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ETS: nel DL Energia un passo chiaramente non sufficiente per garantire la competitività delle imprese

Assocarta con le associazioni aderenti al Tavolo della domanda di energia di Confindustria. Le imprese italiane non possono seguitare a reggere il confronto impari con il sistema industriale europeo, in cui è presente da diversi anni uno schema di compensazione del 75% del costo dell’anidride carbonica trasferito nel prezzo dell’energia elettrica, mentre i fondi oggi disponibili in Italia permettono una copertura di poco superiore al 20%. Considerando che tale divario pesa per oltre 15 €/MWh, lo squilibrio che si viene a formare rischia di essere determinante nel delicato equilibrio del libero mercato europeo, e costringe la manifattura italiana a cedere irreversibilmente importanti quote di mercato.

L’approvazione dell’emendamento che raddoppia il Fondo per la Compensazione dei Costi indiretti della CO2 solo a partire dal 2025 è quindi un passo insufficiente e deve essere parte di un percorso di allineamento rispetto allo standard previsto dalla Direttiva e già applicato in tutta Europa.

Considerando la centralità del pacchetto ETS nell’ambito del Green Deal, è assolutamente necessario allineare la norma italiana a quella di Francia, Spagna e Germania, che attraverso tale compensazione tutelano la competitività delle proprie imprese dalla concorrenza aggressiva dei Paesi extra UE, in cui non sono previsti gli stessi standard ambientali europei. Allo stesso modo è importante sostenerne la competitività di altri settori energivori, a rischio di carbon leakage ed hard to abate, quali ceramica, vetro, cemento, ad oggi esclusi da queste compensazioni.

Confindustria invita il Governo a completare il percorso di recepimento della direttiva ETS prevedendo che il fondo sia opportunamente dimensionato in base ai costi reali della CO2, che è pari a oltre tre volte rispetto al valore 2020, anticipando gli effetti del DL Energia già nell’immediato, senza dover attendere il 2025.

I produttori europei devono saper farsi carico della forte spinta che arriva dai Paesi extra UE, operando in mercato unico europeo non viziato da norme applicate in modo disomogeneo.

Integrazione tra scuola e azienda nelle arti grafiche: un caso concreto

Giovedì primo febbraio alle 18,30 l’appuntamento è con il Gruppo MeetUp Arti Grafiche stampa e web che ha organizzato un interessante incontro online focalizzato sul rapporto tra scuola e azienda nel campo delle arti grafiche. Prendendo spunto da un’esperienza concreta vissuta presso l’ISA di Monza, oggi Liceo Artistico Nanni Valentini, l’incontro si propone di approfondire l’importanza delle pratiche che integrano l’ambiente scolastico con il mondo del lavoro.

L’esperienza condivisa sarà quella di Valter Minelli, titolare dell’agenzia di comunicazione Babel. Minelli ha guidato gli studenti in una simulazione di apertura di un’agenzia di comunicazione, affrontando le sfide reali del settore. Gli studenti hanno avuto l’opportunità di lavorare insieme, assumendo ruoli specifici e affrontando le complessità burocratiche, operative e comunicative proprie del campo delle arti grafiche.

Il progetto ha offerto agli studenti un’esperienza pratica, consentendo loro di applicare le conoscenze acquisite in classe a situazioni reali. Questa metodologia didattica ha permesso loro di comprendere meglio le dinamiche del settore e di sviluppare competenze trasversali cruciali per il loro futuro professionale.

Durante l’incontro, oltre a Valter Minelli, interverranno Paola Mondinari, dirigente dell’Istituto Rizzoli, e Monica Ciriello, docente presso il Liceo Artistico Statale della Villa Reale di Monza, che ha seguito il progetto come tutor degli studenti. Le loro riflessioni saranno fondamentali per comprendere quanto siano importanti queste pratiche di integrazione tra scuola e azienda e in che misura possano essere implementate.

L’iniziativa del Gruppo MeetUp Arti Grafiche stampa e web rappresenta un passo avanti nel promuovere una migliore connessione tra istruzione e mondo del lavoro. Solo attraverso un’efficace collaborazione tra scuola e azienda sarà possibile garantire ai giovani le competenze e le conoscenze necessarie per affrontare con successo le sfide del mercato del lavoro odierno.

Per iscriversi all’incontro
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Mimaki Europe, nuovo amministratore delegato

Mimaki Europe ha annunciato la nomina di Takao Terashima a nuovo amministratore delegato.

Takao Terashima ha iniziato la sua carriera presso Mimaki nel 1997 nel Dipartimento di Ricerca e Sviluppo e negli ultimi 26 anni ha acquisito notevoli conoscenze dei prodotti e tecnologie di Mimaki e dei mercati di riferimento. Nel corso della sua carriera, Terashima ha ricoperto diverse posizioni di responsabilità a tutti i livelli aziendali. Prima di essere nominato amministrato delegato di Mimaki Europe, ha operato come direttore generale senior della Business Unit Asia Oceania, posizione che ha inizialmente assunto nel 2017. In precedenza, tra aprile e ottobre 2017, ha esercitato per sei mesi la funzione di vicedirettore generale senior della gestione della qualità.

L’esperienza presso Mimaki ha portato Takao Terashima a lavorare non solo presso la sede centrale di Mimaki in Giappone, ma anche presso altre filiali internazionali, e a ricoprire diverse posizioni. Tra il 2013 e il 2017 è stato  amministratore delegato di Mimaki Singapore, e all’inizio della sua carriera ha lavorato presso Mimaki USA quale membro del team addetto al supporto tecnico.

In qualità di successore di Takahiro Hiraki nel ruolo di amministratore delegato di Mimaki Europe, Takao Terashima metterà a disposizione della società la propria esperienza nel settore, il pensiero analitico, le competenze commerciali e di team building nonché l’ampia conoscenza dell’azienda.

Entusiasta di questa nuova sfida, Terashima ha affermato: “Sono molto lieto di assumere il ruolo di amministratore delegato di Mimaki Europe, in quello che è un anno storico per questa divisione. Celebrando il 20esimo anniversario della sede europea, possiamo guardare indietro agli ultimi due decenni con orgoglio, grazie al duro lavoro e al costante impegno profusi dai nostri dipendenti.

Per quanto concerne il futuro, è assolutamente indispensabile assicurare che i nostri principi di innovazione, collaborazione e sostenibilità continueranno a determinare le nostre attività volte a fornire eccellenza ai nostri clienti. Forte dell’esperienza acquisita in questa azienda e nel settore della stampa in oltre 25 anni di lavoro, sono impegnato a guidare Mimaki sulla strada del successo per i prossimi 20 anni”.

Dalla progettazione alla stampa: il packaging è su misura

Una visione fortemente improntata al digitale e al cliente ha affermato il progetto Packly come una nuova interpretazione del web to print al servizio del packaging.

Di fronte alle pressanti richieste di personalizzazione, riduzione dei tempi di consegna e grande flessibilità, la risposta peggiore è tergiversare. Nonostante i dubbi infatti, oggi i mezzi per garantire risposte adeguate non mancano, a condizione di sposare senza remore la transizione digitale ed essere in grado di sfruttarla a dovere. «Il nostro progetto attuale nasce una decina di anni fa – ricorda Giuseppe Prioriello, CEO e socio fondatore di Packly -, come spin-off di un’altra nostra iniziativa, perché avevamo deciso di votarci totalmente all’innovazione».

Un punto importante questo, per capire la volontà e il relativo potenziale di non seguire sempre e comunque un’evoluzione lineare, ma capire quando e quanto sia importante invece una svolta decisa rispetto al passato. Per distinguersi in un settore molto attuale ma anche molto legato a modelli di lunga data come il packaging, era necessario ripartire da zero dal punto di vista progettuale.  «Nel corso del tempo abbiamo sempre seguito un approccio orientato al cliente, pronti ad analizzare e risolverne i problemi – sottolinea Prioriello -. Sono emersi diversi punti fondamentali, come abbassare la quantità minima per un ordine, assecondare la domanda di personalizzazione e standard qualitativi elevati».

