Konica Minolta ha inaugurato in Europa una divisione per la stampa professionale, e Charles Lissenburg ne è stato nominato direttore generale. Lissenburg sarà alla guida dei team di fornitura di prodotti e soluzioni che serviranno a migliorare il valore e l’efficienza delle aziende di stampa commerciale e industriale.
Questa nuova divisione è stata costituita per rispecchiare la crescente importanza, per Konica Minolta, dei settori della stampa industriale e commerciale man mano che la strategia aziendale si orienta maggiormente verso il cliente e si sposta verso servizi marketing, software e cross-media tesi a portare le applicazioni di stampa a un nuovo livello.
«I mercati della stampa industriale e commerciale offrono enormi nuove opportunità, e noi cerchiamo di sfruttarle. Continuiamo a sviluppare le nostre esclusive linee d’azione nei mercati industriali e della stampa commerciale high-end, ma è fondamentale garantire ai clienti informazioni analitiche e strumenti di business che consentano di cogliere le nuove opportunità di mercato. La Professional Print Division intende espandere l’attività nella stampa digitale sfruttando le proprie tecnologie per rispondere alle esigenze di una produzione variabile, eterogenea, in piccoli quantitativi e con tempi di consegna ridotti, e proponendo soluzioni tese a migliorare l’efficienza delle attività di stampa» ha dichiarato Lissenburg.
Negli ultimi anni, Konica Minolta ha fatto notevoli passi avanti nei mercati industriali con il lancio della stampante a foglio a getto d’inchiostro UV AccurioJet KM-1 e del bizhub Press C71cf per la stampa di etichette on-demand nonché di altri importanti sviluppi nei settori della stampa professionale e del packaging.
Konica Minolta ha dichiaratamente l’intenzione di ripetere questo successo nei settori della stampa a colori per la media produzione e di acquisire la posizione leader nel mercato della stampa industriale. Applicazioni industriali chiave quali le etichette e il packaging sono al centro della ricerca di Konica Minolta, come lo dimostra lo sviluppo delle nuove tecnologie di stampa e le partnership con aziende quali MGI Digital Technology.
«Konica Minolta è per tradizione un’azienda leader mondiale nel campo della stampa industriale, grazie alla nostra straordinaria tecnologia a getto d’inchiostro che ci ha garantito la posizione d’eccellenza nel mercato tessile, e nella produzione di testine a getto d’inchiostro; basandoci su questo patrimonio, ora intendiamo ampliare ulteriormente la nostra offerta di soluzioni per la stampa industriale destinate a questo settore professionale in Europa. La nuova divisione è stata costituita per migliorare il supporto a queste attività mediante competenze, conoscenze e soluzioni d’avanguardia. Diamo il benvenuto a Charles, e alle sue notevoli competenze nel settore, in questa entusiasmante nuova opportunità che si presenta in un mercato in rapida evoluzione» sono state le parole di Indy Nakagawa, Presidente di Konica Minolta Business Solutions Europe GmbH.
Quando: martedì 24 ottobre 2017 dalle 19:00 alle 21:00
Dove: Istituto Artigianelli, via Benigno Crespi 10 – Milano (sede Acsg Associazione Culturale Studi Grafici)
In memoria di… Antonio Ghiorzo, il Cavaliere della Stampa Damm a trà… ti sì che te ve ben!
Stampatore, editore e giornalista che ha vissuto e saputo raccontare mezzo secolo di storia delle Arti Grafiche, ci ha lasciati l’11 gennaio 2011.
Numerose sono le sue pubblicazioni editoriali dedicate alla formazione e all’informazione nel campo grafico. Ma la sua opera più prestigiosa, presentata nel 1984 al Circolo della Stampa, resta l’Enciclopedia Grafica: scienza, tecnologia e arte della stampa pubblicata in quattro volumi.
Gli amici del mondo grafico vogliono ricordarlo insieme…
Programma dell’incontro
19.15 Ghiorzo… uomo, stampatore, editore, imprenditore
19.30 Tavola rotonda con ricordi e aneddoti di alcuni amici
20.00 L’evoluzione delle arti grafiche da Ghiorzo all’Industry 4.0
20.15 Antonio e l’impegno nella formazione grafica
20.45 Chiusura e buffet
Fabio Porchera, account manager di Kodak Italia e, con la maglietta verde, alcuni collaboratori del reparto prestampa dell'azienda.
«Le nostre tirature medie sono di 5.000 copie per la stampa a foglio, per quella rotativa si arriva anche a 500mila copie, soprattutto nel settore dei volantini per la grande distribuzione italiana e francese. Per i libri la tiratura media è di 5mila copie, perché il trend nel settore editoriale è stampare più titoli con tirature brevi. Per noi il mercato francese è molto importante, soprattutto in questo momento, perché anche in Francia hanno chiuso varie aziende grafiche, che comunque erano già di meno rispetto all’Italia, e quindi i francesi si rivolgono massivamente all’estero. Inoltre ci sono vari fattori che fanno sì che in Francia ci siano ancora grandi volumi: la popolazione è diffusa su tutto il territorio, quindi le grandi catene (alimentari e bricolage), richiedono grandi tirature, anche 8 milioni di volantini, quando in Italia invece se ne stampano meno della metà. In Francia anche il libro d’arte è molto apprezzato. In Italia comunque si legge, soprattutto romanzi, ma mancano iniziative per promuovere la lettura».
Le riviste stampate da Stige sono di vario genere: periodici per ragazzi, fumetti, per il settore sanitario e della cucina, o quello informatico o del giardinaggio, cioè riviste di nicchia. «Quello che si potrebbe migliorare in Italia è la distribuzione, che dovrebbe essere mirata, tenendo conto delle stagioni e dei flussi della popolazione, come avviene in Francia e Inghilterra». Stige è sempre stata attenta all’evoluzione del mercato, facendo investimenti mirati, presenziando il territorio per offrire il prodotto giusto al momento giusto e partecipando alle fiere editoriali in giro per il mondo.
Stige utilizza le lastre Kodak Electra XD e produce 120mila m2 di lastre in un anno, i CtP sono tre: Magnus 800 MCU, Magnus VLF MCU, Trendsetter VLF; il flusso di lavoro è gestito da Kodak Prinergy. «Con Kodak si è sviluppato nel tempo un rapporto di fiducia, nato anche grazie alla competenza tecnica dei venditori, che non solo garantiscono interventi rapidi in caso di necessità, ma forniscono anche una consulenza tecnica fondamentale. La qualità Kodak è proprio quella che fa per noi: dal momento che abbiamo l’abitudine di termoindurire tutte le lastre, il fatto che le lastre Kodak siano monostrato ci permette di avere una tenuta di stampa migliore. Inoltre Kodak è riuscita a garantire nel tempo un ottimo rapporto qualità-prestazioni-prezzo».
Le Kodak Electra XD garantiscono un prodotto di risoluzione molto alta e la sicurezza di un livello di uniformità costante giorno dopo giorno, eccezionali prestazioni di stampa, oltre a essere dotate di una notevole versatilità che consente loro di adattarsi alla maggior parte delle condizioni di stampa e a tirature di qualsiasi lunghezza. Queste lastre offrono stabilità e latitudine senza confronti nella fase di esposizione e di sviluppo, oltre a incredibili prestazioni in macchina.
