazione del packaging farmaceutico è l’adozione di criteri che rendano la comunicazione chiara, sicura ed efficace. I principali utilizzatori dei farmaci sono persone con alterate facoltà percettive a seguito della malattia o a causa dell’età avanzata. Devono essere in grado di riconoscere la confezione(meglio quindi adottare confezioni e formati diversi, specifici per ogni prodotto e dosaggio), comprendere le informazioni rilevanti (nome del prodotto, dosaggio, forma farmaceutica) espresse nella lingua del mercato di destinazione del farmaco e riportate anche in Braille, a beneficio di non vedenti o ipovedenti. Le linee guida internazionali consigliano di ripetere le indicazioni rilevanti su almeno tre lati della confezione, senza sovrapposizioni con immagini, senza interferenze con informazioni meno rilevanti per esempio loghi, codici a barre o altro.

Le altre informazioni obbligatorie, ma non rivolte all’utilizzatore, come il codice di autorizzazione del prodotto e il lotto, devono essere sul retro o su un lato della confezione. È preferibile orientare l’intero testo in un’unica direzione, prendendo a riferimento il fustellato steso e creare continuità tra gli stili grafici della confezione primaria, secondaria, foglietti illustrativi ed etichette. Stante il target di utilizzatori, è necessario scegliere con attenzione i font, evitando i condensed, il maiuscoletto, il ridimensionamento verticale o orizzontale dei caratteri e tutte le condizioni che possano distorcere la proporzione delle forme.

Importantissimi sono anche le dimensioni dei caratteri, la spaziatura tra righe, parole, caratteri.

Evitare gli a-capo, la sillabazione, il giustificato, i testi a bandiera errata (a cuneo); creare sempre un buon contrasto tra sfondo e scritte. Per i farmaci iniettabili multi dose, indicare il dosaggio solo come unità per ml (unità/ ml) o mg per ml (mg/ml).

Nelle confezioni che riportano bande colorate, un avveduto utilizzo degli spazi bianchi aiuta ad enfatizzare le informazioni di maggior rilievo. Talvolta un eccessivo utilizzo del colore può trasmettere una percezione falsata del prodotto, inducendo a pensare che si tratti di un integratore o di un prodotto di confetteria venduto in farmacia.

Da più parti si auspica la compilazione e l’adozione di un codice cromatico internazionaleda utilizzare in funzione della classificazione anatomico terapeutica dei farmaci. In attesa di tale decisione è importante che il contrasto testo sfondo esalti la leggibilità. Le etichette di fiale o flaconi devono avere dimensioni tali da poter riportare, in modo chiaro e completo, tutte le indicazioni essenziali: nome del prodotto, principio attivo, dosaggio e forma farmaceutica. La grafica del bugiardino deve essere impostata in modo tale da attirare lo sguardo sulle indicazioni più rilevanti: tipo di farmaco, dosaggio, indicazioni terapeutiche e controindicazioni. Ogni azienda farmaceutica assegna alle specialità medicinali nomi di fantasia: alcune evocano il nome del principio attivo, della patologia che sono destinati ad alleviare o l’azione esplicata. Le assonanze (nomi simili per farmaci del tutto diversi) favoriscono gli errori terapeutici. Per prevenirli, le linee guida internazionali raccomandano alle aziende farmaceutiche un’attenta consultazione degli elenchi dei nomi dei farmaci esistenti, al momento della creazione di uno nuovo prodotto.

La data di scadenza deve essere facilmente visibile, per grafica e grandezza del carattere e riportata sia sull’imballaggio primario, sia sull’imballaggio secondario. Le indicazioni delle forme di somministrazione devono sempre essere espresse in forma positiva per esempio «somministrare per via…». A una lettura frettolosa le negazioni potrebbero essere fraintese.

Alcune inusuali modalità di somministrazione, soprattutto nel caso dei farmaci di automedicazione, possono richiedere una dettagliata spiegazione. Per i prodotti prevedono avvertenze per un utilizzo sicuro, le indicazioni devono essere ben in vista sul fronte della confezione.

La serializzazione: vantaggi e svantaggi

Il numero di Paesi che richiedono la serializzazione delle confezioni dei farmaci è in costante aumento. Nell’Unione Europea l’obbligo per i farmaci soggetti a prescrizione medica è in vigore dal 9 febbraio 2019, in applicazione della Direttiva n° 62/2011/UE (FMD – Falsified Medicine Directive) e dei relativi atti delegati del 9 febbraio 2016 che prevedono, oltre alla serializzazione, registrazione sul sistema UE, verifiche da parte di grossisti e farmacie, adozione di sistemi antimanomissione sulle confezioni. Italia, Grecia e Belgio, (per quanto riguarda il mercato nazionale, fruiscono di una deroga fino a febbraio 2025) hanno già attivo un sistema anticontraffazione. La deroga non vale per i farmaci prodotti dai tre suddetti Paesi e destinati all’export nel mercato UE.