Adattare un’organizzazione tradizionale, costruita intorno a tecnologie offset e procedure lunghe anche settimane, si è presto rivelato impensabile. La scelta è stata quella di ridisegnare i processi, dipendendo il più possibile da se stessi. La piattaforma Packly, come buona parte dei flussi di lavoro, è quindi il risultato di uno sviluppo software interno. Sicuramente impegnativo, ma al tempo stesso anche garanzia di aggiornamento tempestivo e fattore distintivo.

Il packaging nell’era digitale

Dedicarsi esclusivamente a un servizio web to print  di packaging online ha poco a vedere con la stampa online come è stata concepita in origine. Più di volumi e consegne rapide, in questo caso si parla di personalizzazione, di flessibilità nei tempi e nei volumi, con margini comunque ristretti, e soprattutto garantire supporto.

«Uno dei principali fattori distintivi per noi è la piattaforma di progettazione. Permette al cliente di operare da qualsiasi postazione in qualsiasi luogo, realizzare il modello desiderato, visualizzarlo in 3D ed eventualmente confrontarsi al di fuori della piattaforma con i propri consulenti e acquirenti. Inoltre, stampare al limite anche una sola copia, per verificare il risultato. In pratica, offriamo le stesse garanzie di chi acquista un abito su misura e prima di pagare lo prova in negozio».

Dal lato utente, il ragionamento appare perfettamente lineare. Solo guardando al grande lavoro e alla perfetta organizzazione alle spalle, è possibile capire la dimensione e il tasso di innovazione del progetto. Aspetti che dovrebbero essere rivelati il più possibile a chi decide di affidarsi ai servizi dell’azienda molisana. La procedura è infatti alla portata degli operatori della comunicazione visiva, senza doversi preoccupare di competenze tecniche. Un progetto può infatti partire da una libreria di modelli predefiniti ai quali aggiungere le dimensioni volute, i materiali e i colori, compresa eventuale vernice o tinte speciali. Oppure, sfruttare la particolarità di una funzione dove semplicemente inserire le dimensioni dell’oggetto per ottenere una serie di modelli di   packaging compatibili e realizzabili per le misure immesse.

«È una sfida decisamente complessa per noi, perché dobbiamo combinare il mondo digitale con quello reale. Da una parte, organizzare le apparecchiature per garantire una produzione uniforme, entro i limiti stabiliti, quando a seconda delle necessità si usa la stampa offset o quella digitale. Oppure, gestire produzioni con esigenze particolari, come quelle del settore alimentare».

Al momento, una sfida affrontata e superata senza particolari difficoltà. Grazie anche al momento particolarmente favorevole per il packaging, i risultati non mancano. Per consolidarli nel tempo però, non serve solo saper cavalcare l’onda. Anzi, cercare di restare sempre un passo avanti in un settore molto dinamico è un degli aspetti più delicati.

Se un portale web bene organizzato è facilmente fruibile in qualsiasi luogo del mondo, la vera sfida inizia subito dopo. «Il mercato chiede stampe veloci, ormai allo stesso ritmo di un qualsiasi e-commerce. I tempi della comunicazione sono diventati strettissimi; di conseguenza le aziende tendono a validare diversi progetti, con relative forme e colori. Subito dopo, spetta a noi essere altrettanto veloci, e per quanto possibile anche proattivi».

La risposta sono spedizioni al massimo entro quarantotto ore dall’ordine, anche per decine di grafiche diverse. Quelle sempre più spesso utilizzate dalle aziende per effettuare dei test sul campo e capire quali siano adatte alla produzione in grandi volumi. Una volta individuate, a loro volta da garantire nel rispetto dei tempi concordati. Chi invece vuole affidarsi a Packly anche per rendere più flessibile e meno onerosa la gestione interna del magazzino, può contare su spedizioni organizzate nell’arco di due, cinque oppure otto giorni.

L’importanza di sostenibilità e qualità della vita

Alle spalle di tutto questo è indispensabile costruire un sistema a prova di errore, dove di conseguenza il digitale non è da intendersi solo per gli aspetti riguardanti la stampa. L’intero processo produttivo, dal prelievo dei supporti in magazzino alla consegna al reparto spedizioni, è il più possibile automatizzato. Nel pieno rispetto dei principi di Industria 4.0, l’utilizzo di codici prodotto e dei più attuali sistemi RFId permette un flusso bidirezionale dei dati. Utile da una parte per gestire le operazioni interne e dall’altra ad allinearsi agli standard di tracciamento.

Anche se l’esperienza dei fondatori è decisamente di lunga data, un’azienda nata una decina di anni fa, non può fare a meno di confrontarsi con la richiesta di sostenibilità. Se ben gestita, pronta a trasformarsi in valore aggiunto. «Ci abbiamo creduto e scommesso da subito. Oggi il nostro stabilimento è alimentato al 100% da energia sostenibile. Quando il nostro impianto fotovoltaico non è sufficiente, ci serviamo da fornitori con produzione proveniente esclusivamente da eolico o fonti rinnovabili certificate. Inoltre, scegliamo i materiali di stampa in base alle caratteristiche di sostenibilità e recuperiamo ogni scarto possibile. Sempre più, il cliente guarda a questi aspetti, e li apprezza».

Liberi di fare impresa

Una volta fuori discussione la validità del progetto Packly, è possibile affrontare anche un aspetto certamente meno tecnico, ma altrettanto importante. Investire su uno stabilimento in Molise va contro le convinzioni ancora radicate di essere avvantaggiati da una posizione vicina alle grandi opportunità offerte dai mercati di riferimento. Grazie anche all’appoggio del digitale, oggi questo è un principio ormai superato, in favore di una maggiore distribuzione del lavoro, una migliore valorizzazione delle risorse locali, non necessariamente costrette a trasferimenti, e in definitiva alla qualità della vita, facilmente traducibile in una forza lavoro più soddisfatta e quindi efficiente.

«È stata una parte importante della sfida e sicuramente nelle esperienze precedenti all’estero io e mio fratello avevamo trovato maggiore facilità a investire. Nella nostra terra però, possiamo contare sull’enorme vantaggio delle persone. Abbiamo la possibilità di sceglierle, formarle e qualificarle secondo le necessità. Questo rende più facile anche tenerle con noi, mentre altrove è spesso difficile trovare chi è disposto a condividere un progetto, concentrarsi e risolvere problemi nel tempo. Credo abbiamo realizzato qualcosa che prima nel mondo della cartotecnica non c’era».

Personalizzazione a tutto campo

Oltre alla giustificata soddisfazione per uno scambio con il proprio territorio vantaggioso per entrambi, è importante anche non sentirsi mai arrivati. Sviluppare e realizzare tecnologie in proprio significa anche questo, assicurare crescita e stimoli tali da non sentire la necessità di cercare alternative. «Il nostro team di R&D è in grado di individuare e richiedere personalizzazioni alle linee produttive   utili per raggiungere i nostri obiettivi di qualità e produttività. Un aspetto non di rado condiviso con realtà straniere, utile a entrambi».

Una visione di lungo termine, dove è sempre importante pensare sempre al passo successivo. Se per quanto riguarda la personalizzazione spinta, intesa come gestione di dati variabili in stampa, la domanda è ancora limitata, su altri aspetti gli obiettivi sono già chiari. «Dobbiamo diventare ancora più reattivi sui tempi di produzione e consegna, dove ormai l’attesa è sempre più stringente – conclude Giuseppe Prioriello -. Un altro aspetto impegnativo è la riduzione dei costi, da intendersi soprattutto come minori sprechi e maggiore capacità di adeguare una tiratura alle esigenze effettive. Guardando oltre, vedo prospettive interessanti per l’impiego di tecnologie come RFiD e NFC nel packaging, per interagire in modo più evoluto di quanto si faccia spesso già oggi con un QR-Code».