La scelta di avere un solo fornitore per tutte le operazioni di prestampa è stata originata anche da un altro motivo. «Nel mercato dell’editoria capita spesso che si debbano fare delle ristampe, e facendolo utilizzando la stessa lastra e gli stessi CtP riusciamo a raggiungere la qualità desiderata e costante in tempi brevi. Questo è importante soprattutto perché noi non archiviamo le lastre, ma ovviamente tutti i parametri di un determinato lavoro, così garantiamo al nostro cliente la continuità con l’edizione precedente», spiega Martano.
Stampatore editoriale e commerciale con sede a San Mauro (TO), Stige ha una storia lunga 90 anni, e una presenza importante nei mercati italiano, francese e inglese; è da molti anni cliente Kodak, di cui utilizza le lastre, tre CtP e il flusso di lavoro Kodak Prinergy, che assicurano la qualità, l’affidabilità e la ripetibilità necessarie per la sua attività di stampatore in offset a bobina e a foglio.
Randy D. Vandagriff da maggio Presidente della divisione EISD (Enterprise Inkjet Systems Division) di Kodak e Vice Presidente di Eastman Kodak Company.
A maggio 2017 Randy D. Vandagriff è stato nominato Presidente della divisione Eisd (Enterprise Inkjet Systems Division) di Kodak e Vice Presidente di Eastman Kodak Company. Dopo un anno ricco di speculazioni in cui si sono succedute le più svariate ipotesi su quello che sarebbe stato il futuro della divisione Prosper, finalmente è stato possibile mettere un punto a questa travagliata vicenda. Quando sembrava ormai definitiva la sua decisione di cedere questa divisione, Kodak, con un annuncio a sorpresa il 7 aprile scorso, ha affermato di non voler più procedere con la dismissione e di aver deciso di mantenere Prosper al suo interno. Ed è proprio alla luce di questa inversione di rotta che Randy risponde ad alcune domande per chiarire la posizione della divisione Eisd e fornire delle anticipazioni su quello che, secondo lui, sarà il futuro di questa unità operativa.
Intervista a cura di Kodak.
Cosa ne pensi della decisione di Kodak di mantenere la divisione Prosper?
«Rispetto e condivido pienamente la scelta di Kodak di mantenere questa divisione all’interno dell’azienda. E sono estremamente felice che sia stata finalmente scritta la parola fine a questa vicenda. Nel corso di quest’ultimo anno, il team Prosper è riuscito a realizzare dei risultati davvero eccezionali, a riprova del valore della nostra tecnologia e dell’impegno del nostro team.
«Kodak ha investito molto nello sviluppo della tecnologia di stampa a getto d’inchiostro e la sua decisione di mantenere questa divisione è un’ulteriore dimostrazione del suo convinto impegno per il futuro del settore della stampa. Con un’offerta di tecnologie di stampa estremamente ricca che spazia dalla stampa offset e flessografica tradizionale fino all’emergente stampa digitale, Kodak ha tutte le carte in regola per dimostrarsi la migliore alleata dei clienti, in quanto li aiuta a cambiare le dinamiche del mercato, permettendo loro nel contempo di ampliare la loro quota di mercato e consolidare i loro volumi di stampa.»
Come procede l’attività Prosper quest’anno e quali sono i risultati raggiunti?
«La nostra divisione Enterprise Inkjet Systems Division (Eisd), che include le attività Kodak Versamark e Kodak Prosper, ha fatturato $ 37 milioni nel primo trimestre di quest’anno (34 milioni di € circa, ndr), realizzando così un ottimo risultato. Se poi confrontiamo questo dato con i $ 34 milioni fatturati nello stesso periodo del 2016, non possiamo che rallegrarci davanti a un aumento del 9%.
«Per il primo trimestre del 2017, l’attività Prosper è andata in crescendo con prestazioni sempre migliori e ha prodotto un aumento dei ricavi pari al 26% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.»
A cosa si deve questo eccezionale aumento dei ricavi?
«Fondamentalmente sono tre i fattori alla base di questo eccezionale risultato:
La crescita del nostro MIF, cioè delle macchine in campo, e l’incremento nel numero di installazioni delle macchine Prosper nel 2015 e nel 2016.
L’aumento nella richiesta di macchine da stampa Prosper da parte dei nostri clienti abituali che ne hanno bisogno per fare fronte alla crescente domanda di stampe da parte dei loro utenti.
Un costo unitario di produzione degli inchiostri sempre più conveniente per noi in quanto acquistiamo una quantità maggiore di ingredienti per soddisfare l’aumento nei volumi di vendita.»
Qual è la vostra strategia di gestione della divisione Prosper per quanto riguarda il futuro?
«Proprio quest’anno festeggiamo i nostri primi 50 anni nel settore della stampa a getto d’inchiostro e gli eccezionali risultati fin qui ottenuti nascono proprio dalla pluriennale esperienza di Kodak nel mettere a punto e offrire una tecnologia a getto d’inchiostro che ormai è riconosciuta come leader del mercato. Ma nessuno di noi ha intenzione di dormire sugli allori e quindi è chiaro che continueremo a fare leva sulle esclusive Value Proposition di Stream che da sempre differenziano la nostra tecnologia.
«La nostra strategia si basa su una presenza ininterrotta, sulle installazioni e sulle prestazioni della nostra linea Stream di cui fanno parte 64 macchine da stampa Prosper e 1.329 teste Prosper già installate in tutto il mondo. Ma naturalmente questo non ci basta. Partendo dalla nostra innegabile esperienza, stiamo facendo un passo in più con la tecnologia Ultrastream. La divisione Eisd punta a stringere una serie di accordi strategici con alcuni produttori di attrezzature originali (OEM) affinché possano creare nuove applicazioni in grado di guidare la domanda di mercato per questa tecnologia e velocizzare la portata e la crescita dell’attività Prosper.
«Possiamo certamente affermare che la tecnologia Ultrastream apre nuovi orizzonti nella stampa a getto d’inchiostro. Facendo leva sulle numerose invenzioni proprie di Stream, questa tecnologia ci permette di confermare il valore associato alla nostra esclusiva tecnologia a getto d’inchiostro continuo e garantisce la flessibilità e la facilità di integrazione che spingono gli OEM a scegliere Kodak quando si tratta di sviluppare nuove soluzioni a getto d’inchiostro. Abbiamo messo a punto un programma Pioneer per un coinvolgimento a 360° dei potenziali partner OEM fin dalle primissime fasi del processo di sviluppo. Avere la possibilità di confrontarci con loro ci permetterà di comprendere appieno i loro requisiti, di indirizzare e definire il progetto in modo che possa rispondere al meglio alle loro esigenze e di rendere più sicura la pipeline. E potremo fare tutto questo prima di mettere a punto la versione definitiva della piattaforma Ultrastream.
«Inoltre stiamo utilizzando la nostra linea corrente di tecnologia Stream per espandere la nostra presenza nelle nuove applicazioni, in particolare nel settore del packaging e delle etichette. La macchina da stampa Sapphire EVO di Uteco che utilizza la tecnologia Stream Inkjet di Kodak ne è un perfetto esempio.»