Gli obiettivi della norma UE sono chiari: facilitare il controllo sui farmaci immessi in commercio, sulla gestione dei farmaci scaduti, revocati, ritirati dal commercio o trafugati. Il sistema permette di monitorare in modo efficiente e senza soluzioni di continuità il flusso dei prodotti, verificarne l’autenticità e ridurre il rischio di contraffazioni.

La serializzazione è l’assegnazione di numeri univoci tracciabiliad articoli o unità di vendita. Il sistema di codifica è armonizzato in tutta Europa: si compone di un codice 2D (data matrix – machine readable) conforme allo standard GS1, di dimensioni 18×18 mm, affiancato da dati in chiaro. L’identificativo univoco contiene quattro informazioni base: codice del prodotto, numero seriale creato da un algoritmo dedicato, numero di lotto, data di scadenza. Qualora il produttore lo ritenga opportuno o la normativa nazionale lo imponga, potrebbe essere aggiunto il codice per accedere al rimborso da parte del sistema sanitario nazionale. I dati sono gestiti dallo European Medicines Verification System e dai National Medicines Verification Systems, i corrispondenti archivi dei Paesi dove il farmaco è commercializzato. I codici univoci sono caricati sul sistema UE, che trasmette i dati al sistema nazionale dove le singole confezioni saranno vendute. Al momento della vendita, il farmacista verifica l’autenticità della confezione e disattiva l’identificativo univoco, segnalando al sistema che la confezione non è più in commercio. Nel sistema di controllo è quindi coinvolta l’intera filiera.

La scelta del sistema antimanomissione, ora obbligatorio per legge, è lasciata al produttore. Il farmacista dovrà controllarne l’integrità e non vendere il farmaco in caso di anomalie. L’adeguamento alla normativa ha chiesto alle aziende un notevole sforzo economico. La grafica degli imballaggi secondari (prevalentemente astucci) è stata ripensata, per comprendere il codice 2D e le relative informazioni in chiaro. Tradizionalmente i dati identificativi sono riportati sul fianco delle confezioni e in alcuni casi si è dovuta modificare la fustella per aumentare la profondità dell’astuccio. Queste modifiche hanno avuto ripercussioni sulle dimensioni di cartoni imballo, fardelli, schemi di bancalatura, saturazione dei bancali e ottimizzazione dei carichi. Le aziende hanno rinnovato i sistemi di stampa dei dati variabili, in quanto la serializzazione non ammette errori di stampa o difficoltà di decodifica. Il controllo al 100% avviene in linea, prima dell’inserimento delle confezioni nei cartoni o della formazione dei fardelli.

A ciò si è aggiunto, soprattutto per le aziende più piccole, un altrettanto rilevante investimento in IT, per migliorare la gestione dei dati.

La prova colore: i benefici superano i costi

Irrinunciabili per molte applicazioni, le prove colore rappresentano anche un importante riferimento giuridico. Tuttavia, molto resta da fare per innalzare la cultura degli utenti finali sul tema.

«La prova colore per noi è un riferimento, non potremmo farne a meno». Con questa frase netta Andrea Mari, responsabile prepress di Rotolito, sottolinea l’inestimabile valore di questa prassi per la sua azienda e per l’intero mercato. «Ottenere la stessa qualità di un catalogo stampato già da noi in precedenza, non è possibile per via dell’ossidazione degli inchiostri. Inoltre, la prova colore ha valenza legale: non si può contestare un lavoro stampato se non sono state fornite dal cliente prove colore certificate specifiche per il tipo di carta e il tipo di attrezzatura che saranno usate per la produzione».

Per Rotolito le prove colore sono fondamentali, «al punto che tendiamo a farle di nostra iniziativa nel caso in cui non ci vengano fornite dal cliente», prosegue Mari, «perlomeno per assicurare un riferimento di stampa sulla linea di inchiostrazione».

Lo scenario

Molti clienti associano il concetto di prova colore a maggiori costi da affrontare. «Per risparmiare, magari come alternativa, ci chiedono di andare in densità, ma i risultati sono inferiori. A nostra volta, in passato abbiamo fatto anche test con il soft proofing; tuttavia, mettendo un monitor calibrato a bordo macchina, questo fa vedere al massimo quattro pagine per volta, qualcosa di ben differente dall’avere tutta la distesa di prove colore. Dal momento che l’operatore non era posto nella condizione ottimale, si è deciso di fare un passo indietro su questo versante».