Da agenzia di comunicazione a hub di competenze

Le figure professionali tradizionali devono subire un processo di evoluzione, sotto la guida e l’istruzione di un management dotato di una visione innovativa e moderna riguardo a ciò che implica offrire un servizio completo. Questa evoluzione è sempre più necessaria in risposta a un mercato che predilige un approccio unificato, favorendo la presenza di un singolo interlocutore.

Massimo Montersino, responsabile Qualità e COO di And Communication, di seguito ci fa un quadro completo del mondo delle agenzie.

Le agenzie di comunicazione, in passato, si occupavano principalmente solo della parte creativa e progettuale. Quando il mercato ha cominciato a “correre” i tempi di realizzazione sono diventati più brevi, si è passati sempre più velocemente dalla parte progettuale a quella operativa e, soprattutto, la ricerca di riduzione dei costi è diventata l’argomento principale. Le agenzie si sono trovate nella situazione di doversi sostituire, all’inizio in parte e ora in tutto, ai professionisti che prima gestivano, in base alle loro competenze, la produzione. Ad una prima visione determinata dal cambiamento tecnologico, sembrava che fosse sufficiente un “cambio di cappello”, la realtà ha dimostrato che le competenze sono in realtà nettamente divise e non sovrapponibili se non con un adeguato percorso. In particolare, è mancata la visione della necessità di formare gli operatori in modo che potessero e possano oggi affrontare con competenza tecniche questi nuovi ruoli. Molti imprenditori hanno ritenuto validi i software messi a disposizione prima da Aldus (Page Maker e FreeHand), poi da Quark (Xpress), da Adobe (Photoshop, Illustrator, InDesign), ecc., ritendo più che sufficienti i pressapochismi e anche la buona volontà degli operatori per realizzare i file. È certo che i tempi e i costi si sono ridotti, ma in generale si è ridotta anche la qualità del prodotto. Manca la capacità di prevedere il risultato finale, per evitare errori che si ripercuotono sui tempi, sui costi e sulle aspettative.

Perché hub di competenze

La moderna agenzia di comunicazione per rispondere alle richieste del mercato deve diventare un hub di competenze, ovvero deve esistere la consapevolezza che la progettualità non può prescindere dall’industrializzazione della stessa e quindi tutti devono essere istruiti in tal senso. Quando la parte creativa e di ricerca finisce di fatto si entra in una fase industriale dove occorre che tutti abbiano presente quale deve essere il risultato finale e quali sono le interazioni necessarie.

È compito del responsabile tecnico dell’agenzia identificare e descrivere le procedure tecniche che permettono ai creativi di trasformarsi in operatori completi. Solo in questo modo possono impostare l’esecutivo (il PDF) che deve essere pronto per la stampa partendo da quando progettato. Il grafico avendo recepito e messo in pratica le conoscenze degli aspetti tecnici che si devono tenere in considerazione sarà facilitato nel realizzare il progetto. Da qui il significato di hub di competenze: il coesistere di più professionalità in capo alla stessa persona che gestisce il proprio lavoro in funzione sia della creatività sia del risultato finale. Non solo le agenzie ma in generale tutte le aziende, devono rivalutare la formazione tecnica del personale, dedicando tempo e risorse per individuare prima le necessità aziendali e successivamente i percorsi di crescita personali o collettivi che portino a rispondere a queste necessità che sono sempre in crescita e cambiano repentinamente in base all’evoluzione tecnologica.

È evidente che i costi sostenuti dall’agenzia, derivanti dal fatto che si prende in carico tutte le lavorazioni una volta non di proprio pertinenza, debbano essere imputati al cliente che avrà però un vantaggio in quanto un unico interlocutore che opera le differenti lavorazioni abbatterà costi e tempi.

Cambiare l’approccio generale dell’agenzia significa anche cambiare l’approccio iniziando dalla progettazione, che deve diventare integrata. Chi progetta lo deve fare in funzione al risultato, considerando tutte le variabili necessarie o che possono capitare per arrivare al risultato finale, lo stampato.

Conoscere e sfruttare gli strumenti a disposizione

Per arrivare ad avere un esecutivo corretto, prima di trovare eventuali problemi in fase di certificazione finale che porterebbero a ritardi ed extra costi, se non per il cliente sicuramente per l’agenzia, è importante imparare e sfruttare le attuali potenzialità dei software di Adobe, Corel, Affinity. Ma si devono anche conoscere almeno a livello “base” i software che i grafici non amano, Word, Excel, ecc., utili (a volte indispensabili) per realizzare o estrapolare da questi file dati che poi si integrano nei software specifici per la grafica professionale. Anche software fino a ieri non considerati idonei all’uso grafico devono essere compresi per essere sfruttati a fondo: ad esempio le aziende stanno chiedendo sempre più di utilizzare Power Point per realizzare presentazioni complesse sfruttando le potenzialità di questo software che lo rendono molto vicino a un impaginatore unito a un software di multimedia e questo significa apprendimento di nuove conoscenze. Un altro elemento da padroneggiare è la suite delle app di Google che è diventata elemento importante negli scambi e nella condivisione di elementi. Non si può dimenticare l’ultima arrivata ovvero la AI generativa: questo nuovo strumento, potente ma di difficile governo, è entrato prepotentemente sia nella gestione dei testi, utilizzati come base di lavoro specie nella comunicazione social, sia nella creazione di immagini, spesso utilizzate come contributi a complemento degli scatti reali. Sarebbe un errore considerarlo un nemico o l’ennesimo strumento messo in mano ai clienti per sostituirsi all’agenzia: esiste, deve essere padroneggiato al meglio per piegarlo alle necessità e sfruttarlo per un nuovo approccio propositivo. Significa che, per esempio, fotografo e post-produttore devono entrambi conoscere questo nuovo strumento per collaborare fra di loro al risultato finale.

Un altro elemento su cui And Communication ad esempio ha creduto è il concetto della Qualità intesa come adesione ai dettami della norma ISO9001: formazione diffusa, istruzioni scritte, step di controllo e certificazione, analisi degli errori e implementazione di procedure perché non si ripeta.

Infine, ma non per importanza, la prova colore certificata è fondamentale per la valutazione finale dell’aspetto di quanto prodotto, per la condivisione con il cliente e la sua approvazione di quanto realizzato e per dare allo stampatore un riferimento certo dì riscontro del PDF inviato.

La firma del cliente su una prova colore certificata lo responsabilizza per evitare ripensamenti o “pensavo venisse diverso” quando il tutto viene stampato.

Le norme e le leggi

La conoscenza delle norme e delle leggi che regolano le attività di una agenzia comunicazione è un altro elemento importante per l’ottenimento del risultato corretto nel più breve tempo possibile e per supportare al meglio sia i clienti sia gli stampatori. Per quanto riguarda la parte prettamente tecnica è bene conoscere almeno in termini generali la ISO 12647 mentre è consigliabile una conoscenza più approfondita delle Norme ISO3664, ISO 12646 e delle regole del Ghent Workgroup .

Il Color Management è la base per la corretta impostazione del risultato cromatico e un’attenzione particolare va posta alla gestione dei colori Pantone, specie dopo che Adobe ha deciso di non inserire più le librerie nella Creative Suite obbligando chi utilizza queste tinte piatte a trovare soluzioni diverse.  Nella nostra agenzia si è fatto un investimento importante, tutte le postazioni dei grafici dispongono di Pantone Connect, indispensabile per accedere alla libreria dei colori Pantone, per qualunque tipo di stampa, con strumenti che favoriscono e garantiscono la conversione in CMYK quando necessaria senza dover ricorrere a calcoli strani o empirici.