Come procede lo sviluppo della tecnologia Ultrastream?
«Stiamo rispettando i tempi programmati sia per quanto riguarda lo sviluppo che la commercializzazione di Ultrastream, la nostra rivoluzionaria tecnologia a getto d’inchiostro che si rivolge in primis agli operatori di settori quali editoria (riviste/cataloghi), packaging, etichettatura e décor. I kit di valutazione saranno disponibili in numero limitato all’inizio del quarto trimestre quest’anno e la commercializzazione della prima soluzione Ultrastream è prevista per il 2019.»
State continuando a vendere le macchine da stampa Prosper? E prevedete di offrire ai vostri clienti la possibilità di passare a Ultrastream?
«Assolutamente sì. Il servizio di vendita e assistenza delle macchine da stampa e dei sistemi Prosper continuerà a essere fornito da Kodak. Per quanto riguarda l’installazione delle macchine da stampa, la nostra attenzione sarà rivolta principalmente alle applicazioni in alte tirature; le tipografie digitali come KP Services nelle Channel Islands sono un ottimo esempio. Inoltre stiamo ampliando i limiti delle applicazioni ibride con l’installazione della prima macchina Prosper 6000S presso Zumbiel, un’azienda specializzata nella fornitura di packaging in cartone, così da offrirle nuove funzionalità digitali.
«Ai nostri clienti Prosper verrà offerta la possibilità di passare alla tecnologia Ultrastream, ma è bene ricordare che questo aggiornamento interesserà diverse applicazioni in cui i clienti hanno bisogno di una migliore qualità di stampa a fronte di una ridotta velocità.»
Come procede l’avventura di KP Services?
«L’attività di stampa di KP Services nelle Channel Islands sta andando benissimo, riusciamo a rispondere alle richieste degli editori e a rispettare gli obiettivi che ci siamo posti a livello di volume di stampa. Recentemente abbiamo completato l’installazione di una terza macchina da stampa Prosper 6000; considerato il continuo aumento nel volume di stampa non potevamo più rimandare. E naturalmente guardiamo con ottimismo al nostro futuro nel settore della tipografia che, con queste premesse, non potrà che essere radioso.»
Puoi dirci qualcosa sugli OEM con cui avete in programma di collaborare? Magari farci qualche nome in anteprima…
«Al momento abbiamo 19 Lettere di Intenti, la maggior parte delle quali proviene da OEM; qualcuna però proviene anche da utenti finali strategici. Stiamo continuando a incontrare altri OEM interessati a testare la tecnologia non appena sarà disponibile il kit di valutazione. Questi OEM rappresentano un campione eterogeneo di produttori di tutte le applicazioni a cui puntiamo, incluse stampa commerciale, del packaging, delle etichette e del décor. Tra le aziende che sappiamo già che riceveranno il kit di valutazione ci sono nomi di spicco quali Fuji Kikai, GOSS China, Matti, Mitsubishi Heavy Industries Printing & Packaging Machinery (MHI-PPM) e Uteco. Ma naturalmente questo è solo un elenco parziale in quanto il successo di questa iniziativa ha superato anche le nostre più rosee aspettative…
«Stiamo coinvolgendo anche quelli che per noi sono utenti finali strategici, per valutare se ci possono essere opportunità per nuove applicazioni. Proprio recentemente abbiamo potuto notare un notevole interesse da parte degli utenti finali che operano nel settore del décor e che stanno cominciando a comprendere il valore della stampa digitale e i vantaggi che questa tecnologia può offrire loro in termini di riduzione degli sprechi e dei costi operativi rispetto alla stampa in acquaforte tradizionale.»
Quando possiamo aspettarci di vedere il primo prodotto Ultrastream sul mercato?
«Prevediamo che il primo prodotto sarà disponibile nel 2019. La data effettiva di lancio naturalmente dipenderà dai partner OEM e da quando saranno pronti per la commercializzazione.»
In che modo il futuro di Eisd si inserisce nell’offerta globale di arti grafiche di Kodak?
«È altamente improbabile che il settore della stampa possa passare a un’unica tecnologia in quanto ogni tecnologia risponde a diverse esigenze. I provider di servizi di stampa continuano ad affidarsi alle tecnologie tradizionali per produrre alte tirature, ma stanno cominciando a investire anche nelle soluzioni digitali che sono più adatte per le tirature più basse. Ed è proprio la combinazione di macchine da stampa analogiche e digitali che permette ai centri stampa di far crescere la loro attività e ottimizzare il loro lavoro.»
Hai sempre desiderato aprire la tua azienda? Hai un’idea innovativa per una start-up? Vuoi dare vita concretamente alla tua intraprendenza aprendo l’attività che hai sempre sognato?
Un concorso che offre un aiuto concreto a chi è disposto a mettersi in gioco e presentare la propria idea imprenditoriale a una giuria selezionata.
Per partecipare è sufficiente inviare la propria candidatura compilando un semplicissimo form e allegando il proprio progetto – in qualsiasi formato esso sia – sul sito dedicato all’iniziativa.
Una giuria popolare, composta dagli internauti, selezionerà una short list di nove progetti, che saranno poi valutati dalla giuria di qualità che decreterà i primi tre classificati.
Il primo classificato si aggiudicherà un premio in denaro di 5.000 euro, il secondo di 2.500 euro e il terzo di 1.500 euro, oltre alla creazione e stampa dell’immagine coordinata.
Per avviare un’attività è infatti necessaria anche un’identità aziendale: un logo e un’immagine coordinata. Per questo motivo Saxoprint farà realizzare per i tre vincitori anche lo studio grafico dell’immagine della neo nata azienda: Marco Lombardo, Massimo Nava e Marta Gentile, graphic designer professionisti coinvolti anche in qualità di giurati, studieranno le tre corporate identity. Il passo successivo sarà la stampa di tutti i materiali creati, per i quali Saxoprint metterà a disposizione un buono del valore di 2.000 euro al primo, di 1.000 euro al secondo e di 500 euro al terzo.
Qui il bando di concorso e tutte le informazioni necessarie per partecipare.
Christoph Gamper, CEO, durante la cerimonia di posa della prima pietra.
La cerimonia di posa della prima pietra del 26 maggio scorso ha dato ufficialmente il via ai lavori di costruzione del nuovo edificio che ospiterà l’esclusivo Innovation Centre, un moderno showroom e sarà sede della direzione centrale del Gruppo. Una struttura all’avanguardia, destinata a essere emblema dell’internazionalità di Durst.
Il progetto della nuova area, realizzato dagli architetti Patrik Pedò e Juri Pobitzer dello studio Monovolume, è stato ideato per integrarsi sia a livello architettonico sia funzionale con quella già esistente firmata dall’architetto Othmar Barth nel 1963. Pedò e Pobitzer si sono ispirati alla concezione originaria di Barth per dare vita a un’«ala» piatta che si libra leggiadra con una torre di sei piani che raggiungerà i 35 metri di altezza.
A connotare in maniera esclusiva la facciata del nuovo edificio, che sarà collegato direttamente alla sede storica, un design a pixel dalla forma organica, realizzato con elementi prefabbricati in calcestruzzo leggero. Questa speciale costruzione con motivo traforato, che richiama immediatamente il tema della fotografia e della stampa digitale, conferirà all’intero edificio una forte impronta identitaria. La perfetta integrazione tra la nuova struttura e quella già esistente permetterà lo svolgimento dei lavori di costruzione senza interrompere la consueta attività aziendale.