Anrea Mari ha a che fare con le prove colore da tre lustri esatti. «Ho iniziato a occuparmi di prove colore e delle relative normative già nel 2004; all’epoca c’era poca consapevolezza sui vantaggi derivanti dal loro utilizzo. Oggi si è consci di dovere utilizzare profili diversi per tipi di carta diversi, ma spesso per i clienti più piccoli è diventata una questione di contenimento dei costi. Il problema non si pone per clienti più grandi che richiedono volumi molto elevati di stampati e che ci forniscono tutte le prove colore, con delle rare eccezioni di clienti che vorrebbero che la stampa fosse identica alle prove colore, ma ciò è impossibile dato che il matching è dell’87%. C’è la tendenza a ritenere le prove colore solo un costo, mentre per noi sono irrinunciabiliper garantire al cliente la massima qualità e anche per evitare possibili contestazioni. È un servizio che normalmente offriamo, certamente non per lavori al di sotto di un numero minimo di copie».

Ci sono, tuttavia, applicazioni per le quali la prova colore può essere considerata un elemento irrinunciabile. «È il caso delle riviste di moda e dei cataloghi di prodotti dove ci sono tantissime variazioni di colori. Abbiamo stampato recentemente un catalogo di abbigliamento per il lavoro e, per il nostro cliente, era fondamentale che si vedessero distintamente tutte le varianti di colore. Lo stesso libello qualitativo vale per le aziende che producono utensileria, caschi per le moto, mobili e illuminotecnica».

Tra norme e vantaggi

Inoltre, anche in questo ambito, vi sono alcune normative in supporto che regolano il modus operandi delle imprese grafiche. «La normativa Fograabbraccia tutte le questioni: di base ogni profilo deve essere utilizzato per il tipo di carta specifico, questo perché il comportamento delle macchine da stampa varia secondo il tipo di carta».

Oltretutto, sottolinea Mari, nel confronto tra benefici e costi, in realtà la bilancia pende sicuramente a vantaggio dei primi. «Lavoriamo per l’80% con editori che ci forniscono anche direttamente la carta: con le prove colore si hanno meno scarti. Inoltre, le prove colore ci permettono di sapere benissimo quello che vuole il cliente; abbiamo 24 macchinisti e altrettanti operatori di affiancamento che lavorano su tre turni, chiaramente non si può delegare all’occhio di un operatore, seppure molto competente, la volontà del cliente. Viceversa, con la prova colore il risultato è lì, immediato, non è necessaria alcuna interpretazione da parte di nessuno. Si tenga presente, infatti, che ogni macchina è diversa e, a parità di densità, potremmo avere due risultati differenti. Con le prove colore si riescono a raggiungere gli obiettivi prefissati: ad esempio, ci sono delle lavorazioni con delle bandine di stile con colori diversi che aiutano ad avere per tutta la tiratura lo stesso colore. In definitiva, si ottiene nel complesso un risparmio di denaro e di tempo, dato che il macchinista e l’aiutante, avendo sotto gli occhi dei risultati evidenti, non devono dilungarsi in ragionamenti e valutazioni. Quindi, se nell’immediato i costi sembrano più alti, a consuntivo si ottiene un risparmio, senza considerare i vantaggi in termini di risultati finali: si pensi, ad esempio, al caso della comunicazione pubblicitaria, dove il cliente ha in mente un colore ben preciso e, senza le prove colore, potrebbero nascere facilmente dei contenziosi».

Le sfide per lo stampatore

Per Rotolito la sfida risiede fondamentalmente nel rapporto con il cliente, nel farsi consegnare ciò che effettivamente serve. «Sia nella gestione dei file sia nella produzione della prova colore sappiamo perfettamente che cosa chiedere al cliente, anche se spesso non è facile ottenerlo in quanto in molti non hanno livelli di competenze analoghe alle nostre. Per il resto, si tratta di processi automatizzati:quando giunge il PDF in ingresso, lavoriamo secondo il profilo della carta e, di conseguenza, in modo automatico si attiva tutta la filiera».

Le richieste di Rotolito al cliente sono, perciò, precise. «In base alla tecnologia di stampa, ad esempio se rotativa o piana, e in base al tipo di carta, chiediamo di elaborare i file e di fare le prove colore secondo un profilo specifico. Anche perché, legato a questi temi, vi è la coprenza di inchiostro che è altrettanto importante, dato che sulla carta patinata opaca non si può andare con la medesima coprenza di inchiostro con cui si andrebbe su una patinata lucida. Così facendo, infatti, soprattutto in rotativa, dove le segnature escono già piegate, queste si sporcano. Seguire la norma che studia il comportamento delle carte è efficace per un discorso di processo di stampa. Si consideri che varia anche la quadricromia per ogni tipo di macchina».