Anche in questo caso la formazione degli operatori è fondamentale per ottenere la resa migliore da questo strumento.

Completano questa parte relativa alla conoscenza e gestione delle norme i monitor calibrati e le stazioni di verifica illuminate a norma

La conoscenza delle norme tecniche permette un dialogo aperto con lo stampatore per valutare la fattibilità di un progetto fin dalla sua impostazione sulla base di conoscenze comuni.

Nell’ambito del packaging molti settori (farmaceutico, alimentare ecc.,) sono regolati da norme e leggi molto rigorose.

Ad esempio il packaging alimentare è sottoposto, per citarne alcune, alla Legge Europea 1169/2011 (ingredienti e valori nutrizionali, dimensioni e uso dei font), al Decreto Legge 116/2020 (simboli e indicazioni per lo smaltimento dei rifiuti e relative dimensioni), al DM relativo all’utilizzo dei simboli IGP/DOP, alla Norma Internazionale GS1/Indicod (caratteristiche dei codici a barre),  alla Legge Europea sui prodotti BIO (utilizzo del simbolo relativo) e alle varie declinazioni europee e internazionali delle stesse.

Ognuna di queste prescrizioni è stata fatta senza tenere conto delle varie interazioni, specie a livello di dimensioni, generando una “matrice” dove spesso è difficile farle convivere tutte lasciando spazio anche alla parte comunicativa.

Inoltre alcune leggi ritengono tutti gli attori della filiera responsabili di eventuali inesattezze: se l’agenzia non padroneggia anche questi aspetti rischia di non sapersi proteggere da queste insidie. La recente Legge sui simboli di smaltimento è l’esempio calzante: la responsabilità di un simbolo sbagliato ricade su tutti.

La conoscenza delle leggi e norme è fondamentale per poter realizzare progetti che siano fin dall’inizio a norma di legge in modo da agevolare il lavoro degli uffici qualità preposti alla verifica e all’approvazione. Anche in questo caso la diffusione di conoscenze e competenze permette di considerare gli elementi legali fin dall’inizio della progettazione in modo da non scoprire in fase avanzata che quanto proposto al cliente non è realizzabile.

Spesso, specie nelle etichette alimentari, le norme e le leggi da considerare sono così tante da vincolare l’attività creativa nei pochi spazi che rimangono disponibili.

La conoscenza della parte legale permette anche di dialogare con gli uffici qualità dei clienti per affrontare assieme i problemi che nascono in un nuovo progetto, coordinandosi per ottenere il miglior risultato.

Fedrigoni completa l’acquisizione di Arjowiggins China

Il Gruppo Fedrigoni dopo aver concluso un anno fa un accordo industriale con Arjowiggins HKK3 Limited, proprietaria del gruppo Arjowiggins China, ha annunciato di aver perfezionato il 29 dicembre 2023 l’acquisizione dell’intero capitale sociale di Arjowiggins HKK3 Limited.
La cartiera di Quzhou, situata nella provincia di Zhejiang, è protagonista mondiale nella produzione di carte traslucide, vendute con i marchi Gateway e Sylvicta, per applicazioni che spaziano dal design industriale e dalla grafica all’imballaggio di prodotti alimentari, elettronici di consumo e di lusso.
“Con la sua prima cartiera in Cina, Fedrigoni può ora rafforzare la presenza geografica nel mercato asiatico, dove ha già un’ampia rete di distribuzione in Cina, Hong Kong, Filippine, Indonesia e Bangladesh, compresi 11 magazzini, un impianto di produzione di materiali autoadesivi a Hefei e uno di produzione di inserti e tag RFID a Guangzhou – commenta Marco Nespolo, CEO di Fedrigoni Group -. L’operazione consentirà inoltre al gruppo di espandere ulteriormente il portafoglio prodotti nel segmento delle carte traslucide, che hanno il potenziale per sostituire sempre più la plastica nel packaging in quanto monomateriale completamente riciclabile”.
Oggi lo stabilimento produttivo di Quzhou conta 130 dipendenti e produce ogni anno circa 7.000 tonnellate di carte traslucide. L’innovazione di prodotto legata alla transizione dalla plastica alla carta è una delle maggiori aree di investimento nella roadmap di ricerca sviluppo e innovazione per Fedrigoni e un pilastro fondamentale della sua strategia ESG al 2030.
Con Arjowiggins China salgono a 14 le M&A portate a termine da Fedrigoni negli ultimi quattro anni, di cui due nel 2024. Appena pochi giorni fa il Gruppo ha infatti annunciato un investimento iniziale per ottenere una quota di minoranza di SharpEnd / io.tt, la società di consulenza e soluzioni IoT che ha la missione di aiutare i brand a far evolvere i propri prodotti, il packaging e l’engagement dei clienti attraverso soluzioni connesse, con un percorso di acquisizione dell’intero capitale nel lungo termine.

L’acquisizione di Arjowiggins China potenzia la business unit Fedrigoni Special Papers

Fedrigoni Special Papers, la business unit di Fedrigoni specializzata nelle carte speciali di alta gamma, con l’acquisizione di Arjowiggins China fa un ulteriore step di crescita. Oggi la divisione include gli storici marchi MyCordenons e Fabriano e negli ultimi quattro anni si sono uniti all’ecosistema di Fedrigoni Special Papers numerosi brand: Éclose (2021) con le soluzioni di packaging sostenibile a base cellulosa, Guarro Casas e l’esperienza nelle soluzioni per la rilegatura, Zuber Rieder con le carte più innovative per le etichette.

L’offerta della divisione Fedrigoni Special Papers ruota attorno a quattro pilastri principali: Luxury Ecosystem, ampia offerta di carte speciali per i top brand del settore del lusso per il packaging e la comunicazione; Creative Communication, verticale dedicato alle applicazioni di alta gamma e all’editoria di pregio; Technical Solutions, che include tutte le soluzioni più innovative da RFID a carte intelligenti, da carte speciali che sostituiscono la plastica in molte applicazioni a carte da gioco o gift card, Art and Drawing, legato al mondo delle carte creative Fabriano.

“Shaping ideas, Stories and Experiences” è il nuovo concept creativo con cui Fedrigoni Special Papers rinnova la sua promessa al mercato. Il concept nasce dalla collaborazione con l’agenzia creativa londinese Pentagram: una pagina bianca è il luogo dove nascono le idee e le carte speciali di Fedrigoni sono il mezzo attraverso il quale ogni nuova idea prende forma.

La sostenibilità rimane al centro della strategia Fedrigoni e guida anche la ricerca e sviluppo della business unit Fedrigoni Special Papers – nei suoi Centri di Innovazione a Verona e Grenoble – per raggiungere gli obiettivi ESG che il Gruppo si è dato: la riduzione significativa delle emissioni per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, lo sviluppo di prodotti “circolari” per eliminare i rifiuti con l’obiettivo di riciclare il 100% della carta entro il 2030, la riduzione del 10% del prelievo di acqua fresca (entro il 2030) e la restituzione di tutta l’acqua utilizzata all’ambiente pulita e purificata (attualmente già oltre il 95%). L’azienda continua ad utilizzare solo cellulosa proveniente da foreste certificate FSC e identifica spazi naturali vicino a ogni cartiera dove la biodiversità può essere ripristinata e il ritorno dei rapaci locali monitorato. Inoltre, il Gruppo si pone l’obiettivo di utilizzare il più possibile fibre alternative come cotone, canapa e lino.