La nuova sede coprirà una superficie di 21.388 m2a cui si aggiungeranno 2.800 m2 di spazio verde. È previsto l’impiego di 5.000 m3 di calcestruzzo, 430.000 kg di acciaio e 2.600 m2 di vetrate.
«Fedele alla sua tradizione di azienda familiare, nella quale ognuno ha lasciato la propria impronta, Durst è attualmente gestita dalla terza generazione. Una peculiarità che ha stimolato un costante processo di crescita. Nei prossimi decenni assisteremo all’evoluzione del Gruppo da specialista della stampa digitale su vari supporti a fornitore di soluzioni complete che vanno dall’acquisizione di immagini e dati fino alla stampa e alla decorazione di superfici, comprendendo la messa a punto di software proprietari per il workflow, lo sviluppo di inchiostri e la costante implementazione di servizi pre e post vendita. Una crescita a 360° che richiederà superfici sempre più ampie per dare spazio alla creatività e incontrare i nostri clienti, come potremo presto fare all’interno del nuovo building» ha dichiarato Christoph Gamper, CEO del Gruppo Durst.
Una serie di appuntamenti durante i quali i fornitori di servizi di stampa potranno scoprire le potenzialità della stampa digitale e trovare la combinazione vincente per offrire ai clienti servizi innovativi.
La stampa digitale offre ai fornitori di servizi interessanti opportunità di crescita nell’ambito per esempio della personalizzazione delle applicazioni, dell’Interior Decoration o della stampa su tessuto. Il tour Colours have the power di Ricoh punta i riflettori sull’innovazione per mostrare agli stampatori come trovare la combinazione giusta di tecnologie, applicazioni e servizi per differenziarsi sul mercato.
I visitatori potranno accedere a un’area esperienziale in cui scoprire applicazioni innovative realizzate su differenti materiali con colori speciali come il bianco, il trasparente e il giallo neon. Dal punto di vista delle soluzioni di stampa saranno a disposizione dei partecipanti Ricoh Pro C7100X, Ricoh Pro L4100 e Ricoh Pro C5200S.
In ogni tappa del tour sarà possibile confrontarsi con i professionisti Ricoh per approfondire le più recenti innovazioni tecnologiche e capire in che modo possono aiutare a sviluppare nuovi servizi all’insegna della personalizzazione e dell’on demand.
«Vogliamo essere sempre più vicini alle esigenze del mercato» spiega Giorgio Bavuso, Direttore Production Printing di Ricoh. «Nel 2015 il roadshow All you need is print ha avuto un grande successo in termini di adesioni proprio perché abbiamo dato spazio alle applicazioni creando ambienti reali in cui tutto era stampato e personalizzato. Con questo nuovo tour, che in diverse tappe coinvolgerà anche alcuni nostri dealer production printing, Ricoh propone un viaggio nel mondo delle nuove tendenze della stampa digitale, dando evidenza a come la corretta combinazione di materiali, applicazioni e colori sia per gli stampatori la carta vincente per ampliare il proprio business».
Di seguito le prime tappe del tour:
Bologna 29-30 giugno
Torino 5-6 luglio
Firenze 22-23 settembre
Roma 29-30 settembre
Informazioni e modalità di iscrizione alla prima tappa sono disponibili qui.
A sinistra Giuseppe Ghelfi, titolare, a destra Luca Simoncini, Responsabile Progetto Digitale di Ghelfi Ondulati.
Italia Grafica è stata invitata da HP a visitare Ghelfi Ondulati, azienda con ottime posizioni nel mercato degli imballaggi in cartone ondulato, in Italia e all’estero. È tra le prime aziende al mondo che ha deciso di stampare gli imballaggi in digitale, affiancando queste nuove tecnologie alla flessografia presente in azienda da molti anni.
Chi non ha mai visto le macchine che producono il cartone ondulato non immagina la dimensione «gigantesca» dell’ondulatore, sia in lunghezza sia in larghezza, della macchina in continuo che sbobina il rotolo di carta, crea le ondulazioni (cannette), accoppia e incolla le varie parti che compongono il cartone, ottenendo un nastro continuo di spessori variabili (Wet-end), secondo le esigenze del prodotto da realizzare.
Il cartone incollato si trasforma in un lungo nastro, che entrando in un forno si asciuga, in modo da poterlo immediatamente tagliare in fogli, (Dry-end) che sono impilati sui bancali per poi trasferirli automaticamente nel magazzino dei semilavorati. Se il cartone non si è raffreddato non si può stampare in flessografia, pertanto è necessario lasciarlo in magazzino un tempo sufficiente per completare il processo di evaporazione dell’acqua, in modo da favorire la polimerizzazione delle resine e della colla. Anche il cartone ondulato stampato in digitale deve riposare prima di essere fustellato. Raffreddandosi, si ripristinano le caratteristiche meccaniche indispensabili per sopportare la pressione della fustella. Anche in questo caso il nastro è immediatamente tagliato passando da nastro a foglio, e subito dopo può essere trasformato nel reparto cartotecnico in un contenitore pronto all’uso.
Per ottenere un nastro di carta già stampato, di conseguenza, devono essere «gigantesche» anche le due tecnologie digitali HP (T400S e T1100S), che stampano la carta in bobine di differente larghezza, variando la larghezza da un minimo di 406 mm a un massimo di 2.794 mm, a seconda del modello di macchina scelto, utilizzando quattro colori (ciano, magenta, giallo, nero) applicando, appena ultimata la stampa, una vernice di protezione.
A sinistra Giuseppe Ghelfi, titolare, a destra Luca Simoncini, Responsabile Progetto Digitale di Ghelfi Ondulati.
La storia di Ghelfi Ondulati
Nasce nel 1952 con la missione aziendale focalizzata alla produzione d’imballi che devono contenere e proteggere prodotti alimentari (vassoi ortofrutta, scatole automontanti, wrap around, americane, ecc.). Imballaggi che devono essere resistenti a carichi e temperature che variano considerevolmente in merito alle condizioni di utilizzo (frigoriferi) e alla località (temperature del Nord Europa, Africa ecc.). Le esigenze di mercato richiedono di rendere più accattivante il prodotto e di «vestirlo con maggior accuratezza» stampando immagini, fondi sfumati, testi, texture… in modo da attirare l’attenzione del consumatore. Per raggiungere questi obiettivi l’azienda si aggiorna costantemente nei vari processi produttivi, dalla progettazione e produzione di nuovi imballi, alla cartotecnica (fustellatura e piega incolla), con conseguente implementazione della stampa digitale. Sul sito si possono vedere le tipologie d’imballi prodotti da Ghelfi Ondulati: alcuni sono progettati e brevettati dall’azienda, allo scopo di ottenere un consistente risparmio di materia prima, e di poterli impilare uno sull’altro supportando pesi notevoli senza cedimenti durante il trasporto e lo stoccaggio.