Gli aspetti da valutare, insomma, sono molteplici, di qui il valore assegnato da Rotolito alla formazione dei propri operatori. «Seguiamo sempre corsi di aggiornamentoche normalmente vedono coinvolti il responsabile di reparto e la persona a lui più diretta nella gestione del reparto stesso», rimarca Mari. «Successivamente, quanto appreso viene condiviso con gli altri operatori e con i turnisti. Siamo un’azienda certificata ISO e, per mantenere in essere le certificazioni, abbiamo incaricato una società esterna che periodicamente svolge attività di indagine con lo scopo di verificare che tutte le procedure vengano messe in atto da tutti gli operatori».

La differenza tra Italia ed estero

Il tema certificazioni è un argomento verso il quale c’è molta attenzione soprattutto dai clienti esteri di Rotolito. «Una buona percentuale dei nostri clienti, circa il 40%, è situato all’estero con una buona predominanza di clientela dalla Francia e dall’Inghilterra. Sono soprattutto loro a richiedere le certificazioni. I clienti italiani dimostrano una minore attenzione alle normative relative alla gestione del colore; se ci forniscono prove colore, spesso, per comodità, hanno tutte lo stesso profilo. In questo modo si rischia di compromettere il risultato qualitativo finale, ed è per questo che noi interveniamo con il rifacimento delle prove colore. I nostri clienti esteri sono molto attenti alla qualità e al rispetto delle normative sul lavoro e spesso, in fase di produzione, inviano i loro ispettori a visionare che il lavoro venga effettuate in base alle norme in vigore. Ecco perché riteniamo che oggi, per operare in modo competitivo sul mercato, per noi è decisivo essere all’avanguardia e certificare i processi produttivi. Di conseguenza, cerchiamo di mantenere alto il discorso delle prove colore, perché abbiamo visto che garantiscono ottimi risultati, il cliente è soddisfatto e le contestazioni sono a zero».

Lunga vita alla prova colore

Su queste basi, il futuro sorride alle prove colore. «Credo», conclude Mari, «che potranno essere evitate solo lavorando con dei file preparati con tutti i criteri del caso e tramite sistemi di conversione verso le macchine, affinché possano essere interpretati in base alle caratteristiche di ognuna di esse. Abbiamo già provato a fare dei test in questa direzione, ma per ora abbiamo abbandonato il progetto sia per i costi che per la complessità dei software necessari. Nel corso degli anni, ho visto prima un calo della domanda di prodotti stampati, ma da un po’ le tirature stanno risalendo. Il futuro, perciò, non è così grigio e sicuramente si continuerà con le prove colore, dato che ancora oggi ci sono troppe diversità tra stampatori e macchine. Sicuramente, sarà necessario far crescere la consapevolezza della necessità e dei vantaggi della prova colore tra gli utenti finali».

UNA GUIDA INDISPENSABILE

Per Grafiche Antiga la prova colore è uno strumento fondamentale per mettere d’accordo i bisogni del cliente e, nel contempo, quelli degli stessi stampatori. «Da una parte il cliente chiede che il prodotto finito sia il più possibile simile a quello della prova colore e da parte nostra una guida attendibile in fase di avviamento macchina», spiega Amos Michielin, responsabile del reparto stampa della società di Crocetta del Montello, provincia di Treviso. «Tutto questo è permesso da una prova colore conforme alla certificazione Fogra, che mette in tranquillità sul risultato di stampa sia il cliente sia lo stampatore. Con un flusso di lavoro che è in grado di controllare la gestione dei profili di stampa, con la macchina di stampa in ordine secondo le specifiche della casa e con inchiostri secondo la norma ISO, solitamente non ci sono problemi nel replicare una prova colore.

Ciò che si sta perdendo oggi in modo significativo è che la carta ha un’influenza notevole sul risultato di stampae questo, a volte, interferisce significativamente sul risultato finale. Ecco perché il cliente deve essere accompagnato nel sapere valutare una prova colore con lo stampato offset».

Insomma, per Grafiche Antiga «le prove colore sono fondamentali per poter stampare in maniera coerentecon il risultato che il cliente si aspetta e, quindi», rimarca Michielin, «le prevediamo sempre». Tuttavia, le sfide non mancano, soprattutto una. «Le prove colore sono comunque fatte su supporti cartacei differenti dallo stampato, quindi lo stampatore deve saper interpretare quanto il cliente si aspetta e agire di conseguenza. Questa vale soprattutto per la stampa di qualità quando la corrispondenza con la prova deve essere imprescindibile per il risultato tonale come nella stampa dei cataloghi di mobili, moda, ceramica e lusso».