PPWR ed economia circolare, la carta tra regolamenti e standard

Confronto tra la percezione da parte dei consumatori europei dei tassi di riciclo per gli imballaggi in carta/ cartone e per quelli in plastica. Fonte: Two Sides “Il packaging agli occhi del consumatore europeo – 2020”

La differenza tra reale e percepito non è più solo un tema di comunicazione tra industria e popolazione, si sta trasformando piuttosto in un elemento capace di esercitare una forte pressione sulla politica, incidendo poi a livello decisionale. La maggiore consapevolezza del cittadino sulle questioni ambientali è positiva, ma deve fondarsi su verità oggettive. Le recenti decisioni prese a livello europeo – dalla SUP al regolamento PPWR – dimostrano quanto sia importante tutto questo. Il meglio in assoluto è un’utopia, ma i dati scientifici possono aiutare a trovare la soluzione più corretta e che sia davvero sostenibile: per l’ambiente, per la società, per l’economia.

Tema dibattuto da mesi e fonte di preoccupazione per l’intera filiera, il nuovo regolamento sugli imballaggi PPWR (packaging and packaging waste regulation) è stato approvato. Ora si attendono le norme attuative per comprendere cosa accadrà. Il 18 dicembre 2023 al Consiglio europeo è stato raggiunto l’accordo sulla proposta di aggiornamento del regolamento che mira a ridurre la quantità di packaging immessi sul mercato. Tale accordo però «perde di vista l’economia circolare europea – un asset di livello mondiale – e mette in discussione gli investimenti fatti e quelli futuri» afferma in una nota Michele Bianchi, presidente di Federazione Carta e Grafica, il quale sottolinea come siano stati fatti sforzi per sostenere la risoluzione che era stata approvata dal Parlamento europeo in seduta plenaria il 22 novembre e che aveva soddisfatto, almeno in parte, il settore.

Ora ci si augura che le modifiche e gli emendamenti, che erano stati sollecitati dall’industria e dal Governo italiani nella risoluzione di fine novembre e che portavano importanti miglioramenti al testo originario del PPWR, possano ancora essere ripresi nelle prossime tappe della procedura legislativa europea. La risoluzione, nello specifico, esenterebbe dagli obiettivi di riutilizzo gli imballaggi che abbiano un tasso di raccolta per il riciclaggio dell’85% – raggiunto, per altro, in Italia. Una posizione per giunta «in linea con l’obiettivo generale secondo cui tutti gli imballaggi devono essere riciclabili o riutilizzabili» aggiunge Bianchi.

Il sentiment che guida la legge

Se si guarda al recente passato si scopre che il regolamento PPWR non è però l’unica normativa ad aver creato preoccupazione nella filiera. Prima della packaging and packaging waste regulation il mondo dell’imballaggio è stato travolto dalle novità dettate dalla direttiva sulle plastiche monouso o SUP (single use plastic). Ha rappresentato quello che Massimo Ramunni, vice direttore di Assocarta e segretario di Aticelca, durante il congresso Miac Paper&Board 2023, ha definito «un punto di svolta, il momento in cui è cambiato qualcosa nella legislazione europea». Ma cosa è stato a determinare tale svolta e perché proprio ora? Per capirlo occorre guardare all’opinione pubblica e a una rinvigorita attenzione alla salvaguardia dell’ambiente. Una legittima consapevolezza di dover affrontare i problemi dettati da uno sfruttamento sconsiderato del pianeta che ha mosso l’opinione pubblica e che ha spinto la politica a intervenire.

Tuttavia, se è capibile che l’opinione pubblica si lasci travolgere dall’emozione del momento, il fatto che lo faccia la politica, invece che basare le proprie decisioni su solide basi tecnico-scientifiche, non è giustificabile. Il rischio – ed è quello che sta accadendo – è che il rimedio si riveli più dannoso del problema che si vorrebbe risolvere.

Ramunni porta l’esempio del bando dei cotton fioc con bastoncino in plastica: la loro presenza nei nostri mari e sulle nostre spiagge è un problema innanzitutto di cattivo comportamento di tutti noi consumatori e di scarsa capacità degli impianti di depurazione delle acque reflue urbane di fare il proprio lavoro. «Il legislatore avrebbe potuto investire sull’educazione delle persone e sui depuratori, ma è molto più facile vietare e, in questo modo, nel giro di meno di un anno, è stata approvata una direttiva che ottenuto un grande consenso; una nuova legislazione che, agli occhi dell’opinione pubblica, “salva l’ambiente”. Questo è il rischio della legislazione in questi anni e il rischio che si stia correndo anche con la proposta di regolamento sugli imballaggi».

I pro e i contro del nuovo regolamento

«La proposta di regolamento sostanzialmente riprende una direttiva europea che per vent’anni è stata la base dello sviluppo dell’industria cartaria italiana ed europea» spiega il segretario di Aticelca, «perché è quella che di fatto ha stimolato la raccolta e il riciclo, e ha aiutato le imprese della carta». Ora però proprio quella stessa parte di legislazione tanto importante per l’industria cartaria rischia di tramutarsi nel suo peggiore nemico. «Ancora una volta, sulla base dell’emozione e non della scienza, i politici stanno puntando al tema del riutilizzo, senza considerare che il riuso sicuramente avrà delle applicazioni in cui è la scelta preferibile, ma non può essere applicato a tutti gli ambiti né essere considerato la migliore scelta da un punto di vista ambientale in tutte le applicazioni». Qui sta il nocciolo della questione.

Se nella versione definitiva del testo del regolamento venissero fissati obiettivi di riuso indipendentemente dalla tipologia di materiale, questo creerebbe un evidente svantaggio per quei prodotti – come quelli cellulosici – che non sempre possono essere riutilizzati e che, invece, sono assolutamente adatti a essere riciclati. Il rischio, quindi, è che «dopo aver avuto per vent’anni degli obiettivi di riciclo» sottolinea Ramunni, «adesso ci troviamo ad avere obiettivi di riuso che sono oggettivamente impossibili per un materiale come la carta».

E non è tutto perché, come spiega bene Bianchi nella nota di FGC, «imporre quote di riuso a tutti i materiali significa trattare materiali diversi – rinnovabili o fossili – alla stessa maniera, applicando la “neutralità tecnologica” al contrario. Inoltre, introdurre sistemi di riutilizzo, che possono essere innalzati a discrezione dei singoli Stati, significa andare nel senso opposto a quello dell’armonizzazione del mercato interno, utilizzando – paradossalmente – lo strumento del regolamento che è direttamente applicabile».

A voler guardare però il bicchiere mezzo pieno, occorre riconoscere anche ciò che di positivo il PPWR propone. Per esempio, prosegue il segretario di Aticelca, «una delle proposte è di fare in modo che tutti gli imballaggi siano riciclabili. E questo per il settore cartario è una grande opportunità». La carta, ricorda, parte da un grande vantaggio rispetto agli altri materiali, avendo un tasso di riciclo che è già oltre l’80%, «nessun altro materiale riesce a fare altrettanto», inoltre proprio questa spinta verso imballaggi riciclabili può rappresentare un forte ulteriore stimolo ad aumentare la capacità di riciclo e, quindi, la disponibilità di materiale per l’industria cartaria. «Tant’è che, non solo gli obiettivi di riciclo sono stati mantenuti – l’industria della carta ha già raggiunto quello al 2030 – ma anzi come industria europea a livello di Cepi ci siamo impegnati ad arrivare al 90%. Tuttavia questo non è bastato a proteggerci da una proposta di regolamento che, puntando sul riuso, di fatto disconosce tutto quello che l’industria ha fatto in questi anni».

La filiera del packaging deve, a ogni modo, fare di più anche su altri fronti. Uno di questi è il tema dell’over packaging che, ricorda ancora Ramunni, non piace ai consumatori e sul quale è bene che si ponga maggiore attenzione e si trovino soluzioni tecniche prima che – sempre sulla spinta emozionale – si giunga a una qualche imposizione di legge che possa poi mettere in difficoltà l’industria di settore.