La scelta del digitale dovrà far crescere il fatturato, visto l’importante investimento, ma ancor più soddisfare le richieste del mercato che sono in aumento per le piccole/medie tirature, la richiesta di personalizzazione con dati variabili utilizzando testi e immagini, stampando codici a barre personalizzati per la tracciabilità del prodotto, per esempio, e implementare sistemi allo scopo di evitare (o almeno ridurre) la contraffazione, ed essere in grado di produrre in tempi estremamente ridotti tra il ricevimento dell’ordine e la consegna dell’imballo.
La scelta della tecnologia
Qualità, ambiente, ecologia, sono il focus di Ghelfi da sempre, di conseguenza la ricerca del partner tecnologico di stampa digitale doveva prima di tutto essere in grado di mantenere le linee guida prefissate. Per mantenere un ambiente salubre, «dove ci si vive tutti i giorni, lavorando su più turni permette a tutti noi (operai impiegati e dirigenti) di vivere meglio» ci informano dalla direzione. Dopo varie verifiche, HP con le tecnologie PageWide ha corrisposto alle esigenze di Ghelfi. Per la stampa utilizza inchiostri pigmentati, leganti (Bonding Agent) e vernici a base acqua, con limitati VOC.
Le tecnologie di stampa digitale HP PageWide, modelli T400S e T1100S, installate in Ghelfi Ondulati.
Sono poche le aziende produttrici di stampanti digitali che sono in grado di stampare su larghezza della bobina di questo tipo garantendo una notevole capacità produttiva, di conseguenza la scelta di HP è stata favorita. Nel settore della stampa, HP ha posizionato la stampa digitale accanto alla rotooffset e macchine offset a foglio di grande formato nelle aziende grafiche che stampano libri, riviste, giornali ecc.
Vari test realizzati e in corso dimostrano che le tecnologie devono essere in grado di soddisfare non solo quanto precedentemente elencato, ma di essere in grado di stampare su carte «critiche» che sono tipiche degli imballi, con differenti e notevoli grammature e devono essere versatili per i vari cambi in merito alle esigenze delle differenti commesse, garantendo un’elevata velocità di produzione. Ecco alcuni dati tecnici che distinguono i due modelli di stampanti PageWide HP con alimentazione continua a bobina con carta in fibra naturale e riciclata, patinata e non patinata.
Modello T400S
Larghezza bobina carta: da 406 fino a 1.067 mm
Grammatura carta: da 60 fino a 350 g/m2
Velocità di stampa: 11.640 m2/ora, alla velocità di 183 metri al minuto
Modello T1100S
Larghezza bobina carta: da 1.016 fino a 2.794 mm
Grammatura carta: da 80 fino a 400 g/m2
Velocità di stampa: 30.600 m2/ora, alla velocità di 183 metri al minuto
Una tecnologia così complessa coinvolge altri partner
Stampanti digitali di questo tipo sono molto complesse poiché non sono semplici stampanti a colori, ma devono garantire un costante mantenimento della qualità di stampa, un’ottima gestione del colore in tutta la produzione evitando gli scarti di avviamento, effettuare cambi bobina, attuare un controllo sulla tiratura ecc. Stampanti di queste dimensioni gestiscono tramite «torri» piene di computer, svariati software e innumerevoli monitor (uno per ogni punto di controllo) e una serie batteria di «teste di stampa» posizionate sui gruppi che stampano i vari colori, segnalando anche le minime difettosità che una di esse potrebbe avere in fase di produzione. Tecnologie di stampa nate per integrare altri componenti forniti da partner che hanno competenze ed esperienze specifiche nelle varie aree. Tra questi citiamo: Harris & Bruno, ColorGate, torres, Weko.
Le tecnologie di stampa digitale HP PageWide, modelli T400S e T1100S, installate in Ghelfi Ondulati.
Partner che hanno studiato e realizzato i raffinati sistemi di carico della carta in bobina, «l’aspirapolvere» che rimuove il pulviscolo della carta prima di essere stampata, i rulli di trascinamento che devono mantenere alla massima velocità la perfetta posizione del nastro di carta, i «rulli ballerini» che garantiscano la costante tensione del nastro di carta, un gruppo stampa specifico che applica il «legante incolore/bonding agent» solo nei punti dove si posizionerà l’inchiostro. E anche il software per la calibrazione e il mantenimento in tiratura dei colori (Cmyk), un gruppo stampa con cilindro anilox posizionato in «post stampa» che applica su tutto il nastro di carta una vernice protettiva, un sistema rapido di asciugatura a raggi infrarossi e aria calda per evitare anche la controstampa, e un ribobinatore del nastro di carta appena stampato.
Ogni «pezzo», una specifica funzione
Il cuore della tecnologia sono le teste di stampa a getto d’inchiostro termico scalabile, con una risoluzione di stampa di 1.200 ugelli per linea/pollice. Sono collocate in alloggiamenti sistemati sulla parte superiore della macchina e distinte per ogni singolo colore (Cmyk e agente legante) e sono facilmente accessibili dall’operatore per la manutenzione, la pulizia e l’eventuale sostituzione. Le cartucce (teste di stampa) sono prodotte e fornite da HP e in caso di difettosità devono essere sostituite con altre nuove, già caricate precedentemente di inchiostro, in modo che, ultimata la sostituzione, l’inchiostro inizi a fuoriuscire immediatamente, evitando fermi macchina prolungati e scarti di stampati qualora la cartuccia fosse vuota, richiedendo un certo tempo per il suo riempimento in macchina.
Materiali di consumo. I contenitori degli inchiostri, del legante, e della vernice sono fusti con capacità da 200 a 1.000 litri, a seconda del modello di macchina. L’unico prodotto che può essere acquistato anche da altri fornitori è la vernice, tutto il resto è fornito da HP.
Anilox. Un sistema di pompe preleva la vernice comprimendola in un contenitore (camera racla) che aderendo perfettamente al cilindro anilox garantisce un’uniformità di applicazione. Il cilindro anilox è di alluminio, ricoperto da materiale ceramico con le celle «scolpite dal laser». Ogni tipologia di anilox, a seconda della forma della cella e della sua profondità, deposita la quantità di vernice richiesta per i vari tipi di carte.
Impostare e mantenere una corretta gestione del colore: argomenti importanti da considerare per tutte le tecnologie di stampa sia amatoriali, sia professionali. Impensabile non affrontare in modo serio e rigoroso l’argomento su stampanti digitali di questo tipo, pensando che si possano differire le conoscenze su profili colore dei file, per la linearizzazione e calibrazione delle periferiche, motivando il solo fatto che «a cosa serve, tanto si stampa su cartone». Un colore stampato sull’imballo non può essere molto differente da quello delle confezioni collocate al suo interno. Argomento, la riproduzione fedele del colore, che si deve affrontare e gestire con competenza specialmente in presenza di colori spot Pantone, che molte aziende utilizzano e che chiedono la riproduzione tramite la simulazione in Cmyk.
Avendo a disposizione software specifici, che permettono di riprodurre al meglio questi colori avendo a disposizione solo i colori di quadricromia, si ha la possibilità di ridurre tempi e costi per la sostituzione dei colori e per i lavaggi delle macchine da stampa.