Da Xerox la stampante Baltoro HF Inkjet

Si chiama Xerox Baltoro HF ed è il nuovo sistema di stampa di produzione a fogli singoli che consente di stampare sia volumi elevati e lavori transazionali sia direct mail e cataloghi di alta qualità su un’unica stampante e con una elevata qualità immagine e produttività. Baltoro HF è il primo prodotto Xerox che utilizza questa piattaforma.

«Abbiamo progettato Baltoro HF sfruttando le migliori tecnologie inkjet iGen e High Fusion. Il risultato è una piattaforma rivoluzionaria che si estende all’ambiente della stampa commerciale e supporta la produzione di alta qualità con un livello economico simile alla stampa offset», ha affermato Tracey Koziol, senior vicepresident Global Offerings, Xerox. «Progettare e produrre Baltoro HF dal telaio al motore ci dà una maggiore capacità di far avanzare continuamente la piattaforma in un passo più veloce».

Con l’innovazione al suo core, Baltoro HF è l’unica stampante della categoria entry-level a utilizzare l’intelligenza automatizzata per ottimizzare e mantenere la qualità dei colori e delle immagini, oltre che ad auto-correggersi in tempo reale. L’intelligenza automatizzata del sistema, unitamente all’inchiostro High Fusion e alle testine a getto d’inchiostro Xerox High Fusion serie W, offre una vera qualità delle immagini ad alta definizione 1200 x 1200 dpi senza la necessità di condizionare li supporto cartaceo con soluzioni priming o pretrattamenti.

Da Konica Minolta il nuovo servizio di realtà aumentata genARate

genARate: questo è il nome dell’innovativo servizio di realtà aumentata targato Konica Minolta che cambia il modo di concepire la carta stampata. genARate consente ad agenzie o uffici marketing, ma anche stampatori commerciali di dare nuova vita alla carta, creando contenuti digitali accattivanti.

Non c’è bisogno di competenze specifiche o specialistiche per gli utilizzatori; la piattaforma di creazione delle animazioni è semplice. Basata su cloud Konica Minolta, genARate consente di aumentare la carta stampata (pagine di libri e riviste, biglietti da visita, poster, cartoline ecc…) con contenuti digitali come video, animazioni o modelli 3D. Lo strumento è intuitivo: l’aggiunta di oggetti digitali interattivi richiede pochi clic del mouse e l’intero processo creativo è reso semplice e veloce grazie all’interfaccia intuitiva di trascinamento della selezione. genARate include anche analisi integrate che misurano l’utilizzo dell’applicazione e il coinvolgimento degli utenti con i contenuti. Questo consente ad agenzie e stampatori di creare esperienze multimediali ricche ed emozionanti che incrementano il valore degli stampati.

Per i consumatori l’esperienza è altrettanto facile e intuitiva. Devono semplicemente scaricare dall’APP Store genARate di Konica Minolta sul loro smartphone o tablet. Dopodiché possono visualizzare e interagire con gli effetti virtuali semplicemente inquadrando l’immagine aumentata con il proprio dispositivo. Smartphone e tablet, infatti, riconoscono automaticamente l’immagine aumentata e mostrano gli effetti e le animazioni.

Facile da creare, facile da misurare, facile da provare. La realtà aumentata fornisce ad agenzie, uffici marketing e stampatori commerciali uno strumento in più per catturare l’attenzione dei consumatori e agli utenti un’opportunità per approfondire informazioni e contenuti in un modo fresco e coinvolgente.

«In un mondo saturo di informazioni, la battaglia per il coinvolgimento non è mai stata così agguerrita, soprattutto da quando le esperienze digitali interattive sono diventate più diffuse» afferma Christian Kiesewetter, responsabile Project Delivery & Operation di Konica Minolta Business Innovation Center Europe. «In questo panorama di media in rapida evoluzione, sarebbe facile credere che la stampa sia diventata meno preziosa nel marketing mix. In realtà, è vero proprio il contrario: le aziende possono utilizzare i materiali stampati per differenziarsi e diventare pionieri digitali. genARate non aumenta solo il valore della stampa, ma amplia le comunicazioni digitali integrandole perfettamente con le risorse stampate».

Si può scaricare genARate dall’APP store e provarla subito inquadrando una immagine Demo:

Le immagini demo sono sulla pagina del sito Konica a questo link.