Il driver chiamato consumatore

Tenere in considerazione ciò che pensa il mercato è diventato più che mai indispensabile, tanto più se ormai i consumatori sono il driver delle decisioni politiche. Da un’indagine condotta a marzo da Two Sides, progetto di comunicazione internazionale sulla sostenibilità della carta e degli imballaggi in carta, emergono dati interessanti sul rapporto tra consumatori e packaging. È stato intervistato un campione di circa 1.000 cittadini italiani e «il primo elemento rilevante è che ben il 62% non è assolutamente sfavorevole all’idea di applicare delle tasse sugli imballaggi non riciclabili – un punto a favore dell’industria cartaria. Ben il 78%, inoltre, si dice infastidito dall’over packaging, un esempio sono gli imballaggi mezzi vuoti negli acquisti online. E il 67% degli intervistati dichiara di fare azioni per aumentare l’uso di imballaggi in carta mentre condanna la grande distribuzione se non agisce per la riduzione degli imballaggi in plastica». Ne emerge dunque un’immagine del settore cartario tutto sommato positivo, in particolare dell’imballaggio in carta, a differenza invece della percezione da parte dei cittadini delle carte grafiche, che è invece ancora fortemente negativa. La motivazione, spiega Ramunni, sta nel confronto è con il mezzo digitale che, erroneamente, viene percepito dai consumatori come privo di impatto ambientale.

«La carta, inoltre, è considerata il migliore materiale di imballaggio per la maggior parte delle caratteristiche, in particolare quelle ambientali: compostabilità, leggerezza, migliore per l’ambiente, facile da riciclare. Ma è perdente sulla robustezza e sul fronte riuso dove, invece, a vincere è il vetro».

Da questi dati emerge quanto i cittadini oggi abbiano una maggiore sensibilità ambientale e vedano nel fare la raccolta differenziata la principale azione ambientale che possano compiere. Un’azione in cui, quindi, l’industria che produce imballaggi ha una grande possibilità che, in parte le viene già riconosciuta. «Da questo punto di vista la carta ha una chance importante, anche se possiamo fare di meglio» dice Ramunni, «perché sempre dalle indagini di Two Sides emerge che, in realtà, solo il 18% dei cittadini italiani riconosce che la carta è riciclata per più del 60%, ma sugli imballaggi siamo già all’80%. Quindi c’è ancora un gap enorme di conoscenza che dobbiamo colmare e dobbiamo farlo in fretta» proprio per evitare che suscitare nella percezione collettiva un’idea negativa e anti ambientale capace poi di spingere la politica a proposte come quella del regolamento PPWR o della SUP.

«Fortunatamente» aggiunge «nella percezione del consumatore il riutilizzo come opzione ambientalmente preferibile è ancora molto limitato. Dobbiamo lavorare quindi ancora di più per migliorare l’immagine del settore cartario sul riciclo, sulla capacità di riciclo, sulla riciclabilità».

Aticelca e la riciclabilità che si misura

A livello tecnico il settore sta compiendo passi molto interessanti. In particolare Aticelca ha pubblicato un sistema di misurazione della riciclabilità dei prodotti e degli imballaggi in carta. «Vi abbiamo lavorato dal 2011» dichiara Ramunni «è rimasto dormiente per diversi anni, ma dal 2017 la sensibilità è cresciuta molto e adesso abbiamo migliaia di analisi fatte su prodotti di imballaggi in carta in tutta Italia e più di 200 aziende che stanno investendo su questi sistemi per migliorare la riciclabilità degli imballaggi in carta e per comunicarlo ai cittadini attraverso il marchio appositamente sviluppato». L’obiettivo ora è di rendere obbligatoria la misura della riciclabilità a partire dal 1° gennaio 2025, per poter pagare il contributo ambientale Conai nelle fasce più basse. Quindi, spiega il segretario di Aticelca, l’azienda che non dovesse fare l’analisi si ritroverebbe a pagare il contributo più alto – introdotto tra l’altro per gli accoppiati, anche se limitatamente alla presenza di plastica, proprio grazie al sistema Aticelca. «Si tratta di una leva importante per incentivare appunto lo sviluppo di imballaggi più facili da riciclare». Il sistema di misurazione, inoltre, sta riducendo la possibilità di mettere nella raccolta carta, materiali considerati “cartacei” ma che, in realtà, non sono propriamente cellulosici. «Fino all’anno scorso» spiega in merito Ramunni «aveva titolo di entrare nel bidone della carta qualsiasi cosa che avesse una prevalenza di carta. Quindi un prodotto con 40% di carta, 30% di plastica e 30% di alluminio formalmente era considerato carta e accedeva il bidone della carta. Il primo passaggio è stato di avere almeno una quota carta del 60%, ma l’obiettivo è di alzare nel tempo questa asticella».

Europa sulla scia italiana

L’Italia non è stato però l’unico terreno su cui si è intervenuti e si vuole intervenire. L’intenzione, sin da subito, è stata di stimolare la nascita di un processo europeo, il mercato del resto è ormai internazionale e non avrebbe senso avere sistemi di misura la riciclabilità solo sul territorio nazionale. Ecco perché Aticelca ha spronato Cepi a sviluppare un sistema europeo pubblicato poi nell’autunno del 2022. «Adesso quindi abbiamo un metodo di prova che è condiviso a livello europeo, tant’è che nel Regno Unito ha preso il via il primo sistema di valutazione della riciclabilità, simile a quello di Aticelca ma che utilizza già il metodo europeo; anche in Italia faremo altrettanto» prosegue Ramunni spiegando come, con Comieco, si stia lavorando proprio per fare una comparazione tra il metodo Aticelca e il metodo Cepi, in modo da consentire alle aziende di usare uno o l’altro indifferentemente per la valutazione di riciclabilità. Una comparazione agevolata dal fatto che il sistema europeo abbia ripreso quasi in toto proprio quello italiano.

Tra le iniziative in ambito europeo Ramunni ricorda anche il progetto 4evergreen che sta cercando di sviluppare un sistema di valutazione della riciclabilità sulla base del metodo di prova Cepi e che consentirebbe alle imprese di fare con un unico sistema europeo non solo l’analisi, ma anche la valutazione. «In realtà questo è un processo molto più complicato, perché la valutazione di riciclabilità, oltre che dai risultati di analisi, dipende anche dai sistemi di raccolta e di riciclo presenti nei diversi Paesi europei e che non sono del tutto simili tra loro. Resta pur sempre un processo da seguire perché potrà essere utile allo sviluppo positivo per la nostra industria».

Un altro passaggio importante è di riuscire a trasformare il metodo Cepi in un metodo CEN; sempre sulla scia di quanto già in fatto in Italia con la parte di analisi di laboratorio di Aticelca che è diventata uno standard UNI, l’ente di normazione ufficiale italiano. Piccoli importanti passi per dare alle aziende strumenti per porre in atto davvero la circolarità e farlo in un ambito internazionale.

«Su queste tematiche cerchiamo di mantenere la leadership a livello europeo e ci stiamo riuscendo se persino la Commissione europea nella proposta di regolamento ha dichiarato l’idea di sviluppare, in futuro, un metodo di misura di riciclabilità per tutti i materiali utilizzando un sistema di lettere» una curiosa similitudine al metodo utilizzato da Aticelca. «Il nostro obiettivo è di fare in modo che, almeno per la carta, il riferimento sia il nostro, essendo un metodo già adottato». Un ulteriore vantaggio rispetto a tutti gli altri materiali che sono ancora privi di strumenti simili, ricorda Ramunni.