Un’attenta gestione del colore permette l’allineamento e la riduzione dei rischi in tutto il flusso di prestampa. Software impostati correttamente sulla stazione dell’operatore che riceve il file, una valutazione su un monitor calibrato, la prova colore che dimostra con le scale di controllo che non è una bozza a colori, la stampante digitale costantemente controllata da personale competente… riducono i tempi di avviamento, i rischi di rifacimenti e soprattutto le contestazioni.
I vantaggi e i benefici di un flusso allineato sul colore permettono di affrontare anche le esigenze dei clienti più rigorosi, anche quando il cliente vuole vedere realmente come sarà stampato il suo imballo, che non sempre si realizza utilizzando carte bianche. Per esempio utilizzando una carta kraft (marrone chiaro) i colori saranno modificati in base alla gestione del colore permettendo la valutazione del reale risultato che si avrà in tiratura, ma ancor di più, in breve tempo si potrà realizzare un prototipo che, se approvato, sarà utilizzato come riferimento per la tiratura.
Risparmio d’inchiostro e miglior pulizia in stampa
Non approfondiamo in quest’articolo l’argomento save ink, che sembra passato di moda, ma al contrario è bene ricordare che chi lo applica in stampa specialmente su substrati di questo tipo, non solo ha un risparmio di inchiostro, ma ottiene una stampa più pulita, meno impastata, e con gli inchiostri dosati correttamente a vantaggio di un miglioramento dei dettagli sul contrasto, per esempio sulle immagini scure, evitando di intervenire manualmente sul file. Le tecnologie HP, pilotate dal software di ColorGate, gestiscono il flusso colore, e possono simulare la stampa di retini FM (modulazione di frequenza) e AM (modulazione di ampiezza). Il retino scelto fa la differenza sul risultato di stampa, specialmente se ci sono immagini con colori molto delicati, morbide sfumature ecc.
Nei casi in cui il cliente è abituato a vedere sulle «scatole» i punti di retino, se è stato stampato precedentemente in flessografia o in stampa offset utilizzando il retino AM, è possibile simularlo.
Un futuro per il grafico creativo
L’imballo alimentare non è solo un contenitore di cartone privo d’identità, diventerà sempre più un veicolo di comunicazione in tutta la filiera di distribuzione. L’esempio che tutti hanno sott’occhio sono i platò di mele. Le mele sistemate ordinatamente nell’imballo stampato dove sono ben visibili tutte le informazioni indispensabili per la tracciabilità del prodotto, (produttore, sede del magazzino, indirizzo, codice a barre, ecc.) passano dal produttore al consumatore senza nessun’altra operazione. Appena il bancale arriva in negozio, al supermercato, e anche al mercato rionale, i platò sono sistemati tali e quali sul banco di vendita. Molti altri prodotti seguono questo esempio, biscotti, patatine, pasta, vini, birre… per fragilità del peso del prodotto, ma anche per evitare di perdere tempo per aprire la scatola e per collocare il contenuto sullo scaffale.
L’acquirente attirato dall’imballo che per dimensione comunica meglio il suo contenuto, al contrario per esempio di una sola bottiglia, individua facilmente il prodotto e/o il produttore. Una bella scatola in molti casi favorisce l’acquisto dell’intero contenuto invece di un solo prodotto. Il cartone ondulato con queste tecnologie apre spazi professionali per l’attività del grafico creativo, che inevitabilmente deve acquisire o perfezionare le sue competenze su questi argomenti, in merito a fattibilità della sua idea e alle normative richieste per gli imballi.
Come i social media possono aiutare i professionisti del settore vendite nell’essere più efficaci nelle loro campagne sui social? Ecco alcuni esempi e strategie affinché le imprese possano agevolarli e supportarli nella loro attività di vendita fornendo anche alcuni consigli per incrementare l’efficacia nella produzione di depliant, brochure e altro materiale basato su supporto cartaceo.
I media digitali consentono a ogni professionista del settore vendite forme di comunicazione avanzate con le proprie reti di relazioni. Questo aspetto è decisamente importante – se usato strategicamente – per comunicare e far percepire il fattore differenziante di ogni professionista; per “differenziante” si intende quel fattore che rende unico e distinguibile un professionista rispetto agli altri, mettendone in evidenza, e incrementandone, l’autorevolezza e la reputazione.
L’essere percepito nella propria unicità e specificità rispetto ai competitor rende il professionista più efficace e paradigmatico nelle sue attività di comunicazione persuasiva, consentendogli in questo modo di esaltare le proprie capacità e il proprio carisma personale e professionale: ciò gli fornisce una maggiore forza nella chiusura delle transazioni.
Gli strumenti di LinkedIn per comunicare valore, visione del mercato e reputazione
Per questo motivo ogni professionista del settore vendite deve utilizzare i social network per il B2B – in particolare LinkedIn – per mettere in evidenza e far percepire il proprio stile di vendita che lo differenzia dai competitor: e il proprio stile differenziante può essere veicolato in due modi, attraverso il professional branding e attraverso il personal branding.
Il professional branding gli permette di trasmettere sia la propria preparazione professionale, sia la propria visione (vision) del mercato. Come? Semplicemente pubblicando a cadenza il più possibile giornaliera almeno un contenuto o aggiornamento professionale attraverso la finestra Condividi un Aggiornamento. I contenuti possono essere condivisioni di articoli di giornale sull’andamento del mercato di settore, link a libri e pubblicazioni, link a brochure aziendali e a schede di prodotto. Questo strumento farà in modo di dare visibilità dei materiali condivisi ai membri della rete professionale (network di contatti) di LinkedIn con più affinità nei confronti del contenuto.
Questa finestra è importante poiché consente di tenere aggiornata la propria rete di contatti – il proprio network professionale – e di fare in modo di mostrare alla propria rete di contatti quanto si è preparati sul proprio settore.
Inoltre – sempre tramite LinkedIn – un professionista del settore vendite può scrivere degli articoli come se fosse in un blog. Mi riferisco in questo caso LinkedIn Publisher, comunemente detto LinkedIn Pulse, lo strumento di Blogging che LinkedIn mette a disposizione gratuitamente a ogni professionista presente sul social network.
La scrittura e la condivisione di aggiornamenti professionali permette a ogni professionista del settore vendite di far emergere in modo distintivo la propria professionalità, la propria vision del mercato, il proprio approccio alla professione.
Ma come vengono usate queste informazioni dai clienti dei professionisti del settore vendite per comprenderne il valore professionale?
Spesso mi sento chiedere perché un professionista del settore vendite dovrebbe “investire” tempo e risorse personali per svolgere questa attività di aggiornamento professionale su LinkedIn, quando il tempo è poco, e perché non si riesce ad avere una precisa percezione dei benefici di queste attività di veicolazione delle informazioni.
La percezione da parte dei propri aspiranti clienti
Sappiamo che quando un agente di vendita contatta un cliente su LinkedIn, oppure su un altro social network o anche al telefono, il contattato quasi sempre ricerca in tempo reale tramite Google o LinkedIn informazioni su quella specifica persona per capire se quel professionista può dargli un valore aggiunto.
Oltre a dare una occhiata al profilo professionale, i clienti possono osservare e determinare se le dichiarazioni di intenti sia effettivamente messa in pratica nella prassi lavorativa oppure no.