La separabilità

Aticelca è stata la prima in Europa anche per avere sviluppato un sistema per misurare la separabilità dei componenti di imballaggio. La crescente complessità degli imballaggi, formati da più componenti e materiali diversi, rende più difficoltoso il riciclo cartario. Ridurre al minino i materiali non cellulosici che entrano nel processo di riciclo è un vantaggio per il processo stesso. Si è quindi pensato di agire anche sulla fase di raccolta differenziata dei materiali, rendendo i consumatori più attivi e protagonisti determinanti della fase di riciclo, «non solo nel fare la raccolta differenziata» precisa Ramunni «ma anche nel separare componenti quali finestrelle, maniglie di plastica, tappi o quant’altro. Da questo punto di vista noi siamo molto fiduciosi, abbiamo iniziato questo lavoro con un gruppo di imprese e, attraverso un’indagine con Doxa abbiamo rilevato come i cittadini siano pronti e disponibili a fare la propria parte. Ovviamente bisogna aiutarli dandogli indicazioni chiare e rendendo l’operazione di separazione sufficientemente facile e veloce».

In definitiva le prospettive perché la carta diventi primaria nell’imballaggio ci sono: «abbiamo in questo momento una posizione di vantaggio nella percezione dei cittadini e nelle capacità di riciclo che abbiamo sviluppato in questi anni». «Permane però il rischio che nella proposta di regolamento europeo si punti tutto sul riuso senza differenziare le capacità e le caratteristiche dei diversi materiali. Avremo quindi una possibilità di mantenere questo nostro primato solo se continueremo a lavorare su questi temi e a raccontare sempre di più e sempre meglio le prestazioni del nostro settore».

In questo Aticelca sta organizzando un gruppo di lavoro per affrontare le criticità del riciclo dal punto di vista tecnico; «lo scopo è dare ulteriori indicazioni ai produttori di imballaggi per progettare meglio prodotto e packaging in carta, in modo che non siano un ostacolo ma un contributo fattivo al riciclo».

Ricoh, la soluzione inkjet B2 a foglio accelera la trasformazione digitale

La nuova soluzione digitale Ricoh Pro Z75 è la prima piattaforma a getto di inchiostro in formato B2 (fronte/retro automatico) che utilizza inchiostro a base acqua. Ricoh Pro Z75 è stata testata da differenti fornitori di servizi di stampa dimostrando di essere in grado di accelerare il passaggio dall’offset al digitale grazie a una qualità di stampa elevata e a tempi di consegna ridotti.

Nel giugno 2022, ad esempio, Heeter Printing – azienda americana che offre servizi di marketing a settori molto esigenti come quello assicurativo e del retail – ha collaborato con Ricoh fungendo da sito beta ufficiale per questa soluzione.

Kirk Schlecker, presidente di Heeter Printing, commenta: “Ricoh Pro Z75 ci offre la qualità dell’immagine, l’efficienza, il formato di stampa, la flessibilità dei supporti e l’economicità che ci permettono di gestire un numero sempre maggiore di lavori e di offrire la migliore esperienza possibile ai nostri clienti. Anche grazie al supporto e ai servizi offerti da Ricoh, la soluzione risulta la scelta vincente per tutti i fornitori di servizi di stampa che desiderano raggiungere risultati che un tempo si potevano solo immaginare”.

Ricoh Pro Z75 garantisce la flessibilità di una soluzione a foglio con i costi di gestione ridotti e l’elevata produttività della stampa inkjet. Offre velocità di stampa fino a 4.500 fogli all’ora (SPH) con stampa fronte o 2.250 SPH con stampa fronte/retro. Le teste di stampa piezoelettriche in acciaio inossidabile offrono una risoluzione di 1.200 dpi a tutte le velocità con inchiostri a base di pigmenti in quadricromia (CMYK), mentre il sistema di essiccazione proprietario garantisce output di elevata qualità ed immediatamente pronti per la finitura. RICOH Pro Z75 amplia inoltre la flessibilità nella gestione dei supporti, gestendo media non patinati, trattati inkjet e patinati  offset fino a 400 g/m² con un formato massimo di 585 mm x 750 mm.

“La richiesta sempre maggiore di tirature ridotte e la crescente domanda di comunicazioni basate sui dati spingono i fornitori di servizi di stampa a trasformare le strategie di produzione. Ricoh supporta il loro business mettendo a disposizione hardware, software e soluzioni per l’analisi dei dati affinché possano offrire nuovo valore ai loro clienti, e Ricoh Pro Z75 è un chiaro esempio di questo impegno concreto” spiega Eef de Ridder, vice president, Graphic Communications, Ricoh Europe. “Ricoh Pro Z75 offre un nuovo livello di prestazioni che consentono una produzione più semplice, rapida e redditizia di applicazioni come direct mail, cartoline, materiali di marketing e stampa commerciale”.

Oltre alle elevate velocità di stampa e alla funzionalità fronte-retro automatico, Ricoh Pro Z75 integra tool per l’automazione e un pannello di controllo intuitivo che riduce la necessità di intervento dell’operatore e migliora l’efficienza. La struttura simile a quella di un sistema offset e le teste di stampa avanzate e resistenti sono pensate per massimizzare i tempi di attività e la disponibilità della soluzione. Il processo produttivo è efficiente anche grazie alle tecnologie integrate: dall’alimentazione dei fogli ad aria che ottimizza la gestione della carta, all’impilatore configurabile ad alta capacità che garantisce un’impilatura accurata e a filo della carta.

Progettata e sviluppata per le aziende di stampa che gestiscono elevati volumi di lavoro e che necessitano di una soluzione affidabile, la nuova piattaforma inkjet è supportata dai servizi professionali di Ricoh. I clienti hanno accesso alle migliori soluzioni per l’automazione dei flussi di lavoro, tra cui Ricoh TotalFlow BatchBuilder e Ricoh Supervisor, oltre che ai servizi di consulenza e alle soluzioni di marketing come MarcomCentral per massimizzare il ritorno dell’investimento e ampliare il business.

 

Web to print, l’automazione aumenta efficienza e margini

Sfruttando i vantaggi dell’automazione, le aziende web to print aumentando produttività e redditività, consentendo al personale di concentrarsi sulle attività a valore aggiunto.

Enfocus ha appena festeggiato 30 anni di attività in qualità di fornitore globale di software di validazione dei PDF e automazione dei processi. Sin dall’inizio, il credo fondamentale di Enfocus è che la tecnologia deve seguire il processo e non viceversa. Con lo sviluppo di soluzioni che sono basate su questa filosofia, Enfocus permette ai suoi clienti di integrare i propri ecosistemi tecnologici allo scopo di aumentare l’efficienza, l’accuratezza e l’affidabilità per migliorare le prestazioni e la redditività. Dal grande formato al web to print, innumerevoli aziende hanno oggi una storia da raccontare sul loro percorso con le soluzioni Enfocus. In questa occasione, a tal proposito, approfondiremo gli aspetti relativi al web to print, partendo innanzitutto da cosa chiedono oggi le industrie di stampa a una soluzione indirizzata a questo preciso settore.
«Nel regno delle soluzioni web to print, le aziende di stampa stanno attivamente evitando i grattacapi associati alla gestione manuale degli ordini», osserva Davy Verstaen, product manager Switch in Enfocus, soluzione che connette il sistema web to print alla produzione. «Vogliono evitare le lunghe attività legate all’inserimento dei dettagli dell’ordine nei loro sistemi Erp/Mis, all’ispezione manuale e al reindirizzamento dei file per la produzione e alla specificazione meticolosa dei dettagli di spedizione. Riconoscendo la connessione fondamentale tra prezzi ed efficienza dei costi in un mercato ferocemente competitivo, queste aziende sono spinte a mantenere i costi dei prodotti al minimo».
Da qui gli investimenti in automazione, allo scopo di gestire macchine e processi liberando l’intervento umano dall’esecuzione delle operazioni più ripetitive o complesse. L’automazione rappresenta un valore aggiunto anche dove si richiede sicurezza e certezza dell’azione o semplicemente per maggiore comodità. «La forza trainante della strategia consiste nel ridurre la necessità di un ampio coinvolgimento umano. La logica è semplice: più mani sono coinvolte nella gestione o nella manipolazione di un lavoro, maggiore è la potenziale erosione dei margini di profitto. Di conseguenza, un obiettivo centrale per queste aziende di stampa è l’automazione completa delle attività ripetitive. Oltre alla semplificazione operativa, c’è un’ulteriore ambizione: consolidare i vari lavori, quando possibile. Questo obiettivo si basa sull’ottimizzazione dei ricavi potenziali e dei tempi di produzione».
Investire in automazione significa introdurre in azienda strumenti che rendono i processi più efficienti e flessibili, capaci perciò di allinearsi efficacemente alle evoluzioni di scenario del mercato e ai nuovi orientamenti della domanda. Tutto ciò permette di fare la differenza e raggiungere risultati di business positivi. «Integrando perfettamente l’automazione nel loro flusso di lavoro, le aziende di stampa non solo garantiscono l’efficienza operativa, ma si posizionano strategicamente in un mercato in cui l’adattabilità e la prodezza tecnologica sono direttamente correlate alla redditività. In sostanza, il percorso verso una redditività sostenuta nel settore delle soluzioni web to print richiede l’adozione di processi automatizzati, che simboleggiano un impegno verso l’efficienza, l’efficacia dei costi e la competitività del mercato».