Tramite il pulsante Visualizza Attività Recenti, il cliente target della telefonata o della forma di contatto può vedere cosa fa nella sua attività lavorativa quotidiana chi l’ha contattato, quali relazioni instaura in rete, come coltiva le sue relazioni, facendosi così un’idea precisa del suo modus operandi. E attraverso questa rapida occhiata (che costa pochi secondi), il cliente può farsi un’idea dell’efficacia del professionista del settore vendite che sta cercando di instaurare un contatto con lui.
Già da questi due fatti emergono alcuni dati utili: il professionista dà un’efficace prova sociale (Social Proof) del suo professional branding sia in termini quantitativi (quante azioni ha effettuato) sia in termini qualitativi tramite la qualità della sua conversazione?
Al contrario, un professionista del settore vendite che si presenta con nessuna attività agli occhi del proprio aspirante cliente, non fa un’impressione positiva.
Ora veniamo al come e cosa
Quali contenuti condividere? Professional branding Vs identità e sfera individuale (ovvero personal branding).
È indubbio che un contesto professionale implica che ci si debba concentrare sulla produzione di attività professionali e su una condotta e su un regime comunicativo atto alla produzione di beni, prodotti e servizi. Ma è altrettanto indubbio che nel mondo del lavoro è fondamentale utilizzare la propria intelligenza creativa che si nutre di passioni, di energie creative e di aspetti che superano i classici confini della “mera” produzione.
Per questo motivo è bene alternare, in un contesto professionale, aspetti legati sia alla sfera professionale (che devono essere prevalenti), sia aspetti legati all’emotività e talvolta, eccezionalmente, alla sfera del privato: paradossi, battute di spirito e altri aspetti ludici fanno anch’essi parte della vita professionale e della maturità di una persona, e la si misura su quanto egli sappia creare un equilibrio bilanciato di aspetti legati alle due sfere. Va subito detto che è una pratica considerata fastidiosa il condividere informazioni relative alla sfera privata su LinkedIn (LinkedIn non è un social per condividere foto di gattini, esiste Facebook e Instagram per questo). Ma va anche detto che la scelta delle foto, del materiale di comunicazione visiva, del registro comunicativo consentono di comunicare il proprio approccio umano, proprio come fa Massimo Marucci, uno dei più famosi professionisti del settore vendite che usa in modo strategico LinkedIn come strumento di comunicazione sugli aspiranti clienti. Egli ha saputo usare i Social Network come strumento di trasmissione della propria reputazione professionale e del proprio Professional Branding, e utilizza le immagini in modo molto creativo e impattante, trasmettendo nella propria reputazione professionale, anche la propria identità personale, la propria creatività e passione per il proprio lavoro, che si percepisce anche dal proprio stile nel commentare e nei contributi degli altri, e dal modo di interagire con le persone.
LinkedIn consente ai professionisti di capire quanto sia efficace la propria attività di comunicazione attraverso degli strumenti specifici che forniscono loro dei feedback ne I miei aggiornamenti nel quale si vedono le proprie attività recenti e quanti like e commenti si sono ricevuti. Possiamo quindi non solo vedere quali attività abbiamo pubblicato su LinkedIn, ma anche comprendere quali di queste ha generato più interesse nel nostro network professionale. E possiamo naturalmente generare più occasioni di dialogo e di contatto con il nostro network professionale.
Creare forme più strategiche di comunicazione trans-mediale, ovvero tra media cartacei e media sociali
Come può un’impresa fare in modo che i suoi depliant e le brochure siano efficaci per la forza vendita anche nella comunicazione su media digitali?
Le potenzialità di LinkedIn e dei Social Network per il Business to Business non sono più solo un’opportunità da cogliere, ma sono ormai uno strumento imprescindibile della strategia di marketing di ogni impresa operante nel B2B.
Le imprese devono fornire sia gli strumenti, sia le strategie per agevolare i professionisti del settore vendite.
Gli strumenti più pregiati per la vendita rimangono naturalmente quelli cartacei che – data la preziosità della carta come materiale di pregio – connotano il messaggio veicolato di una valenza di autorevolezza soprattutto ora che vi sono i media digitali.
Nelle brochure cartacee è fondamentale avere sempre un richiamo al profilo LinkedIn del professionista del settore vendite, in modo tale che i clienti acquisiti si leghino al suo profilo. È fondamentale nelle brochure cartacee segnalare e mettere in risalto il fatto che il professionista del settore vendite sta usando LinkedIn come strumento di comunicazione e aggiornamento professionale.
Consiglio inoltre di riportare la stessa fotografia, sulla brochure cartacea e su LinkedIn, del professionista, in modo tale da evitare distorsioni e dare un’immagine forte e univoca.
Condividere su LinkedIn i contenuti più strategici per gli interessi aziendali
Ma oltre agli strumenti cartacei è necessario considerare LinkedIn per ciò che è: un network di condivisione di contenuti. La scelta è quindi un aspetto molto importante, che non può essere lasciato al caso. Il professionista del settore vendite non può e non deve essere lasciato solo nella scelta dei contenuti aziendali da condividere su LinkedIn, anche e soprattutto se esso è un freelance e/o pluri-mandatario. Lasciarlo solo implica infatti alcuni rischi. Il primo è che il professionista non pubblichi nulla, e rimanga quindi muto, decrementando in questo modo la propria percezione e autorevolezza; ciò può accadere sia per ragioni di tempo, sia per ragioni di insicurezza sull’efficacia delle fonti da lui trovate. Il secondo rischio è che il professionista pubblichi e condivida articoli in modo non sistematico, lasciando mesi di vuoti. Il terzo è che inizi a pubblicare in modo non coerente e non allineato con le esigenze della propria target community di aspiranti clienti.
Le imprese possono aiutare in modo notevole i professionisti del settore vendite dando loro ogni settimana una rassegna stampa di contenuti da pubblicare, in modo tale da suggerire ai professionisti dei contenuti, rassicurarli sulla loro validità ed efficacia, ed evitare dei buchi informativi.
Come creare la rassegna stampa dei contenuti da pubblicare
La scelta dei contenuti da fornire alla rete di vendita è una fase molto strategica per le imprese e non va fatta in modo approssimativo. Dobbiamo infatti ricordarci che i professionisti del settore vendite utilizzeranno quei contenuti per incrementare il loro brand professionale e che incrementando il loro brand professionale, incrementeranno anche quello dell’impresa.
Per questo motivo è bene che le imprese forniscano due tipologie di contenuti: relativi alla propria impresa e relativi al mercato di riferimento.
Per contenuti relativi all’ impresa intendiamo non soltanto le brochure e le schede prodotto, ma anche tutti i contenuti di blog, guide, e altri materiali che aiutino i consumatori a usare al meglio i prodotti. Questi materiali sono molto utili ai professionisti del settore vendite in quanto consentono loro – non tanto di «spingere in modo invasivo» i prodotti – quanto di fornire una forma di consulenza persistente online tramite LinkedIn, incrementando la loro percezione di professionalità come venditori e incrementando nel contempo il prestigio dell’impresa. Per i contenuti relativi al mercato di riferimento si intende l’attività di fornire alla propria rete di vendita contenuti di terze parti relativi al mercato in cui opera l’impresa. Questa tipologia particolare di contenuti – essendo di terze parti – ha il mutuo beneficio di essere di natura neutrale ed esente da conflitti di interesse, e di suscitare curiosità e interesse da parte del prospect proprio perché legata alle informazioni sul mercato.