Il ventaglio delle soluzioni

Enfocus è attivamente impegnata ad aiutare le aziende di stampa a centrare i propri obiettivi di efficienza produttiva e redditività con un ricco ventaglio di soluzioni, sempre attente ad automatizzare i processi e portare valore aggiunto all’intervento umano. «La linea di prodotti Enfocus risponde efficacemente alle tendenze prevalenti del mercato snellendo e automatizzando le attività ripetitive, riducendo così al minimo la necessità di interventi manuali nell’elaborazione dei lavori», spiega Verstaen.
Per esempio Switch è una piattaforma di automazione economica, facile da usare ed estremamente versatile. È semplice da utilizzare come un programma con interfaccia grafica, allo stesso tempo ha la capacità di automazione di un intero team di sviluppatori. Con Enfocus Switch si potranno toccare con mano effetti immediati, tra cui incremento dei margini, dipendenti più soddisfatti, aumento della qualità e produttività molto più elevata. «Sfruttando la potenza di Switch, una parte significativa delle attività viene automatizzata, a partire dalla ricezione ininterrotta delle informazioni sugli ordini da un sistema web to print (W2P). Questi dati vengono poi trasferiti automaticamente al sistema Erp/Mis, facilitando la condivisione delle informazioni sugli ordini con vari sistemi di terze parti».
A sua volta PitStop Server offre funzionalità avanzate per l’automazione e il controllo della qualità nella produzione di PDF, dal monitoraggio di più punti di invio file, tra cui server FTP, e-mail e hot folder di rete; al trasferimento intelligente dei file per il preflight e la correzione di PDF; fino all’automazione integrale nella distribuzione e archiviazione dei file di produzione. Di fatto PitStop Server automatizza il caricamento, il preflight e la correzione di file PDF, fornendo anche accesso a funzionalità che ampliano l’approccio all’automazione del flusso di lavoro. «Utilizzando PitStop Server, i prodotti ordinati vengono sistematicamente controllati e preparati in modo automatico prima di essere indirizzati all’ambiente di produzione appropriato. Nei casi in cui è necessaria l’approvazione finale del cliente per il file pronto per la produzione, Enfocus Review, una soluzione basata su cloud, gestisce il processo di ottenimento ed elaborazione del feedback del cliente in modo automatizzato».
Non è tutto, dal momento che Enfocus propone anche un software di preproduzione automatizzato e basato sull’intelligenza artificiale come Phoenix e invita i clienti ad automatizzare e migliorare il nesting dei propri lavori con Griffin. «Inoltre, la linea di prodotti Enfocus migliora l’ottimizzazione degli ordini attraverso processi quali nesting, ganging e generazione automatica di imposizioni. Le nostre soluzioni di imposizione, Phoenix e Griffin, contribuiscono alla perfetta automazione di queste attività, garantendo un’elaborazione efficiente e ottimizzata degli ordini».

Avanti con le integrazioni

In virtù di un’offerta di soluzioni web to print tanto ricca, Enfocus non solo guarda al futuro con fiducia, ma è anche pronta ad alzare l’asticella delle funzionalità dei propri prodotti. «Nel 2024 Enfocus intende migliorare l’efficienza operativa automatizzando le attività ripetitive e integrando perfettamente le soluzioni di terzi. Intendiamo raggiungere questo obiettivo ampliando la nostra gamma di integrazioni standard disponibili attraverso l’app store. Questa iniziativa strategica ci permette di fornire senza problemi queste integrazioni a tutta la nostra base di installatori di Switch su base continuativa».
Enfocus sarà particolarmente attiva anche nel cloud, dove promette novità e miglioramenti, sempre nella cornice di una semplificazione dei processi. «Allo stesso tempo, continuiamo a impegnarci per espandere la nostra piattaforma cloud. Con il successo del lancio di Review lo scorso anno, ci siamo impegnati a fornire ai nostri clienti una piattaforma avanzata in cui le nostre soluzioni sono immediatamente accessibili e non richiedono tempi di configurazione. Il nostro obiettivo», conclude Verstaen, «è quello di garantire un uptime continuo, offrendo un’esperienza semplificata e senza problemi ai nostri preziosi utenti».

SunLit ProPace, l’ultima generazione di inchiostri di Sun Chemical

Sun Chemical ha annunciato il lancio di SunLit ProPace, l’ultima generazione di inchiostri a base di oli vegetali per macchine a foglio appositamente progettati per aiutare gli stampatori a incrementare la produttività delle applicazioni di stampa commerciale e di packaging per prodotti non alimentari.

Con stabilità elevata, rapida asciugatura, appannamento ridotto e bassa viscosità, gli inchiostri SunLit ProPace sono concepiti per l’uso su un’ampia gamma di substrati, inclusi tipi di carta e cartone complessi. Sono idonei per la stampa tradizionale e in bianca e volta ad alta velocità, su più turni nell’arco di 24 ore.

La gamma SunLit ProPace si basa sull’innovativa e rivoluzionaria tecnologia di vernici Pace di Sun Chemical, frutto dell’impegno nella ricerca e sviluppo di nuovi materiali che offrono inchiostri di stampa estremamente versatili e affidabili per risultati sempre di alta qualità in ambienti di produzione in continua evoluzione, in particolare su tipi di carta e cartone complessi.

Questi inchiostri garantiscono risultati di qualità sulle più moderne macchine da stampa ad alta velocità. A velocità elevate, la qualità di appannamento ridotto degli inchiostri SunLit ProPace era un obiettivo fondamentale nel processo di sviluppo. SunLit ProPace non usa cera PTFE nociva per l’ambiente e contiene quantità più elevate di materiali biorinnovabili.

Jim Buchanan, product director Sheetfed Systems di Sun Chemical, commenta: “Siamo entusiasti del nuovo prodotto della nostra linea Pace. Il feedback dei nostri partner di test è stato incredibilmente positivo, riteniamo che questi inchiostri siano una soluzione rivoluzionaria, in particolare per gli stampatori che vogliono incrementare la produttività, sia in termini di produzione di volumi elevati o di tirature ancora più basse; la reattività e l’elevata stabilità di questi inchiostri garantisce infatti tempi di preparazione rapidi ed efficienti. Riteniamo che la gamma SunLit ProPace possa fare la differenza per gli stampatori che sono attivi in un ambiente particolarmente complesso. Inoltre, la nuova gamma testimonia l’impegno continuo di Sun Chemical alla sostenibilità e alla riduzione dell’impronta di carbonio dei nostri prodotti e processi nonché dei nostri clienti”.