Per scegliere i contenuti consiglio di usare un approccio vagamente ispirato alla metodologia S.O.S.T.A.C. che si basa sul fornire contenuti sulla situazione del mercato attuale e su come i prodotti aziendali possono incrementare e migliorare l’analisi dei contenuti fondamentali. Questi contenuti risponderanno in questo modo al bisogno di evoluzione delle imprese e renderanno il rapporto con i professionisti del settore vendite più proficuo ed efficace.
I gusci delle uova sono degli imballaggi straordinari, proteggono il contenuto e allo stesso tempo si aprono facilmente, senza dimenticare che sono perfettamente biodegradabili. Un gruppo di ricercatori ha pensato di utilizzarli per migliorare le caratteristiche tecniche delle bio-plastiche, sempre più spesso impiegate per produrre imballaggi sostenibili.
di Elisa Brunelli
All’Università di Tuskegee (Alabama, Stati Uniti) i ricercatori del team guidato dal dottor Vijaya Rangari hanno frammentato i gusci d’uovo in nano-particelle e le hanno aggiunte a una miscela di polimeri, così da ottenere materiali plastici resistenti e flessibili. Rangari ha presentato questa ricerca al meeting della American Chemical Society di quest’anno, spiegando il principio con cui è stato messo a punto questo innovativo materiale: «Sviluppare nuovi materiali plastici sostenibili e con buone caratteristiche tecniche è una delle priorità del nostro gruppo di ricerca, a questo scopo abbiamo utilizzato scarti di uova per creare una nuova classe di bio-plastiche. I gusci delle uova sono stati polverizzati con una tecnica a base di ultrasuoni in componenti microscopiche che poi sono state sono mescolate in una speciale miscela di bio-plastiche che è stata sviluppata appositamente all’interno dei nostri laboratori. Queste particelle di guscio d’uovo» prosegue il ricercatore «grandi nell’ordine dei nanometri, aggiungono resistenza al materiale e lo rendono più flessibile di altre nano-plastiche presenti attualmente sul mercato. Crediamo che queste caratteristiche, insieme alla biodegradabilità, potrebbero rendere questo materiale a base di nano-particelle di carbonato di calcio (la componente principale dei gusci d’uovo) una soluzione alternativa per un creare una nuova generazione d’imballaggi». La nuova bio-plastica è ancora in fase di sviluppo, ma le prospettive sono promettenti poiché, oltre a essere tecnicamente adatta a sostituire le plastiche tradizionali nel settore del packaging, è anche un materiale completamente biodegradabile che può essere riciclato nella raccolta differenziata insieme agli altri scarti organici, riducendo così in maniera sensibile la quantità di rifiuti non biodegradabili rilasciati nell’ambiente.
Bio-plastiche e nano-particelle
L’impiego di biomateriali nell’ambito del packaging è in rapida ascesa da diversi anni. Una necessità che nasce in primo luogo dal mercato, poiché sono per primi gli stessi consumatori a sentire la necessità di avere prodotti con packaging sostenibili, al posto dei classici imballaggi in plastica tradizionale, non biodegradabile. Un trend decisamente in positivo, supportato ultimamente dallo sviluppo di nuove interessanti tecnologie, che rende questi prodotti ancora più accessibili ai fornitori di imballaggi plastici e ai produttori di imballaggi. Fino a qualche anno fa le bio-plastiche potevano essere considerati dei materiali di nicchia, materiali promettenti, ma a causa del prezzo e delle performance tecniche poco competitivi rispetto alle plastiche tradizionali. Le strade seguite dagli specialisti dei materiali per poter migliorare le prestazioni di queste plastiche sono state, negli anni, diverse. Di recente per migliorare le prestazioni delle bio-plastiche si è provato a mescolarle con altri materiali più resistenti, ossia produrre materiali detti compositi, ovvero composti da due materiali diversi con caratteristiche tecniche differenti. I compositi sono generalmente costituiti da una matrice che preserva le caratteristiche principali del materiale di partenze dove sono disperse delle particelle. I risultati più promettenti nell’ambito delle plastiche sono stati ottenuti in particolare con nano-particelle a base di composti inorganici, che sono dotate di caratteristiche meccaniche completamente differenti. Le bio-plastiche, come del resto le plastiche tradizionali, sono materiali a base di carbonio con caratteristiche tecnologiche ben definite. Nano-particelle a base di ossidi di metallo, come per esempio il carbonato di calcio la principale componente dei gusci d’uovo oggetto di studio, hanno invece caratteristiche di resistenza tipiche dei metalli. Nel laboratorio del dottor Ragani hanno pensato dunque di unire la flessibilità della plastica alla resistenza meccanica del carbonato di calcio per arrivare a ottenere un materiale particolarmente versatile adatto a costituire diverse tipologie di packaging.
Bio-plastiche e nano-particelle
Verso un imballaggio sostenibile
Il vantaggio di questo tipo di materiale sarebbe quello di ottenere un packaging efficiente, ma anche lanciare sul mercato degli imballaggi un prodotto sostenibile al 100%. Le bio-plastiche impiegate nello studio, infatti, sono degradabili, ma sarebbe meglio dire compostabili, così come il carbonato di calcio e quindi il materiale risultante, così come l’imballaggio derivato, potrebbe essere facilmente riciclato nella frazione compostabile. L’impiego di queste bio-plastiche inoltre avrebbe un altro enorme vantaggio in termini di sostenibilità: i polimeri utilizzati nello studio derivano da risorse agronomiche, ossia risorse rinnovabili. Un’alternativa ecologica alle comuni plastiche derivate dal petrolio, delle quali annualmente vengono prodotte 300 milioni di tonnellate, utilizzando petrolio o altri combustibili fossili e che richiedono secoli prima di decomporsi. Inoltre, le plastiche, se vengono bruciate, contribuiscono in modo significativo all’incremento del diossido di carbonio (CO2), uno dei più potenti gas serra immessi dalle produzioni umane in atmosfera.
Quando si parla di bio-plastiche?
Non esiste una definizione univoca di bio-plastica: il termine si può riferire a plastiche realizzate a partire da materie prime vegetali (mais, barbabietola o amido di patata), oppure a polimeri biodegradabili; caratteristiche non sono sempre correlate. Un biopolimero può essere di origine petrolchimica ed essere comunque adatto al compostaggio, ma può anche derivare da risorse vegetali ed essere resistente alla degradazione microbica. La definizione più diffusa e accreditata è quella dell’European Bioplastics Association, un’organizzazione che riunisce insieme i più grossi produttori di bio-plastiche, che definisce biopolimeri “tutti quei polimeri derivati da risorse rinnovabili (bio-based) o che siano biodegradabili e compostabili (secondo la norma EN 13432)”. I due polimeri impiegati nello studio sono due tipologie di plastiche che possiedono queste caratteristiche: i PLA non solo derivano da risorse agronomiche rinnovabili, ma sono anche biodegradabili quindi non persistono nell’ambiente come le comuni plastiche. Un altro polimero, il PBAT deriva invece dal petrolio ma è biodegradabile.